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Autore: Midori_chan    17/08/2013    2 recensioni
«Hai ancora paura dell’oceano, non è vero?», gli domandò Haruka.
Dalla puntata 6 -cosa sarebbe dovuto succedere- SPOILER 6° puntata!
Genere: | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[SPOILER 6° PUNTATA]


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[L'ho rubato a Lusty che l'avra rubato da qualcu'altro]

||  Non mi importa ||

 

Faccialibro

 



Makoto respirava, respirava acqua di mare, pioggia e ossigeno.
Non era stata la scelta migliore buttarsi nell’oceano in tempesta da solo, proprio no. E lo capiva meglio dei suoi compagni, sapeva quanto poteva essere crudele quell’immenso e meraviglioso blu. Eppure alle grida di Rei non era conseguito nessun ragionamento, solo l’atto impulsivo di andarlo a salvare, solo l’istinto a guidarlo su e giù per le onde altissime.
I fulmini parevano toccare l’acqua lì all’orizzonte, che era tanto più vicino di quanto si aspettasse.
L’onda lo portò in alto e riuscì a vedere Rei agitarsi, poteva vederlo gridare “Aiutami”, ma non lo sentiva per tutto il frastuono della potenza marina. L’onda lo spinse in basso, poi di nuovo in alto e Rei era così invisibile tra le onde blu, lui che aveva gli stessi colori del profondo del mare.
Solo il braccio alzato, teso nel chiedere aiuto riuscì a stabilire la sua posizione.
Fu allora, quando mentalmente era pronto a scattare per salvare l’amico, che il suo corpo non reagì; fermo, immobile. Nel mezzo dell’oceano se non agiti le gambe affoghi.
Rei stava bevendo molta acqua, doveva aiutarlo, ma non riusciva a muoversi, proprio le gambe non ne avevano voglia.
“… o coraggio”, pensò.
Non si accorse che anche lui stava inghiottendo acqua e pioggia in quantità maggiore dell’ossigeno.
Poi fu solo nero.
 
E quando si svegliò capì di essere morto.
Non è così male”, si ritrovò a pensare che dopotutto gli era andata bene, era in paradiso,- era sempre stato un bravo ragazzo, quindi sapeva di meritarselo-.
Sì, sapeva di meritarsi di sognare per l’eternità il viso di Haruka così vicino al suo, sempre più vicino. Bocca aperta sulla sua.
Il dolore arrivò proprio in quel momento, proprio un secondo prima che il suo desiderio si avverasse. In paradiso non si soffre, ma lui, invece, sentiva i polmoni bruciare come se fossero stato immersi nel ghiaccio,- di quel bruciore ancora più ardente del fuoco, un incendio di ghiaccio-.
 Dannatamente male, faceva dannatamente male. Così male che si piegò sul fianco boccheggiando in cerca d’aria, di quell’elemento chiamato ossigeno.
Me ne basterebbe poco, non sono ingordo”
Appena l’ossigeno iniziò a riempire i polmoni tutto il dolore cessò, come un balsamo l’aria fresca spense il fuoco e tutto il mondo tornò a colorarsi. Dal nero delle sue palpebre sbucò la sabbia chiara bucherellata dalla pioggia battente.
«Makoto! »
«Haruka », pronunciò con voce rauca.
«Stai bene?»
Haruka era preoccupato, non lo aveva mai sentito con quel tono nella voce, non lo aveva neanche mai visto così scomposto, affannato e … disperato?
Con l’aiuto dell’altro Makoto si mise seduto, riuscì perfino a sorridergli per farlo calmare, anche se quello che andava calmato era il suo cuore.
Se era per il sogno di Haruka che stava per baciarlo, per l’avventura in mare o per tutte e due le cose insieme, Makoto non lo sapeva. La cura era uguale in ogni caso: profondi respiri.
«Dove siamo?», riesce a domandare.
«Credo che questa sia Sukishima, l’isola di fronte alle tende», spiegò Haruka, sempre più calmo.
Un tuono illuminò il cielo notturno e con quella luce Makoto si riprese del tutto dal momento di confusione. Il suo primo pensiero lucido fu per Rei.
«E Rei? », domandò con ansia.
«È con Nagisa, non ti devi preoccupare. Devi riposare »
Makoto venne alzato di peso, tanta era l’adrenalina che Haruka aveva in corpo. Insieme raggiunsero un posto riparato, una piccola rientranza nella montagna dove l’acqua non riusciva a raggiungerli.
«Hai ancora paura dell’oceano, non è vero?», gli domandò Haruka.
«È colpa mia che ho accettato di organizzare l’allenamento qui», disse Makoto, evitando di rispondere direttamente alla domanda.
«Non è colpa tua»
«Haruka… non avrebbe senso senza di te», Makoto alzò lo sguardo, fin’ora puntato a terra, sulla sabbia immacolata dell’isoletta deserta, «Voglio nuotare con te».
Non c’era voluto poi molto a pronunciare quelle parole che tanto aveva temuto di dire. Occhi negli occhi, senza turbamento, senza giri di parole, senza imbarazzo.
“Non c’è nulla di male”, pensò, ma per qualche motivo sapeva che non era il momento giusto per sorridere come faceva solitamente. Era serio.
Haruka deglutì e Makoto l’osservò ancora più intensamente, attento a trovare un qualsiasi dubbio negli occhi azzurri.
Erano seduti talmente vicini che le punte delle dita quasi si sfioravano, per questo Makoto neppure si accorse di quello che Haruka stava per fare.
Una lieve pressione sul palmo delle mani e le loro bocche si unirono.
Era come appendere un gamberetto all’esca per i calamari, troppo invitante perché non potesse abboccare; Makoto ci mise ancora meno a prendere Haruka per il collo e ad aprire la bocca. Denti contro denti.
«È solo acqua », soffiò Makoto.
L’indice di Haruka corse alla bocca, al filo sottile di saliva che gli colava sul mento; annuì e alzò lo sguardo su Makoto.
«Anche il resto sarà solo acqua?»
Il resto…?”, pensò confuso in un primo momento.
«Si, si certo», sorrise Makoto, le gote leggermente arrossate nascoste dal buio che li circondava.
 
Era come toccare qualcosa di proibito, il frutto dell’Eden di Eva doveva aver avuto lo stesso rosso colore delle labbra di Haruka, lo stesso profumo del suo petto, la stessa morbidezza delle sue gambe. La mano di Makoto era talmente grande che riusciva a ricoprire gran parte del petto di Haruka con pochi gesti.
Era del tutto assurdo che Haruka si facesse toccare con tanta facilità; se ne stava seduto, le gambe allungate, il volto impassibile come sempre, mentre Makoto gli toccava i pettorali, gli annusava il collo, gli leccava le clavicole sporgenti. Stava scoprendo quel corpo che tanto a lungo aveva guardando, ma mai osato sfiorare.
C’era solo l’eco della pioggia, infinito, ma Makoto riusciva a sentire ogni singola goccia cadere, così lento gli sembrava scorresse il tempo.
Portò le mani sul costume nero e prese a giocherellare con il bordo, indeciso se fare il passo successivo o fermarsi.
Sicuramente è un sogno”, pensò, perché fu proprio Haruka a prendergli la mano e ad accompagnarlo nel gesto, fino ai piedi. Nudo. Prima ci passò una mano sopra, come una carezza, impacciato e visto che Haruka non cambiava espressione lui continuò. Gli scoprì la punta e solo allora l’amico parve accorgersi di qualcosa; lentamente aprì le gambe, soffiando appena, come un gatto in allerta. Makoto piantò i suoi occhi in quelli di Haruka e si chinò tra le sue gambe con la bocca aperta, deciso a prendersi ciò che voleva.
«Fermati, non guardami », sbottò Haruka, spostò una mano davanti gli occhi di Makoto in moto da non farsi vedere.
La sua mano era sporca di sabbia e calda, calda come se avesse sudato. Makoto sorrise e si spinse giù in gola l’intera lunghezza dell’altro. Ci vollero poche languide carezze con la lingua per far indurire Haruka, che ancora si ostinava a stare seduto rendendo tutto più scomodo all’altro. Makoto gli afferrò la base del pene con una mano e iniziò a muoverla veloce, al ritmo della sua bocca. Saliva, sperma e sabbia.
«È solo acqua », disse Haruka, coprendosi la bocca subito dopo, la schiena leggermente inarcata per spingersi, inconsapevolmente, tra le fauci di Makoto.
Makoto aveva il sapore salato del mare in bocca, con un leggero retrogusto di cloro. Cos’altro poteva aspettarsi da Haruka? Allontanò appena la bocca, ma continuò ad agitare la mano, seppur più lentamente. Haruka non avvertì quando venne ed esplose sul viso di Makoto, copiosamente. Solo allora si gettò sdraiato a terra, sfinito, entrambe la mani a coprirgli il volto congestionato, imbarazzato.
Makoto si ripulì il viso e lo sovrastò: «Dovresti girarti».
Era davvero lui a parlare o solo la paura della morte che gli aveva attanagliato lo stomaco in mare? Haruka allargò leggermente le dita per vedere il viso dell’altro.
Makoto gli sorrise con gentilezza e gli allontanò le mani dal volto, con cautela, non voleva che tutto finisse solo perché aveva agito con troppa fretta. Haruka parve prendere molti respiri profonde e decisioni importanti prima di acconsentire; si voltò, con la mano di Makoto a sostenergli il petto aiutandolo nel movimento. Lo vide affondare le mani nella sabbia, a contatto con quella più calda per via del rimanente calore giornaliero. Tremava.
«Non andrò fino… »
«Zitto », lo ammonì Haruka. Quello appoggiò la fronte contro il terreno, tendendo la schiena contro il petto di Makoto.
Lui sorrise, anche se l’altro non poteva vederlo e corse lungo la colonna vertebrale con il profilo del naso, fino ad affondare tra i glutei tesi. Sentì Haruka soffocare qualche suono e parola, forse mordendosi l’interno della guancia. Di certo Makoto non ci fece caso, era troppo preso a guardare qualcosa che pensava non avrebbe mai visto, un posto così “intimo” di Haruka che il solo vederlo lo rendeva superiore sia a Nagisa che a Rin. Solo suo. Appoggiò le mani aperte sulle guance e si accorse di avere le dita sporche di sabbia. Si leccò per bene l’indice, ripulendolo e solo allora iniziò a penetrare lo stretto anello di muscoli.
«Ah! », gemette Haruka, affondando anche la fronte nello strato morbido della sabbia.
Makoto mosse piano il dito, aveva tremendamente paura di fargli del male, soprattutto perché Haruka era scosso da tremiti. Iniziò a leccarlo per allentare i muscoli.
Era così strano comportarsi in quel modo, non sapeva esattamente cosa stava facendo, ma dai gemiti sempre più forti, Makoto capì di star facendo il giusto. Con l’altra mano iniziò a massaggiargli testicoli e pene insieme. Haruka arrivò al limite in poco tempo, contrasse i muscoli quando venne e subito dopo si accasciò su un fianco. Si coprì il volto con una mano, mentre il petto si alzava ed abbassava velocemente. Makoto si sdraiò dietro di lui e lo circondò con le braccia, il viso appoggiato nell’incavo del collo. I loro corpi aderivano e Makoto era certo che Haruka riuscisse a sentire la sua erezione premergli contro le natiche.
«Tu? », chiese.
«Non preoccuparti», rispose Makoto, a lui bastava stare così, non voleva nulla in cambio.
«Tsk », Haruka si girò con un gesto di stizza e si trovarono viso contro viso.
Si mosse per baciarlo, ma Makoto lo fermò: «Dopo quello che ho leccato vuoi baciarmi? ».
Haruka non ci pensò neppure e lo baciò, stretto a quel corpo, con una mano appoggiata sul suo petto ed una altra più giù. Makoto non volle crederci, ma quella era la serata delle sorprese, quindi sospirò soddisfatto direttamente nella bocca dell’amico quando quello gli afferrò incerto il pene. Si mosse piano e percorse tutta la lunghezza fino alla punta, che premette con il pollice. Nel frattempo si era staccato dalla bocca di Makoto e si nascondeva il viso sotto l’ascella. Respiravano affannosamente entrambi.
Makoto gli morse la spalla e affondò i denti venendo.
«Grazie Haru », sospirò e gli baciò la testa dai capelli corvini.
 
«Spero non rimanga il segno, se gli altri dovessero vederlo…», esordì Makoto mentre tracciava con il dito, delicato,  la linea rossa del suo morso sulla spalla di Haruka.
«Non mi importa», soffiò quello, abbandonato sul petto dell’altro: «Che vedano ».
 
 
 
 


 

___________
Sarò pure superficiale o che altro, ma io volevo andasse così.
Altro che amizicia fraterna, questi due si guardano come se da un momento all'altro si dovessero saltare addosso per fare tanti coniglietti(?!)
Prima storia su Free e credo neanche l'ultima, con tutti questi maschi semi nudi c'è poco da fare.

A presto,
             Mid_

NotizieDalMioCervello: Se seguite FlashRosso o RapeMe riprenderò la pubblicazione a settembre u.u

   
 
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