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Autore: Isabella29    17/08/2013    14 recensioni
Extra di Trouble. Non è necessario conoscere la storia , ma è consigliato.
Ora che si trovava davanti al comodino , a ben pochi centimetri da lui , l’ombra si azzardò ad osservarne i tratti somatici. La poca luce non le permetteva di vedere bene ma poteva confermare che quelli sparsi sul cuscino erano ciocche di capelli ramati. Aveva una mascella volitiva , leggermente spalancata nel sonno. Aveva , ovviamente , gli occhi chiusi , ma sapeva che li aveva di un verde spettacolare. La casa era piena di sue fotografie.
L’ombra scosse la testa , ritornando al presente. Era venuta per un motivo là dentro , uno solo. Un orologio d’oro. Nel silenzio della stanza poteva perfino sentirne il ticchettio ritmico.
Si abbassò sulle ginocchia ed assottigliò ulteriormente gli occhi per vedere meglio. Non voleva toccare niente. Ci mise una manciata di secondi prima di riconoscere il profilo dell’oggetto desiderato. Lo afferrò velocemente , su di giri , e si rimise in piedi.
Lanciò un ultimo sguardo alla figura addormentata prima di voltargli le spalle ed affrettarsi ad andarsene.
Chiudendosi la porta della camera alle spalle , proprio come l’aveva trovata , sul viso dell’ombra , sorse un sorriso maligno.
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'L'Anatroccolo e il Fotomodello'
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Anatroccolo , Fotomodello e il mistero dell’orologio scomparso

 
 
Lunedì 11 Febbraio
 
 
In un poco lontano mattino , nella città di Chicago , un’ombra si muoveva sinuosa lungo le pareti di una camera da letto. I suoi passi leggeri si susseguivano silenziosi sul parquet pregiato , proprio come aveva imparato a fare. La stanza era immersa nella penombra , il sole , infatti , non era ancora pienamente sorto. Ma all’ombra non faceva nessuna differenza , i suoi occhi erano abituati a guidare il suo corpo all’assenza di luce. Tuttavia , teneva le braccia leggermente tese davanti a sé , per precauzione.
Sapeva esattamente dove andare e se non fosse stato per quel corpo che occupava il letto matrimoniale sarebbe già arrivata a destinazione. Era un uomo , lo sapeva. Di tanto in tanto , l’ombra , si bloccava e gli lanciava un’occhiata per controllare che il suo petto si muovesse con la stessa  lentezza sotto il piumone pesante. Le dava immensamente fastidio che non russasse , l’avrebbe di certo aiutata.
Ora che si trovava davanti al comodino , a ben pochi centimetri da lui , l’ombra si azzardò ad osservarne i tratti somatici.  La poca luce non le permetteva di vedere bene ma poteva confermare che quelli sparsi sul cuscino erano ciocche di capelli ramati. Aveva una mascella volitiva , leggermente spalancata nel sonno. Aveva , ovviamente , gli occhi chiusi , ma sapeva che li aveva di un verde spettacolare. La casa era piena di sue fotografie.
L’ombra scosse la testa , ritornando al presente. Era venuta per un motivo là dentro , uno solo. Un orologio d’oro. Nel silenzio della stanza poteva perfino sentirne il ticchettio ritmico.
Si abbassò sulle ginocchia ed assottigliò ulteriormente gli occhi per vedere meglio. Non voleva toccare niente. Ci mise una manciata di secondi prima di riconoscere il profilo dell’oggetto desiderato. Lo afferrò velocemente , su di giri , e si rimise in piedi.
Lanciò un ultimo sguardo alla figura addormentata prima di voltargli le spalle ed affrettarsi ad andarsene.
Chiudendosi la porta della camera alle spalle , proprio come l’aveva trovata , sul viso dell’ombra , sorse un sorriso maligno.
 
Qualche ora dopo , molte ore dopo , Edward Cullen apriva gli occhi assonnati. Li richiuse poi rapidamente , accecato dalla luce del giorno. Dopo un anno non aveva ancora imparato a chiudere almeno le lunghe tende prima di andare a dormire. Così anche i suoi giorni liberi finivano per iniziare traumaticamente.
Dopo essersi stiracchiato ben bene , rigorosamente a palpebre serrate , Edward decise di alzarsi. Non degnò neanche di uno sguardo la parte di materasso dietro di sé , sapeva che era vuota.
Tendendo le braccia davanti a sé si accinse a barcollare verso il grande bagno per darsi una rinfrescata prima di andare a preparare il caffè. Quasi imprecò quando i suoi piedi nudi entrarono in contatto con le mattonelle fredde della stanza.
Aprì gli occhi solo quando le sue mani si appoggiarono al ripiano del lavandino , aveva lasciato la luce spenta appositamente.
Si diede una lunga occhiata allo specchio facendo una smorfia di fronte agli occhi pesti ed al muso lungo che piegava le sue labbra. Lavò via l’espressione truce con l’acqua tiepida.
Tornato in camera da letto , non più infastidito dalla luce del mattino , Edward indossò il primo maglione che gli capitò tra le mani. Nonostante facesse davvero molto freddo , aveva l’abitudine di dormire solamente con una canottiera ed i pantaloni di una vecchia tuta. Così , la notte , finiva inconsciamente per morire di freddo e ritrovarsi il mattino dopo con il piumone fin sopra le orecchie.
Con un sospiro Edward assaporò il silenzio dell’intera casa. Non gli piaceva , così inserì un cd nell’apposito lettore ed alzò il volume al massimo. Non aveva fatto caso a che disco fosse e se ne pentì appena American Idiot dei Greenday partì con i suoi accordi di chitarra elettrica. Giusto quel che gli serviva per svegliarsi completamente. Dopo un po’ , tuttavia , si ritrovò a cantare a squarciagola il ritornello.
Dopo aver fatto una colazione sostanziosa , tornò in camera deciso a farsi una doccia ed uscire a fare una passeggiata. Lo faceva spesso nel suo giorno libero. A volte andava pure nei musei , anche da solo visto che non aveva nessuno che lo accompagnasse.
Quella normale mattina , allegro come era sempre , si ritrovò con una gran voglia di andare a China Town. Non sapeva perché ma decise di accontentarsi.
Si vestì di jeans , camicia e maglione , ed indossò le scarpe. Si profumò anche , giusto per la sua personale vanità. Tutto normale.
Ma fu quando si avvicinò al proprio comodino che qualcosa iniziò a turbarlo.
Sbatté più volte le palpebre , sicuro di star avendo una visione. Invece no , l’immagine era sempre la stessa.
Il suo orologio , quello d’oro , il suo preferito , non era dove sarebbe dovuto essere.
Corrugando la fronte Edward si inginocchiò davanti al mobile e lo ispezionò ben bene. Ne aprì i due cassetti , perlustrò minuziosamente il suo interno e tutta l’area attorno. Guardò sotto il letto , tra le coperte e in tutti i luoghi che incontrò nella sua furiosa ricerca.
Quell’orologio era molto importante per lui. Era un regalo. Lo ricevette il giorno del suo ultimo compleanno da una persona a lui davvero molto importante. Davvero!
Non voleva e non poteva permettersi di perderlo.
Andò veramente nel panico quando , una volta controllato ogni anfratto della camera , si rese conto che l’orologio non era da nessuna parte.
A braccia conserte in mezzo alla stanza , Edward ripercorse con la mente tutti i movimenti compiuti la sera scorsa. Partendo dall’aprire la porta , passando per il gettare la ventiquattrore sul divano e finendo con l’addormentarsi. Alla fine del viaggio era assolutamente certo , al cento novantacinque percento , di essersi tolto l’oggetto incriminato con la mano sinistra , di avergli lanciato un’ultima occhiata e di averlo infine appoggiato sul comodino , proprio come faceva sempre prima di andare a dormire.
Dove diavolo poteva essere finito?
Fu così che Edward Cullen passò la maggior parte delle ore del suo tempo libero. Accovacciato sul tappeto del salotto o in piedi sull’ultimo scalino di una scala davanti all’armadio a muro della stanza degli ospiti a cercare il suo orologio preferito.
 
Dopo la pausa pranzo , in un enorme ospedale a qualche isolato di distanza dall’appartamento di Edward , una ragazza dagli occhi da cerbiatta e dai capelli , lunghi fin sotto alle spalle , cioccolatosi , camminava fiera sui suoi tacchi blu notte. Al suo passaggio molti si voltavano a guardarla , staff o pazienti che fossero. Isabella Swan non si poteva dire una persona vanitosa , ma a chi non piaceva ricevere un po’ di attenzioni? Quel giorno poi , sembrava davvero decisa a far spalancare la bocca agli uomini.
Quando quella mattina aveva indossato quel tubino grigio e ci aveva abbinato quella maglia scollatissima di seta che si intonava perfettamente con le scarpe , era ben consapevole di che cosa avrebbe scatenato.
Era passato praticamente un anno dall’ultima seduta di terapia che aveva affrontato per sconfiggere definitivamente il cancro e sapeva di aver riacquistato la sua originale bellezza. Aveva ripreso tutti quei chili che aveva perso , ogni muscolo si era rassodato e i suoi seni erano tornati floridi come un tempo. Ma soprattutto ,  e questa era una delle sue più grandi vittorie , ora una bella chioma morbida le circondava graziosamente il viso. Isabella se ne prendeva cura con amore continuamente. Era il suo orgoglio.
Tuttavia , nonostante la conquista con il suo fisico , Isabella stava ancora lottando. Non si parla della battaglia contro il cancro , anche se una parte di lei potrebbe dire il contrario. Si parla del lavoro.
Erano passati circa cinque mesi da quando aveva rindossato il camice di pediatra. Con orgoglio ed immensa , immensa , felicità. Si svegliava ogni mattino con il sorriso sulle labbra per questo e la rendeva sempre di buon umore. Beh , quasi sempre.
Era tornata la brava dottoressa che sapeva di essere.
Ma non tutti sembravano credere totalmente in lei. Primo tra tutti , e questo la infastidiva incredibilmente , il suo capo , Gerard Thompson. Il Lupo Solitario.
Nonostante avesse dimostrato a tutti di essersi ripresa completamente , questo , non accennava minimamente a farla tornare operativa al cento per cento. Era ancora in fase di prova , come avevano deciso a maggio dell’anno scorso. Lavorava a metà orario e costantemente nel turno di giorno. Non che le mancasse sconvolgere completamente i propri orari.
Anzi , sì! Le mancava anche quello.
Per non parlare , ovviamente , della paga dimezzata. Ma quella non era di grande importanza.
Ogni volta che Isabella provava a lamentarsi con il Lupo , questo le rispondeva , estremamente sincero , che era convinto che lei non fosse ancora pronta.
Ma lei lo era. Diamine!
Qualche volta aveva anche pensato di vendicarsi. Riempendo di carta igienica il suo ufficio , per esempio. Ma sapeva che se lo avesse fatto allora avrebbe finito per non lavorare affatto.
Quel giorno , però , si era ripromessa di non pensarci. Così riprese a camminare fiera lungo il corridoio bianco.
Attraversò una larga porta altrettanto candida e sorrise senza impegno.
- Dottolessa Bella! - esclamò allegro un coro di piccole voci.
- Heilà , ragazzi! - li salutò a sua volta - Avete mangiato , sì? -
- Sì. - rispose un piccolo bambino di a malapena sei anni - Però non era mica buono. -
- Oh , lo so. Te l’ho detto. Non ha un sapore buonissimo perché è privo di tutte quelle cose che vi farebbero male. -
- Anche il sale? - si imbronciò lui.
- Se eccessivo sì. -
- Ma nei pasti non ce n’è proprio! - esclamò un’altra di qualche anno più grande - Scommetto che anche se eccessivamente poco ci farebbe male. -
Isabella non poté che ridere di fronte all’intelligenza della bambina. - Hai ragione. Ma anche se non ne sentite il sapore non significa che non ci sia. - le fece notare con un sorriso - Comunque ero solo venuta a controllare che fosse tutto apposto. -
- Tutto apposto. - tornarono a rispondere tutti in coro.
- Bene , allora vi lascio giocare. Ci vediamo domani mattina , d’accordo? -
- Va via? -
- Purtroppo sì , lo sapete che il mio turno finisce a quest’ora. -
- Giusto. Allora buon pomeriggio , dottoressa. -
- Anche a voi. E fate i bravi! -
Isabella si chiuse la porta alle spalle con un sospiro e si preparò psicologicamente a tornarsene a casa.
Non ne aveva affatto voglia. Soprattutto per un motivo.
 
Edward Cullen camminava avanti e indietro per il marciapiede con una mano tra i capelli. Alcuni lo guardavano storto , indecisi si chiamare qualcuno nell’edificio di fronte. Un ospedale.
Lui , però , non aveva quel genere di problema. Non era malato e non era pazzo , difatti lavorava lì dentro. Era solo maledettamente preoccupato.
Dopo mezza giornata passata a giocare a caccia al tesoro nel suo appartamento e nella sua macchina , inutilmente , Edward era giunto alla conclusione di dover parlare con lei. L’unica persona che non aveva contattato quel giorno.
Ormai l’orologio scomparso era passato in secondo piano. Quel che ora lo preoccupava era , in realtà , la reazione che avrebbe avuto lei.
Già le cose non andavano bene tra loro ultimamente.
Litigavano continuamente , ormai. E lei aveva anche minacciato di andarsene di casa , proprio ieri. Se avesse scoperto che aveva perso l’orologio era sicuro che avrebbe reso la minaccia realtà.
Ma Edward era un uomo , sapeva affrontare certe cose. Per questo era lì , davanti all’ospedale. poteva anche aspettarla a casa ma l’idea di rimanere in attesa ulteriormente non lo entusiasmava affatto.
- Edward? - lo chiamò improvvisamente una voce conosciuta. Conosciutissima.
Lui non poté che sussultare e voltarsi di scatto.
Quando i suoi occhi incontrarono quelli di lei , non riuscì a reprimere un brivido.
Era così bella.
Quando l’aveva conosciuta assomigliava ad un pulcino spennacchiato , fatto che le fece guadagnare uno strano soprannome. Era solo un’ombra di una bellezza passata , ma lui se ne innamorò , non gli importava del suo aspetto fisico. Ma ora , che erano passati mesi , quella donna aveva acquistato l’aspetto di una dea ed ogni volta era una lotta contro sé stesso per non saltarle addosso e farla sua nei modi più assurdi. Quel giorno , poi , aveva indossato quella maglia blu , colore che addosso a lei lo faceva impazzire. Non centrava affatto la scollatura esagerata , niente affatto. Anzi , la trovava indecente! Indecentemente sexy.
Ma Edward dovette riscuotersi dai propri pensieri perversi quando la vide corrucciare la labbra nell’espressione stizzita che indossava ultimamente in sua presenza.
- Anatroccolo. - sussurrò tentando un sorriso ed avvicinandosi per darle un bacio. Lei , però , gli porse solo guancia. Cercò di ignorare la fitta che gli procurò quel gesto.
- Che ci fai qui? - gli domandò lei rigidamente - Pensavo fosse il tuo giorno libero oggi. -
- Infatti. - rispose lui portandosi automaticamente una mano tra i capelli - Sono qui per te. -
Al che Isabella accentuò la sua smorfia. - Potevi anche risparmiartelo. - sputò - Sono venuta con la macchina , per evitare di stancarmi. Proprio come volevi. -
Lui sospirò di fronte all’evidente frecciatina.
Era questo l’argomento delle loro sempre più frequenti discussioni.
Lei lo accusava di essere troppo iperprotettivo nei suoi confronti. A ragione , forse. Ma chi lo biasimava dopo averla vista morire tra le sue braccia?
Sapeva di sbagliare con un simile atteggiamento e aveva cercato più volte di darsi un contegno , fallendo. Era davvero più forte di lui.
- Non sono venuto a prenderti. - mormorò lui stancamente.
- E perché sei qui , allora? - domandò lei lanciando un’occhiata di sbieco ad un uomo che le aveva riservato uno sguardo interessato.
Giù le mani. Giù le mani, ringhiò mentalmente Edward.
- Sono venuto per dirti una cosa. - riprese teso.
- Altre cazzate sul come devo stare attenta alla mia salute e quant’altro? - si inalberò subito lei - Beh , non mi interessa. - ed iniziò ad incamminarsi impettita verso la sua macchina.
- Bella! - la rincorse lui.
- Edward. Sono davvero stanca di tutto questo. - sbottò lei continuando ad allontanarsi - Sono stanca di litigare dalla mattina alla sera.  Di dormire a bordo del letto perché sono incazzata. Mi fai incazzare , Edward! Non ne posso più! - si bloccò stringendo i pugni - Forse è meglio se ci prendiamo una pausa. Non vederci per qualche tempo. Tanto tu hai i turni di notte , i nostri orari non coincidono. Forse è meglio se me ne vado dai miei per un po’. -
Ad Edward sembrò di avere un infarto per quanto gli fecero male quelle parole. E se quell’ultima parte del suo orgoglio non fosse ben viva avrebbe iniziato a piangere. Eppure in quel momento si sarebbe messo in ginocchio pur di convincerla a cambiare idea. Una contraddizione.
Ma Bella non gli diede il tempo di fare nulla che riprese a parlare. Ancora dandogli le spalle. - Vado a prendere le mie cose adesso. Se dimentico qualcosa dalle a Leah , lei me le porterà. -
Lui rimase lì , immobile e senza parole , a guardarla andare via su quei suoi tacchi alti , salire nella sua auto e sgommare via.
Non poteva crederci , Edward , che erano arrivati a quel punto.
Possibile che un paio di litigi avesse cancellato tutti quei bei momenti che avevano passato insieme? D’accordo che non erano un paio , ma … una pausa? Equivaleva praticamente a lasciarlo!
Bella lo aveva appena lasciato?
Altro che infarto. Edward , il cuore , non lo sentiva proprio più.
Alla faccia dell’orgoglio , dentro Vansh , la sua Aston , si ritrovò con le lacrime agli occhi. Guidava con il piede premuto sull’acceleratore , oltre il limite della velocità. Voleva arrivare subito a casa , possibilmente prima di Bella. Era pronto ad inchiodarsi , letteralmente , alla porta pur di bloccarla. Non le avrebbe permesso di andarsene. Non le avrebbe permesso di lasciarlo.
Lui la amava.
 
Isabella arrivò prima di lui. Il che era davvero strano , Vansh non lo aveva mai deluso.
Era in camera da letto , dentro la cabina armadio , e stava raccogliendo tutti i suoi abiti.
Quell’immagine tolse il respiro ad Edward.
Se ne stava andando davvero.
A dispetto di tutti i suoi propositi non riuscì a muovere un muscolo. Rimase a fissarla fare avanti e indietro per buttare dentro una valigia tutte le sue cose , senza degnarlo ancora di uno sguardo.
Sapeva che lo aveva visto perché si era bloccata un attimo prima di raccogliere un paio di scarpe.
Edward ricordava che una volta , l’estate scorsa , aveva sognato di sposarla. Era un bel sogno.
Nel sonno si era persino commosso e aveva stretto il suo corpo a sé togliendole il respiro. L’aveva chiamata Cigno quella notte. E l’aveva pregata , sincero , di non volare via da lui.
E invece eccola. Sicura come solo lei sapeva essere , a svuotargli casa e cuore.
- Ho perso l’orologio. - si lasciò sfuggire in un sospiro quasi incredulo. Bella si bloccò di fronte al proprio comodino. - Quello che mi hai regalato per il mio compleanno. Era questo che volevo dirti. Ho perso l’orologio. -
Lei non ebbe quasi nessuna reazione , se non un leggero incresparsi della fronte , e riprese a fare la valigia.
Edward la seguiva con lo sguardo sentendo ogni forza svanire dal suo corpo. - Non puoi lasciarmi. - mormorò.
- Non ti sto lasciando. - scattò subito lei dandogli , inconsciamente , un po’ di speranza - Voglio solo una pausa. Allontanarmi da te per un po’. - speranza che spense personalmente.
- Allontanarti? Perché? -
- Te l’ho detto perché. - sospirò lei rientrando nella cabina armadio - Sono stanca Edward. -
- Sei stanca di me? - domandò timoroso come un bambino.
Bella si bloccò nuovamente , le mani dentro la valigia strapiena. - No. - mormora - Sono stanca del tuo comportamento. -
- Io mi preoccupo per te. - esala lui a sguardo basso.
- Tu ti preoccupi troppo per me. - ribatte lei rigida - Non mi fai respirare , Edward. Mi soffochi. -
Lei non lo vide ma un lampo di puro dolore passò tra gli occhi verdi smeraldo di lui. Si dovette avvicinare alla porta , reggersi al suo stipite , per evitare di crollare a terra.
- Io non voglio … -
- Lo so. - sospirò ancora lei. Si dispiacque di vederlo tanto distrutto , ma non poteva rimangiarsi le proprie parole. - Lo so che non vuoi. Ma lo fai. -
- Posso cambiare! - scattò improvvisamente lui , trovando energia da qualche parte. Le venne incontro con occhi febbrili , circondandole il viso con mani tremanti - Cambierò! Ti lascerò libera , parlerò di persona con Thompson se vorrai. Farò tutto quello che vuoi. - deglutì con gli occhi umidi.
- Lo hai già detto. - distolse lo sguardo lei. Sapeva che se avesse continuato a guardarlo in quegli occhi tanto belli avrebbe capitolato e non poteva permetterselo. - Lo hai detto tante volte. Ma sono solo parole. -
- No! No! Bella! - scosse agitato la testa lui - Te lo giuro! Te lo giuro! Questa volta lo farò! Questa volta non ti deluderò! -
Isabella prese a respirare bruscamente. Sapeva che sarebbe stato difficile , sapeva che lui si sarebbe opposto , ma non si aspettava di percepire tanta sofferenza da parte sua.
- Edward … io … -
- Ti prego , Bella. - fremette - Ti prego … Non puoi lasciarmi … -
Lei avrebbe voluto precisare ancora una volta che non lo stava lasciando , che tutto quel che voleva era una pausa , ma lui non glielo permise. Con le mani ancora strette sul suo viso la costrinse a guardarlo negli occhi e Isabella si ritrovò ad annaspare nel mare di disperazione che ci lesse dentro. Non riuscì a dire una parola , rimase immobile.
Edward sembrò incoraggiato da questo e , impetuoso , appoggiò le proprie labbra su quelle di lei.
Isabella sgranò gli occhi , sorpresa dalla forza con cui cercava di invaderle la bocca con la lingua. Quasi violenta.
Gli mise i pugni sul petto cercando di allontanarlo. Non voleva tutto questo. Ma lui non la lasciava andare , il viso piegato in un’espressione sofferente , la teneva stretta a sé , impedendole di scappare.
Ma Bella non voleva scappare. Non aveva paura. Non avrebbe mai potuto avere paura del suo miracolo.
Non voleva farlo soffrire ulteriormente. Sapeva che una volta resosi conto del gesto avventato se ne sarebbe pentito gravemente. Che si sarebbe crogiolato nei sensi di colpa. E lei non voleva tutto questo.
Edward , però , sembrava incollato a lei per la disperazione e Isabella , dopo qualche altro tentativo di resistergli , si arrese al suo bacio.
Gli circondò lentamente il collo con le braccia facendolo sussultare per la sorpresa , ma ne fu anche animato perché premette con ancor più intensità le sue labbra sulle sue. Quando fu certo che lei non si sarebbe più opposta , si arrischiò a sciogliere la presa sul suo viso e scese con le mani lungo il suo collo , sulle spalle e giù fino ai fianchi.
Entrambi lasciarono andare un gemito quando lui gli spinse il bacino contro il suo. Edward era un uomo nei fiori dei suoi anni e , per quanto fosse addolorato da tutta quella situazione , non poteva impedire al suo corpo di reagire a contatto con quello di lei , la persona che amava.
La loro intesa sessuale , poi , era qualcosa di magico.
Dalla loro prima volta , la sera di natale di più di un anno fa , niente era riuscito a spegnere  quel loro fuoco naturale. Facevano l’amore sempre. Facevano sesso spesso. A qualsiasi ora , in qualsiasi luogo. Ogni giorno. Più volte al giorno.
Neppure questo ultimo mese di crisi aveva potuto frenare la loro libido. Anche se finiva sempre più per assomigliare al puro sesso che ad altro. Come ora.
Quel lungo bacio che si stavano scambiando non trasmetteva quell’amore che sapevano entrambi di provare per l’un l’altra ma solo la disperazione per quel che sembrava la fine di una grande storia.
Forse si amavano troppo , se mai fosse possibile. Forse quel sentimento nato nel dolore , nella paura e nella rabbia era malato , non destinato a durare.
Era a questo che pensava Edward mentre la lasciava cadere sul letto , la spogliava solo del necessario ed entrava in lei con un colpo solo. Pensava a quel che stava perdendo perché non aveva saputo lasciarle la sua libertà. Ad ogni spinta poderosa pensava a quanto la amasse , a quanto la odiasse perché lo stava punendo , a quanto gli sarebbe stato impossibile vivere senza di lei.  
Ed Isabella gemeva , continuamente. Andava incontro ai suoi colpi come aveva imparato a fare , assorbiva tutte le emozioni che lui cercava di trasmetterle ad ogni affondo. Non poteva fare altro.
- Non … posso … perderti … - gemette Edward con la fronte sul suo seno - Non … di nuovo … -
Fu con quelle parole che entrambi si lasciarono andare all’orgasmo. Nessun nome fu urlato , nessuna parola fu pronunciata. Serrarono le labbra tra loro imprigionando il proprio gemito in gola.
Solo quando il corpo di lui si accasciò su quelle di lei che Isabella poté soffermarsi su quelle parole.
Non di nuovo.
Pensava forse a quella notte di novembre? Quando il suo cuore si era fermato per quei lunghi minuti? Ma certo , certo che pensava a quello.
Nonostante tutto Edward non era mai riuscito a superarlo , come aveva fatto lei. Lo sapeva. Lui ripeteva sempre che era lei quella forte della coppia , non lui.
Rimasero immobili in quella posizione , con i corpi mezzi nudi pressati. Lui stava per scostarsi , perché non voleva pesarle addosso , ma pensò che lei avrebbe potuto interpretarlo come ulteriore prova della sua iperprotettività , così rimase lì , il peso mal distribuito sul fisico esile di lei.
Isabella sospirò , fissando il soffitto. Non poté impedire alla sua mano di correre ad accarezzargli i capelli. Si poteva dire che avesse una relazione con quelli. Così morbidi.
Il silenzio che li circondava da minuti cominciò a farsi eccessivamente pesante e lei si decise a riempirlo.
Finalmente.
- Prendimi il cellulare dalla borsa. - mormorò - È in salone. -
Edward non ci pensò due volte. Era davvero pronto a fare qualsiasi cose lei gli chiedesse.
Uscì da lei con delicatezza , perché non avrebbe potuto fare in nessun altro modo , e si alzò dal letto. La borsa grigia di Bella si trovava sulla poltrona , aperta. Immerse una mano dentro essa tastando alla ricerca della forma rettangolare dell’ Iphone. Ci impiegò qualche secondo di troppo , ostacolato da tutti quegli oggetti che riempivano la borsa di una donna. Così gli venne da sorridere vittorioso quando le dita avvolsero quel che poteva essere soltanto un cellulare.
Ma mentre tirava fuori la mano quelle stesse dita entrarono in contatto con qualcos’altro. Qualcosa di metallico e freddo , dalla forma allungata e con un corpo rotondo.
Edward aggrottò la fronte. Lasciò andare l’Iphone e lo prese.
Con suo immenso , smisurato , stupore , si ritrovò tra le mani un orologio. Il suo orologio. Quello che aveva cercato da quella mattina come un forsennato.
- Bella?! - ringhiò ad alta voce - Che diavolo ci fa il mio orologio nella tua borsa?! -
 
L’ombra , sdraiata qualche metro più in là , nuda dalla vita in giù , sghignazzò vendicativa.
Il suo piano aveva funzionato. Chissà che il suo ragazzo non imparasse finalmente la lezione.
- Fotomodello? Mi dai una mano a rimettere a posto i vestiti? -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note
 
Questo era la mia piccola grande sorpresa.
In realtà doveva essere pubblicata ieri e non esserci riuscita mi fa incazzare. Computer di merda!
Doveva essere pubblicata ieri perché era il 16 Agosto. Voi non ve lo ricorderete ma esattamente un anno (e un giorno) fa ho pubblicato il primo capitolo di Trouble. Quale modo migliore di festeggiare se non quello di pubblicare un extra?
Spero che vi sia piaciuto. E state certi che non sarà l’ultimo extra.
In ricordo di Anatroccolo e Fotomodello! I personaggi che abbiamo tanto amato!
 
Non riuscirò mai a ringraziarvi per il supporto che mi avete dato e continuate a darmi con Warzone.
 
A presto
Vi Gibigibbo
Isabella
 
  
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