Primo
esperimento in questo fandom, così, per sondare un po’
il terreno.
Ho scoperto Sherlock solo da qualche
mese, ma me ne sono innamorata subito (ovviamente^^).
È una piccola One-Shot scritta di getto a ferragosto, dopo essermi
ben rimpinzata a pranzo. È scritta in modo tale da rispecchiare i pensieri di John,
quindi le frasi sono volutamente brevi e spezzate.
Un grazie in anticipo a chi leggerà,
Gage.
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Dannata Candela
«Andiamo, Sherlock,
mi è passata la fame.»
I suoi occhi
azzurri mi fissano interrogativi.
Mi alzo, non
mi va di star qui a spiegargli il senso della candela che Angelo ha appena
appoggiato sul tavolo in mezzo a noi. Devo ricordarmi di non venire più qui,
non con lui: avrò già tentato in circa cento modi di spiegare a quel tizio che io e Sherlock siamo semplici coinquilini e nient'altro.
Comincio ad odiare tutte le occhiate che ci mandano:
siamo semplici amici, niente di più. Che poi, neanche Sherlock mi definisce suo
amico.
Dannata candela.
Prendiamo un
taxi al volo. Già pregusto una tazza di latte con biscotti davanti al nuovo
episodio di Doctor Who.
Lui è seduto
in silenzio, e pensa. A che cosa? Non lo so, non lo voglio neanche sapere. Forse al caso dei tre Garrideb?
Può darsi. Agli inutili sforzi di Lestrade per il caso della
Gloria Scott? Magari anche. Al cadavere che lo sta
aspettando al Barth? Ne dubito. A quella
stramaledetta candela? No, a quella ci sto pensando io. Lui non pensa a queste
cose.
Entriamo in
Baker Street e lui continua a non parlare. Devo
ammettere che alla fine, senza contare i casi, la sua compagnia è abbastanza
rilassante... vorrei solo che suonasse il violino a delle ore più sensate. Ma cosa sto dicendo? La mia vita con lui è… eccitante. Oh per l’amor del cielo!
Dannata candela.
Saliamo le
scale e superiamo l'appartamento della signora Hudson. Lei è stata la prima.
Ricordo la mia faccia quando ci chiese quante stanze
volevamo. A quel tempo non capivo, l'idea non mi era
neanche passata per la mente. Ma a che cosa diamine
sto pensando?
Dannata candela.
Sherlock si
siede sulla sua poltrona e s’immerge nel suo palazzo mentre io accendo la
tv. Deve essere uno scherzo del destino.
«Gay.»
«Che cosa?»
«Il
giornalista... è gay.»
Ovvio.
Vorrei chiedergli da che cosa sia riuscito a dedurlo ma temo che quel discorso
possa prendere una brutta piega, così me ne sto zitto.
Ma lui sembra essere in vena di
parlare, forse perché vuole impedirmi di guardare la puntata. Lui lo odia Doctor Who. Anzi, lui odia in
generale la tv. Mi chiedo come vivrebbe senza tutti i suoi casi. Cambio
pensiero quando mi rendo conto che potrebbe inventarseli lui pur di far
qualcosa. Non ce lo vedo Sherlock ad uccidere
qualcuno. O forse sono io che non voglio che lo faccia? Può darsi.
«Mi chiedo
perché mi hai detto che avevi fame per poi andartene davanti a un piatto di
pasta.»
Oh per
l'amor del cielo, Sherlock! Non possiamo parlare d'altro?
«Mi chiedo
perché ti interessi saperlo...» cerco di sviare.
Lui mi fissa
con i suoi occhi. Anzi no, mi trafigge. Mi sembra di ricevere due spade nel
petto ogni volta che mi guarda.
«Perché è
illogico.»
Ah beh,
certo Sherlock, non avrei neanche dovuto chiedertelo. «Perché mi è passata
la fame.»
«E allora
perché mangi biscotti?»
Sbuffo. Non
posso farne a meno. «Perché sì. Mi andava di mangiare
biscotti e non pasta, ora sei contento?»
Non mi
risponde, ma so che non lo è.
Nel
frattempo mi sono venuti i crampi alla pancia nel ricordare quel piatto di
pasta...
Dannata candela.
«Il ragazzo
della metro si è suicidato.»
Spengo la
tv. Di vederla in santa pace stasera non c'è verso.
«E come sei
arrivato a questa conclusione?»
«Da Facebook.»
Sorrido.
«Hai scoperto la password?»
Lui
annuisce. «Era banale. Il nome del suo ragazzo.»
Ragazzo. Il
suo ragazzo. Quasi quasi è meglio che mi metta a
letto per questa sera. Ma è troppo tardi. Lui si è
accorto della mia espressione tesa. E sorride.
«Perché
ridi?» Domanda più sbagliata non potevo fare.
«Perché è la
seconda volta che ti vedo quell'espressione sul volto questa sera.»
Perfetto. Lo
aveva già capito, voleva solo accertarsene con quel piccolo stratagemma.
Dannata candela.
Penso che devo affrontare il discorso, forse non ne uscirò finché non
l'avrò fatto. «Non ti da fastidio?»
«Dipende
cosa.»
Fantastico.
Non solo vuole parlarne, vuole anche farmelo
ammettere! «Tutte queste... Queste idee su di noi.»
mormoro imbarazzato. Distolgo lo sguardo così da evitare di arrossire.
«No.»
Alzo lo
sguardo stupito.
«Non mi interessa quello che pensano gli altri, John.»
Ah, ecco.
«Beh, a me sì. Perché è così
difficile capire che siamo semplicemente amici?» poi mi
correggo. «...coinquilini...»
Sherlock mi
guarda storto. «La gente pensa quello che vuole.»
«E si
sbaglia.»
«La gente è
stupida.»
«Grazie.»
Sbuffa. «La
gente, John.»
Sorrido tra
me e me. «Devo prenderlo come un complimento?»
«Tu sei mio amico, non la gente.»
«Appunto.»
Passa
qualche minuto in totale silenzio.
Mi alzo per
andare a lavare la tazza vuota in lavastoviglie e quando torno
lui è seduto davanti al portatile. Sto per dargli le spalle e andare a lavarmi
i denti quando mi accorgo che è il mio.
«Il mio
portatile...» dico stancamente.
«Louise ti
ha scritto.»
Questo è
troppo. Scatto in avanti.
E poi dicono
che la sfortuna non esiste, che è una cosa soggettiva. Allora mi piacerebbe
sapere chi ha messo quella scarpa là in mezzo.
Inciampo.
Cado in avanti. Cado in braccio a lui. Potrei rialzarmi con calma e maledire la
scarpa, ma in testa ho troppi pensieri.
Dannata candela.
Rimango lì a
fissarlo, il mio viso a pochissimi centimetri dal suo.
Lui non muove un muscolo e mi guarda di rimando. Penso che basterebbe veramente
poco per allungarmi e baciarlo. Oh cazzo... Lo sto
veramente pensando?
Dannata candela.
E poi sento
un gridolino venire dalla porta.
Mi alzo di
scatto, appena in tempo per vedere la signora Hudson scappare giù dalle scale
borbottando agitata qualcosa sul fatto che le sia dispiaciuto interromperci. Mi
sento girare la testa.
E Sherlock
ride.
E io so per certo di essere diventato
più rosso di un pomodoro maturo.
Questo è
troppo.
«Ora chi
glielo spiega che sono solo inciampato?» Meglio prenderla sul ridere.
Sherlock
stira le labbra in quel suo sorriso enigmatico. «A me non interessa.»
Devo
trattenermi dal tirargli un pugno. «A me sì.»
«Allora
diglielo.»
So già che
sarà una causa persa. Chi crede a una cosa del genere quando ti ha appena visto
quasi labbra contro labbra con il tuo coinquilino?
Sherlock mi
guarda divertito.
E io so per certo che d'ora in poi
non riuscirò più a guardarlo negli occhi come prima, che non riuscirò a
sorpassare i commenti degli altri senza arrossire, che la signora Hudson ora
busserà sempre prima di entrare.
Eppure le
sue labbra erano così vicine... Cazzo no.
Dannata candela.
Note:
I due casi nominati da John sono
due dei casi dei racconti di Doyle.
Un grazie a Michela per aver
letto e dato l’ok ;)