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Autore: Gageta    17/08/2013    9 recensioni
Penso che devo affrontare il discorso, forse non ne uscirò finché non l'avrò fatto. «Non ti da fastidio?»
«Dipende cosa.»
Fantastico. Non solo vuole parlarne, vuole anche farmelo ammettere! «Tutte queste... Queste idee su di noi.» mormoro imbarazzato. Distolgo lo sguardo così da evitare di arrossire.
«No.»

John si ritrova a formulare pensieri che non vorrebbe, tutto per colpa di una dannata candela.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primo esperimento in questo fandom, così, per sondare un po’ il terreno.

Ho scoperto Sherlock solo da qualche mese, ma me ne sono innamorata subito (ovviamente^^).

È una piccola One-Shot scritta di getto a ferragosto, dopo essermi ben rimpinzata a pranzo. È scritta in modo tale da rispecchiare i pensieri di John, quindi le frasi sono volutamente brevi e spezzate.

Un grazie in anticipo a chi leggerà,

Gage.

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Dannata Candela

«Andiamo, Sherlock, mi è passata la fame.»

I suoi occhi azzurri mi fissano interrogativi.

Mi alzo, non mi va di star qui a spiegargli il senso della candela che Angelo ha appena appoggiato sul tavolo in mezzo a noi. Devo ricordarmi di non venire più qui, non con lui: avrò già tentato in circa cento modi di spiegare a quel tizio che io e Sherlock siamo semplici coinquilini e nient'altro. Comincio ad odiare tutte le occhiate che ci mandano: siamo semplici amici, niente di più. Che poi, neanche Sherlock mi definisce suo amico.

Dannata candela.

Prendiamo un taxi al volo. Già pregusto una tazza di latte con biscotti davanti al nuovo episodio di Doctor Who.

Lui è seduto in silenzio, e pensa. A che cosa? Non lo so, non lo voglio neanche sapere. Forse al caso dei tre Garrideb? Può darsi. Agli inutili sforzi di Lestrade per il caso della Gloria Scott? Magari anche. Al cadavere che lo sta aspettando al Barth? Ne dubito. A quella stramaledetta candela? No, a quella ci sto pensando io. Lui non pensa a queste cose.

Entriamo in Baker Street e lui continua a non parlare. Devo ammettere che alla fine, senza contare i casi, la sua compagnia è abbastanza rilassante... vorrei solo che suonasse il violino a delle ore più sensate. Ma cosa sto dicendo? La mia vita con lui è… eccitante. Oh per l’amor del cielo!

Dannata candela.

Saliamo le scale e superiamo l'appartamento della signora Hudson. Lei è stata la prima. Ricordo la mia faccia quando ci chiese quante stanze volevamo. A quel tempo non capivo, l'idea non mi era neanche passata per la mente. Ma a che cosa diamine sto pensando?

Dannata candela.

Sherlock si siede sulla sua poltrona e s’immerge nel suo palazzo mentre io accendo la tv. Deve essere uno scherzo del destino.

«Gay

«Che cosa?»

«Il giornalista... è gay

Ovvio. Vorrei chiedergli da che cosa sia riuscito a dedurlo ma temo che quel discorso possa prendere una brutta piega, così me ne sto zitto.

Ma lui sembra essere in vena di parlare, forse perché vuole impedirmi di guardare la puntata. Lui lo odia Doctor Who. Anzi, lui odia in generale la tv. Mi chiedo come vivrebbe senza tutti i suoi casi. Cambio pensiero quando mi rendo conto che potrebbe inventarseli lui pur di far qualcosa. Non ce lo vedo Sherlock ad uccidere qualcuno. O forse sono io che non voglio che lo faccia? Può darsi.

«Mi chiedo perché mi hai detto che avevi fame per poi andartene davanti a un piatto di pasta.»

Oh per l'amor del cielo, Sherlock! Non possiamo parlare d'altro?

«Mi chiedo perché ti interessi saperlo...» cerco di sviare.

Lui mi fissa con i suoi occhi. Anzi no, mi trafigge. Mi sembra di ricevere due spade nel petto ogni volta che mi guarda.

«Perché è illogico.»

Ah beh, certo Sherlock, non avrei neanche dovuto chiedertelo. «Perché mi è passata la fame.»

«E allora perché mangi biscotti?»

Sbuffo. Non posso farne a meno. «Perché sì. Mi andava di mangiare biscotti e non pasta, ora sei contento

Non mi risponde, ma so che non lo è.

Nel frattempo mi sono venuti i crampi alla pancia nel ricordare quel piatto di pasta...

Dannata candela.

«Il ragazzo della metro si è suicidato.»

Spengo la tv. Di vederla in santa pace stasera non c'è verso.

«E come sei arrivato a questa conclusione?»

«Da Facebook

Sorrido. «Hai scoperto la password?»

Lui annuisce. «Era banale. Il nome del suo ragazzo.»

Ragazzo. Il suo ragazzo. Quasi quasi è meglio che mi metta a letto per questa sera. Ma è troppo tardi. Lui si è accorto della mia espressione tesa. E sorride.

«Perché ridi?» Domanda più sbagliata non potevo fare.

«Perché è la seconda volta che ti vedo quell'espressione sul volto questa sera.»

Perfetto. Lo aveva già capito, voleva solo accertarsene con quel piccolo stratagemma.

Dannata candela.

Penso che devo affrontare il discorso, forse non ne uscirò finché non l'avrò fatto. «Non ti da fastidio?»

«Dipende cosa.»

Fantastico. Non solo vuole parlarne, vuole anche farmelo ammettere! «Tutte queste... Queste idee su di noi.» mormoro imbarazzato. Distolgo lo sguardo così da evitare di arrossire.

«No.»

Alzo lo sguardo stupito.

«Non mi interessa quello che pensano gli altri, John.»

Ah, ecco.

«Beh, a me sì. Perché è così difficile capire che siamo semplicemente amici?» poi mi correggo. «...coinquilini...»

Sherlock mi guarda storto. «La gente pensa quello che vuole

«E si sbaglia.»

«La gente è stupida.»

«Grazie.»

Sbuffa. «La gente, John.»

Sorrido tra me e me. «Devo prenderlo come un complimento?»

«Tu sei mio amico, non la gente.»

«Appunto.»

Passa qualche minuto in totale silenzio.

Mi alzo per andare a lavare la tazza vuota in lavastoviglie e quando torno lui è seduto davanti al portatile. Sto per dargli le spalle e andare a lavarmi i denti quando mi accorgo che è il mio.

«Il mio portatile...» dico stancamente.

«Louise ti ha scritto.»

Questo è troppo. Scatto in avanti.

E poi dicono che la sfortuna non esiste, che è una cosa soggettiva. Allora mi piacerebbe sapere chi ha messo quella scarpa là in mezzo.

Inciampo. Cado in avanti. Cado in braccio a lui. Potrei rialzarmi con calma e maledire la scarpa, ma in testa ho troppi pensieri.

Dannata candela.

Rimango lì a fissarlo, il mio viso a pochissimi centimetri dal suo. Lui non muove un muscolo e mi guarda di rimando. Penso che basterebbe veramente poco per allungarmi e baciarlo. Oh cazzo... Lo sto veramente pensando?

Dannata candela.

E poi sento un gridolino venire dalla porta.

Mi alzo di scatto, appena in tempo per vedere la signora Hudson scappare giù dalle scale borbottando agitata qualcosa sul fatto che le sia dispiaciuto interromperci. Mi sento girare la testa.

E Sherlock ride.

E io so per certo di essere diventato più rosso di un pomodoro maturo.

Questo è troppo.

«Ora chi glielo spiega che sono solo inciampato?» Meglio prenderla sul ridere.

Sherlock stira le labbra in quel suo sorriso enigmatico. «A me non interessa.»

Devo trattenermi dal tirargli un pugno. «A me sì.»

«Allora diglielo.»

So già che sarà una causa persa. Chi crede a una cosa del genere quando ti ha appena visto quasi labbra contro labbra con il tuo coinquilino?

Sherlock mi guarda divertito.

E io so per certo che d'ora in poi non riuscirò più a guardarlo negli occhi come prima, che non riuscirò a sorpassare i commenti degli altri senza arrossire, che la signora Hudson ora busserà sempre prima di entrare.

Eppure le sue labbra erano così vicine... Cazzo no.

Dannata candela.

 

Note:

I due casi nominati da John sono due dei casi dei racconti di Doyle.

Un grazie a Michela per aver letto e dato l’ok ;)

   
 
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