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Autore: RobTwili    17/08/2013    6 recensioni
Harper e Jared.
Pri e Jedi.
Si conoscono dall’asilo e hanno frequentato il college assieme, sempre e solo da buoni amici.
Jared ha visto Harper in tutti i modi possibili, Harper riesce a sopportare Jared nonostante l’amore incondizionato che lui ha per Pixie, la sua BMW.
Sono single, entrambi, visto che sembra che nessuno sia in grado di sopportare i loro reciproci difetti. Harper ha infatti una teoria: tutti i ragazzi che le piacciono sono dotati di una corazza invisibile che fa rompere le frecce di Cupido, impedendo a tutti di innamorarsi di lei.
Ma se la freccia di Cupido scoccasse improvvisamente, verso quella persona che hai sempre avuto al tuo fianco?
Storia momentaneamente sospesa
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CBA


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Alle mani in più, ai nani, alle cene e agli hotel di lusso.
A chi mi è vicino ogni giorno e mi sopporta, nei miei mille scleri.
A tutte voi che aspettate anche se non c’è motivo di farlo.
Grazie.

 
 
No collo o solletico, non leccare, non incitare, non urlare…
Deglutii, strofinando i palmi sudati delle mani sul letto mentre Harp si portava i capelli dietro alla schiena, in imbarazzo.
«Jar... non è una cosa che mi riesce così. Dovremmo lasciar stare forse. Se è programmato non ha senso, non trovi?».
Concordavo con lei, anche perché trovavo stupido iniziare a baciarsi all'improvviso, se non c'era atmosfera -quella che avevamo decisamente fatto sparire svelando i nostri tabù.
«Il momento è passato, hai ragione. Buonanotte Harp» mormorai, lasciandole un bacio tra i capelli e distendendomi sul letto, facendo attenzione a rimanere il più vicino al muro possibile.

La sentii sospirare subito dopo aver spento la luce e, dopo qualche secondo, si distese così distante da me che temevo potesse cadere giù dal letto durante il sonno. Aspettai qualche minuto, sperando si muovesse per mettersi più al centro, al sicuro, ma non lo fece.
«Puoi avvicinarti se vuoi, non ti mangio» scherzai, in un soffio. Harp non rispose e non si avvicinò nemmeno, rimase ferma immobile, come se non mi avesse sentito. «Harp?» domandai, alzando appena il capo per controllare che non mi stesse prendendo in giro. Di nuovo nessuna risposta. «Ma ti sei già addormentata?». Non sapevo se mi stesse prendendo in giro o se davvero stesse dormendo ma, per sicurezza, portai la mano davanti al suo corpo per controllare quanto spazio ci fosse; la sua pancia sporgeva di qualche centimetro oltre il bordo del materasso. Se si fosse mossa in avanti durante la notte, sarebbe di certo caduta, facendosi male.
Non potevo permetterlo.
«Vieni qui, stupida» mormorai, portando il mio braccio attorno alla sua vita e attirandola verso di me perché potesse essere al sicuro. La sentii lamentarsi appena nel sonno, ma dopo qualche secondo si sistemò, portando la sua mano sopra alla mia e sospirando. Sorrisi, felice che non potesse vedermi, e dopo averle lasciato un bacio tra i capelli, chiusi gli occhi, rilassandomi e addormentandomi dopo poco.
 
«Mhh» mi lamentai, scuotendo appena il capo per spostare qualsiasi cosa stesse camminando sulla mia fronte. Faceva caldo, tanto caldo, il mio fianco destro era completamente appoggiato a un termosifone e sentivo la mia schiena appiccicata al materasso sotto di me.
«Non volevo svegliarti, scusa. Stavo cercando di spostarti i capelli, sei tutto sudato» sussurrò Harp, costringendomi ad aprire gli occhi per cercare di capire dove fossi. Perché era di fianco a me? Improvvisamente ricordai: eravamo in motel, perché stavamo andando a trovare Ken. Un solo letto, stretto. «Dormi, devi riposare, sono le due» cantilenò, come se stesse cercando di farmi addormentare. Socchiusi involontariamente gli occhi, al tocco della sua mano calda sulla mia fronte, mentre mi scostava i capelli.
Continuava ad accarezzarmi, come se stesse cercando di farmi rilassare per tornare a dormire; canticchiò anche qualche canzone mentre sentivo i miei muscoli rilassarsi di nuovo, addormentandomi.
«Sei bello». Un sussurro, sicuramente prodotto dalla mia mente.
Spalancai gli occhi, guardando Harper che sgranò i suoi, in un’espressione che era un misto tra paura e imbarazzo.
«Cosa?». Mi schiarii la voce, muovendomi appena e spostando il mio braccio che le circondava ancora il corpo. «Che hai detto? Hai parlato tu?» domandai, sentendo il suo corpo irrigidirsi di fianco al mio. Ormai non avevo nemmeno più sonno; ero troppo curioso di capire se fosse stata davvero lei a dire quelle parole o se fossi stato io a sognarle.
Però, se avevo imparato a conoscere Harp in tutti quegli anni, potevo capire che fosse stata lei a dire la frase, visto il modo in cui stava reagendo.
«Di che parli?». Il corpo rigido e lei che, cercando di non farmelo vedere, si allontanava di qualche centimetro da me. Stava mentendo, lo capivo da troppi segnali.
«Harp?». Corrugai la fronte, in attesa che parlasse con me e mi spiegasse che cosa era successo. La vidi scuotere il capo nella penombra della stanza e fece pressione sulle braccia, per alzarsi; ma non glielo permisi. Afferrai il suo polso, stringendolo appena e facendo un po’ di forza perché non potesse scendere dal letto. Non se ne sarebbe andata fino a quando non mi avesse detto che cosa era successo.
«Jar, davvero lascia stare». Era agitata, si notava anche dal modo in cui, ancora una volta, scuoteva il capo avanti e indietro; sembrava stesse scacciando qualche pensiero che non voleva avere.
«Ora mi dici che succede». Fece forza per alzarsi e, istintivamente, aumentai anche io la stretta sul suo polso, tirando all’indietro e facendola cadere sopra di me. «Oops» mormorai quando il suo naso sfiorò il mio e vidi i suoi occhi a pochi centimetri dal mio volto. Il verde dei suoi occhi risaltava anche se c’era solamente la luce rossa al neon fuori dalla camera.
«Jar…» un sussurro che mi fece sgranare gli occhi quando vidi lo sguardo di Harp spostarsi involontariamente sulle mie labbra schiuse. «Non…». Di nuovo, il capo che si scuoteva mentre socchiudeva gli occhi cercando di concentrarsi. Sentii distintamente il suo petto premere contro le mie costole mentre respirava profondamente.
«Harp?» domandai, aggrottando le sopracciglia confuso. L’avevo vista alzare gli occhi al cielo come se avessi fatto qualcosa di male.
«Fanculo, Jar. Ti ho chiesto espressamente di non leccarti le labbra. I miei ormoni sono messi a dura prova e non mi pare il momento». Non riuscivo a capire perché, entrambi, continuassimo a sussurrare tutto quello che stavamo dicendo, visto che non c’era nessun altro in camera con noi. Non che avessi paura di disturbare qualcuno, ma sembrava quasi che lo facessimo per non… rovinare l’atmosfera. «Cazzo. Di nuovo. Smettila o ti strappo quella lingua con i denti». Sentii l’indice di Harp puntato al mio petto e ridacchiai divertito dal suo sguardo furioso e frustrato.
Perché non giocare un po’? Mi mordicchiai il labbro, puntando direttamente il mio sguardo nel suo, per godermi la sua reazione. Spalancò gli occhi e le labbra, assomigliando terribilmente a un –bellissimo –pesce lesso.
«L’hai voluto tu» mormorò, mettendosi a sedere e fingendo di arrotolarsi le maniche di una maglia invisibile come se si stesse preparando a uno scontro epico. Ridacchiai rumorosamente, portando le braccia a incrociarsi dietro la nuca, in attesa della sua prossima mossa. «Preparati, Jared James Edward. Ora morirai». Si alzò in piedi, sul materasso di fianco a me e, tenendosi in equilibrio con le mani appoggiate al muro, si spostò per portare una gamba al mio fianco.
«Cosa fai?» sghignazzai, inorridendo mentre, con un sorriso sadico si sedeva sui miei addominali prima di iniziare a farmi il solletico. «Pri» urlai così forte che probabilmente avevo svegliato qualcuno. Non mi interessava però, visto che quelle sue piccole e magre dita continuavano a torturarmi lungo le costole; lì dove soffrivo il solletico più di tutto. «Smettila o me la paghi». Sapeva esattamente che il solletico in quel punto mi faceva mancare completamente la forza, per questo, non appena ero riuscivo a intrappolare i suoi polsi con una mano, aveva iniziato a scalciare per cercare di scappare.
Con un colpo di reni ribaltai la situazione, schiacciandola tra il mio corpo e il materasso sotto di lei. Alzai le sue braccia, tenendo entrambi i suoi polsi con una mano e li appoggiai al cuscino, sopra la sua testa. Avevamo entrambi il fiatone e per qualche secondo rimasi a guardare gli occhi verdi di Harp, sotto di me. «Harp».
«Jar» sussurrammo nello stesso momento, sorridendo subito dopo. Iniziò a ridere, portando la testa all’indietro tanto che una ciocca di capelli le ricadde sul collo e istintivamente la spostai. Harp smise di ridere non appena le mie dita sfiorarono il suo collo e mi guardò seria, prendendo un respiro. «Jar…» tornò a dire, senza veramente aggiungere altro.
Era stato un attimo; non me ne ero nemmeno accorto. Mi ero ritrovato con le mie labbra sulle sue, le sue dita a tirare qualche ciocca dei miei capelli e la mia mano a scorrere lungo le sue braccia fino ad arrivare al suo viso mentre cercavo di sorreggermi.
Era come… come aver acceso –di nuovo –un fiammifero su un cumulo di paglia. All’improvviso tutto era diventato fuoco.
Portai la mano sotto alla maglia di Harper, solleticando la pelle delicata del suo stomaco mentre la sentivo rabbrividire sotto il mio tocco. Non chiesi nulla e lo stesso fece lei. Fu naturale per me –come se non l’avessi fatto una volta sola ma da sempre –far salire la mia mano sfiorandola e godendo del suo sospiro che morì sulle mie labbra.
Sentii le sue mani scendere lungo il mio collo, sfiorarmi le spalle e circondarmi la schiena quando una mia mano si strinse sul suo seno. Di nuovo, un gemito mal trattenuto poiché continuava a torturare il mio labbro con i suoi denti. Non che mi interessasse poi molto, visto che le sue mani stavano esplorando il mio corpo, scendendo sempre di più e facendomi diventare, secondo dopo secondo, sempre meno lucido.
Socchiusi gli occhi quando volontariamente il palmo della mano di Harp sfiorò i miei boxer, prima di spostarsi verso il mio stomaco che graffiò, facendomi gemere.
La sentii ridacchiare e, per ripicca, come se fossi stato un bambino, decisi  di fargliela pagare mordendole il labbro; Harp mugolò per il dolore, stringendo le sue gambe attorno ai miei fianchi e attirandomi a lei prima di iniziare a muovere –in una sadica tortura –i suoi fianchi per tentarmi.
Senza pensarci due volte portai di nuovo le mani sotto alla sua canottiera nera, sfilandogliela e smettendo di baciarla solo per il tempo necessario. Lasciai che le mie mani accarezzassero il suo corpo, sfiorandola e godendo dei suoi sospiri, imparando a capire cosa potesse piacerle e cosa no.
Per quanto conoscessi Harper, conoscere il corpo di una persona, esplorarlo e comprenderlo per poter donare piacere all’altra persona era diverso. Ci stavamo divertendo, certo, ma volevo che Harp stesse bene, oltre a far godere me.
La sentii ridacchiare quando le mordicchiai il lobo dell’orecchio e vidi distintamente il suo sguardo cambiare nel momento in cui tracciai una scia di baci lungo il suo collo, scendendo verso l’incavo dei suoi seni e arrivando a baciarle la pancia.
Un sospiro interrotto a metà non appena la mia mano accarezzò una sua coscia salendo, per sfilarle gli slip. Puntai il mio sguardo nel suo, per essere sicuro che fosse quello che voleva veramente, che non ci fossero ripensamenti o altro; una volta superato quello scoglio –una volta tolto quel pezzo di stoffa decisamente inutile, quindi –non sarei più riuscito a fermarmi. Non che ci potessi riuscire in quel momento, comunque.
La vidi sorridere imbarazzata, come se volesse darmi un muto consenso; quindi, senza aspettare troppo, levai quell’inutile coso nero, sorridendo quando, alzato lo sguardo, mi ritrovai a guardare il corpo nudo di Harp davanti a me.
La luce al neon rossa produceva degli strani effetti, creando ombre e giochi di luce che rendevano la sua pelle di un colore innaturale e che sottolineava quelle poche curve che aveva. Mi soffermai per qualche secondo a guardare il suo seno che si alzava e abbassava a un ritmo più veloce del normale e sorrisi, quando si portò le mani davanti per coprirsi; non aveva assolutamente nulla che non andasse, anzi: era bellissima.
«Non coprirti» mormorai, tornando a baciare le sue labbra e lasciando che le sue dita esplorassero la mia schiena. La sentii sospirare ma ero troppo impegnato a lasciarle un piccolo segno rosso sul collo per curarmi di alzare lo sguardo.
La sua pelle era così morbida e liscia che non resistetti: lasciai una scia di baci e piccoli morsi, marchiandola con piccoli segni rossi fino ad arrivare al suo seno, sul quale mi soffermai di più, vista la sua reazione. Ridacchiai, giocando con la sua pelle chiara e mordendo e baciando ogni singolo centimetro, guidato dai suoi sospiri e dalle sue mani che si stringevano attorno ai miei capelli.
Improvvisamente però, Harp si mise a sedere, cogliendomi di sorpresa. Si avvicinò con uno strano sorriso al mio volto, mordendo le mie labbra in un modo così sensuale che riuscii a trattenere un gemito solo per poco. Dannazione, se ci sapeva fare!
Sentii le sue piccole mani correre lungo la mia schiena fino ad arrivare all’elastico dei miei boxer che allontanò per poi farlo sbattere contro la mia pelle. «Oops» scherzò, fingendo di non averlo fatto volutamente. Sgranai gli occhi, sorpreso da quella nuova Harper che non avevo mai visto o immaginato –forse solo sognato –e che era dannatamente… eccitante.
«Cazzo» sbottai, strofinandomi il volto con una mano, frustrato. Che diamine mi stava succedendo? Perché improvvisamente Harper era cambiata e sembrava che ci fosse più complicità del solito? Sembrava quasi naturale scherzare anche mentre –con un’evidente eccitazione –cercavo di concentrarmi per non saltarle addosso prima ancora di togliermi i boxer.
Per fortuna sembrava che lei fosse un po’ più lucida –o impaziente –di me, visto che le sue piccole e calde mani superarono la barriera di stoffa, intrufolandosi sotto e sfiorando la pelle del mio fondoschiena fino a spostarsi davanti per arrivare a…
«Cazzo…» gemetti, sentendo distintamente ogni singolo dito circondare la mia erezione e inarcando involontariamente il corpo per avere più contatto con il suo. Harper rise; una risata cristallina, mentre cercava –goffamente –di far scendere i boxer lungo le mie gambe.
La aiutai, mettendomi in ginocchio e togliendoli in un modo che poteva essere tutto tranne che sensuale, e tornai a distendermi sopra di lei, rabbrividendo per il contatto del mio corpo nudo contro al suo. Vidi i suoi occhi illuminarsi, come se fossero lucidi e senza pensarci baciai le sue labbra, lasciando che le nostre lingue si incontrassero e prendessero confidenza.
Harper era bellissima, riuscivo a capirlo anche se avevo chi occhi chiusi, mentre assaporavo le sue labbra e il suo collo; perché anche le mie mani, vagando lungo il suo corpo, lo capivano.
Per questo, esattamente come la prima volta, era stato tutto naturale.
Ci eravamo ritrovati in sintonia, con i nostri corpi che si avvicinavano, studiandosi a vicenda: con le mani che vagavano, in cerca di pelle scoperta da toccare e sfiorare, con le labbra che baciavano e mordevano qualsiasi parte di collo trovassero; con i gemiti mal trattenuti che riempivano il silenzio della stanza e con l’odore di sudore che impregnava l’aria.
Perché era diventato tutto così normale, mentre i nostri corpi si muovevano sempre più veloci, alla ricerca di quel piacere che entrambi stavamo cercando.
Sentii le dita di Harper aggrapparsi più fermamente alle mie spalle e scesi a baciarle il collo, sfiorandola con la mia mano che scese verso il suo seno, stringendolo appena. Faticavo anche a tenermi in equilibrio con una sola mano, soprattutto perché sentivo di non poter resistere ancora per molto; per questo, quando Harp si rilassò, sotto di me, continuai a spingere, fino a quando non prese il mio volto tra le sue mani, per baciarmi.
In quell’esatto momento, come se quel bacio fosse stato il fattore scatenante, mi abbandonai sopra al suo corpo, completamente senza forza. Cercai di riprendere fiato, con il naso appoggiato alla sua clavicola e il profumo della sua pelle che assaporavo a ogni respiro.
Rimanemmo in quella posizione per minuti, ma sinceramente non sembrava che, né a me, né a lei, disturbasse. Sentii i nostri respiri ritornare normali e socchiusi gli occhi, insicuro su cosa fare o dire. Temevo di ferirla nel dire qualcosa, ma sapevo di poterlo fare anche rimanendo zitto.
«Jar? Sei vivo? Tutto bene?» domandò, irrigidendosi. Sentii distintamente i suoi muscoli contrarsi sotto di me, come se temesse una reazione strana da parte mia. Sapevo che con Harper il miglior modo per dire qualcosa –e soprattutto per sdrammatizzare –era fare battute.
In quel momento poi, la cosa migliore da fare era togliere l’imbarazzo che si era creato tra noi due: per la seconda volta nel giro di pochi giorni eravamo finiti a… letto assieme; visto che non avrei saputo come definire quello che c’era stato.
«Sono andato male?» scherzai, alzando lo sguardo e osservando i suoi grandi occhi verdi. Potevo vedere un’ombra più scura sulle sue guance e, di nuovo, i suoi occhi lucidi. Sentii la sua mano sfiorare in modo pigro la mia nuca e mi misi a sedere, aspettando una sua risposta.
«Male? Sei andato talmente male che hai fatto sfigurare anche me». Lo sguardo serio e fisso su di me, come se stesse dicendo sul serio. Poi, improvvisamente, un paio di secondi dopo, iniziò a ridere. «Scherzo Jar, è stato… divertente». Si mise a sedere, cercando, senza accendere la luce, la canottiera e gli slip per terra, di fianco al letto. Seguii il suo esempio, trovando i boxer tra le lenzuola e indossandoli prima di accendere la luce e inorridire davanti alla visione di Harp.

Il suo… il suo collo era ricoperto di chiazze rosse lasciate dalle mie labbra. Forse… forse avevo leggermente esagerato con i succhiotti, ma ricordai solo in quel momento che tra le sue regole c’era quella di non baciarle o morderle il collo. Il problema era che non mi ero ricordato la lista nel mezzo della… sessione sportiva.
«Vado… vado a farmi una doccia» mormorai, fingendo di non essermi accorto di tutte quelle macchie e correndo verso il bagno per chiudermi dentro.
Dopo un paio di passi però, sentii Harp mormorare un «Oddio» e mi fermai, voltandomi verso di lei per capire che cosa fosse successo. Magari si era accorta di tutte le macchie, o forse si era pentita di quello che avevamo fatto. «Jar, hai… diciamo che… mi dispiace ma… la tua schiena. Giuro che non volevo, non mi sono ricordata che non dovevo graffiarti e mi sono fatta prendere un po’ la mano ma spariranno nel giro di qualche giorno e non si vedrà nulla…». Graffiato? Mi aveva graffiato?
Camminai velocemente verso il bagno, voltandomi per poter vedere la mia schiena allo specchio «Harper» urlai, inorridendo. C’erano graffi sulle mie spalle, alcuni più profondi degli altri. Non sarebbero di certo spariti in un paio di giorni, dannazione. «Possibile? Tagliati le unghie!» strillai di nuovo, tornando in camera e bloccandomi non appena puntai gli occhi sul suo collo che assomigliava a un dalmata rosso. «Be’, così non mi sento in colpa per quel collo». Feci spallucce, fingendo di non dare peso al disastro fatto.
«Cosa?» si alzò in fretta, spintonandomi per andare fino al bagno. Capii con precisione il secondo in cui i suoi occhi avevano visto i succhiotti: aveva esclamato un «Cazzo» prima di tornare in camera furiosa. «Sei cretino però. Domani devo andare da mio fratello e arrivo a chiazze. Mi spieghi che cosa gli posso dire, visto che a quanto gli risulta non ho un ragazzo e sa che non me la faccio con il primo che passa?». Si sedette sul letto, sospirando e portandosi le mani tra i capelli.
«Magari se metti una sciarpina…» tentai, rendendomi conto che non era una buona idea. Non poteva di certo rimanere a casa di Ken con la sciarpa, sarebbe stato inutile. «O potresti metterti fondotinta o qualsiasi cosa si usi per cancellare una piccola chiazzetta». Piccola… fosse stata solo una. Harper aveva la pelle delicata, dovevo ricordarlo, per la volta dopo.
No!
Dannazione, non ci sarebbe stata nessun’altra volta, che diamine stavo pensando?
«Va a lavarti, per favore» sospirò, indicando la porta del bagno. In silenzio eseguii il suo ordine, lavandomi in fretta e tornando in camera pochi minuti dopo. Mi distesi sul letto con il corpo umido, ma Harp non lo notò, visto che era andata a farsi una doccia veloce anche lei. Quando tornò a letto, qualche minuto dopo, cercò di non appoggiare il suo corpo al mio, anche se era impossibile. «Jar, posso chiederti una cosa?» domandò all’improvviso, rompendo il silenzio che si era creato. Aveva aspettato di essere al buio, per far quella domanda.
«Certo Pri, come sempre» mormorai, appoggiando la mia mano al suo fianco e aspettando, con il respiro bloccato. Avevo paura della domanda, qualsiasi cosa fosse.
«Bene, allora te la faccio domani mattina, buonanotte».

 
 
 
 
Scusarmi è la prima cosa che faccio, anche se è inutile.
Come ho spiegato più volte nel gruppo, ho diversi problemi e so che giustificare il ritardo non ha senso, ma mi sento in dovere di farlo lo stesso.
Mi dispiace davvero tanto di farvi aspettare mesi per un capitolo che poi non è nemmeno questo bijou!
Mi scuso per la parte porno, ma ho davvero perso la mano e non so scrivere più nulla che sia quanto meno di rating arancione.
In più non sapevo dove ficcare la mano di Jar e mi son trovata in imbarazzo perché non sapevo che fargli toccare (niente battute porno, per favore).
Spero vivamente che il prossimo capitolo arrivi prima di un paio di mesi, mi scuso ancora per il ritardo e vi ricordo che se volete c’è il gruppo NERD’S CORNER dove inserisco spoiler e dove potete contattarmi se avete bisogno di qualsiasi cosa.
Grazie comunque a chi legge, mette la storia tra preferiti, seguiti e da ricordare e grazie anche a chi commenta (a questo proposito mi mancano alcune recensioni al quale risponderò entro domani mattina).
Baciozzi.
Rob.
   
 
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