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Autore: lullublu    18/08/2013    1 recensioni
Passò il pomeriggio, , senza che nessuno si rendesse conto del suo turbamento.
Nemmeno Kuroko, che di solito dimostrava un sesto senso per certe cose, se ne accorse.
(aokaga)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Taiga Kagami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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bagliori di disastri Forse nel momento stesso in cui succede qualcosa non si riesce a rendersene conto.
In quel momento, si lasciano solo scorrere le emozioni che ne fuoriescono, le reazioni che questi eventi generano, sono tanto più sincere, quanto più  quei momenti si presentano inaspettati, senza lasciarci modo di prepararci alle conseguenze.
E nel momento in cui Aomine si divertiva a tormentarlo, Kagami non pensava a nulla, sentiva solo le mani di lui, strette intorno ai suoi polsi, decidendo di non fargli muovere le braccia.
Ricordava di aver pensato solo a cercare di liberarsene, incazzato per quel suo sguardo di superiorità.
Solo che non ci riusciva in alcun modo, ed a niente serviva prenderlo a calci.
Solo grande impotenza e frustrazione, e rabbia, quando lui gli si accostò al volto con l'intenzione di baciarlo.
Un grande fastidio gli aveva fatto voltare la testa, lasciando sporgere libero il collo, sul quale la vorace bocca di Aomine gli si era puntata.
Non sapeva neppure bene cos'avesse provato, quali sensazioni o quanto male ne avesse ricavato.
Rammentava bene però, il volto soddisfatto dell'altro.
Non gli aveva nemmeno chiesto di lasciarlo, forse per timore di sentirsi ancor più frustrato.
Non aveva mai chiesto pietà a nessuno, e di certo non era il caso di cominciare.
Eppure quando gli si era accostato la seconda volta, con la minaccia di non scostarsi, gli aveva dato retta, lasciandosi baciare, in modo quasi remissivo.
Quasi gli pareva di aver scordato di esser bloccato, che le sue vene erano ben strette tra i palmi dell'altro.
Si era semplicemente abbandonato a quella bocca, senza conoscere quella lingua che tentava di comunicargli.
Conscio solo del suo respiro che piano si mozzava, lo fissò poi in quegli occhi color notte, quasi illuminati da bagliori di astri,  ma forse, quella luce era più probabile che provenisse dall'inferno.
Non provò nemmeno a decifrare la sua espressione, mentre gli si allontanava piano.
"Hai le mani rosse, forse dovrei lasciarti circolare un po' di sangue" disse semisorridendo-semighignando.
Si ricordò in quell'istante di essere bloccato, e sentì a malapena la stretta farsi più debole, ed allora una piccola scintilla di ribellione vi si accese.
Con uno scatto si liberò.
Aomine non provò a fermarlo mentre se ne andava.
Neanche mentre percorreva la strada di casa, alcun pensiero ordinato gli si fissò in mente.
Solo una confusa e disordinata serie di ricordi e di emozioni, che non riusciva in nessun modo a classificare e capire.
Non sapeva cosa provare di quello, di lui, e di tutto ciò che gli riguardava.
Non sapeva nemmeno da dove provenissero tutte quelle idee, tutta quella serie di notizie su Aomine.
Forse tutto ciò l'aveva sempre saputo, ma non ne era mai davvero venuto a conoscenza.
Non si era mai posto il problema del perchè la sua presenza lo facesse tanto incazzare e del motivo per cui lui si comportava così.
L'unica cosa che capiva davvero, era che voleva liberasene.
Via, via tutti quei pensieri inutili e dannosi.
Via Aomine con la sua indisponente presenza.
Passò il pomeriggio, l'allenamento andò come al solito, senza che nessuno si rendesse conto del suo turbamento.
Nemmeno Kuroko, che di solito dimostrava un sesto senso per certe cose, se ne accorse.
L'allenamento gli fece bene, sentire il suono della palla che scandiva i secondi col suo suono regolare e ritmico, le sue scarpe che facevano attrito per terra, il respiro dei compagni ed i fischi della coach, tutto questo svuotava la sua mente.
Infatti , tornando a casa non pensava più a niente.
Il peso del borsone sulla spalla, nemmeno lo sentiva, percepiva soltanto il lieve e normale dolore ai muscoli, che pian piano si stavano abituando agli allenamenti, e protestavano in modo sempre più impercettibile.
Tornato a casa, posò la borsa a terra, e la svuotò, mettendo a lavare la tuta sporca, riempì le bottigline d'acqua e le mise in frigo.
Le scarpe evitò anche di guardarle, per quel che gli ricordavano era meglio non toccarle.
Prima di prepararsi da mangiare, decise che una doccia gli avrebbe fatto bene.
Mentre si spogliava, si accorse di qualcosa.
Si fissò il braccio per buoni cinque minuti.
Aveva un livido all'altezza del polso di cui non riusciva a capacitarsi.
Quasi preso da un'ossessione, si controllò scrupolosamente il resto del corpo.
Niente, solo quel piccolo ed irritante livido.
Fu certo della sua provenienza: Aomine.
Quello stronzo aveva osato lasciargli un livido.
Forse non era nemmeno stata sua intenzione, ma poco importava.
Non doveva lasciargli un segno.
Non era tanto per il livido in sè,  e poi non gli faceva nemmeno male.
Era il simbolo che quel segnetto rappresentava.
Si sentiva marchiato,,era qualcosa di visibile, pronto a ricordargli ogni volta la sua impotenza.
Se prima non ci aveva nemmeno pensato, adesso sapeva con precisione di essersi sentito sottomesso, e si stupiva di come avesse afatto a non infuriarsi.
Anzi, in un piccolo angolo della sua testa, gli era persino piaciuto.
Forse era proprio questo che non poteva accettare.
Aomine osava prendersi gioco di lui e gli piaceva.
Se prima pensava di odiarlo soltanto, adesso doveva ammettere che c'era qualcos'altro.
Riguardò il livido, stentava a capire come un sì piccolo segnetto, potesse chiamargli alla mente tante associazioni di idee, come un minuscolo slivido potesse rappresentare Aomine, o meglio, l'odio-amore che provava per lui.
Ed allora, un'altra parola gli spuntò in mente: vendetta.
  
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