Fanfic su artisti musicali > Beatles
Ricorda la storia  |      
Autore: Reading4    18/08/2013    4 recensioni
Ho sempre immaginato come dev'essere la morte. In verità, credo che tutti noi l'abbiamo fatto almeno una volta. Ho semplicemente descritto come vorrei che fosse. Aggiungete il fatto che mi piacciono (un po' riduttivo) i Beatles e che era da un po' che volevo scrivere una storia su di loro.. ed ecco qua! Ovviamente è tutto frutto della mia mente malata. Ditemi cosa ne pensate, siate senza pietà!
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, George Harrison, John Lennon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Scrivo perché a volte un sogno è meglio della realtà.
 
 
Era il buio.
Non un buio normale, di quello a cui dopo un po’ ti abitui e riesci a scorgere i contorni delicati di qualche oggetto. No.
Era il buio.
Non era il nero della notte. Non era il nero di una stanza chiusa. Non era il nero degli occhi addormentati. Non ero il nero di una cravatta e non era il nero di una televisione spenta.
Era il buio.
Qualcuno aveva passato una pennellata di scuro sulla luce.
Era il buio.
 
Era il silenzio.
Più silenzioso di una chiesa vuota, più dell’aperta campagna all’una di notte.
Era un silenzio che ti buca le orecchie, il silenzio che ti trapana il cervello, che ti fa impazzire.
Era il silenzio.
 
Non ero da nessuna parte. Non ero in piedi né seduto, non ero stanco né sveglio, non avevo sete né fame, non sentivo il mio respiro né il mio cuore battere.
Eppure non avevo paura. Non ero neanche tranquillo.
 
Poi un rumore assordante mi trapassò la testa da parte a parte.
Un suono acuto, penetrante, continuo, come di assenza improvvisa di segnale.
E poi ci fu la luce, accecante più di un sole attraverso il telescopio, calda come un tè mentre piove.
Socchiusi gli occhi, mi riparai la vista con una mano.
Ero ancora munito di un corpo quindi?
La luce e il suono si affievolirono pian piano, ma le mie orecchie fischiano ancora e le mie pupille ci misero qualche secondo pria di ricominciare a funzionare.
 
- Ce l’hai fatta, parruccone.
 
Le mie orecchie captarono il suono, il mio cervello si mise in moto.
Potevo sentire il criceto che si risvegliava, la ruota che ricominciava a girare.
Allora.
Accento inglese. Slang americano. Pizzico d’ironia. Voce graffiante. Un po’ nasale. Uomo.
Le immagini scorrevano veloci davanti agli occhi, stavo come sfogliando un album di soli visi.
Ogni volta che un aggettivo si aggiungeva, una decina di volti veniva scartata.
Lui no, questo neanche, questo è una donna, lui no, no, no, no, n..ehi!
 
Acquistai nuovamente la vista. Potevo di nuovo vedere cosa mi circondava.
Ma il criceto era occupato.
Aveva terminato la sua ricerca.
Era riuscito a scartare  pressoché un centinaio di persone,  arrivando ad una sola, ovvia, conclusione.
Drizzò le orecchie da roditore.
Ma se era lui a parlare vuol dire che io..
Non gli permisi di finire la frase.
Subdolo, veloce, poco scaltro criceto. Passa subito a conclusioni troppo affrettate.
 
- Brutto figlio di puttana!
 
Mi girai.
Come avevo immaginato.
Lui era li, e mi stava fissando divertito.
Sollevò un sopracciglio.
 
- Ci hai pensato  per un po’ devo dire. Ti ricordavo più sveglio.
 
Lo abbracciai.
Ora anche il resto del corpo si stava attivando. Sentivo i capelli che mi solleticavano il collo, il familiare profumo nascosto dal puzzo di fumo, l’odore dolciastro appena accennato di un altro tipo di fumo, la maglia morbida, le mani strette alla mia schiena.
 
- Vai a farti fottere, Lennon.
 
Si staccò velocemente dalla mia presa, un sorriso divertito mal nascosto dalla finta espressione offesa.
 
- Da quando in qua siamo diventati così gentili?
 
Lo osservai.
Non gli era passato un anno.
Sempre la solita faccia. Sempre il solito sorriso. Sempre la solita voce. Sempre i soliti occhi. E –che Dio ci perdoni!- sempre i soliti orribili, malconci vestiti da barbone. Soldi o no, quell’uomo non aveva mai imparato a vestirsi decentemente.
Scoppiò a ridere. Mi guardai attorno.
Alberi? Dove diavolo ero finito?
 
- Ma che vecchio sei diventato? Dovresti vederti: sei pieno di rughe e.. un momento! Adesso sono io quello più giovane!
 
Mi puntò un dito al petto.
 
- Ora chi si fotte eh, Harrison? Sei un vecchio guru adesso!
 
Guardai il suo dito.
Si muoveva, spostato dalla mia cassa toracica che aveva ripreso instancabile a lavorare. Ossigeno dentro, anidride carbonica fuori.
Le mani iniziarono a formicolarmi.
 
- E tu non la smetti mai di sparare stronzate eh? Tu non sarai mai più giovane di me. Per esserlo io dovrei essere
- Morto.
 
Il suo sorriso si spense. Si concentrò sui miei occhi. Poche volte l’avevo visto così serio.
Mi fissava e non diceva una parola, non respirava e non si muoveva, non sbatteva le palpebre né rideva.
Ora vedevo un adolescente, mi guardava sprezzante, l’arroganza che gli alterava i lineamenti.
Ora aveva sedici anni e io quattordici e Paul era in mezzo a noi.
 
- So che è piccolo, ma con la chitarra è un mostro, te lo assicuro.
- Non solo in quell’aspetto a quanto vedo. Andiamo fenomeno, sorprendimi.
 
I calli premevano le corde, le note risuonavano nella cassa di legno, rimbombavano nelle orecchie.
Il cuore a momenti si spegneva.
Ora mi stava sorridendo.
 
- Sei dentro.
 
I suoi capelli alla Elvis sfumarono riportandomi a ciò che per comodità chiamerò “presente”.
Sentivo davvero gli uccellini cinguettare sopra la mia testa?
- Quindi è finito il mio turno?
 
Mi sorrise. Questa volta era dolce, aperto, privo di malizia.
 
- A life time is so short, a new one can’t be bought, but what you’ve got means such a lot to me.
 
Stave canticchiando una mia  canzone vecchia, vecchissima.
Quelle parole, così ovvie. Così semplici. Senza un significato profondo.
Quelle parole. Che mi erano uscite dal nulla.
Quelle parole. Che i miei amici avevano apprezzato, che milioni di persone avevano cantato.
Quelle parole mi invasero. Mi tranquillizzai.
Smise di cantare.
 
-When you’ve seen beyond yourself then you may find peace of mind is waiting there.
 
Si voltò.
 
- Ancora citazione. Io la pace l’ho trovata. E tu?
 
Ci sedemmo su un prato poco distante.
L’erba era soffice, forte, di un verde acceso.
Il cielo splendeva, azzurro come mai visto prima, senza una nuvola.
Poco a poco notai che questo prato non aveva confini, si disperdeva fino all’orizzonte e anche oltre.
Mi accorsi inoltre che non eravamo soli: ogni tanto una macchia di colore mi colpiva, una risata mi solleticava l’orecchio, un profumo da anziana signora mi inebriava le narici.
Ci  sedemmo sul prato poco distante, ci appoggiammo sull’erba soffice.
Interruppe i miei pensieri. Tipico.
 
- Avanti, chiedimelo.
 
Mi voltai. Con una mano giocava con dei fili d’erba, con l’altra si portava una sigaretta alla bocca.
Da dove era saltata fuori?
Continuò.
 
-So che vuoi chiedermelo, ma che temi la risposta. Tutti i novizi hanno avuto paura. Beh.. tranne me, è ovvio!
 
Scoppiò nuovamente a ridere, la nuvola di fumo che gli circondava il volto arrivò fino a me.
Sorrisi, cercando di mostrarmi il meno confuso possibile. Non volevo dargli anche quella soddisfazione.
 
- Dove.. dove ci troviamo?
- Questo è il fulcro della spiritualità, l’essenza stessa dello spirito, umano e non,  dove tutto puo’ e non puo’, dove la grandissima e potentissima entità di Dio decide per noi.
-… davvero?
- No. Me lo sono inventato. Non so dove siamo, né se Dio esiste davvero, mi credi Superman o cosa? Quello che so è che qui ogni anima trova la pace e se si rende conto dei propri errori, potrà rimanere qui per sempre, senza malattie né litigi, senza morte né brutte emozioni, facendo ciò che più gli piace, provando serenità, amore e gioia, ma mai noia o tristezza.
Puoi fumare, meditare, suonare o nuotare, puoi fare tutto ciò che più ti piace.
 
Si distese, le braccia incrociate dietro la testa.
La sigaretta che aveva in mano si dissolse. Nell’aria. Potete immaginare il mio stupore.
 
- Il fumo non è vero fumo e non provoca mali. Né da assuefazione se è per quello. La mia è solo forza di abitudine, con il tempo scomparirà. C’è un’altra cosa che mi manca però, il ses..
- John!
 
Si alzò di scatto, quasi sorpreso. Dovevo avere un’espressione strana, perché accennò un sorriso.
 
- Non possiamo “visitare” i… sì, insomma i..
- I vivi?
 
Il sorriso, da lieve che era, si aprì completamente.
 
- Non, non puoi. Non vorrai mica spaventare qualcuno eh? Vecchio caprone!
 
Iniziai a giocare anch’io con i fili d’erba. Avevo le gambe incrociate e la schiena piegate e mi accorsi –sorpreso- che il mal di schiena tardava ad arrivare.
Molto strano.
Negli ultimi vent’anni non mi aveva ai abbandonato. Stretto come una ciunga tra i capelli.
Ora mi sentivo leggermente osservato.
Alzai gli occhi.
Erano in due adesso a fissarmi. Sorridenti. Cos’avevano tutti da sorridere poi?
Non avrei visto crescere mio figlio..
 
- Non ti preoccupare Georgie, fra un po’ accetterai la tua posizione e non sentirai neanche il tempo che passa.-
 
Quel sorriso. Quel rossetto. Quella voce.
L’album di foto ricominciò a sfogliare le pagine.
 
- J.. Julia? Signora Lennon, è proprio lei?
- Oh andiamo, non chiamarmi così, non mi è mai piaciuto. E poi adesso si più vecchio di me ah!
 
I due scoppiarono a ridere. John le strinse la mano.
Le osservai bene il volto. Era così.. giovane. Così anni cinquanta. Così Elvis, così jazz, così rock ‘n roll. Così gioventù andata.
Sentii il bisogno di piangere, un impulso dritto dal cuore.
Il suono di una corda pizzicata mi fermò.
Dove diavolo aveva preso quella chitarra?
 
-Oh sì Johnny, canta ancora quella canzone che mi piace tanto!
-E’ difficile trovare una canzone che non ti piaccia, mamma. Quale intendi?
- Julia.
 
Si sorrisero.
Io ancora non riuscivo a capacitarmi del fatto che non avrei più rivisto la mia famiglia. Che non avrei più riabbracciato mia moglie.
Le corde iniziarono a muoversi, la cassa amplificava le note, le dita scorrevano veloci.
Una voce che non sentivo da una ventina di anni riprese a cantare.
 
Half of what i say is meaningless
But i say it just to reach you
Julia
Julia, Julia
Ocean child, calls me
So i sing a song of love
Julia
 
Le registrazioni del White Album.
Quanto tempo era passato? Quanti risa, quanti litigi –soprattutto litigi-, quante canzoni, quante emozioni contrastanti. Il White Album.
Dei volti improvvisamente mi coprirono la vista. Perché sentivo il panico scorrermi nelle vene se quello era un luogo di pace?
 Interruppi il ruscello di parole.
 
- John! Vuoi veramente dirmi che non rivedremo mai più Ringo né Paul? Non suoneremo più insieme? Non parleremo più? Non canteremo più? Ti prego, dimmi che non è così!
- Ehi, ehi calmati! Sei ancora troppo attaccato alla tua vecchia vita, così non sentirai mai la pace. Rilassati. Mai più è un concetto terreno George. Qui non vale. Arriveranno anche loro, devi solo portare pazienza. Staremo ancora insieme, tutte quelle questioni su cui discutevamo ci sembreranno così inutili, vedrai. Potrai riabbracciare tua moglie e baciare tuo figlio. Devi solo accettare tutto ciò.
- Potrebbero passare decenni!
 
Julia mi strinse la mano. I suoi occhi erano così caldi e profondi. E così.. sereni.
 
- Non ti preoccupare, George, starai bene.
- E poi un modo per vederli ci sarebb..
-  Johnny, così lo illudi soltanto.
 
Si guardarono. Mi sembrava di vedere delle parole fantasma scorrere fra le loro pupille.
La sua mano morbida continuava a stringere la mia.
Poi sorrisero entrambi. Come se avessero trovato un accordo.
Dove trovavano tutta quella serenità, quella pace?
John si voltò verso di me. Poggiò la chitarra sull’erba.
 
- Puo’ accadere
- Ma solo se hai fortuna!
- Sì, mamma grazie. Se hai fortuna puo’ accadere
- Succede così raramente!
- Sì, è molto raro, ma puo’ succedere. Allora George, ogni tanto accade che
- Digli di non illudersi troppo!
 
Dopo l’ennesima interruzione strinse le labbra, incrociò le braccia e si girò verso la madre.
Questa, dopo poco, si voltò a sua volta.
 
- Beh che succede?
- Finisci te il discorso, visto che sei tanto brava!
 
Scoppiò a ridere.
Mi unii a lei, a volte John si comportava proprio come un bambino.
 
- Andiamo Johnny non fare il bambino, dai continua non ti interrompo più, lo giuro.
- No adesso sono offeso!
 
Quanti anni erano passati? Venti? Vent’uno? Non era cambiato di una virgola.
 
- Andiamo Lennon, mi sto spazientendo!
- E va bene, va bene. Allora. Ogni tanto, molto raramente puo’ accadere che se tu pensi intensamente ad una persona, e questa pensa intensamente a te, e tutti e due pensate intensamente a voi stessi
- Taglia corto.
- Si insomma, se hai la fortuna di pensare ad una persona mentre questa pensa a te, riesci a raggiungerla diciamo, la puoi vedere ma lei non vede te, non puoi né toccarla né parlarci, puoi solo guardare. E dopo un po’ ritorni qui.
- Fossi in te non ci spererei molto Georgie, le possibilità che accada sono molto rare..
- A voi è mai successo?
 
Julia abbassò lo sguardo.
John mi sorrise.
 
-  A me sì! Hai presente “ Here Today”? Ero con lui mentre la scriveva. Anzi, direi che alcune parole gliele ho suggerite io, quella pippa non avrebbe mai creato una canzone del genere altrimenti.
 
Scoppiammo tutti a ridere.
In quel momento la sentii.
Mi entrò nelle vene e iniziò a scorrere con il sangue.
Mi entrò nei polmoni e me li riempiva insieme all’aria.
Penetrò nei muscoli e li fece rilassare.
Mi invase il cervello e mi occupò la mente.
Ne sentivo il gusto, l’odore, il sapore, il suono, la consistenza.
 
La pace.
 
Essere in pace con sé stessi è meraviglioso.
 
Presi una chitarra che comparse vicino alla mia mano, pizzicai le corde.
Insieme iniziammo a cantare, in attesa che i nostri compagni e compagne di una vita ci raggiungessero, per restare in questo non-luogo per il resto dell’eternità.
 
Felici. Insieme.
 
 
Finitoo! Spero vi sia piaciuto, era da un po’ che volevo a) scrivere una storia che riguardasse i Beates e b) trattare l’argomento “post mortem”. Ho pensato di scrivere così, con uno stile non molto impegnato perché –diciamocelo-  le persone, che siano ricche povere famose intellettuali giornalisti contadini capre o guru, quando sono in compagnia dei propri amici parlano in modo “normale”. Capito in che senso?
Se vi è piaciuta ditemelo, se non vi è piaciuta ditemelo lo stesso, la prossima volta mi impegnerò di più!
Salutii
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Beatles / Vai alla pagina dell'autore: Reading4