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Autore: _Peppermint_    18/08/2013    2 recensioni
Monia non si rompeva.
Non era un bambola di porcellana.
Monia non aveva mai smesso di ricostruirsi per lui.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Dai Marco svegliati che devi andare a lavorare!- disse Frank scuotendo Marco per una spalla mentre quest’ultimo apriva leggermente gli occhi. Grugnì qualcosa di incomprensibile contro il suo coinquilino e si mise a sedere scostando le coperte. Si passò una mano sulla faccia e guardò fuori dalla finestra le nuvole grigie che, aveva sempre pensato, amassero Londra dall’inizio dei tempi.
Entrò nel piccolo bagno e si guardò allo specchio toccandosi la barba cresciuta. Era ora di darsi una ripulita.
Si ricordava quelle sere quando si faceva bello, vestito sempre con qualche camicia e qualche pantalone, nel suo paese, dove aveva lasciato gli amici e la famiglia per trovare lavoro a Londra.
E finalmente  l’aveva trovato. Stava bene, aveva i soldi e conduceva una vita normale. Era diventato più responsabile. Non era più il Marco superficiale di una volta. Mise una maglia a maniche lunghe e un paio di pantaloni, vestendo quel corpo magro e alto che ancora non aveva trovato un’anima gemella. Lavò gli occhiali e andò a preparasi la colazione.
- Buongiorno- disse a Frank che mangiava qualche cereale e leggeva la scatola in inglese.
- Buongiorno, ti ho messo il latte nella tazza. Caldo come piace a te - disse l’amico sorridendo.  Per fortuna c’era stato lui. Altrimenti  Marco non avrebbe resistito tutto quel tempo  da solo e in un altro paese, senza amici e famiglia. Gli sorrise mettendosi a sedere.
mangiò qualche biscotto come suo solito e dopo aver bevuto il latte lavò la tazza rimettendola nello scolapiatti. In Italia non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Avrebbe lasciato tutto il lavoro a sua madre.
Finì di prepararsi e poi uscì salutando Frank e avviandosi alla fermata del pullman.

Marco arrivò al lavoro con qualche minuto di anticipo. Il capo l’aveva preso in simpatia, cosa che mai nessuno aveva fatto prima con lui.
- Ciao Marco!- lo salutò dandogli qualche pacca sulla spalla.
- Salve Gabriel- rispose il ragazzo mettendosi il suo grembiule.
Cominciò a pulire i tavoli uno ad uno come faceva ogni mattina. Aprirono il locale verso le sette e le persone cominciarono ad entrare. Chi di fretta per il lavoro, chi con calma per prendersi qualche caffè con un amico.
Marco cominciò a preparare i caffè mentre Lorin prendeva le ordinazioni in fretta e furia.
Lorin aveva i capelli lisci e neri e due occhi azzurri da far paura, ma a Marco non interessavano, ne quelli ne le sue labbra sempre rosse. Aveva ricevuto molte volte insulti da Frank. Lui diceva che non ci capiva niente di donne. Ma per Marco, Lorin era solo una bambola di porcellana pronta a rompersi in qualunque momento e che poteva essere riposta solo su un mobile a prendere polvere.
Lei con lui si sarebbe rotta. Non avrebbe resistito al suo carattere.
Marco finì di preparare due caffè e li mise sopra al bancone, facendo tremare le tazzine quando le vide al tavolo di fronte.


- Cosa ne pensi invece del ragazzo biondo di ieri sera?- chiese Cristina ridendo al ricordo di uno  dei  suoi ammiratori.
- Era un po’ troppo appiccicoso. Secondo me ti perseguiterà per tutto il tempo di questa vacanza!- disse Monia sbuffando. 
Erano in vacanza da solo tre giorni e già Cristina aveva fatto strage di cuori. L’unico problema era che a lei non  interessava nessuno di quelli che aveva incontrato.  Lei voleva quel qualcuno particolare che poteva stare solo con lei, che la capiva e che l’avrebbe meritata.
Monia invece aveva voglia di un’avventura. Voleva incontrare qualcuno e scapparci insieme per qualche giorno tanto per reprimere quella dannata mancanza che ogni tanto faceva capolino nella sua vita.
- Che mal di testa!- disse Monia. La sera prima aveva bevuto troppo. Ed ora l’alcool si faceva sentire dappertutto rimbombando una musica rumorosa nel suo corpo.
- Chiedo se hanno qualcosa al bancone!- disse Cristina alzandosi. Monia annuì e la seguì con lo sguardo. Un rumore la incuriosì e si trovò a fissare una delle due tazze di caffè rovesciata sul bancone grigio.
Si chiese se quello fosse un incubo o l’ennesimo scherzo della sua mente.


Marco si mise a pulire velocemente e distrattamente il bancone sporco di caffè fumante. Alzò lo sguardo per la sesta volta e la trovò a fissarlo con i suoi occhi verdi che di notte erano peggio dell’universo.
Era davvero lei?.
Si voltò e trovo la bionda che parlava con Lorin un perfetto inglese. Chiedeva un’aspirina per l’amica al tavolo.  Dio lo stava punendo.. oppure quello era un segno?.
Rifece per la seconda volta il caffè e lo servì di nuovo ma questa volta senza incidenti.
Teneva d’occhio le ragazze ogni due secondi e vide la mora alzarsi ed uscire fuori dal locale. La bionda lo stava guardando. Gli occhi azzurri che lo fissavano increduli. Non stava sognando erano davvero loro.
Marco si avvicinò a Lorin e poggiò il suo grembiule sotto al bancone.
- Mi servono due minuti di pausa – disse il ragazzo guardando l’amica. Lei le fece l’occhiolino.
- Ti copro io, ma sbrigati!- gli disse lasciandolo uscire. Passò davanti alla bionda e uscì dal bar.
Dov’era?

Monia respirò profondamente più volte cercando di scacciare quelle lacrime che non vedeva da tanto.
Si sventolò con  una mano per farsi ancora più aria. I passanti la guardavano cercando di capire perché, con quel freddo londinese di Gennaio, lei sentisse caldo. In verità non sentiva caldo.
Monia aveva i brividi e stava per scoppiare. Un rubinetto che aveva chiuso con la forza lei stessa, stava per ribellarsi ed esplodere.  Pensava di avercela fatta. Un anno e mezzo di auto convincimenti e di felicità. Pensava che era finita. Che lui non sarebbe più tornato nella sua vita. Che lei non avrebbe più sofferto per la sua partenza.
Monia pensava che non l’avrebbe più rivisto e si era abituata a questo.
Invece ora eccola in vacanza a Londra per due settimane con la sua migliore amica. Eccola lì, quel giorno, in quel bar a fare colazione prima di visitare ancora la città di Londra. Ed eccolo lì. Con una misera maglia a maniche lunghe, fuori dal bar che la guardava tremare. Tremare d’angoscia, d’invidia per quella città che lo stava facendo vivere, tremare piena di felicità e inaspettatamente amore.
Monia amava. Monia aveva promesso di non cascarci più. E invece stava amando di nuovo. E sempre la stessa persona che per due anni le aveva rovinato la vita. Sparendo poi insieme a tutti gli sguardi.

Marco cercò di avvicinarsi a Monia. Era una faccia conosciuta in mezzo a gente sconosciuta.
Lei che aveva avuto una cotta per lui e glielo aveva confessato. Certe volte la pensava nel suo appartamento. Si chiedeva se ancora pensasse a lui. Se era cresciuta. Se aveva trovato qualcun altro da amare, da guardare.
Si avvicinò a Monia e dopo molto tempo parlò in italiano con qualcuno.
- Ciao, Monia-  Marco la vide abbassare lo sguardo.
- Ciao – disse lei cercando di allontanarsi.
- Che ci fai a Londra?- chiese lui cercando di vedere la sua reazione. In fattore curiosità non era molto cambiato.
- Sono in vacanza con Cristina, per due settimane.- disse Monia che lo sorpassò cercando di concludere lì la conversazione.
- Mi fa piacere rivederti. – disse Marco. Quella frase la fermò come un colpo di gelo.

Monia non resse e cominciò a piangere silenziosamente. Cristina uscì dal bar guardando l’amica e il ragazzo come se fossero dentro ad un quadro disegnato male. Non dovevano essere quelli i colori. Non doveva andare così la storia.
- Ho pagato io, se vuoi possiamo andare.- Disse Cristina guardando prima Monia, poi Marco. Ci aveva sperato, in fondo, che l’amica lo vedesse per l’ultima volta. Ma non a quel prezzo. Non per vederla piangere di nuovo dopo un anno e mezzo passato a farla rinascere.
- Va bene – disse Monia.

Monia se ne stava andando e Marco era fermo a pensare.
A pensare a cosa, se la sua testa aveva smesso di ragionare nello stesso momento in cui lei aveva cominciato ad andarsene. Non aveva mai pensato al fatto che lei forse l’aveva amato anche dopo il rifiuto, che aveva continuato ad amarlo anche quando lui se ne stava solo o ci provava con le altre, non aveva mai pensato che andandosene l’aveva potuta ferire mortalmente. Ci aveva pensato solo in quei secondi. Su quel marciapiede affollato mentre Dio l’aveva mandata da lui e la lasciava fuggire via.
- Permesso!- cominciò a dire in Italiano, Marco, tra la folla. Spingendo le persone che lo ostacolavano. Non stava ragionando. Era quello che voleva?
Voleva darle un’altra possibilità. Voleva conoscerla, questa volta voleva sapere cosa pensava del mondo, delle persone, di lui. Voleva sapere se lei l’avrebbe preso con se. Se poteva provare ad amarlo ancora dopo tutto quello che le aveva fatto.


- Monia, ti prego, non piangere- disse Cristina fermandosi a guardare l’amica. Non stava piangendo. Gli occhi erano persi nel vuoto mentre faceva un resoconto di tutto quello che era successo in quei minuti.
- Marco – disse solo. Pianse ancora, in quel modo che Cristina aveva sentito solo una volta, e che come quella volta l’aveva distrutta.
- Monia, l’hai visto. Come sognavi. Ora puoi ricominciare. – disse Cristina scuotendola. Lei voleva ricominciare. Ma quella voce roca, quegli occhi neri e piccoli dietro ad un paio di occhiali neri,che aveva sempre cercato tra le persone,  glielo stavano impedendo.  Di nuovo.
Monia guardò Cristina.
- Forse hai ragione. Ma prima devo dirgli che non ho mai smesso – disse Monia voltandosi e tornando sui suoi passi.
- Mai smesso di fare cosa?- chiese Cristina guardandola.
- Mai smesso di amarlo- urlò Monia correndo. Quello sarebbe stato il modo migliore di ricominciare. Sfogarsi e andarsene. Chiudere un capitolo.

Marco la vide tornare indietro e sorrise come un ebete. Aveva ventun’anni e certe volte sembrava un bambino. Monia gli corse incontro e si fermò a due palmi dal suo corpo.
- Io ti ho amato- cominciò – ti ho odiato e ti ho amato da quando ti ho visto in quel cazzo di pullman odioso che mi portava a casa dopo una mattinata di scuola. Poi l’odio è sparito e c’è stato solo amore. Ti ho amato quando ti ho visto ridere e ti ho amato quando mi hai rifiutata senza conoscermi. Ti ho amato quando tutti mi dicevano che non dovevo e ti ho amato quando piangevo disperata perché non mi volevi. Ti ho sempre protetto e ho vissuto anche per te per due anni. Sei sempre venuto prima tu, poi c’ero io.
Ti ho amato e quando te ne sei andato sono morta. Una parte di me è morta. E avrei voluto rimanere nel mio letto e non muovermi più. Pensavo di essere riuscita a dimenticarti, ma era un’illusione. Io ti amo e non ho mai smesso, Marco. Ti amo e ora me ne vado. Sperando di dimenticarti.- Monia riprese fiato mentre piangeva e rideva nervosamente davanti all’uomo della sua vita.
Marco la guardò incredula. Era dimagrita, aveva tagliato ancora i capelli e piangeva. Non  l’aveva mai vista piangere. Ogni volta che l’aveva incontrata lei aveva sempre alzato il mento e aveva sempre camminato a testa alta facendo quella forte. Ora invece piangeva ed era piccola di fronte a lui. Bella e piccola. Non pensava di averle fatto così male.
- mi dispiace Monia.- disse lui.
L’abbracciò all’improvviso, mentre la sentiva singhiozzare sul suo petto. Sentì le sue mani sulla sua schiena. I suoi palmi su di lui. Le sue dita bruciavano e rinfrescavano allo stesso tempo. Il suo odore di menta piperita che lo inondava. Perché non ci aveva provato prima? Perché era stato cieco tutto quel tempo?.
- Riproviamo, non scappare via, non dimenticare, non smettere. Insegnami. Non dimenticarmi.- disse Marco.
- Non posso.-
- Non ti farò soffrire. Lo prometto. Proviamoci. – Marco la strinse ancora.
Monia alzò lo sguardo. Come poteva andare via da quegli occhi piccoli e scuri? La guardavano e la scioglievano.
Avvicinò le labbra a quelle di Marco e lui l’assecondò. Era tutto quello che Monia aveva sempre desiderato.
Marco. Marco. Marco.
Ritrovarlo. Sentirlo. Amarlo.

Monia non smise mai di amare Marco.
Neanche con la lontananza.
Neanche con i litigi.
Neanche con la gelosia.
Neanche conoscendo il suo carattere difficile.
Marco non smise mai più di stringerla.
Monia non si rompeva.
Non era un bambola di porcellana.
Monia non aveva mai smesso di ricostruirsi per lui.





Spazio Autore:
Peppermint è viva. È viva dopo un’estate di cacca.
Mi dispiace per l’assenza.  Questa è una OS che dovevo scrivere ma solo ora ho trovato la voglia, l’ispirazione, ed il coraggio. Questa è per lui.
Grazie a chi la leggerà, recensirà, metterà tra seguite, ricordate o preferite.
Ci tengo a questa storia. Grazie mille a tutte le mie mente piperite.
Un Bacione dalla vostra menta piperita.:)

P.S.: aggiornerò l’altra storia molto presto, ho avuto un paio di problemi ma ora è apposto, a presto. Baci
  
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