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Autore: TheSandPrincess    18/08/2013    3 recensioni
Jim non aveva chiesto dove stessero andando, quando suo padre l'aveva condotto fuori della porta di casa. Non aveva chiesto quanto mancasse quando si erano arrampicati su per il sentiero che portava alla collina. Non aveva chiesto cosa fossero venuti a fare, quando si erano seduti sull'erba fresca, con lo sguardo rivolto al cielo.
Era stato suo padre a rompere il silenzio, cominciando a spiegargli come guardare le stelle fosse stato il passatempo preferito degli antichi, e indicandogli tutte le figure che quegli uomini avevano tracciato con la fantasia, chiamate costellazioni.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jim Hawkins
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Attorno alla RLS Legacy, le stelle brillavano come fiamme d'argento, formando figure sempre nuove sullo sfondo infinito dell'universo, tanto cupo da sembrare quasi surreale. Le galassie lontane coloravano lo spazio delle sfumature più audaci, passando dal giallo, al verde, al viola, tutti amalgamati alla perfezione dall'esperto pittore che sembrava aver dipinto quel capolavoro.
Su Montressor non c'era mai stata una notte così. Dal tetto del Benbow Inn le stelle non erano altro che puntini lontani e fiochi, come tante lampadine stanche, che tappezzavano la monotonia nera del cielo. Una volta, tanto tempo prima, Jim era stato capace di apprezzare quella vista. Una volta, quelle notti stellate, passate sulla collina vocino casa, assieme a suo padre, lo riempivano di meraviglia...
Poi, però, era cresciuto. E, crescendo, si era reso conto che non gli bastava più ammirare soltanto. Voleva esplorare, toccare con mano quello che per tanto tempo aveva visto solo da lontano. E da allora il cielo di Montressor era sempre stato troppo distante perchè potesse essere apprezzabile.
Ora, arrampicato sulle sartie, tenendosi forte per non cadere, Jim era quasi sopraffatto dallo spettacolo che lo circondava. Si sentiva bambino di nuovo, pieno di entusiasmo e incertezza davanti a un mondo tutto da esplorare, come quando suo padre l'aveva portato per la prima volta a vedere le stelle. Ricordava ancora ogni minimo particolare di quell'avventura, nonostante fosse passato un sacco di tempo.
Era cominciato tutto perchè quella notte il sonno sembrava non voler arrivare e, non sapendo che altro fare, era andato a cercare rifugio in camera dei suoi genitori. Era notte fonda, ma suo padre era ancora sveglio. Aveva alzato la testa dal cuscino non appena aveva sentito la porta aprirsi, e aveva mormorato:- Jim?-
Lui aveva annuito, dimenticandosi che, nel buio che regnava, vedere un cenno tanto impercettibile del capo era praticamente impossibile.
- Papà? - aveva aggiunto poi, quando non gli era giunta nessuna risposta.
Con un fruscio di lenzuola, suo padre era sceso dal letto, infilando silenziosamente le ciabatte.
- Che succede?- aveva chiesto, avvicinandosi abbastanza perchè Jim potesse riuscire a distinguere i lineamenti del suo volto e i capelli perennemente scompigliati.
- Non riesco a dormire - aveva sussurrato lui, stringendosi al pupazzo con cui dormiva sempre. Jim lo ricordava ancora: era un coniglietto bianco, con delle orecchie lunghe e pelose che, a forza di essere strusciato sul pavimento, aveva assunto una sfumatura di grigio sporco che si ostinava a non andare via, nonostante i mille lavaggi a cui sua made l'aveva sottoposto.
Suo padre era rimasto in silenzio per un attimo, come se fosse stato indeciso su come replicare. Poi aveva detto, con un sospiro:- Vieni con me -
Jim non aveva chiesto dove stessero andando, quando suo padre l'aveva condotto fuori della porta di casa. Non aveva chiesto quanto mancasse quando si erano arrampicati su per il sentiero che portava alla collina. Non aveva chiesto cosa fossero venuti a fare, quando si erano seduti sull'erba fresca, con lo sguardo rivolto al cielo.
Era stato suo padre a rompere il silenzio, cominciando a spiegargli come guardare le stelle fosse stato il passatempo preferito degli antichi, e indicandogli tutte le figure che quegli uomini avevano tracciato con la fantasia, chiamate costellazioni.
Jim ricordava ancora tutto lo stupore e la meraviglia di quei momenti, ed era proprio quello che, nonostante tutto ciò che era accaduto, gli impediva di odiare suo padre. Erano quei ricordi, incisi nella sua memoria, che gli davano motivo di credere che suo padre gli avesse voluto davvero bene.
Ricordava il suo tono, seduto sull'erba accanto a lui, lo sguardo rivolto verso l'ignoto, mentre gli svelava i misteri degli astri, pieno di amore per l'argomento, e le sue parole, quelle di un sognatore che non voleva arrendersi alla realtà monotona in cui viveva. Ricordava come gli brillassero gli occhi, sotto quel cielo stellato, di qualcosa di molto più profondo della semplice passione, qualcosa che Jim non era riuscito a comprendere, allora.
E solo adesso, dopo tutto quel tempo, aveva intuito per la prima volta di cosa si fosse trattato. Gli occhi di suo padre brillavano di nostalgia. Nostalgia di quel cielo che per anni aveva solcato, prima di incontrare sua madre, e a cui aveva dovuto rinunciare quando aveva scelto di metter su famiglia.
Solo adesso, guardando lo spettacolo infinito dell'universo, la danza delle stelle e i giochi di colore delle galassie, Jim riusciva per la prima volta a comprendere cosa avesse spinto suo padre ad andare via di casa.
Lì, su quella nave, davanti a quel cielo tanto vicino da non sembrare vero, Jim sentiva di poter essere tutto ciò che voleva, di avere centinaia di possibilità tra cui scegliere, davanti a sè. Si sentiva infinito. Ed era una sensazione tanto forte e prepotente da riuscire a scacciare tutto il resto. Era una di quelle sensazioni impossibili da dimenticare, che restano vivide anche dopo cento anni.
- Ora capisco, papà - sussurrò al vento, con lo sguardo fisso sulla vastità dell'universo che lo circondava - Ora capisco - Magari era stupido, da parte sua, affidare un messaggio del genere alle correnti solari. Magari era infantile e ingenuo, ma non gli importava.
Perchè forse, da qualche parte nello spazio, suo padre stava guardando quello stesso spettacolo. Forse, da qualche parte nello spazio, c'era un uomo di nome John che portava ancora in tasca la biglia che suo figlio gli aveva regalato all'età di tre anni. E forse, un giorno, quell'uomo avrebbe avuto la possibilità di restituire quella sfera di vetro al suo proprietario.
Dopotutto, si trovavano ancora sotto lo stesso cielo.

 






















Yaw.

Il Pianeta del Tesoro è uno di quei cartoni animati che ho visto, e rivisto, e rivisto, senza mai riuscire a stancarmene. È semplicemente.. wow. È perfetto, eppure nessuno se lo fila, tutti impegnati a guardare i "grandi capolavori" della Disney. Beh, notiziona, questo è sicuramente il capolavoro più sottovalutato di tutta la storia dell'animazione.
Era un po' che volevo scrivere in questo fandom, ma non avevo troppe idee. E poi stamattina ho provato a buttare giù questa mezza ideuccia che mi era venuta e.. Ta-da! Ecco nata questa fanfiction!
So che è probabilmente la one-shot più corta che abbiate mai letto, e che probabilmente una sorta di rappacificazione tra Jim e suo padre non è proprio quello che vi aspettavate, ma mi è venuto da pensare che magari il padre del nostro Jimbo poteva non essere poi tanto cattivo quanto ci viene mostrato nel film, e ho provato a definire meglio questa nuova sfaccettatura di un personaggio che non viene approfondito molto spesso.
Non so se ha funzionato, o se è stato un fallimento totale.. In ogni caso, fatemi sapere in una recensione (positiva, negativa o neutra che sia: la critica costruttiva è bene accetta) :D

-TheSandPrincess-



 

  
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