Anime & Manga > Durarara!!
Ricorda la storia  |      
Autore: AsanoLight    19/08/2013    5 recensioni
«IZAYAAAAAAA~!!!»
«Fatti vedere, bastardo!», urlò, «Lo so che sei qui intorno, Izay-!».
Daisuke Ono indietreggiò allontanandosi dal microfono e soffocò un colpo di tosse. Hiroshi Kamiya, gli si avvicinò dandogli amichevolmente una pacca sulla spalla, con un sorriso spavaldo ed un tono da iena decisamente degno del doppiatore di Izaya: «Oi, Shizu-chan, dovresti smetterla di sbraitare come un folle, che ti consumi la voce»
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Izaya Orihara, Nuovo personaggio, Shizuo Heiwajima
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
4 maggio 2010, Aoni Production
Minato-ku, Tokyo, Giappone.
 
«Ci sono due persone dalle quali devi stare alla larga se non vuoi avere grane», Kida si spiegò in maniera eloquente nel bel mezzo della caotica strada di Ikebukuro, gesticolando come usava fare per attirare l'attenzione e, così facendo, indicò con un cenno del capo un ragazzo nella lontananza, vestito completamente di nero, come una scura ma uniforme macchia di petrolio, «Lui, Orihara Izaya e Shizuo Heiwajima. Lo riconosci subito, ha i capelli biondi e porta sempre gli occhiali da sole, anche di notte». Mikado gli camminava accanto con passo sostenuto ed ascoltava l'amico con fare interessato ma al contempo atterrito. Ikebukuro nascondeva molte minacce, quello oramai l'aveva dato per certo dopo nemmeno due giorni di permanenza. Cambiarono direzione e si sentì libero di tirare un sospiro di sollievo. Aveva avuto, per l'intera passeggiata, la sensazione che gli occhi di Izaya fossero stati esclusivamente puntati su di lui, spinti da una magnetica attrazione. Scosse la testa e sorrise all'amico non appena quest’ultimo gli rifilò un'altra delle sue pessime battute. Si faceva troppi problemi. Se fosse stato alla larga da quelle persone, non avrebbe mai rischiato di essere trascinato nel lato oscuro di Ikebukuro e di conseguenza avere a che fare con criminali o strani traffici. Lui era in quella città per studiare. Di quello che avveniva quando la notte calava non se ne sarebbe dovuto preoccupare.
 
«IZAYAAAAAAA~!!!»
 
Un grugnito irritato e piuttosto risentito, sembrava identico a quello di un orso destato dal suo letargo. Kida si voltò atterrito, afferrò la mano di Mikado e lo invitò a scappare quanto più lontano possibile, allontanandosi dal centro della città. Shizuo spezzò con due dita la sigaretta ancora accesa, la spense pestandola con la suola della scarpa ed afferrò il primo segnale stradale che trovò. Si guardò attorno con occhio di lince e cercò la sua preda.
«Fatti vedere, bastardo!», urlò, «Lo so che sei qui intorno, Izay-!».
 
 
 
Daisuke Ono indietreggiò allontanandosi dal microfono e soffocò un colpo di tosse. La voce gli si era spezzata, rauca, nella gola. Le registrazioni furono immediatamente interrotte lasciando spazio ad una risata di sottofondo del cast.
Hiroshi Kamiya, gli si avvicinò dandogli amichevolmente una pacca sulla spalla, con un sorriso spavaldo ed un tono da iena decisamente degno del doppiatore di Izaya: «Oi, Shizu-chan, dovresti smetterla di sbraitare come un folle, che ti consumi la voce».
Il collega piegò le labbra in un sorriso e fece per replicare, ma l'atmosfera divertita che aveva sollevato in studio l'amico gli impedì di aggiungere altro. Era meravigliato di come Kamiya riusciva a calarsi con tanta facilità nel personaggio anche quando non era necessario. Da una parte, gli aveva sempre un po’ invidiato quella sua bravura.
Cosa avrebbe fatto Shizuo in quella situazione? Probabilmente avrebbe infierito contro di lui, l'avrebbe insultato ed avrebbe tentato di acciuffarlo e conciarlo per le feste.
Ma la sua personalità era lontana anni luce da quella del personaggio a cui prestava la voce. Daisuke era pacato e gentile, non era tipo da perdere la calma, non lui, serafico e con il perenne sorriso sulle labbra. Non lui, che odiava la violenza in ogni sua sfumatura. Incrociò lo sguardo con Toshiyuki, che aveva approfittato dell'attimo di pausa dalle registrazioni per rileggere parte del copione con il seiyuu di Kida, Mamoru.
C'era calore in quella sala, lo poteva sentire. C'era armonia, serenità, spirito di gruppo. Sentiva che ogni componente del cast faceva il proprio lavoro per amore, per far sì che il risultato finale fosse dei migliori. Le emozioni che l'essere umano è in grado di provare venivano riprodotte in quella stessa stanza. Dolore, sofferenza, rabbia, stupore... Nulla veniva loro impossibile da ricreare e trasmettere con la propria voce.
 
Daisuke era innamorato del suo lavoro.
 
Quando partivano le registrazioni, poteva finalmente staccarsi dal suo solito 'io', dalla monotonia della vita quotidiana e divenire qualcun'altro. Adorava catapultarsi in un altro mondo, agire in una realtà parallela in cui non esistevano manager che ordinano come comportarsi, che programmano appuntamenti; dove non ci sono schemi in cui rientrare né fili incombenti pronti a manovrare le persone come marionette. Una dimensione in cui ci si può sentire liberi di volare dovunque si voglia con le proprie ali anziché stare rinchiusi all'interno di una gabbia.
Urlare se si vuole urlare. Piangere se si vuole piangere.
Sentirsi liberi di non nascondersi dietro ad un sorriso.
Sentirsi liberi di rovinare il proprio volto con le lacrime, di decidere cosa fare della propria vita.
Per questo non avrebbe mai lasciato quel lavoro.
 
«Daisuke?»
 
Si destò volgendosi verso Kamiya, che ne aveva richiamato l'attenzione: «La registrazione è per ora sospesa, ci prendiamo una pausa di quindici minuti. Ti va di berci qualcosa? -Dovresti approfittarne per rischiararti la voce, non vorrei ritrovarmi a ricominciare tutto da capo una seconda volta, dopo questa tua inaudita gaffe-».
Ono si passò una mano tra i morbidi e corvini capelli, accennando una lieve risata ed affondò l’altra nella tasca, raschiandone il fondo a caccia di qualche spicciolo di yen. Il collega gli portò tuttavia un palmo quasi di fronte alla faccia, in segno di divieto: «Che diavolo credi di fare, OnoD?».
«Hm? Raccatto un po' di spiccioli per offrirti qualcosa da bere», ripose l'altro con disinvoltura, il fular gli si sciolse non appena piegò maggiormente la spalla e gli cadde a terra.
«Ah- Che idiota che sono», disse facendo per raccoglierlo, «Non me lo sono legato neppure per bene». Kamiya lo precedette e glielo porse prima che potesse fare altre mosse: «Tieni. E smetti di fare la caccia al tesoro nelle tasche, oggi è il mio turno». Daisuke accennò un sorriso senza trattenere tuttavia un sospiro: «Certo che quando si viene a questa cosa dei turni, sei davvero testardo. Se oggi mi va di pagare per la seconda volta di seguito paghe-».
 
«Insisto»
 
Hiroshi aveva già preso la sua via verso le macchinette seminando il collega. Si inoltrò con uno sguardo spento e stracco fino a fermarsi davanti ad un distributore. Lo fissò trattenendo entrambe le mani in tasca ed aspettando che Daisuke lo raggiungesse.
Ono poteva metterci la mano sul fuoco, che quel giorno qualcosa turbava il collega.
Avrebbe tanto voluto sapere di cosa si fosse trattato, cosa ci fosse stato nella mente di Kamiya che l'aveva offuscato in quella maniera, che gli aveva sottratto la sua sfrontata smorfia usuale. "Chiediglielo", gli suggeriva una voce dentro di sé, "Chiedigli cosa c'è che non va".
La ignorò. Il collega non si sarebbe mai confidato. Non perché non lo volesse lui.
Erano seiyuu importanti loro, avevano una grande carriera davanti a sé, erano nella loro via per l'ascesa alle stelle. Vivevano per l'orgoglio di se stessi loro, ed il lavoro era motivo d'orgoglio.
Dare la precedenza a questioni intime significava perdere tutto. La gente avrebbe cominciato a parlare, la notorietà sarebbe calata. Qualunque problema ognuno di loro avesse avuto, se ne sarebbe dovuto dimenticare nel momento in cui metteva piede in quell'edificio ed avrebbe dovuto cominciare a preoccuparsene quando ne sarebbe uscito.
 
Kamiya gli porse una lattina di amaro caffè freddo e lo invitò a sedersi.
«A te», bofonchiò, «Dicono che il caffè sia un eccitante. Molte persone quando ne bevono troppo perdono la calma. Quindi scolati tutta la lattina ed incazzati come solo Shizuo Heiwajima sa incazzarsi». Ono soffocò una risata senza prestare troppa attenzione alle parole del collega e si buttò stravaccato su una sedia, cominciando a sorseggiare ed a sciacquarsi la bocca con quell'amaro sapore che, tutto sapeva, meno che di caffè.
Ogni situazione ha i suoi pro ed i suoi contro. Prima o poi tutti gli esseri umani ne prendono coscienza. Quella voce sublime che la natura gli aveva donato lo faceva sentire fiero di sé. Si compiaceva di essere nelle menti di centinaia di ragazze, di essere desiderato ed amato. Alcuni uomini avrebbero pagato oro per essere al suo posto, avere quello che possedeva lui, la sua notorietà, la sua bellezza, la sua fortuna.
Incrociò gli occhi con il cupo sguardo di Kamiya.
In quell’'istante invece, lui avrebbe desiderato essere uno dei tanti.
Non possedere nulla, nemmeno il lavoro.
Al diavolo tutto, perfino il suo orgoglio di uomo giapponese.
 
«Nee, Hiro-san», lo richiamò in un tono rilassato ma che risuonava alle orecchie del collega assai infantile, mentre alzava gli occhi verso il soffitto di pannelli ed il volto gli si illuminava di una pallida luce artificiale, «Stavo pensando alla vita che fanno le star di Hollywood».
«Hollywood?», replicò Kamiya mettendoglisi seduto accanto, «Che c'entra? Hai deciso di partire per l’America e sfondare come comparsa in qualche film?».
Daisuke improvvisò una risata che risuonò nell’ampio corridoio mesta e nostalgica. «Lo sai bene che oramai non ho chance come attore», c'era della malinconia nelle sue parole, «A tempo debito il mio professore all'Università mi aveva sconsigliato di intraprendere quella carriera. Non voglio osare ora che ho una certa fama come doppiatore».
«Ovviamente», ripose l’altro seccamente, «E' meglio arrendersi subito piuttosto che provare e pentirsene amaramente. Io, fossi in te, non mi giocherei mai tutto quello che ho ottenuto fino ad adesso. Hai ancora tanta strada da percorrere, omae».
Sospirò rassegnato affondando una mano nella foresta di suoi capelli di ebano. Non era il primo a dirglielo. Sorseggiò l’amaro caffè, il sapore verosimile a quello della polvere. Nonostante ciò, non rinunciava a bere. Se poteva aiutarlo a distrarsi ed a tenergli impegnate mani e bocca, l'avrebbe fatto.
Era in situazioni come quelle che preferiva ascoltare le parole degli altri anziché parlare.
«Sai...», mormorò Kamiya intrecciandosi i pollici, «Il Regno di Hollywood sembra un mondo a sé, dove la finzione diventa realtà e chiunque diventa un mito da ammirare, una divinità da onorare. Chi vi entra conquista l'immoralità».
Ono soffiò nella lattina immergendo lo sguardo nel nero caffè rimasto, cercando invano di intravederne il fondo.
«Non che», riprese dunque perplesso, «Anche noi trasformiamo la finzione in realtà, ma siamo assai lontani dalla loro perfezione. Ci accontentiamo però di quello che abbiamo, siamo felici così, non pensi anche tu, OnoD?».
«Siamo felici?».
Daisuke replicò, lasciandosi sfuggire secco quelle parole mentre cercava ancora il fondo della lattina nello scuro lago di caffè. Solo successivamente si accorse di aver toccato una nota dolente, di aver detto qualcosa che non avrebbe mai dovuto lasciarsi sfuggire. Kamiya non sembrava tuttavia toccato, gli aveva solamente rifilato uno sguardo assorto, apatico quanto il suo.
«Già», concluse il collega in un sospiro, «Bella domanda, Ono-san. Come dovrei risponderti?».
«Non sei costretto a rispondermi», Daisuke troncò subito la discussione.
Hiroshi frugò nella tasca, raccolse degli spiccioli e si sedette nuovamente accanto al collega con una lattina di fresco tè verde tra le mani.
«Quando siamo là dentro», disse, e così facendo indicò con la testa in direzione della sala registrazioni, «Siamo felici, però».
«Là dentro conosco un altro OnoD, uno che perde facilmente la pazienza, che inveisce mentre distrugge Ikebukuro dandomi la caccia. Quando mi parli, sembra ci sia davvero dell'astio nelle tue parole, quando ti rivolgi a Jun Fukuyama, sembra davvero che tu ti rivolga ad un amico di vecchia data, una spina nel fianco di cui tuttavia ti duole liberarti».
«Là dentro», sottolineò Daisuke alzandosi dalla sedia, «Ma la mia domanda era un'altra».
«Siamo felici, qui?», insistette, «Qui e ora come Ono Daisuke ed Hiroshi Kamiya. Siamo felici?».
Il collega abbassò lo sguardo e bevve un sorso della sua aranciata. Scosse poi la testa timidamente.
«No, non lo siamo», concluse con amarezza, «Ma forse, proprio perché non siamo felici, quando entriamo là dentro perdiamo il controllo sulle nostre emozioni ed ognuno di noi cerca di dare il meglio di sé nel suo piccolo. Perché quella è la nostra unica occasione per sfogarci, l'unica che abbiamo per non essere noi stessi, esistere e costruire insieme un mondo in cui non vigono le nostre stesse regole, i nostri stessi canoni. Per questo non abbandonerò mai questo lavoro».
Ono sorrise, un raggio di luce sembrò illuminargli il volto.
Era esattamente ciò che voleva sentirsi dire.
 
«Pigroni! La registrazione sta per ricominciare! Avete intenzione di stare in pausa in eterno?!», Mamoru schiamazzò dal fondo del corridoio nella sua usuale vivacità strappando ad entrambi i doppiatori un sorriso. Nessuno dei due aveva la più pallida idea di dove provenisse quell'entusiasmo inesauribile, capace di rallegrare anche la persona più triste del mondo.
Si scambiarono una rapida occhiata e si incamminarono.
Daisuke fece per aprire la porta ma Kamiya lo trattenne tirandogli un lembo del gilet e, simulando una pacca sulla spalla, gli attaccò un biglietto sulla schiena.
«Prima che mi dimentico», disse in un sorriso, «Otanjoobi omedetou gozaimasu, Shizu-chan».
«Tanjo-?». Sussultò colpito ed in un rapido istante le gote gli divennero dello stesso colore dell’amaranto suscitando l'ilarità del collega.
Ono si inchinò imbarazzato in gesto di ringraziamento: «A-Arigatou».
Kamiya sorrise soddisfatto e sembrò recuperare il suo solito temperamento spavaldo.
Daisuke pensò fosse dovuto al fatto che si calasse, molte volte, fin troppo nel suo personaggio.
Prese di nuovo posto al suo microfono ed ignorò le risatine sommesse dei suoi colleghi -specialmente quella fin troppo rumorosa di Mamoru-. Lo imputò alla gaffe che aveva fatto precedentemente, anche se egli stesso si rifiutava di definirla una gaffe vera e propria, tutto sommato gli era semplicemente venuta meno la voce, e proseguì nella registrazione sfogando la sua tensione nel giocherellare con una mina piuttosto robusta di matita.
 
«Ci sono due persone dalle quali devi stare alla larga se non vuoi avere grane », Mamoru si ripeté, cercando di rimanere serio e di seguire il labiale del suo personaggio, anche se, di tanto in tanto, lanciava occhiate d'intesa a Kamiya, dall'altra parte della stanza, «Lui... Orihara Izaya e Shizuo Heiwajima. Lo riconosci subito, ha i capelli biondi e porta sempre gli occhiali da sole, anche di notte».
Daisuke Ono attese qualche istante ma, quando fece per prendere la parola dopo essersi schiarito la voce, la risata di Mamoru ebbe il sopravvento. Corrucciò un sopracciglio evidentemente irritato ma evitò di mostrare altri segni che denotassero la sua impazienza.
Aveva fatto una gaffe, lo ammetteva, ma gli scherzi sono belli quando durano poco; era di quell'opinione.
Sospirò ed alzò entrambe le mani in tono di resa.
Se avesse dimostrato di essere il primo ad accettare la burla, la registrazione sarebbe proseguita in pace senza interruzioni e tutti se ne sarebbero presto dimenticati: «Okay, lo ammetto, ho fatto una gaffe sensazionale, poco fa. Content-». «Ono-san» suggerì la doppiatrice di Sonohara, Kada, con tono pacato toccandogli la schiena e staccandogli un biglietto, «Non te ne sei accorto? Qualcuno ti ha appeso un foglietto con scritto ‘sono un idiota' sulla schiena».
Daisuke si voltò e prese tra le mani il biglietto.
 
Quella calligrafia...
Quelle parole...
 
Quel dannato sorriso spavaldo.
 
Spezzò la mina con una mano, la gettò per terra, la pestò con la suola della scarpa e, afferrati i fogli del copione, glieli scaraventò contro sparpagliandogli per tutto lo studio.
 
«IZAYAAAAAAAAA!!»
 
 

Aveva sempre ammirato la capacità di immedesimarsi in Izaya di Kamiya.
Gli aveva sempre invidiato quella sua bravura. Forse perché, a differenza sua, non si era mai rispecchiato veramente in Shizuo.
 
Daisuke era pacato e gentile, non era tipo da perdere la calma, non lui, serafico e con il perenne sorriso sulle labbra. Non lui, che odiava la violenza in ogni sua sfumatura.
 
Eppure, c’è era qualcosa che odiava più della violenza.
Era il momento in cui Hiroshi Kamiya diveniva Orihara Izaya.



 

Okay, non sapevo come classificare questa Fan Fiction, a dire la verità.
Mi andava di scrivere qualcosa su questi due seiyuu relativo all'ambiente di Durarara!! però non so proprio come definirla.
Se ho sbagliato sezione, perdonatemi ma, come ho già detto prima, non sapevo proprio dove metterla.
Spero vi sia piaciuta la storia, sarei felice di leggere cosa ne pensate.

Molte volte, guardando anime e film giapponesi, ho intravisto questa rigidità nel loro sistema, il dover continuamente rientrare in degli schemi, anche nel posto di lavoro. La mentalità orientale differisce assai in alcuni punti di vista da quella occidentale quindi è molto probabile che loro tentano ad accettare delle condizioni a cui molti di non non accondiscenderebbero mai. Il punto però è: "Cosa se invece se ne accorgessero? Si accorgessero di non essere felici nei loro schemi e nelle loro regole?".

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Durarara!! / Vai alla pagina dell'autore: AsanoLight