Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Yammi    19/08/2013    5 recensioni
Anna e Luca, due sposi, decidono insieme di passare una serata particolare. Tra un piatto di pasta, un ballo e una vecchia scatola, rivivono vecchi ricordi dei primi mesi in cui si erano conosciuti, 11 anni prima. Ed imparano che tutto finisce, ma che non tutto finisce male.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Beh, erano mesi che non scrivevo qualcosa, e questa shot originale è nata dalla mia voglia di scrivere.
La cosa che più mi piace, di questa storia, è che racconta di qualcosa di vero, di plausibile.
Nessun lieto fine forzato, nessuna disperazione melodrammatica. E mi piace perchè
è sempre stata la mia prerogativa da scrittore. Scrivere di cose vere.
Di vita, e di persone che i lettori potessero amare.
Buona lettura.


Quella sera avevo deciso di preparargli il suo piatto preferito.
Mi ero affannata per vari negozi in cerca degli ingredienti perfetti. Sarebbe stata una cena perfetta.
Avevo pulito casa da cima a fondo. Pavimenti, vetri, cornici di vecchie foto. Perfino sopra gli armadi, dove di solito non pulivo mai. Avevo passato l'intero pomeriggio tra detergenti e ricettari, profumi di pulito e di un pasto caldo. Sarebbe rincasato da lavoro verso le 9, e per quell'ora la casa avrebbe scintillato.
Luca fa l'avvocato. Ricordo ancora quando ricevette la telefonata da quell'importante studio legale, con chissà quale storia di processi andati bene alle spalle. Ridemmo e festeggiamo tutta la notte. Finalmente avremmo potuto comprare una casa, e un anello.
Lo guardavo sfavillare sulla specchiera in cui mi stavo truccando. Erano passati 7 anni. La donna nello specchio mi sorrideva malinconica, mentre la decoravo con un rossetto rosso e un po' di cipria. A Luca non piaceva che mi truccassi troppo, ma andava pazzo per il rossetto. Mi ravvivai i capelli, di un castano scuro che coloravano i miei corti ricci. La pelle chiara, gli occhi color cioccolato e un accenno di seno. Per Luca ero sempre stata una bella donna, anche se io mi definivo per lo più ordinaria.
Indossai un vestito color verde chiaro, con una stampa a fiori dai colori pastello. Me lo regalò durante la nostra luna di miele. “Così avrai un abito speciale per le occasioni speciali.” mi disse mentre lo acquistava, nonostante io lo trovassi una spesa eccessiva. Mi guardai nuovamente nello specchio, mentre tastavo la seta logora per tutte le volte in cui lo avevo indossato. Com'è che mi sembrava così bello, quella sera? Nonostante i colori fossero spenti e il tessuto malandato? Sospirai, ed infilai le scarpe color vaniglia col tacco piccolo. Queste le avevo comprate io qualche anno fa, eleganti ma comode. Perfette. Indossai l'anello, gli orecchini di perla e il ciondolo d'oro con il pendente a forma di cuore. Un regalo di mia madre il giorno del mio matrimonio. “Ti serve qualcosa di vecchio, ed io non basto mica!”; quanto mi manca.
La cena era ormai pronta. Misi le farfalle con la panna e il prosciutto in un piccolo recipiente di porcellana, al centro esatto del tavolo. A lui piaceva così, che ce ne fosse in abbondanza, con una piccola foglia di basilico giusto al centro. Accesi due candele bianche spegnendo tutte le luci, lasciando accesa solo la luce della cappa della cucina. La tovaglia rosso scuro, i tovaglioli color vaniglia, come le mie scarpe...si, avevo fatto un buon lavoro, potevo ritenermi soddisfatta. Mi stavo lisciando il vestito sul davanti, quando Luca entrò. Non l'avevo sentito rientrare.
Aveva delle buste e la solita valigetta. Era affascinante con la camicia bianca, la giacca nera e la cravatta blu. Il mio completo preferito.
«Wow.» Posò le buste per terra, insieme alla valigetta, e guardò prima me e poi la tavola.
«Ti piace?» mormorai sorridendogli. Unii le mani in grembo, sperando di non aver esagerato.
«Anna, è perfetto.» sorrise.
Sorrise.
«Sono felice che ti piaccia» sospirai sollevata, mentre mi avvicinai per raccogliere la valigetta e le buste «cos'hai preso?»
«Vista l'occasione, mi sono permesso di spendere un po'.»
«Luca...»
«Non voglio tornare sull'argomento. Sei pur sempre mia moglie, e questa è un'occasione speciale. Beh, per quanto inusuale...ma lo è, per me. Per noi.» disse deciso, mentre mi prendeva le buste dalle mani «a queste ci penso io, se permetti.»
Irremovibile come sempre.
«Come vuoi.» gli porsi anche la valigetta, con fare innocuo «e questa?»
«Quella puoi prenderla. Per favore, portala nel mio studio.» e mi sorrise di nuovo.
Obbedii. Gliela riposi al solito posto, accanto alla scrivania e tornai in cucina.
Stava stappando una bottiglia di vino. Molto costoso, a quanto pareva. E c'era una piccola scatola bianca sul tavolo.

«Questa...» incalzò, mentre la scrutava «la aprirai domani mattina. D'accordo?»
«D'accordo.» decisi di stare al suo gioco, nonostante la curiosità mi divorasse.

Ci sedemmo entrambi nello stesso istante. Niente musica, niente tv. Solo noi. Avevamo deciso così.
«Le farfalle...»
«Con la panna. Il tuo piatto preferito. Non te l'ho mai fatto così spesso quanto avrei voluto...mi dispiace.» non lo guardai negli occhi mentre glielo dicevo, indaffarata a preparare il suo piatto, la fogliolina di basilico giusto al centro.
«Non è mai troppo tardi.»
Risi «Vero...più o meno.» glielo poggiai davanti, mentre lui in risposta mi riempì un bicchiere di vino.
«Che vino è?»
«Non lo so di preciso, sono entrato li ed ho chiesto il più costoso.»
«Luca!»
Ridacchiò di gusto, sapeva quanto lo spreco di soldi mi angosciasse. «Rilassati, è solo per questa sera. E poi è dolce, come piace a te.»
Aveva ragione. Era dolce. Dolcissimo.

Mentre mangiavamo, in quei brevi attimi in cui non si parlava, scrutai i piccoli tratti che mi avevano fatta innamorare. I capelli corti e ispidi, di un nero cenere. La pelle leggermente più scura della mia, e gli occhi azzurri che avevano saputo mettermi a nudo milioni di volte. Le spalle larghe, la fossetta sul mento che adoravo così tanto baciare un tempo, e quei deliziosi merletti intorno agli occhi, ora ancor più accentuati con l'età.
«Che c'è?» chiese curioso, con la bocca piena, inclinando la testa di lato.
Scossi il capo «Niente, ti guardavo.»
«Oh, ora ti piace guardami, Anna?»
«Mi è sempre piaciuto, spaccone.»
«Nonostante tutto?»
Ebbi un groppo alla gola, ma risposi con sincerità. «Nonostante tutto.»
Sorrise.

Sorrisi.

E continuammo a mangiare.
Ci ritrovammo a rispolverare ricordi che non riaffioravano da anni. La nostra prima gita in barca a vela, le passeggiate sul lungo mare, e i barbecue da Paolo, il proprietario del ristorante sulla baia.
«E' sempre stato come una specie di nonno, per te, vero?» gli chiesi prendendo un sorso di vino.
«Devo a quell'uomo la mia intera vita! Senza di lui non avrei cenato un bel po' di sere»
«Dovrei ringraziarlo. E' proprio li che ci siamo conosciuti, ricordi?»
«Non potrei mai dimenticare quel giorno, neanche se volessi.» e mi guardò con quei suoi occhi quasi troppo azzurri per essere veri, e capii che non mentiva.

Quel giorno c'era un sole caldissimo, nonostante fosse ormai il tramonto, ed avevo appena finito un giro in bici. Mi fermai al ristorante e chiesi informazioni alla cassa, se c'erano posti o meno. Eravamo pur sempre in piena estate. Accanto a me c'era appunto Luca, ma all'epoca non sapevo nemmeno chi fosse. Mi scrutò attentamente, soppesando le parole della cassiera. Niente tavoli. 0. Ma avevo una fame da lupi. “Cena con me.” mi disse così, su due piedi. Aveva un tavolo per due da solo, come sempre. Ed io, stranamente incuriosita, accettai. Parlammo e parlammo per ore. Raccontò un aneddoto che mi fece ridere, e presi un sorso di vino da quattro soldi.
Posai il bicchiere con quello che ora invece era un vino costosissimo, e sospirai. I suoni e gli odori di quel giorno svanirono. Tornai magicamente al presente. Al duro, e difficile da affrontare presente.
«Qualcosa non va? Non ti piace il vino?» chiese preoccupato

«Oh no, il vino è buonissimo. Ricordavo, sai...»
«Anch'io» e mi fece l'occhiolino.

«Hey!» e gli lanciai il tovagliolo in faccia. Sicuramente, visto il ghigno che gli si era dipinto sul volto, stava pensando al dopo. Quando ci riducemmo a baciarci sulla spiaggia. Lo feci con noncuranza all'epoca, pensando a una mera avventura estiva. Chi avrebbe mai detto che quell'uomo sarebbe diventato mio marito, un giorno.

Finimmo di mangiare, e spendemmo qualche secondo per guardarci. Da quel momento toccava a lui.
«Sei sempre una donna bellissima, Anna. Non te l'ho mai detto abbastanza» abbassò, lo sguardo, seriamente mortificato.

«Beh, non è mai troppo tardi, no?» gli dissi, facendogli il verso.
«Per alcune cose si, pare» mormorò sospirando, mentre si alzava e mi porgeva la mano.
«Ed ora?»
«Vedrai.»
Mi portò nel salotto, scortandomi con la stretta della sua mano. Erano secoli che non lo faceva. La pelle liscia, il suo calore...tutte cose che avevo quasi dimenticato, o custodito in qualche angolo remoto della mia mente. Non riuscii nemmeno ad assorbire la piccola scossa che mi pervase, perchè la lasciò in un baleno, iniziando a spostare i mobili.
Era una bellissima serata d'autunno, ancora non troppo gelida per tenere le ante del terrazzo aperte. Il cielo era di un blu chiarissimo, illuminato da una luna candida, quasi irreale. Senza che me ne accorgessi, Luca fece partire la musica.
Era la nostra canzone.
O meglio, non era la nostra vera e propria canzone, ma...come aveva fatto a ritrovarla?
Era passato qualche mese dal nostro primo incontro, e decise di portarmi in un locale alla moda che era di un suo amico.

«Dai, concedimi un ballo!»
«Ma io non so ballare!»
«E allora ti insegnerò!»
Mi prese, o meglio mi aggredì la mano, e mi trascinò sulla pista. Stavano dando una canzone spaccatimpani di chissà quale gruppo rock anni 70, e lui tentò invano di insegnarmi qualche passo di ballo, che scatenò solo le nostre risate. E poi, all'improvviso, partì un'altra canzone. Dolcissima, quasi malinconica, e lui mi sorprese afferrandomi la vita e io sorpresi entrambi guardandolo prima negli occhi, e poi aggrappandomi a lui, mentre la musica e le sue braccia ci cullavano entrambi. Poggiai la testa sul suo petto, per ascoltare il battito del suo cuore.

Nonostante gli anni, il suono che sentii provenire dal suo petto non era cambiato. Non quanto noi almeno. La canzone tornò ad avvolgerci, come se il tempo non fosse mai passato, e io lo strinsi così forte che se ne avessi avuta la forza, l'avrei soffocato. Perchè il tempo e il fato dovevano per forza essere così ingiusti? Non c'era davvero un po' d'amore, in questi gesti? Un po' d'amore che avrebbe potuto salvarci?
Il suo odore, il suo battito, i suoi occhi. Sono cose che ho così tanto amato un tempo, cose che erano state il mio sole e la mia luna, tanto tempo fa. Perchè non potevano tornare ad esserlo? Perchè certe cose sono destinate a svanire, a finire?
Eppure ci volevamo bene, ci volevamo bene così tanto...
«Hey...»
Luca mi alzò la testa, incrociando i miei occhi e le mie lacrime, cercando invano di mandarle via con un gesto delle dita. Fosse così facile far sparire anche il dolore.
«Che cosa c'è? Cos'hai? Ti ho pestata un piede?»
Risi. Risi come solo lui sapeva farmi ridere in certe occasioni. Con le lacrime agli occhi. E improvvisamente il peso dei ricordi mi inondò di nuovo, travolgendomi, e costringendomi ad aggrapparmi nuovamente a lui.
Luca mi adagiò dolcemente sul divano, mentre tentavo di calmarmi pian piano. Si sedette accanto a me, tenendomi le mani mentre continuavo a frignare con la testa poggiata sulla sua spalla.
«Mi dici cos'hai? Mi fai preoccupare...»
Sorrisi appena, soffiandomi il naso con un fazzoletto che avevo attaccato al polso con un elastico e tornai a guardarlo una volta che mi fui ricomposta.
«E' solo che...la nostra canzone...i ricordi...a te non fa lo stesso effetto?»
«Si...ma non mi permetto lacrime. Non so quando potrei finire altrimenti...» era in difficoltà, l'avevo capito.
«In che senso?»
«Ti è mai capitato di provare una sensazione come se stessi per scoppiare da un momento all'altro, ma non ci riesci, e allora ti riannega tutto dentro? Ecco...ho paura che se mi lasciassi andare, non riuscirei più a fermare...quello che sento.»
Erano le parole più dolci e sentite che gli avevo sentito pronunciare negli ultimi anni e, istintivamente, lo abbracciai. Lo abbraccia teneramente, con tutta me stessa, per fargli comprendere che capivo.
«So cosa provi...io mi sono appena lasciata andare, e non vorrei mai che tu provassi quello che sto provando io». Pronunciai le ultime parole in un sussurro appena udibile. Luca fece un respiro profondo, e gli tornò un po' di colorito. Stava per lasciarsi andare, ma non lo fece, ed egoisticamente gliene fui grata. Avevo bisogno che qualcuno dei due fosse forte, in quel momento.
La musica c'era ancora, ma più come un sottofondo. Probabilmente Luca aveva abbassato il volume con il telecomando. Ora era più sopportabile.
«C'è un'altra cosa.»
«Ancora?»
«Ancora.»
E mi alzai lisciandomi nuovamente il vestito e ravvivandomi ancora una volta i capelli, per poi dirigermi in camera da letto. Tornai poco dopo con una piccola scatola.
«E questa?»
«L'avevo messa sotto al letto un po' di anni fa»
«Infatti non l'avevo mai vista prima...» disse con uno sguardo un po' contrariato.
«Non vedo il motivo per cui avresti dovuto ficcare il naso sotto la mia parte del letto» e gli feci la linguaccia, facendolo ridere ancora una volta.
La posizionai esattamente davanti a noi, sul tavolino di legno intarsiato. Mi tremavano un po' le mani, ma riuscii ad aprirla. In cima, c'era un vecchio album ricucito in cuoio.
«E'...?»
«Già» e tirai fuori il book del nostro matrimonio, iniziando a sfogliarlo con lui.
Ammetto che è stata un'idea un po' azzardata, ma piacque tantissimo a entrambi riscoprire le particolarità di quella giornata.
Non era un album comune, il nostro. Era piena di foto scattate a caso, pochissime in posa. Un brindisi inaspettato, la mia caduta prima di entrare in chiesa, il lancio della giarrettiera preso a metà...e tantissime altre che fecero tutt'altro che intristirci.
«Ti ricordi quando zio Angelo finì per ubriacarsi e volle rimorchiare tua zia Rita?» riuscii a dire tra le risate, mentre l'album ormai giaceva al suolo, mentre noi tentavamo invano di tenerci lo stomaco.
«Come dimenticarlo...mi sa quel giorno sfasciammo un paio di matrimoni con tutto l'alcol che girò»
«Stava per finire ubriaca anche mia cugina di cinque anni! Ma di chi fu l'idea di sostituire il poncho con la vodka alla fragola?»
«Hem...tua.»
«COSA?!»
E ridemmo ancora e ancora, senza fermaci mai. O almeno, così avrei voluto. Le risate dopo un po' cessarono, e tornammo a guardarci.
«Allora» tossicchiò lui mentre avvicinava un po' di più la scatola «cos'altro c'è qui?»
Mi sporsi insieme a lui, iniziando a rovistare. «Più che altro vecchi cimeli...non ti ho mai detto che li conservavo.»
«E perchè?»

Distolsi lo sguardo da lui, guardando dall'altra parte. Sospirai, e mi feci coraggio. Quella era la serata delle verità. «Avrei voluto che questa scatola potesse durare qualche altra decina di anni...per poi riaprirla insieme a te, e ricordare la nostra gioventù». Ecco, l'avevo detto.
«Anna...»
Scossi la testa, per nulla turbata, e mi girai nuovamente verso di lui. «Non fa nulla, solo mi sarebbe piaciuto che fosse durata un po' di più, tutto qua. Ma visto le circostanze, questo era il momento perfetto per aprirla. Insieme a te.»
Volente o nolente, dovette darmi ragione.
Svuotammo la scatola un pezzo alla volta, e pian piano il nostro passato e i nostri ricordi si riunirono come tessere di un infinito puzzle. Il tappo del vino che bevemmo insieme quella notte da Paolo, che conservai più per caso che per altro. Il laccio di una scarpa, uno scontrino dall'inchiostro sbiadito, qualche fotografia, e altre milioni di cose, fino ad arrivare alla partecipazione del nostro matrimonio, per poi proseguire ad altri piccoli cimeli della nostra luna di miele, dei primi anni del nostro matrimonio e...

«Una farfalla di pasta?»
«Per ricordarti di questa notte.»
Rimase atterrito dalla questa mia nuova rivelazione, e riflettè un attimo sulle mie parole.
«Ricordarmi...? Che vuoi dire?»
«Ecco» ripresi tutti gli oggetti e li riposi con cura nella scatola, chiudendola e spingendola dalla sua parte «voglio che questa scatola la tenga tu. Così che tu possa, qualche volta, guardare indietro...e ricordarti di me.»
Deglutii, e mi afferrò le mani.
«Anna, piccola stupida, pensi che io potrei mai dimenticarti? Dimenticare un quarto della mia vita passato praticamente insieme a te?»
Sorrisi, segretamente rassicurata dalle sue parole.
«Non è questo. Voglio che tu la tenga. E' il mio desiderio. Ogni singolo oggetto è legato a un ricordo, che io ormai ho stampato in modo indelebile nella mente e nel cuore. E voglio che tutto questo passi a te. Voglio che tu possa aprirla un giorno e parlare magari...ai tuoi figli di una donna che...nonostante la loro mamma...tu hai voluto tanto bene...e....»
E piansi di nuovo. Mannaggia a me.
«Anna...» il mio nome sulle sue labbra suonò quasi come una supplica, e mi abbracciò ancora. «Avrei tanto voluto renderti madre, lasciarti per sempre un pezzo di me...di Noi. Ci abbiamo provato così tante volte...mi chiedo ancora perchè non ci siamo mai riusciti.»
«Forse il destino sapeva...»
«Se il destino sapeva, non ci avrebbe mai fatti incontrare.»
Oh, se aveva ragione.
Sospirammo entrambi nello stesso momento, e iniziammo a finire le frasi dell'altro, cosa che non ci capitava dai primi mesi del nostro primo incontro.
«Lo sai che avrei voluto continuare la mia vita con te...»
«E che avrei voluto invecchiare con te... »
«Ma nonostante i nostri sforzi, nonostante tutto il bene che due compagni di vita come noi possono concedersi...»
«Nonostante i ricordi, le promesse, e i giorni spesi a provarci con tutto il desiderio possibile...»
«Tra noi non va più.» Mormorammo all'unisolo, guardandoci negli occhi infranti dal rammarico che provavamo per entrambi.
La verità era questa.
Non ci amavamo più. Non andava più. Vivere insieme era diventato sempre più soffocante, ed avevamo iniziato a provare interesse per altre persone. E proprio perchè continuammo e continuiamo tutt'ora a volerci un gran bene, che avevamo deciso insieme di separarci. Perchè avevamo capito che, alle volte, non bastano i ricordi, le promesse e i momenti (anche i più belli) a tenere unite due persone. Forse si, in altri casi sarebbe bastato. Ma per noi che avevamo provato un amore così raro, così travolgente...era impossibile. Per quanto lo desiderassimo entrambi ardentemente, per quanto avevamo spesso giorni, nottate, sedute e speranze...non ci amavamo più.
«Dai, andiamo a letto.»
E mi prese nuovamente e teneramente per mano, conducendomi tra le coperte bianche che sapevano di pulito. Ci spogliammo insieme, dandoci dei casti baci sulla guance e sulla bocca.
Mi piacerebbe dirvi che facemmo l'amore per tutta la notte. Che quella cena, fatta di piatti preferiti imparati a memoria e vecchi tappi di bottiglie ormai vuote e dimenticate avevano fatto scatenare nuovamente in noi la passione, che aveva fatto tornare a noi il ricordo del perchè ci eravamo innamorati. Ma il fatto non è che non ricordavamo. Il fatto è che il ricordo era così insistente da tenerci intrappolati a dei sentimenti che ormai nessuno dei due provava più. Ci tenemmo semplicemente abbracciati, a contemplarci fino a quando le prime luci dell'alba non penetrarono le ante chiuse della nostra camera da letto e i nostri occhi erano ormai troppo chiusi per vederle. Il giorno dopo Luca andò via, portando con se prime cose importanti, mentre io spesi i due giorni seguenti ad impacchettare la nostra roba.
Avremmo venduto la casa. Luca avrebbe voluto che la tenessi per me, ma gli feci capire che non avrei mai potuto vivere lì con qualcun altro, quando quella casa e quelle mura sapevano così tanto di noi. Quella cena e tutto quello che avevamo fatto insieme fu una cosa che decidemmo all'ultimo minuto. Ognuno di noi avrebbe fatto qualcosa per l'altro, qualcosa che magari non faceva da un po', così da portare con noi un ultimo ricordo da marito e moglie, prima della separazione. Una specie di addio alla vecchia vita, per così dire.
Probabilmente avrei dovuto riporre negli scatoloni le vecchie foto e altri oggetti con le lacrime agli occhi, ma non lo feci. Lo feci in realtà sorridendo. Sorridendo di una strana gioia che inizialmente nemmeno io riuscii ad interpretare, ma col tempo capii. Io e Luca avevamo vissuto un amore intenso e vero, raro e carnale, tenero e nostro. Un amore così raro che aveva quasi finito per consumare entrambi. E, nonostante tutto, fui grata alla vita per avermi donato questi 11 anni di quasi assoluta felicità, anni che una persona normale pagherebbe oro per vivere.
La cosa speciale, e forse inusuale di tutta questa storia, è che io e Luca non ci siamo lasciati tristemente. Beh, un po' si. Ma tra di noi non c'era alcun rimpianto, se non quello di non essere riusciti a far funzionare qualcosa che aveva smesso di funzionare da tempo. Nessuno dei due rimpiangeva, né incolpava l'altro di niente. Avevamo entrambi preso la fine per quella che era.
Una fine, e basta.
Non per forza qualcosa di orribile con cui fare i conti. Non per forza qualcosa per cui essere arrabbiati o inaciditi per anni. Ci eravamo lasciati da amici, da confidenti, da compagni quali eravamo e quali siamo stati.
Quella mattina, subito dopo la cena, ricordo la cosa che più mi fece capire perchè amai così tanto quest'uomo. Prima di salire in macchina, mi guardò mentre lo salutavo da sopra la terrazza, e notai nei suoi occhi un accenno di lacrime che gli impedì di guidare per 20 minuti.
Luca non piangeva mai. Ma quando lo faceva, era peggio di me.
E' la cosa che più mi colpì di lui, dopo mesi che lo conobbi. E' la cosa che lo rese diverso e speciale da tutti gli altri.
Luca sapeva amare. Era per questo che sapeva piangere.


 

Ad Anna. In un angolo del mio cuore, sarai sempre mia moglie.
E resti la mia confidente, la mia amica. La mia compagna di vita.
Con affetto, e indimenticabile amore. Luca.


 

Così diceva il biglietto allegato alla scatola bianca, al ciondolo che mi aveva regalato. A forma di cuore, come quello di mia madre, ma d'argento.
Tintinnava dolcemente al mio polso.

 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Yammi