Eccomi qua! Dopo
secoli sono riuscita a creare questa …
“cosa”
che non so se posso chiamare ff xD
Vorrei ringraziare MelaChan per il supporto, l’attesa, le
sclerate e le risate <3
Buona lettura!
-Sorgi e disgombra queste nubi tenebre, con il beato aprire delle tue palpebre-
Mercoledì
pomeriggio.
Sto per finire anche questo turno, finalmente!
Devo ricordarmi di andare a prendere il latte da Tesco, Sherlock si
è lamentato
che è finito da una settimana ... ma perché non
lo va a comparare lui una buona
volta? Figuriamoci! Il grande detective che compra il latte, tsk!
Riesco quasi a sentire la sua voce nella mia testa! Oddio! Ho davvero
bisogno
di finire il turno e andare a casa, a riposare.
Si apre la porta dello studio piano piano e si affaccia un piccola
testa
riccioluta.
Riconosco subito il possessore di quei capelli scuri, è uno
dei miei pazienti
più piccoli e l'unico a cui mi sono veramente potuto
affezionare. Harry(1).
Il ragazzino mi guarda e mi sorride.
"Buonasera Dottor Watson! Posso entrare?"
"Ciao Harry! Prego accomodati pure."
Il piccolo Harry entra e si siede su una delle due poltroncine del mio
ufficio.
È davvero una giornata fortunata perché non posso
concludere con un paziente
migliore.
Harry
è da un anno a questa parte viene sempre a farsi visitare
da me. Da quando la nonna si meravigliò del miracoloso
effetto del nuovo
farmaco che gli prescrissi per il raffreddore, circa due anni fa, mi
prese come
medico di fiducia, anche se ho cercato più volte di farle
capire che era tutto
merito del nuovo farmaco e non delle mie attenzioni.
Harry è figlio unico e vive con i nonni, i suoi genitori
sono
morti in un incidente d'auto quando era molto piccolo. Probabilmente
è anche
per questo aspetto della sua vita che mi sento così vicino a
lui. Un bambino
così bello, intelligente eppure così solo e
sfortunato.
Porta lo stesso nome di mia sorella, al maschile, e questo mi fa
sempre sorride perché Harriet in fondo è sempre
stata un maschiaccio. A volte
molto più maschiaccio di me!
Sono felice di rivederlo.
"Harry dov'è la nonna?" mi accorgo che manca una presenza
fondamentale nella stanza.
"Oh! Sta chiacchierando con la segretaria qui fuori ... penso ne
avrà per
molto ... sa il piccolino reale(2) e via
dicendo!"
Sorrido.
"Anche tu a puntare scommesse sul nome?"
"Oh dottore la prego! Lo sa che non mi preoccupo di queste sciocchezze!
... E comunque è ovvio che sarà un nome semplice,
niente che attiri
l'attenzione, sicuramente comune nel Regno Unito e magari preso da
qualche
libro o personaggio rilevante" dice Harry tutto d'un fiato e per un
attimo
non vedo lui ma il ragazzo che un giorno diventerà.
Un bel giovanotto dai capelli scuri e ricci, che sbaraglierà
tutti con la sua
prontezza di pensiero.
Sento un nome martellare dentro la mia testa. Si, so a chi somiglia
Harry, ma
non mi sembra proprio il caso di fare paragoni.
Dopotutto non posso accomunare il piccolo Harry con il consulting
detective
piagnucoloso che mi attende a casa.
La mia mente continua a evidenziarmi le loro somiglianze a anche il
fatto che
... beh ... che mi hanno colpito subito entrambi.
No John! Non farti
distrarre, per Dio stai lavorando!
Cerco di rimettermi subito in sesto osservando Harry e cercando di
capire cosa
ci sia che non va.
Harry è da un po' che non veniva a farmi visita, non che
questo sia un problema
anzi, significa solo che fin ora ha goduto di ottima salute.
Mi accorgo subito che si è alzato molto, ormai i suoi dieci
anni si fanno
sentire. Probabilmente 6-7 centimetri. Quella massa di riccioli scuri
rimane
sempre ingovernabile, non è cambiata affatto dall' ultima
volta e quegli occhi
gelidi, indecifrabili ... cavoli!
Glieli avrò visti di venti colori diversi ormai! Quelli
cambiano
in continuazione, oggi sono verdi, un verde chiaro molto velato.
Oddio, so benissimo chi mi ricorda quel viso… e quegli occhi
... no, John sei tu
che ti ostini a vedere
Sherlock in chiunque, questo ragazzino non ha niente a che fare con il
detective-spara-proiettili-nel-muro che ti attende a casa!
"Dottore vedo che
non ha ancora una fidanzata! E come sta il suo amico?
Quello che fa le deduzioni!"
Sorrido ancora di più. Non voglio assolutamente sapere come
fa a dire che non
ho una fidanzata, e ok può essere che durante le ultime
visite io abbia
raccontato un po' di Sherlock ad Harry.
"Ehm... sta bene! Fin troppo bene credimi! Siediti sul lettino
Harry"
Harry con calma si siede e si toglie la maglietta.
"Allora cosa c'è che non va? Non mi sembra tu abbia il
raffreddore"
"Infatti non è raffreddore, ho mal di pancia dottore!"
Inizio a visitarlo, ho già qualche soluzione al suo
disturbo.
Influenza intestinale, nervosismo, acido di stomaco, indigestione ...
al
massimo una appendicite. Ma il sorriso mi si spegne sempre di
più quando piano
piano sono costretto a scartare tutte queste prime ipotesi.
"Sarà meglio fare qualche analisi Harry"
Lui mi guarda, è diventato improvvisamente pallido e si
tiene con una mano la
pancia.
Sospiro.
Certe volte
questo lavoro non mi piace per niente.
"Dottore ... che
cos'ho?"
Non voglio rispondere. No, no, no!
Trascino
placidamente la mie gambe sulle scale del 221 B di
Baker Street.
Sono distrutto, triste e irritato. Nella mia mano destra stringo una
confezione
di latte. Ho dovuto usare la cassa automatica e Dio solo sa quanta
forza di
volontà mi ci è voluta per non spaccare in due il
display di quell'affare
elettronico.
Apro piano la porta dell'appartamento.
Nessun rumore aleggia nell'aria, strano, molto strano!
Nessun rumore uguale a guai in vista.
"Sherlock!"
Silenzio.
Poggio le chiavi e vado verso il salotto.
"Sherl-" mi interrompo quando vedo la massa scura di capelli sbucare
dalla poltrona. La mia poltrona. Che ci fa sulla mia poltrona?
Mi avvicino pensando che stia riposando ma appena riesco a scorgere il
suo viso
vengo preso di mira da due occhi grigi parecchio seccati.
"Sono le undici e tredici minuti" dice scandendo bene le
parole.
"Non è da te constatare l'ovvio" la butto sul ridere, ho
bisogno di
rilassarmi e di non pensare a niente.
Mi siedo sulla sua poltrona e subito mi sento come un estraneo in
proprietà
altrui ma cerco di non darlo a vedere.
"Sai benissimo cosa voglio dire John!"
Sospiro. Possibile che si voglia mettere a discutere sul mio ritardo
proprio
ora?
"No, non lo so Sherlock ..."
"Sei stato in ambulatorio tre ore più del previsto, senza
avvisare per
giunta e quando ho tentato di chiamare per dirti che il cinese si
raffreddava mi
ha risposto la segreteria e-"
I miei nervi cedono e alzo involontariamente il tono di voce.
"Ma che t'importa se il cinese si raffredda, tanto non mangi mai
niente! E
poi non sono stato in ambulatorio tre ore! Sono dovuto andare a
comprare il
latte ricordi? Stamattina TU hai finito il latte!"
Lui mi osserva, assottiglia gli occhi.
Oh, ci siamo! Eccolo che parte con le deduzioni.
Rialza lo sguardo e si fa serio, distendendosi completamente sulla mia
poltrona.
"Cos'ha il tuo ultimo paziente John?"
Ed è come se dentro di me si producesse un rumore di vetri
infranti.
Tante schegge si sparpagliano e so benissimo dove vanno a finire ma non
voglio
vedere il sangue che sgorga, penso solo a me in questo momento.
"Malfunzionamento precoce del fegato(3) " sputo
fuori dalla
mia bocca queste parole come se le avessi appena lette in un libro di
anatomia,
non hanno peso, eppure dentro di me sono come macigni e mi opprimono.
Credevo di poter affrontare l'argomento domani mattina e invece
dovrò spiegare
tutto ora, con ancora la stanchezza nel cuore.
Lui non sa quanto è stato difficile decidere.
Torno a fissare i miei occhi nei suoi e ci vedo qualcosa che non mi
piace.
Ha già capito.
Come sempre Sherlock Holmes ha già capito tutto.
"No" dice. Secco, preciso, quasi impalpabile, come una freccia che si
conficca in un cuscino.
"Lascia che ti spieghi ..."
"NO"
"Sherlock io-"
"No tu non donerai il tuo fegato ad un paziente! No!" si alza in
piedi mentre lo dice e la sua figura mi sovrasta. Il suo tono
è deciso e sembra
quasi ... arrabbiato.
Mi alzo anche io. Questa battaglia non può vincerla lui, non
è come le altre
volte.
"Ma lui è ..." comincio "speciale?" conclude lui con un
tono schifato.
Sorride e scuote la testa. Si gira di spalle.
"John tutti diventano speciali quando sono in fin di vita"
"Sherlock, è un bambino! Dio, ha solo dieci anni e non ha
nessuno! Ti
giuro, non ha nessuno che può aiutarlo e non riuscirebbe mai
ad aspettare che
un donatore complementare si faccia vivo!"
"Hai già fatto le analisi!" si volta nuovamente verso di me
e mi
guarda con gli occhi sconcertati, il suo viso fatica a mantenere la
fermezza a
cui è abituato.
"Si e sono compatibile " ecco fatto, l'ho detto "... n-non
c'è
molto tempo ..." aggiungo in un sussurro, come se ci fosse davvero
qualcosa che dovremmo fare prima dell'operazione.
Mi guarda e sembra che mi stia supplicando, il mio cuore fa fatica a
rimanere
implacabile di fronte ad uno Sherlock in quelle condizioni ma ormai ho
deciso.
I suoi occhi parlano ai miei, come sempre, e pare quasi che mi stia
analizzando
di nuovo, ma stavolta molto nel profondo.
"John non puoi ... tu non puoi sottoporti ad un'operazione tale ... "
borbotta e riesce quasi a mantenere un tono normale.
"Lo farò invece. Ho già deciso Sherlock. Domani
mi esporteranno una parte
di fegato. Andrà tutto bene, non succederà nulla
e ..."
"No! Non lo farai, tu non puoi ... tu non ... ah ...tu non puoi tornare
a
casa e ... John!" ora è andato completamente fuori fase.
Mentre cerca di farfugliare una frase completa agita le braccia e mi
guarda con
occhi che definirei infuocati se non fosse per il colore gelido.
Mi avvicino a lui e spero davvero che non si ritragga, che non scappi.
Non scappare da me Sherlock.
Gli afferro i
polsi con delicatezza e lo faccio smettere di
agitarsi.
Mi guarda con odio, ora lo posso vedere bene da vicino.
Prendo un bel respiro e glielo chiedo.
"Sherlock tu ... tu verresti domani ... ad assistermi dopo
l'operazione?" faccio ben tre pause per respirare mentre lo dico.
Lui continua a guardarmi male, mi fissa insistentemente.
Poi ,tutto d'un colpo, si divincola, allontana con forza i polsi dalle
mie
mani.
Indietreggia da me e si volta facendo svolazzare la vestaglia mentre la
sua
bocca ringhia in risposta un secco "No" e se ne va in camera
sbattendo la porta in un gesto ai limiti del teatrale.
Cerco di stare calmo.
Respira John! Respira e
basta.
Sento un nodo opprimente che si forma nel mio stomaco e poi inizia e
salire e
salire.
Non voglio piangere e allora perché sento che sto per farlo?
Percepisco già gli occhi umidi. Corro di sopra senza gettare
neanche uno
sguardo alla porta della camera di Sherlock.
Entro nella mia stanza e mi butto a pancia in giù sul letto.
Non voglio piangere eppure ho delle gocce d'acqua salata che mi rigano
le
guance, ma quello non sono io, quello è il mio corpo che
reagisce allo stress
della giornata.
Io sono lucido e sono pronto, non ho ripensamenti. In fondo al
cuore sento qualcosa che brucia e so che Sherlock è
lì, so che mi ha fatto male
il suo rifiuto, ma decido di negare quel dolore. Domani non mi
fermerà nulla perché
non posso tirarmi indietro.
Penso ad Harry e sento subito che sto facendo la cosa giusta.
Lui non ha nessuno e io posso aiutarlo! Posso salvare una vita, la sua
giovane
vita! E lo voglio fare, lo devo fare.
Prima di addormentarmi mando un messaggio ad Harriet e le spiego tutto.
Non ci
sono punti di domanda nel messaggio perché so che non mi
dirà nulla.
Il nostro rapporto si fonda un po' sul "vivi e lascia
vivere"(4) .
Probabilmente non mi risponderà neppure.
È
già mattina. Ho passato la notte normalmente, niente incubi,
niente ripensamenti.
Guardo il cellulare. Un nuovo messaggio, da Harriet.
[Fammi poi sapere com'è andata. -Harriet]
Ci avrei giurato.
Esco deciso dalla camera e mi dirigo in cucina a bere.
Comincio a prepararmi il tè e sento Sherlock che si dirige
in salotto.
Mi volto solo quando sono sicuro al cento per cento che lui non mi stia
guardando.
Eccolo è alla finestra e regge il violino su una spalla.
Compone.
Lo vedo scribacchiare qualche nota sul foglio e subito dopo prova il
nuovo
componimento con il violino.
All'inizio si interrompe spesso per correggere qualcosa e poi lo
rimposta.
Dopo dieci minuti io ho finito il tè e lui ha composto un
nuovo brano.
Un brano triste, cupo, quasi violento verso la fine ma sicuramente
molto
intenso.
Mi faccio la doccia, mi vesto e mi preparo. Cerco di non pensare a
niente, non
voglio pensare perché so che comincerei a sentire il
nervosismo. Comincerei ad
elencare tutte le cose che potrebbero andare storte durante
l'operazione e poi
penserei a Sherlock, a cosa farebbe ... come reagirebbe se mi
succedesse
qualcosa?
Vado in salotto.
Sherlock sta ancora suonando la sua ultima composizione. Non
l'ho ancora guardato in faccia.
"È ... bellissima!" dico.
Vorrei dire così tante cose, mi sembra di scoppiare.
Sherlock sei
preoccupato? Sei arrabbiato? Hai dormito stanotte? Quando
tornerò
sarà tutto come prima? ... Ci tieni a me?
Sospiro quando sento che lui non risponde.
Smette di suonare improvvisando un finale veloce.
Si toglie il violino dalla spalla.
"Grazie ..." sussurra.
Non si girà, non lo farà.
Devo andare o farò tardi. Esito un istante, apro la bocca
per dire qualcosa ma
tutto quello che mi viene in mente sono le domande che mi martellano in
testa
da stamattina e mi sembrano così ridicole e sciocche che
preferisco tenerle per
me.
Dio! Vorrei andare da lui, scuoterlo e farlo voltare, guardarlo dritto
negli
occhi e chiedergli come sta, cosa pensa veramente di quello che sto per
fare
... perché io non lo so, non riesco a capire cosa prova.
Muovo un passo, poi un altro e in un baleno sono davanti alla porta.
Metto la
giacca, prendo il borsone che mi sono preparato con il necessario per
stare in
ospedale e guardo un'ultima volta verso il salotto.
Sherlock è ancora lì, che guarda fuori dalla
finestra e chissà cosa vede.
Prendo un grosso respiro. È più difficile di
quanto pensassi.
Esco, scendo gli scalini e poi sono in strada.
Sento gli occhi del mio coinquilino puntati sulla mia nuca e non so
proprio
come riesco a trattenermi dal voltarmi e guardare il suo viso alla
finestra.
La prima cosa che
faccio è andare a vedere come sta Harry.
Lo trovo piccolo e pallido nel lettino. La nonna dorme sulla poltrona a
fianco
del letto e cerco di non svegliarla.
Harry apre piano gli occhi, mi vede e sorride debolmente.
È peggiorato molto da ieri. Non può
più attendere.
"Dottore ..."
"Ciao Harry! Come ti senti?"
"Un po' intontito dai farmaci ma non sento molto dolore" dicendolo
gli scappa un smorfia.
"Vedrai che andrà tutto per il meglio" cerco di sorridere in
modo
rassicurante ma credo che sia una battaglia persa.
"Il suo amico detective non è qui?"
La sua domanda mi colpisce in pieno petto e sento quel dolore che avevo
deciso
di ignorare farsi più forte.
"Lui ... non credo che verrà ... è impegnato"
faccio fatica a
dire.
Harry si rattrista un po' " Peccato! Avrei voluto conoscerlo
...".
Non riesco a rispondergli.
Nella mia mente rivedo Sherlock che si divincola e mi dice
"NO".
Devo sembrare davvero demoralizzato perché Harry mi tocca un
braccio con la sua
manina e mi dice "Vedrà che ci sarà dottore.
Quando si sveglierà il suo
amico sarà qui".
E non so rispondere neanche a questo.
Gli sorrido e gli deposito amorevolmente un bacio sulla fronte.
Lui non esita un solo istante e mi abbraccia.
"Grazie dottore ... per quello che sta facendo, grazie!" la sua
debole voce arriva al mio orecchio in un sussurro e mi si scalda il
cuore.
Ricambio l'abbraccio.
"Di nulla Harry".
Eccomi. Sono pronto.
Ho appena indossato l'orrendo camice di carta e la
cuffietta per l'operazione. Guardo ancora il cellulare. Nessun
messaggio.
Non
so neanche io cosa sto aspettando. Lo appoggio definitivamente, non
potrò più
toccarlo fino a dopo l'operazione.
Mi metto sotto le coperte del letto, fra pochi attimi verranno a
prendermi per
portarmi nelle sale al piano di sopra.
Voglio svuotare la mente e smettere di angosciarmi.
Vedrà che ci
sarà dottore. Quando si sveglierà il suo amico
sarà qui.
La voce di Harry mi tormenta.
Arrivano due infermieri. Un uomo molto giovane e una donna abbastanza
in là con
gli anni.
Mi salutano, chiedono come sto mentre tolgono i freni alla barellina.
Poi comincia la corsa e mi sembra davvero di essere sulle montagne
russe perché
i miei pensieri cominciano a mitragliarmi la mente.
Ci sono io in
Afghanistan, che cerco disperatamente di non morire e poi ancora
io, a Londra, che vagabondo come un fantasma morto da secoli.
Poi vedo un uomo che mi
trascina nella sua vita, che mi fa scoprire un campo di
battaglia senza mine o piani antiaerei ma capace di farmi pulsare il
sangue
nelle vene.
Le luci del soffitto scorrono veloci e diventano sempre più
indefinite.
Un colpo di pistola verso la finestra di un edificio, uccido un uomo,
ne salvo
un altro.
Un appartamento con teschi, mappe, pezzi di cadavere e risate.
Dio che sto facendo!
Entriamo in ascensore.
Un maccanismo di morte cinese e due mani che mi salvano.
Una piscina, dell'esplosivo e un uomo che di umano non ha nulla.
Una donna, un cellulare e molta indecisione.
Un cane luminoso e la paura che si insinua in due occhi di ghiaccio.
I've just got one!
Mi ritrovo a boccheggiare. Gli occhi sbarrati e la testa che scatta
quando
sento il suono di arrivo dell'ascensore.
Sto tremando. Cerco di restare calmo.
Tranquillizzati John per
l'amor del cielo!
E poi di nuovo Sherlock che mi dice che non verrà ad
assistermi e se ne va e io
che non so cosa prova, non so cosa pensare ... Dio che idiota sono!
Se fosse stato Sherlock a dirmi che si opera? Così da un
giorno
all'altro?
Se fosse lui quello che sta andando sotto i ferri volontariamente, non
avrei
reagito nel suo stesso modo?
Certo che mi sarei infuriato e non glielo avrei permesso
perché lui è
importante. Sherlock conta tantissimo per me e non voglio ... non vuole
... lui
... lui non vuole perdermi!
Voglio scendere da questo cazzo di lettino.
Fatemi scendere. Lasciatemi andare, devo dirgli una cosa.
Mi guardo attorno, siamo quasi arrivati.
I due infermieri guardano dritto davanti a loro e non si sono
accorti dei miei cambiamenti d'umore.
No, voglio andarmene e correre da lui e dirgli che sono un idiota ma
che ho
capito e che anche io gli voglio bene e ... Dio lasciami andare!
Ci fermiamo nella stanza preparatoria e mi affiancano ad un altro
lettino.
Lì vedo Harry e i miei pensieri si fermano. Sta
già dormendo.
Solo ora mi accorgo che non c'è solo una leggera somiglianza
tra lui e
Sherlock.
Harry sembra una versione di Sherlock ringiovanita.
I morbidi ricci neri, le labbra carnose, il viso tagliente, la pelle
bianchissima e quegli occhi temporaleschi che non si decidono mai a
scegliere
un colore permanente.
Sorrido. Ora sono davvero sicuro di quello che sto per fare.
Si avvicinano con la mascherina. Non mi sono nemmeno accorto di essere
entrato
in sala operatoria.
L'ultimo pensiero lucido che riesco a fare riguarda il fatto che se non
uscirò vivo
da qui sono contento di aver lasciato Sherlock con un complimento. Non
mi
stancherò mai di farglieli ... però avrei tanto
voluto che si fosse
voltato.
La mascherina aderisce al mio viso e respiro. Respiro e sento la testa
e il
corpo farsi pesanti e i pensieri invece volare via leggeri.
Prima di perdere completamente coscienza però mi pare di
sentire una voce
familiare urlare qualcosa di assurdo, tipo "Certo che posso passare!
Lasciatemi!" e poi è tutto nero.
Silenzio.
Lo sento. È il mio cuore. C'è qualcosa che non
va, lo so, lo sento.
Mi sembra che mi manchi l'aria, il sangue, la vita ... tutto!
Dio ti prego, fammi
vivere! Ti prego fammi vivere!
Fammi vivere per lui, perché io non posso ... non posso
lasciarlo!
Cristo, abbiamo litigato! E no, non mi va affatto bene che io come
ultima cosa
gli abbia detto un complimento ... perché io devo dirgli ...
non gli ho ancora
detto ... detto che ...
No, non posso andarmene ora !
Devo chiedergli scusa, devo dirgli che ho capito, che non si deve
preoccupare,
che non lo lascerò più ... mai più!
Non posso pensare ad una fine senza Sherlock!
Dio ti prego, fammi
vivere!
Fammi vivere perché ... perché non gli ho ancora
detto ... che lo amo ... che
lo amerò sempre e l'ho sempre amato!
Mi sento così debole, così fragile ... non
può finire ... non ora ... non così
...
Sherlock.
Dio ti prego, fammi
vivere, un'altra volta, fammi vivere!
Ti prego.
Lo amo.
Tu-Tum.
________________________________________________________________________________________________________________________
Sento un suono metallico che va ad intermittenza.
Dio è così fastidioso, fatelo smettere!
Apro piano le mie palpebre e la luce mi acceca. È tutto
così bianco.
Dopo pochi secondi mi abituo e riesco a scorgere le pieghe di un
tessuto color
bianco sporco.
Sono nel lettino dell'ospedale.
Sono vivo!
Ho l'istinto di sorride e di gridare ma appena cerco di muovere la
testa sento
un peso enorme cadermi addosso.
Devono essere gli ultimi rimasugli di anestesia.
Vedo sulla mia destra la macchina per il monitoraggio del battito
cardiaco.
Lo sapevo. Qualcosa era successo davvero durante l'operazione.
Improvvisamente sento freddo alla pancia e mi accorgo di avere una
piccola
porzione di pigiama bagnato. Ma che diavolo ...?
Poi un tuffo al cuore.
Pochi sguardi nella stanza e la realizzazione delle mia paure.
Mi dispiace Harry ... ti
sbagliavi ... Sherlock non c'è.
Sento un forte bisogno di piangere.
Cristo Santo come sono debole!
Ho già le lacrime agli angoli degli occhi quando sento un
insolito
rumore.
Splash!
Lentamente giro la testa verso la porta, da dove è provenuto
il rumore.
Le lacrime non riesco proprio a trattenerle ... perché in
piedi, sotto
l'ingresso c'è Sherlock.
Ha appena fatto cadere, e parzialmente spappolare, un budino al
cioccolato e
ora mi sta fissando con occhi talmente sconvolti e insistenti che non
mi
sorprenderei di ritrovarmi la faccia perforata dal suo sguardo.
Ci guardiamo.
Ci guardiamo e basta.
Io piango silenziosamente con le labbra socchiuse e probabilmente con
la
peggior espressione traumatizzata della mia vita.
Lui invece rimane bellissimo ... come sempre ... sta ansimando e muove
freneticamente le dita delle mani.
I riccioli sono sconvolti più di lui e i suoi occhi sono
scavati ... come
quelli di una persona che ha pianto.
Sherlock ha ... pianto?
Improvvisamente mi ricordo del mio pigiama bagnato.
Le mie labbra si incurvano in un leggero sorriso e dev'essere proprio
questo a
dare il coraggio a Sherlock di avanzare verso di me.
Cammina a passi lunghi e non mi stacca mai gli occhi di dosso.
Arriva al lettino e io gli sorrido ancora di più.
"Sherlock!"
Il suo sguardo cambia radicalmente e mi ritrovo ad avere paura di
quello che
sta per accadere.
Il detective mi punta un dito magro e bianco contro e in modo molto
teatrale dice
"Tu! Stupido idiota senza cervello! Mi vuoi spiegare che razza di
messaggio hanno elargito i tuoi neuroni per farti fare questa ...
questa
idiozia? Stupido. Non c'è altra parola che descriva meglio
la situazione e se
solo ... se solo tu ti azzardi a fare un'altra volta una cosa del
genere giuro
che ti uccido con le mie stesse mani! Ho già pensato a 52
modi per farlo
sembrare un incidente ... 53! 53 modi John! Sei un idiota! E ti
giur-"
"Hai pianto".
Sherlock blocca di colpo il fiume di parole e insulti che mi sta
facendo
scivolare addosso e mi guarda con incertezza.
Non sono mai stato
più convinto di ora che lui ci tenga a me.
"Non è assolutamente vero!"
Sorrido e con una mano indico la zona bagnata del pigiama.
"Non ... non sono stato io! Tecnicamente si, ma è stato del
tutto
involontario!"
"Sherlock piangere è quasi sempre involontario" dico
asciugando con
il dorso della mano le ultime lacrime e credo che lui abbia finalmente
capito.
"John non hai idea di cosa ho sentito non appena ... non appena mi sono
reso conto che tu potevi non tornare più e che io ti avrei
perso in un modo
così stupido" marca ulteriormente l'ultima parola.
Forse non me lo perdonerà mai.
"C-cosa hai provato?" chiedo in un tono incerto e molto ... molto
emozionato.
"Rabbia ... credo e fastidio e ... ti ho odiato moltissimo e ti odio
ancora! Dio se ti odio! Ti odio, perché mi hai fatto questo
John? Che cos'è? Io
non voglio stare male ... non voglio odiarti!"
Lui non mi odia ... lui
mi ama ... sta confondendo le parole ma
i sintomi sono inequivocabili.
Il cuore mi sta per esplodere e sento il ritmo accelerare nel suono
metallico
del macchinario.
Sherlock se ne accorge e si spaventa, si allontana bruscamente dal
lettino.
"Stai male! John scusami io ... non volevo farti agitare! Chiamo
un'infermiera" e si avvia di corsa verso il corridoio, così
velocemente
che non mi sente neppure mentre gli dico che sto benissimo e che ho
solo un
fottutissimo bisogno di finire il discorso.
Arriva
un'infermiera in meno di 10 secondi, entra trascinata per un braccio da
Sherlock che borbotta metodi di rianimazione.
A volte mi sorprendo di quanto quest'uomo così brillante
possa essere
stupido.
L'infermiera non lo calcola minimamente, controlla tutto e mi guarda.
"Il piccolo Harry sta benissimo, dorme ancora, ma abbiamo
già ottenuto
forti segnali di ripresa! Durante l’intervento lei ha avuto
un piccolo arresto
cardiaco durato una manciata di secondi, nulla di grave non si
preoccupi, starà
maglio di prima!"
Sento il mio petto sollevarsi e rilasciare un grande sospiro, il mio
tormento è
sparito.
Ho salvato Harry!
Ricambio il sorriso dell'infermiera e la ringrazio.
Lei si avvia tranquillamente verso l'uscita ma il mio coinquilino non
sembra
aver l'intenzione di demordere.
"Ma che fa? È pazza! Lui ha bisogno di aiuto! Chi le ha dato
la
licenza per poter
lavorare qui? Si rende
conto che John sta rischiando la vita? I suoi battiti erano molto
accelerati e
questo potrebbe essere un chiaro segnale di ricaduta, deve as-"
"Senta, non so chi sia lei! Ma ho una gran vogli di sbatterla fuori da
qui
e l'unico motivo per cui ora è in questa stanza, dopo la sua
scenata del
travestimento, è perché quest'uomo ha pronunciato
il suo nome prima di perdere
coscienza! Ma le giuro che se sento un'altra parola contro un
dipendente di
quest'ospedale la prendo a calci in culo fino in strada!".
Rimango basito dalla reazione dell'infermiera, ma ancora di
più da una parte
della sua sfuriata: la scenata del travestimento?
Di che parla?
Nello stesso istante io e Sherlock ci guardiamo e parliamo.
"Travestimento?"
"Hai detto il mio nome?"
Ci stiamo ancora fissando, sul viso di Sherlock appare un timido
sorriso, uno
di quei rari sorrisi spontanei che offre solo a me e di cui mi sono
sempre
sentito il geloso proprietario.
Io invece continuo a non capire ... cos'è questa storia del
travestimento?
Intanto l'infermiera ci osserva, sposta la sua attenzione su di me.
"Il suo amichetto si è costumato da assistente infermiere ed
ha cercato di
intrufolarsi nella sua sala operatoria!"
Sherlock si ridesta all'istante.
"Ero solo venuto a controllare che steste facendo un buon
lavoro!"
Gli occhi dell'infermiera lo incendiarono e vidi chiaramente Sherlock
trattenersi
dal lasciare andare la valanga di parole che aveva sulla punta della
lingua.
L'infermiera si girò e mentre se ne andava
rischiò di ammazzarsi sul budino
spappolato.
Sherlock sorrise.
Io no.
L'infermiera guardò il detective un'ultima volta e lessi
chiaramente una
minaccia di morte in quello sguardo.
"Hai cercato di introdurti in sala operatoria?"
"Lo ammetto il travestimento non era dei migliori ma avevo fretta di
vederti"
"Anche io avevo bisogno di vederti in quel preciso istante"
Mi guarda stupito.
"Perché John?"
"Perché dovevo dirti una cosa ... una cosa che avevo capito
solo cinque
secondi prima di entrare in sala ..." la gola mi si secca
improvvisamente.
Sherlock si avvicina al letto.
"Cosa devi dirmi?"
"Che ho capito".
I suoi occhi così freddi e gelidi sembrano assumere una nota
calda, come se si
fosse acceso un fuoco dentro.
E in questo istante non servono parole, bastano solo i nostri occhi per
dirci
tutto.
È tutto qui, fra di noi.
"Dio, quanto ci hai messo John!" sussurra.
Muovo la mano vicino al bordo del lettino e sfioro piano il cappotto di
Sherlock
ripetendomi la preghiera che gli avevo fatto esattamente un giorno fa e
che lui
non ha esaudito.
Non scappare da me
Sherlock.
Non lo fa.
Avvicina la sua mano e la posa lentamente sopra la mia.
Io intreccio le nostre dita e insieme stringiamo, chiudendo in quel
gesto tutto
quello che non ci siamo detti ma che entrambi sappiamo.
Passano minuti interminabili in cui continuiamo semplicemente a far
scivolare
gli sguardi l'uno sull'altro e ad accarezzarci piano le dita.
È tutto così perfetto.
Il primo a muoversi è lui.
Si avvicina lentamente a me, ma poi si blocca, indeciso se continuare o
tornare
indietro.
Con la mano libera, faccio scivolare le mie dita sulla sua nuca e lo
tiro piano
verso di me.
Appoggia la sua fronte sul cuscino vicino alla mia e continua a
guardarmi.
"Potrebbe cambiare tutto … per sempre", la sua voce
è
bassa e mi fa scorrere un brivido lungo la schiena.
"Potrebbe non cambiare nulla" sorrido e gli accarezzo
il viso "solo migliorare".
Lo vedo convincersi, le sue labbra si incurvano leggermente
verso l’alto e io non riesco più a resistere.
Mi avvicino al suo viso annullando quei pochi centimetri tra di
noi.
Sfioro le sue labbra con il mio respiro, non voglio affrettare
tutto, voglio farlo insieme.
Insieme o niente.
Lo sento col fiato accelerato, schiude le labbra e le avvicina
alle mie e questo era tutto ciò che mi serviva.
Lo bacio con calma, senza fretta.
Le nostre bocche creano l’incastro perfetto.
Sono due pezzi dello stesso puzzle che si ritrovano dopo
l’eternità
e si uniscono per sempre.
Non sono mai stato così felice.
Sherlock ricambia il bacio e con una mano stringe il colletto
del mio pigiama, l’altra è ancora unita alla mia
destra.
Restiamo
così per minuti interi, forse ore, anni … non lo
so.
So che vorrei che non finisse mai.
In questo bacio
sto riversando tutti i sentimenti che non ho
esternato finora, tutti i sorrisi imbarazzati, gli sfioramenti di mani,
gli
sguardi consapevoli e le parole non dette, tutte le serate sul divano
coscia
contro coscia, le mattine a colazione con le gambe intrecciate e i
momenti
persi scioccamente che entrambi non abbiamo saputo afferrare.
Siamo due idioti.
Quando ci
stacchiamo Sherlock mi abbraccia e io lo stringo ai
limiti del possibile.
"Lo sapevo che non dovevo andarti a comprare quello
stramaledetto budino" dice.
Rido.
"Effettivamente avevo temuto che non saresti venuto".
Scioglie l’abbraccio e torna a guardarmi.
"No è che … non sono stato la prima cosa che hai
visto
quando hai riaperto gli occhi! "
Sento un calore soffocante scaldarmi il petto.
"Sei la prima cosa a cui ho pensato … molto prima di aprire
gli occhi … e anche prima di chiuderli" sussurro.
È
tutto
vero.
4 mesi dopo
"Harry caro! I
biscotti sono pronti! " grida la
signora Hudson dalla cucina.
"Ancora un secondo, non gli fatto vedere la reazione del
solfuro di ammonio sulle ossa umane! "
"Sherlock! " dico.
Non è possibile che voglia far sperimentare un bambino di
dieci
anni con le ossa umane nel nostro salotto.
Lui mi guarda e mi sorride affabile.
"D’accordo Harry … vai pure a mangiare quei
noiosissimi
biscotti!" dice il detective al bambino.
La signora Hudson gli scocca un’occhiataccia.
"Uffaaaa! Solo cinque minuti, voglio vedere la reazione
chimica! " esclama seccato Harry.
Sherlock mi guarda trionfante.
"E va bene! Va bene! Ma non fate esplodere il salotto!"
In che razza di
guaio mi sono cacciato?
Dopo l’operazione la nonna di Harry non sapeva proprio come
sdebitarsi e le ho semplicemente chiesto se potevo stare con il bambino
qualche
volta la mese.
Così per stare un po’ assieme e vederlo crescere,
poi Harry
aveva sempre voluto conoscere Sherlock e vedere di cosa si occupava in
prima
persona.
Ci viene a trovare molto spesso. Sherlock non si annoia più
molto fra un caso e l’altro.
All’inizio pensai che la presenza del bambino avrebbe potuto
infastidirlo.
Invece mi andò molto peggio! Quei due si trovarono subito e
si
allearono.
Sherlock trascina Harry su e giù per la casa mostrandogli le
sue
scoperte e i suoi esperimenti e raccontandogli i nostri casi.
Il bambino pende dalle sue labbra e non si trattiene tutti i
suoi "Aaahhh e Ooohhh" stupiti, inoltre riempie Sherlock di
complimenti e di domande argute e il detective sembra proprio
apprezzare.
Così ora mi ritrovo con due Sherlock in casa e certe volte
non
so davvero chi dei due sia il bambino!
Sherlock si
avvicina sorridendo. Harry è in salotto che osserva
colpito l’esperimento appena fatto.
"Sai John penso che
Harry mi somigli molto! " dice afferrando un biscotto ancora caldo.
Mando quasi di traverso quello che sto mangiando io.
"D-Dici? "
"Si! Guarda com’è intelligente e furbo! Ha sempre
delle
ottime argomentazioni ed è indubbiamente brillante per la
sua età! "
Mi viene quasi da ridere.
"Ah beh si certo! Solo quello" dico divertito.
Sherlock mi guarda stupito, porta subito il suo sguardo su
Harry.
"Perché cos’altro c’è? " mi
chiede.
"Non saprei … vediamo … capelli ricci scuri,
carnagione
pallida, magrezza fisica, labbra carnose, occhi dalla colore indefinito
… non
saprei proprio…"
Mi ritrovo gli occhi di Sherlock improvvisamente vicini.
Sorride in modo languido.
"Trova le mie labbra carnose, dottore? " sussurra con
voce roca.
Sento mille brividi attraversarmi il corpo. Mi avvicino ancora
di più a lui.
"Oh Dio si! "
Lo bacio con dolcezza e rapisco il suo labbro inferiore tra i
miei denti.
Torniamo entrambi
alla realtà quando sentiamo un botto pazzesco
provenire dal salotto.
"HARRY! Che diavolo hai combinato? "
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Note
dell’autore
Allora innanzitutto grazie di essere arrivati fin qui! Che
coraggio xP
Questa storia è ispirata alla puntata 6x10 che si intitola
“Wilson”,
in cui appunto il collega di House, Wilson decide di donare il fegato
ad un
paziente e loro litigano.
Il periodo in cui è collocata è ovviamente
PreReichenbach, ma ho
aggiunto lo stesso la nascita del piccolo reale per omaggiarlo e
perché mi
sembrava divertente inserirlo in questo contesto.
È stata molto dura da scrivere questa Oneshot! Spero di non
aver
sforato nell’OOC (cosa di cui sospetto) e spero soprattutto
di aver saputo
rendere bene i sentimenti che prova John.
Sta a voi dirmelo :)
Grazie di tutto!
(1)
Il nome Harry
è un mio piccolo personale
tributo ad Harry Potter perché anche lui è dotato
di una cespugliosa massa di
ricci neri xP
(2)
Si ho inserito
anche la nascita del piccolo
George … mi sembrava divertente anche se non rispecchia il
periodo temporale.
(3)
Tutte le cavolate
d’ambito medico sono
prese da internet e beh … sono molto poco attendibili! Non
ne so niente (per
fortuna) di trapianti e cure varie, quindi prendete tutto con le pinze!
Se
notate qualche incongruenza in quest’ambito (ma anche in
altri) vi prego di
farmelo sapere così potrò rimediarvi!
(4)
Il
rapporto tra John e Harriet è ispirato alla ff di Yoko
Hogawa “ All
we can do (is
keep breathing)” che vi consiglio vivamente di
leggere.