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Autore: herion    19/08/2013    4 recensioni
John si offre per un intervento chirurgico per aiutare un paziente molto speciale.
Sherlock non sopporta l’idea e litiga con John ma l’esperienza che stanno per vivere li porterà a capire i sentimenti che provano l’uno per l’altro e ad essere finalmente sinceri con se stessi.
#Johnlock #Angst #Fluff #Accenno minuscolo di Parentlock #Ispiarata ad una puntata di Doctor House
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sorgi e disgombra queste nubi tenebre, con il beato aprire delle tue palpebre

Eccomi qua! Dopo secoli sono riuscita a creare questa … “cosa” che non so se posso chiamare ff xD
Vorrei ringraziare MelaChan per il supporto, l’attesa, le sclerate e le risate <3
Il titolo è preso dalla bellissima canzone dei Bastard Sons of Dioniso "Mi Par Che Per Adesso" potete ascoltarla qui se vi va http://www.youtube.com/watch?v=76-JZcrBuEw :)
Buona lettura!





-Sorgi e disgombra queste nubi tenebre, con il beato aprire delle tue palpebre-

Mercoledì pomeriggio.
Sto per finire anche questo turno, finalmente!
Devo ricordarmi di andare a prendere il latte da Tesco, Sherlock si è lamentato che è finito da una settimana ... ma perché non lo va a comparare lui una buona volta? Figuriamoci! Il grande detective che compra il latte, tsk!
Riesco quasi a sentire la sua voce nella mia testa! Oddio! Ho davvero bisogno di finire il turno e andare a casa, a riposare.

Si apre la porta dello studio piano piano e si affaccia un piccola testa riccioluta.
Riconosco subito il possessore di quei capelli scuri, è uno dei miei pazienti più piccoli e l'unico a cui mi sono veramente potuto affezionare. Harry(1).
Il ragazzino mi guarda e mi sorride.
"Buonasera Dottor Watson! Posso entrare?"
"Ciao Harry! Prego accomodati pure."
Il piccolo Harry entra e si siede su una delle due poltroncine del mio ufficio.
È davvero una giornata fortunata perché non posso concludere con un paziente migliore.

Harry è da un anno a questa parte viene sempre a farsi visitare da me. Da quando la nonna si meravigliò del miracoloso effetto del nuovo farmaco che gli prescrissi per il raffreddore, circa due anni fa, mi prese come medico di fiducia, anche se ho cercato più volte di farle capire che era tutto merito del nuovo farmaco e non delle mie attenzioni.
Harry è figlio unico e vive con i nonni, i suoi genitori sono morti in un incidente d'auto quando era molto piccolo. Probabilmente è anche per questo aspetto della sua vita che mi sento così vicino a lui. Un bambino così bello, intelligente eppure così solo e sfortunato.
Porta lo stesso nome di mia sorella, al maschile, e questo mi fa sempre sorride perché Harriet in fondo è sempre stata un maschiaccio. A volte molto più maschiaccio di me!
Sono felice di rivederlo.
"Harry dov'è la nonna?" mi accorgo che manca una presenza fondamentale nella stanza.
"Oh! Sta chiacchierando con la segretaria qui fuori ... penso ne avrà per molto ... sa il piccolino reale(2) e via dicendo!"
Sorrido.
"Anche tu a puntare scommesse sul nome?"
"Oh dottore la prego! Lo sa che non mi preoccupo di queste sciocchezze! ... E comunque è ovvio che sarà un nome semplice, niente che attiri l'attenzione, sicuramente comune nel Regno Unito e magari preso da qualche libro o personaggio rilevante" dice Harry tutto d'un fiato e per un attimo non vedo lui ma il ragazzo che un giorno diventerà.
Un bel giovanotto dai capelli scuri e ricci, che sbaraglierà tutti con la sua prontezza di pensiero.
Sento un nome martellare dentro la mia testa. Si, so a chi somiglia Harry, ma non mi sembra proprio il caso di fare paragoni.
Dopotutto non posso accomunare il piccolo Harry con il consulting detective piagnucoloso che mi attende a casa.
La mia mente continua a evidenziarmi le loro somiglianze a anche il fatto che ... beh ... che mi hanno colpito subito entrambi.
No John! Non farti distrarre, per Dio stai lavorando!
Cerco di rimettermi subito in sesto osservando Harry e cercando di capire cosa ci sia che non va.


Harry è da un po' che non veniva a farmi visita, non che questo sia un problema anzi, significa solo che fin ora ha goduto di ottima salute.
Mi accorgo subito che si è alzato molto, ormai i suoi dieci anni si fanno sentire. Probabilmente 6-7 centimetri. Quella massa di riccioli scuri rimane sempre ingovernabile, non è cambiata affatto dall' ultima volta e quegli occhi gelidi, indecifrabili ... cavoli!
Glieli avrò visti di venti colori diversi ormai! Quelli cambiano in continuazione, oggi sono verdi, un verde chiaro molto velato.
Oddio, so benissimo chi mi ricorda quel viso… e quegli occhi  ... no, John sei tu che ti ostini a vedere Sherlock in chiunque, questo ragazzino non ha niente a che fare con il detective-spara-proiettili-nel-muro che ti attende a casa!

"Dottore vedo che non ha ancora una fidanzata! E come sta il suo amico? Quello che fa le deduzioni!"
Sorrido ancora di più. Non voglio assolutamente sapere come fa a dire che non ho una fidanzata, e ok può essere che durante le ultime visite io abbia raccontato un po' di Sherlock ad Harry.
"Ehm... sta bene! Fin troppo bene credimi! Siediti sul lettino Harry"
Harry con calma si siede e si toglie la maglietta.
"Allora cosa c'è che non va? Non mi sembra tu abbia il raffreddore"
"Infatti non è raffreddore, ho mal di pancia dottore!"
Inizio a visitarlo, ho già qualche soluzione al suo disturbo.
Influenza intestinale, nervosismo, acido di stomaco, indigestione ... al massimo una appendicite. Ma il sorriso mi si spegne sempre di più quando piano piano sono costretto a scartare tutte queste prime ipotesi.
"Sarà meglio fare qualche analisi Harry"
Lui mi guarda, è diventato improvvisamente pallido e si tiene con una mano la pancia.
Sospiro.

Certe volte questo lavoro non mi piace per niente.

 

 

"Dottore ... che cos'ho?"
Non voglio rispondere. No, no, no!


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Trascino placidamente la mie gambe sulle scale del 221 B di Baker Street.
Sono distrutto, triste e irritato. Nella mia mano destra stringo una confezione di latte. Ho dovuto usare la cassa automatica e Dio solo sa quanta forza di volontà mi ci è voluta per non spaccare in due il display di quell'affare elettronico.
Apro piano la porta dell'appartamento.
Nessun rumore aleggia nell'aria, strano, molto strano!
Nessun rumore uguale a guai in vista.
"Sherlock!"

Silenzio.
Poggio le chiavi e vado verso il salotto.

"Sherl-" mi interrompo quando vedo la massa scura di capelli sbucare dalla poltrona. La mia poltrona. Che ci fa sulla mia poltrona?
Mi avvicino pensando che stia riposando ma appena riesco a scorgere il suo viso vengo preso di mira da due occhi grigi parecchio seccati.
"Sono le undici e tredici minuti" dice scandendo bene le parole.
"Non è da te constatare l'ovvio" la butto sul ridere, ho bisogno di rilassarmi e di non pensare a niente.
Mi siedo sulla sua poltrona e subito mi sento come un estraneo in proprietà altrui ma cerco di non darlo a vedere.
"Sai benissimo cosa voglio dire John!"
Sospiro. Possibile che si voglia mettere a discutere sul mio ritardo proprio ora?
"No, non lo so Sherlock ..."
"Sei stato in ambulatorio tre ore più del previsto, senza avvisare per giunta e quando ho tentato di chiamare per dirti che il cinese si raffreddava mi ha risposto la segreteria e-"
I miei nervi cedono e alzo involontariamente il tono di voce.
"Ma che t'importa se il cinese si raffredda, tanto non mangi mai niente! E poi non sono stato in ambulatorio tre ore! Sono dovuto andare a comprare il latte ricordi? Stamattina TU hai finito il latte!"
Lui mi osserva, assottiglia gli occhi.
Oh, ci siamo! Eccolo che parte con le deduzioni.
Rialza lo sguardo e si fa serio, distendendosi completamente sulla mia poltrona.
"Cos'ha il tuo ultimo paziente John?"
Ed è come se dentro di me si producesse un rumore di vetri infranti.
Tante schegge si sparpagliano e so benissimo dove vanno a finire ma non voglio vedere il sangue che sgorga, penso solo a me in questo momento.
"Malfunzionamento precoce del fegato(3) " sputo fuori dalla mia bocca queste parole come se le avessi appena lette in un libro di anatomia, non hanno peso, eppure dentro di me sono come macigni e mi opprimono.
Credevo di poter affrontare l'argomento domani mattina e invece dovrò spiegare tutto ora, con ancora la stanchezza nel cuore.
Lui non sa quanto è stato difficile decidere.
Torno a fissare i miei occhi nei suoi e ci vedo qualcosa che non mi piace.
Ha già capito.
Come sempre Sherlock Holmes ha già capito tutto.

"No" dice. Secco, preciso, quasi impalpabile, come una freccia che si conficca in un cuscino.
"Lascia che ti spieghi ..."
"NO"
"Sherlock io-"
"No tu non donerai il tuo fegato ad un paziente! No!" si alza in piedi mentre lo dice e la sua figura mi sovrasta. Il suo tono è deciso e sembra quasi ... arrabbiato.
Mi alzo anche io. Questa battaglia non può vincerla lui, non è come le altre volte.
"Ma lui è ..." comincio "speciale?" conclude lui con un tono schifato.
Sorride e scuote la testa. Si gira di spalle.
"John tutti diventano speciali quando sono in fin di vita"
"Sherlock, è un bambino! Dio, ha solo dieci anni e non ha nessuno! Ti giuro, non ha nessuno che può aiutarlo e non riuscirebbe mai ad aspettare che un donatore complementare si faccia vivo!"
"Hai già fatto le analisi!" si volta nuovamente verso di me e mi guarda con gli occhi sconcertati, il suo viso fatica a mantenere la fermezza a cui è abituato.
"Si e sono compatibile " ecco fatto, l'ho detto "... n-non c'è molto tempo ..." aggiungo in un sussurro, come se ci fosse davvero qualcosa che dovremmo fare prima dell'operazione.
Mi guarda e sembra che mi stia supplicando, il mio cuore fa fatica a rimanere implacabile di fronte ad uno Sherlock in quelle condizioni ma ormai ho deciso.
I suoi occhi parlano ai miei, come sempre, e pare quasi che mi stia analizzando di nuovo, ma stavolta molto nel profondo.
"John non puoi ... tu non puoi sottoporti ad un'operazione tale ... " borbotta e riesce quasi a mantenere un tono normale.
"Lo farò invece. Ho già deciso Sherlock. Domani mi esporteranno una parte di fegato. Andrà tutto bene, non succederà nulla e ..."
"No! Non lo farai, tu non puoi ... tu non ... ah ...tu non puoi tornare a casa e ... John!" ora è andato completamente fuori fase.
Mentre cerca di farfugliare una frase completa agita le braccia e mi guarda con occhi che definirei infuocati se non fosse per il colore gelido.
Mi avvicino a lui e spero davvero che non si ritragga, che non scappi.

Non scappare da me Sherlock.

Gli afferro i polsi con delicatezza e lo faccio smettere di agitarsi.
Mi guarda con odio, ora lo posso vedere bene da vicino.
Prendo un bel respiro e glielo chiedo.
"Sherlock tu ... tu verresti domani ... ad assistermi dopo l'operazione?" faccio ben tre pause per respirare mentre lo dico.
Lui continua a guardarmi male, mi fissa insistentemente.
Poi ,tutto d'un colpo, si divincola, allontana con forza i polsi dalle mie mani.
Indietreggia da me e si volta facendo svolazzare la vestaglia mentre la sua bocca ringhia in risposta un secco "No" e se ne va in camera sbattendo la porta in un gesto ai limiti del teatrale.

Cerco di stare calmo. 
Respira John! Respira e basta.
Sento un nodo opprimente che si forma nel mio stomaco e poi inizia e salire e salire.
Non voglio piangere e allora perché sento che sto per farlo?
Percepisco già gli occhi umidi. Corro di sopra senza gettare neanche uno sguardo alla porta della camera di Sherlock.
Entro nella mia stanza e mi butto a pancia in giù sul letto.
Non voglio piangere eppure ho delle gocce d'acqua salata che mi rigano le guance, ma quello non sono io, quello è il mio corpo che reagisce allo stress della giornata.
Io sono lucido e sono pronto, non ho ripensamenti. In fondo al cuore sento qualcosa che brucia e so che Sherlock è lì, so che mi ha fatto male il suo rifiuto, ma decido di negare quel dolore. Domani non mi fermerà nulla perché non posso tirarmi indietro.
Penso ad Harry e sento subito che sto facendo la cosa giusta. Lui non ha nessuno e io posso aiutarlo! Posso salvare una vita, la sua giovane vita! E lo voglio fare, lo devo fare.
Prima di addormentarmi mando un messaggio ad Harriet e le spiego tutto. Non ci sono punti di domanda nel messaggio perché so che non mi dirà nulla.
Il nostro rapporto si fonda un po' sul "vivi e lascia vivere"(4) .
Probabilmente non mi risponderà neppure.

 

È già mattina. Ho passato la notte normalmente, niente incubi, niente ripensamenti.
Guardo il cellulare. Un nuovo messaggio, da Harriet.
[Fammi poi sapere com'è andata. -Harriet]
Ci avrei giurato.

Esco deciso dalla camera e mi dirigo in cucina a bere.
Comincio a prepararmi il tè e sento Sherlock che si dirige in salotto.
Mi volto solo quando sono sicuro al cento per cento che lui non mi stia guardando.
Eccolo è alla finestra e regge il violino su una spalla.
Compone.
Lo vedo scribacchiare qualche nota sul foglio e subito dopo prova il nuovo componimento con il violino.
All'inizio si interrompe spesso per correggere qualcosa e poi lo rimposta.
Dopo dieci minuti io ho finito il tè e lui ha composto un nuovo brano.
Un brano triste, cupo, quasi violento verso la fine ma sicuramente molto intenso.
Mi faccio la doccia, mi vesto e mi preparo. Cerco di non pensare a niente, non voglio pensare perché so che comincerei a sentire il nervosismo. Comincerei ad elencare tutte le cose che potrebbero andare storte durante l'operazione e poi penserei a Sherlock, a cosa farebbe ... come reagirebbe se mi succedesse qualcosa?

Vado in salotto. Sherlock sta ancora suonando la sua ultima composizione. Non l'ho ancora guardato in faccia.
"È ... bellissima!" dico.
Vorrei dire così tante cose, mi sembra di scoppiare.
Sherlock sei preoccupato? Sei arrabbiato? Hai dormito stanotte? Quando tornerò sarà tutto come prima? ... Ci tieni a me?
Sospiro quando sento che lui non risponde.
Smette di suonare improvvisando un finale veloce.
Si toglie il violino dalla spalla.
"Grazie ..." sussurra.
Non si girà, non lo farà.
Devo andare o farò tardi. Esito un istante, apro la bocca per dire qualcosa ma tutto quello che mi viene in mente sono le domande che mi martellano in testa da stamattina e mi sembrano così ridicole e sciocche che preferisco tenerle per me.
Dio! Vorrei andare da lui, scuoterlo e farlo voltare, guardarlo dritto negli occhi e chiedergli come sta, cosa pensa veramente di quello che sto per fare ... perché io non lo so, non riesco a capire cosa prova.

Muovo un passo, poi un altro e in un baleno sono davanti alla porta. Metto la giacca, prendo il borsone che mi sono preparato con il necessario per stare in ospedale e guardo un'ultima volta verso il salotto.
Sherlock è ancora lì, che guarda fuori dalla finestra e chissà cosa vede.
Prendo un grosso respiro. È più difficile di quanto pensassi.
Esco, scendo gli scalini e poi sono in strada.
Sento gli occhi del mio coinquilino puntati sulla mia nuca e non so proprio come riesco a trattenermi dal voltarmi e guardare il suo viso alla finestra.



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La prima cosa che faccio è andare a vedere come sta Harry.
Lo trovo piccolo e pallido nel lettino. La nonna dorme sulla poltrona a fianco del letto e cerco di non svegliarla.
Harry apre piano gli occhi, mi vede e sorride debolmente.
È peggiorato molto da ieri. Non può più attendere.
"Dottore ..."
"Ciao Harry! Come ti senti?"
"Un po' intontito dai farmaci ma non sento molto dolore" dicendolo gli scappa un smorfia.
"Vedrai che andrà tutto per il meglio" cerco di sorridere in modo rassicurante ma credo che sia una battaglia persa.
"Il suo amico detective non è qui?"
La sua domanda mi colpisce in pieno petto e sento quel dolore che avevo deciso di ignorare farsi più forte.
"Lui ... non credo che verrà ... è impegnato" faccio fatica a dire.
Harry si rattrista un po' " Peccato! Avrei voluto conoscerlo ...".
Non riesco a rispondergli.
Nella mia mente rivedo Sherlock che si divincola e mi dice "NO".
Devo sembrare davvero demoralizzato perché Harry mi tocca un braccio con la sua manina e mi dice "Vedrà che ci sarà dottore. Quando si sveglierà il suo amico sarà qui".
E non so rispondere neanche a questo.
Gli sorrido e gli deposito amorevolmente un bacio sulla fronte.
Lui non esita un solo istante e mi abbraccia.
"Grazie dottore ... per quello che sta facendo, grazie!" la sua debole voce arriva al mio orecchio in un sussurro e mi si scalda il cuore.
Ricambio l'abbraccio.
"Di nulla Harry".




Eccomi. Sono pronto. 
Ho appena indossato l'orrendo camice di carta e la cuffietta per l'operazione. Guardo ancora il cellulare. Nessun messaggio. 
Non so neanche io cosa sto aspettando. Lo appoggio definitivamente, non potrò più toccarlo fino a dopo l'operazione.
Mi metto sotto le coperte del letto, fra pochi attimi verranno a prendermi per portarmi nelle sale al piano di sopra.
Voglio svuotare la mente e smettere di angosciarmi.

Vedrà che ci sarà dottore. Quando si sveglierà il suo amico sarà qui.

La voce di Harry mi tormenta.

Arrivano due infermieri. Un uomo molto giovane e una donna abbastanza in là con gli anni.
Mi salutano, chiedono come sto mentre tolgono i freni alla barellina.
Poi comincia la corsa e mi sembra davvero di essere sulle montagne russe perché i miei pensieri cominciano a mitragliarmi la mente.

Ci sono io in Afghanistan, che cerco disperatamente di non morire e poi ancora io, a Londra, che vagabondo come un fantasma morto da secoli.
Poi vedo un uomo che mi trascina nella sua vita, che mi fa scoprire un campo di battaglia senza mine o piani antiaerei ma capace di farmi pulsare il sangue nelle vene.

Le luci del soffitto scorrono veloci e diventano sempre più indefinite.

Un colpo di pistola verso la finestra di un edificio, uccido un uomo, ne salvo un altro.
Un appartamento con teschi, mappe, pezzi di cadavere e risate.

Dio che sto facendo! Entriamo in ascensore.

Un maccanismo di morte cinese e due mani che mi salvano.
Una piscina, dell'esplosivo e un uomo che di umano non ha nulla.
Una donna, un cellulare e molta indecisione.
Un cane luminoso e la paura che si insinua in due occhi di ghiaccio.

I've just got one!

Mi ritrovo a boccheggiare. Gli occhi sbarrati e la testa che scatta quando sento il suono di arrivo dell'ascensore.
Sto tremando. Cerco di restare calmo.
Tranquillizzati John per l'amor del cielo!
E poi di nuovo Sherlock che mi dice che non verrà ad assistermi e se ne va e io che non so cosa prova, non so cosa pensare ... Dio che idiota sono!
Se fosse stato Sherlock a dirmi che si opera? Così da un giorno all'altro?
Se fosse lui quello che sta andando sotto i ferri volontariamente, non avrei reagito nel suo stesso modo?
Certo che mi sarei infuriato e non glielo avrei permesso perché lui è importante. Sherlock conta tantissimo per me e non voglio ... non vuole ... lui ... lui non vuole perdermi!

Voglio scendere da questo cazzo di lettino.
Fatemi scendere. Lasciatemi andare, devo dirgli una cosa.
Mi guardo attorno, siamo quasi arrivati.
I due infermieri guardano dritto davanti a loro e non si sono accorti dei miei cambiamenti d'umore.
No, voglio andarmene e correre da lui e dirgli che sono un idiota ma che ho capito e che anche io gli voglio bene e ... Dio lasciami andare!
Ci fermiamo nella stanza preparatoria e mi affiancano ad un altro lettino.
Lì vedo Harry e i miei pensieri si fermano. Sta già dormendo.
Solo ora mi accorgo che non c'è solo una leggera somiglianza tra lui e Sherlock.
Harry sembra una versione di Sherlock ringiovanita.
I morbidi ricci neri, le labbra carnose, il viso tagliente, la pelle bianchissima e quegli occhi temporaleschi che non si decidono mai a scegliere un colore permanente.
Sorrido. Ora sono davvero sicuro di quello che sto per fare.
Si avvicinano con la mascherina. Non mi sono nemmeno accorto di essere entrato in sala operatoria.
L'ultimo pensiero lucido che riesco a fare riguarda il fatto che se non uscirò vivo da qui sono contento di aver lasciato Sherlock con un complimento. Non mi stancherò mai di farglieli ... però avrei tanto voluto che si fosse voltato.

La mascherina aderisce al mio viso e respiro. Respiro e sento la testa e il corpo farsi pesanti e i pensieri invece volare via leggeri.
Prima di perdere completamente coscienza però mi pare di sentire una voce familiare urlare qualcosa di assurdo, tipo "Certo che posso passare! Lasciatemi!" e poi è tutto nero.


 

 


 Tum Tum Tu-Tum Tu-Tum_________Tum_________________________________________________________________________________

Silenzio.

Lo sento. È il mio cuore. C'è qualcosa che non va, lo so, lo sento.
Mi sembra che mi manchi l'aria, il sangue, la vita ... tutto!

Dio ti prego, fammi vivere! Ti prego fammi vivere!

Fammi vivere per lui, perché io non posso ... non posso lasciarlo!
Cristo, abbiamo litigato! E no, non mi va affatto bene che io come ultima cosa gli abbia detto un complimento ... perché io devo dirgli ... non gli ho ancora detto ... detto che ...
No, non posso andarmene ora !
Devo chiedergli scusa, devo dirgli che ho capito, che non si deve preoccupare, che non lo lascerò più ... mai più!
Non posso pensare ad una fine senza Sherlock!

Dio ti prego, fammi vivere!
Fammi vivere perché ... perché non gli ho ancora detto ... che lo amo ... che lo amerò sempre e l'ho sempre amato!

Mi sento così debole, così fragile ... non può finire ... non ora ... non così ...
Sherlock.

Dio ti prego, fammi vivere, un'altra volta, fammi vivere!

Ti prego.
Lo amo.









Tu-Tum.







________________________________________________________________________________________________________________________

Sento un suono metallico che va ad intermittenza.
Dio è così fastidioso, fatelo smettere!
Apro piano le mie palpebre e la luce mi acceca. È tutto così bianco.
Dopo pochi secondi mi abituo e riesco a scorgere le pieghe di un tessuto color bianco sporco.
Sono nel lettino dell'ospedale.
Sono vivo!
Ho l'istinto di sorride e di gridare ma appena cerco di muovere la testa sento un peso enorme cadermi addosso.
Devono essere gli ultimi rimasugli di anestesia.
Vedo sulla mia destra la macchina per il monitoraggio del battito cardiaco.
Lo sapevo. Qualcosa era successo davvero durante l'operazione.
Improvvisamente sento freddo alla pancia e mi accorgo di avere una piccola porzione di pigiama bagnato. Ma che diavolo ...?


Poi un tuffo al cuore.
Pochi sguardi nella stanza e la realizzazione delle mia paure.
Mi dispiace Harry ... ti sbagliavi ... Sherlock non c'è.
Sento un forte bisogno di piangere.
Cristo Santo come sono debole!
Ho già le lacrime agli angoli degli occhi quando sento un insolito rumore.


Splash!



Lentamente giro la testa verso la porta, da dove è provenuto il rumore.
Le lacrime non riesco proprio a trattenerle ... perché in piedi, sotto l'ingresso c'è Sherlock.
Ha appena fatto cadere, e parzialmente spappolare, un budino al cioccolato e ora mi sta fissando con occhi talmente sconvolti e insistenti che non mi sorprenderei di ritrovarmi la faccia perforata dal suo sguardo.
Ci guardiamo.
Ci guardiamo e basta.
Io piango silenziosamente con le labbra socchiuse e probabilmente con la peggior espressione traumatizzata della mia vita.
Lui invece rimane bellissimo ... come sempre ... sta ansimando e muove freneticamente le dita delle mani.
I riccioli sono sconvolti più di lui e i suoi occhi sono scavati ... come quelli di una persona che ha pianto.
Sherlock ha ... pianto?
Improvvisamente mi ricordo del mio pigiama bagnato.
Le mie labbra si incurvano in un leggero sorriso e dev'essere proprio questo a dare il coraggio a Sherlock di avanzare verso di me.
Cammina a passi lunghi e non mi stacca mai gli occhi di dosso.
Arriva al lettino e io gli sorrido ancora di più.
"Sherlock!"
Il suo sguardo cambia radicalmente e mi ritrovo ad avere paura di quello che sta per accadere.
Il detective mi punta un dito magro e bianco contro e in modo molto teatrale dice "Tu! Stupido idiota senza cervello! Mi vuoi spiegare che razza di messaggio hanno elargito i tuoi neuroni per farti fare questa ... questa idiozia? Stupido. Non c'è altra parola che descriva meglio la situazione e se solo ... se solo tu ti azzardi a fare un'altra volta una cosa del genere giuro che ti uccido con le mie stesse mani! Ho già pensato a 52 modi per farlo sembrare un incidente ... 53! 53 modi John! Sei un idiota! E ti giur-"
"Hai pianto".
Sherlock blocca di colpo il fiume di parole e insulti che mi sta facendo scivolare addosso e mi guarda con incertezza.
Non sono mai stato più convinto di ora che lui ci tenga a me.
"Non è assolutamente vero!"
Sorrido e con una mano indico la zona bagnata del pigiama.
"Non ... non sono stato io! Tecnicamente si, ma è stato del tutto involontario!"
"Sherlock piangere è quasi sempre involontario" dico asciugando con il dorso della mano le ultime lacrime e credo che lui abbia finalmente capito.
"John non hai idea di cosa ho sentito non appena ... non appena mi sono reso conto che tu potevi non tornare più e che io ti avrei perso in un modo così stupido" marca ulteriormente l'ultima parola.
Forse non me lo perdonerà mai.
"C-cosa hai provato?" chiedo in un tono incerto e molto ... molto emozionato.
"Rabbia ... credo e fastidio e ... ti ho odiato moltissimo e ti odio ancora! Dio se ti odio! Ti odio, perché mi hai fatto questo John? Che cos'è? Io non voglio stare male ... non voglio odiarti!"
Lui non mi odia ... lui mi ama ... sta confondendo le parole ma i sintomi sono inequivocabili.
Il cuore mi sta per esplodere e sento il ritmo accelerare nel suono metallico del macchinario.
Sherlock se ne accorge e si spaventa, si allontana bruscamente dal lettino.
"Stai male! John scusami io ... non volevo farti agitare! Chiamo un'infermiera" e si avvia di corsa verso il corridoio, così velocemente che non mi sente neppure mentre gli dico che sto benissimo e che ho solo un fottutissimo bisogno di finire il discorso.

Arriva un'infermiera in meno di 10 secondi, entra trascinata per un braccio da Sherlock che borbotta metodi di rianimazione.
A volte mi sorprendo di quanto quest'uomo così brillante possa essere stupido.
L'infermiera non lo calcola minimamente, controlla tutto e mi guarda.
"Il piccolo Harry sta benissimo, dorme ancora, ma abbiamo già ottenuto forti segnali di ripresa! Durante l’intervento lei ha avuto un piccolo arresto cardiaco durato una manciata di secondi, nulla di grave non si preoccupi, starà maglio di prima!"
Sento il mio petto sollevarsi e rilasciare un grande sospiro, il mio tormento è sparito.
Ho salvato Harry!
Ricambio il sorriso dell'infermiera e la ringrazio.
Lei si avvia tranquillamente verso l'uscita ma il mio coinquilino non sembra aver l'intenzione di demordere.
"Ma che fa? È pazza! Lui ha bisogno di aiuto! Chi le ha dato la licenza  per poter lavorare qui? Si rende conto che John sta rischiando la vita? I suoi battiti erano molto accelerati e questo potrebbe essere un chiaro segnale di ricaduta, deve as-"
"Senta, non so chi sia lei! Ma ho una gran vogli di sbatterla fuori da qui e l'unico motivo per cui ora è in questa stanza, dopo la sua scenata del travestimento, è perché quest'uomo ha pronunciato il suo nome prima di perdere coscienza! Ma le giuro che se sento un'altra parola contro un dipendente di quest'ospedale la prendo a calci in culo fino in strada!".
Rimango basito dalla reazione dell'infermiera, ma ancora di più da una parte della sua sfuriata: la scenata del travestimento?
Di che parla?
Nello stesso istante io e Sherlock ci guardiamo e parliamo.

"Travestimento?"
"Hai detto il mio nome?"


Ci stiamo ancora fissando, sul viso di Sherlock appare un timido sorriso, uno di quei rari sorrisi spontanei che offre solo a me e di cui mi sono sempre sentito il geloso proprietario.
Io invece continuo a non capire ... cos'è questa storia del travestimento?
Intanto l'infermiera ci osserva, sposta la sua attenzione su di me.
"Il suo amichetto si è costumato da assistente infermiere ed ha cercato di intrufolarsi nella sua sala operatoria!"
Sherlock si ridesta all'istante.
"Ero solo venuto a controllare che steste facendo un buon lavoro!"
Gli occhi dell'infermiera lo incendiarono e vidi chiaramente Sherlock trattenersi dal lasciare andare la valanga di parole che aveva sulla punta della lingua.
L'infermiera si girò e mentre se ne andava rischiò di ammazzarsi sul budino spappolato.
Sherlock sorrise.
Io no.
L'infermiera guardò il detective un'ultima volta e lessi chiaramente una minaccia di morte in quello sguardo.

"Hai cercato di introdurti in sala operatoria?"
"Lo ammetto il travestimento non era dei migliori ma avevo fretta di vederti"
"Anche io avevo bisogno di vederti in quel preciso istante"
Mi guarda stupito.
"Perché John?"
"Perché dovevo dirti una cosa ... una cosa che avevo capito solo cinque secondi prima di entrare in sala ..." la gola mi si secca improvvisamente.
Sherlock si avvicina al letto.
"Cosa devi dirmi?"
"Che ho capito".
I suoi occhi così freddi e gelidi sembrano assumere una nota calda, come se si fosse acceso un fuoco dentro.
E in questo istante non servono parole, bastano solo i nostri occhi per dirci tutto.
È tutto qui, fra di noi.
"Dio, quanto ci hai messo John!" sussurra.
Muovo la mano vicino al bordo del lettino e sfioro piano il cappotto di Sherlock ripetendomi la preghiera che gli avevo fatto esattamente un giorno fa e che lui non ha esaudito.


Non scappare da me Sherlock.


Non lo fa.
Avvicina la sua mano e la posa lentamente sopra la mia.
Io intreccio le nostre dita e insieme stringiamo, chiudendo in quel gesto tutto quello che non ci siamo detti ma che entrambi sappiamo.
Passano minuti interminabili in cui continuiamo semplicemente a far scivolare gli sguardi l'uno sull'altro e ad accarezzarci piano le dita.
È tutto così perfetto.
Il primo a muoversi è lui.
Si avvicina lentamente a me, ma poi si blocca, indeciso se continuare o tornare indietro.
Con la mano libera, faccio scivolare le mie dita sulla sua nuca e lo tiro piano verso di me.
Appoggia la sua fronte sul cuscino vicino alla mia e continua a guardarmi.
"Potrebbe cambiare tutto … per sempre", la sua voce è bassa e mi fa scorrere un brivido lungo la schiena.
"Potrebbe non cambiare nulla" sorrido e gli accarezzo il viso "solo migliorare".
Lo vedo convincersi, le sue labbra si incurvano leggermente verso l’alto e io non riesco più a resistere.
Mi avvicino al suo viso annullando quei pochi centimetri tra di noi.
Sfioro le sue labbra con il mio respiro, non voglio affrettare tutto, voglio farlo insieme.
Insieme o niente.
Lo sento col fiato accelerato, schiude le labbra e le avvicina alle mie e questo era tutto ciò che mi serviva.
Lo bacio con calma, senza fretta.
Le nostre bocche creano l’incastro perfetto.
Sono due pezzi dello stesso puzzle che si ritrovano dopo l’eternità e si uniscono per sempre.
Non sono mai stato così felice.
Sherlock ricambia il bacio e con una mano stringe il colletto del mio pigiama, l’altra è ancora unita alla mia destra.

Restiamo così per minuti interi, forse ore, anni … non lo so.
So che vorrei che non finisse mai.

In questo bacio sto riversando tutti i sentimenti che non ho esternato finora, tutti i sorrisi imbarazzati, gli sfioramenti di mani, gli sguardi consapevoli e le parole non dette, tutte le serate sul divano coscia contro coscia, le mattine a colazione con le gambe intrecciate e i momenti persi scioccamente che entrambi non abbiamo saputo afferrare.

Siamo due idioti.

Quando ci stacchiamo Sherlock mi abbraccia e io lo stringo ai limiti del possibile.
"Lo sapevo che non dovevo andarti a comprare quello stramaledetto budino" dice.
Rido.
"Effettivamente avevo temuto che non saresti venuto".
Scioglie l’abbraccio e torna a guardarmi.
"No è che … non sono stato la prima cosa che hai visto quando hai riaperto gli occhi! "
Sento un calore soffocante scaldarmi il petto.
"Sei la prima cosa a cui ho pensato … molto prima di aprire gli occhi … e anche prima di chiuderli" sussurro.

È tutto vero.
 

 

 

 

 

 

 

 

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4 mesi dopo

 

"Harry caro! I biscotti sono pronti! " grida la signora Hudson dalla cucina.
"Ancora un secondo, non gli fatto vedere la reazione del solfuro di ammonio sulle ossa umane! "
"Sherlock! " dico.
Non è possibile che voglia far sperimentare un bambino di dieci anni con le ossa umane nel nostro salotto.
Lui mi guarda e mi sorride affabile.
"D’accordo Harry … vai pure a mangiare quei noiosissimi biscotti!" dice il detective al bambino.
La signora Hudson gli scocca un’occhiataccia.
"Uffaaaa! Solo cinque minuti, voglio vedere la reazione chimica! " esclama seccato Harry.
Sherlock mi guarda trionfante.
"E va bene! Va bene! Ma non fate esplodere il salotto!"

In che razza di guaio mi sono cacciato?
Dopo l’operazione la nonna di Harry non sapeva proprio come sdebitarsi e le ho semplicemente chiesto se potevo stare con il bambino qualche volta la mese.
Così per stare un po’ assieme e vederlo crescere, poi Harry aveva sempre voluto conoscere Sherlock e vedere di cosa si occupava in prima persona.
Ci viene a trovare molto spesso. Sherlock non si annoia più molto fra un caso e l’altro.
All’inizio pensai che la presenza del bambino avrebbe potuto infastidirlo.
Invece mi andò molto peggio! Quei due si trovarono subito e si allearono.
Sherlock trascina Harry su e giù per la casa mostrandogli le sue scoperte e i suoi esperimenti e raccontandogli i nostri casi.
Il bambino pende dalle sue labbra e non si trattiene tutti i suoi "Aaahhh e Ooohhh" stupiti, inoltre riempie Sherlock di complimenti e di domande argute e il detective sembra proprio apprezzare.
Così ora mi ritrovo con due Sherlock in casa e certe volte non so davvero chi dei due sia il bambino!

 

Sherlock si avvicina sorridendo. Harry è in salotto che osserva colpito l’esperimento appena fatto.
 "Sai John penso che Harry mi somigli molto! " dice afferrando un biscotto ancora caldo.
Mando quasi di traverso quello che sto mangiando io.
"D-Dici? "
"Si! Guarda com’è intelligente e furbo! Ha sempre delle ottime argomentazioni ed è indubbiamente brillante per la sua età! "
Mi viene quasi da ridere.
"Ah beh si certo! Solo quello" dico divertito.
Sherlock mi guarda stupito, porta subito il suo sguardo su Harry.
"Perché cos’altro c’è? " mi chiede.
"Non saprei … vediamo … capelli ricci scuri, carnagione pallida, magrezza fisica, labbra carnose, occhi dalla colore indefinito … non saprei proprio…"
Mi ritrovo gli occhi di Sherlock improvvisamente vicini.
Sorride in modo languido.
"Trova le mie labbra carnose, dottore? " sussurra con voce roca.
Sento mille brividi attraversarmi il corpo. Mi avvicino ancora di più a lui.
"Oh Dio si! "
Lo bacio con dolcezza e rapisco il suo labbro inferiore tra i miei denti.

Torniamo entrambi alla realtà quando sentiamo un botto pazzesco provenire dal salotto.

 

 

 

 

 

"HARRY! Che diavolo hai combinato? "







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Note dell’autore

 
Allora innanzitutto grazie di essere arrivati fin qui! Che coraggio xP
Questa storia è ispirata alla puntata 6x10 che si intitola “Wilson”, in cui appunto il collega di House, Wilson decide di donare il fegato ad un paziente e loro litigano.
Il periodo in cui è collocata è ovviamente PreReichenbach, ma ho aggiunto lo stesso la nascita del piccolo reale per omaggiarlo e perché mi sembrava divertente inserirlo in questo contesto.
È stata molto dura da scrivere questa Oneshot! Spero di non aver sforato nell’OOC (cosa di cui sospetto) e spero soprattutto di aver saputo rendere bene i sentimenti che prova John.
Sta a voi dirmelo :)

Grazie di tutto!

 

(1)    Il nome Harry è un mio piccolo personale tributo ad Harry Potter perché anche lui è dotato di una cespugliosa massa di ricci neri xP

(2)    Si ho inserito anche la nascita del piccolo George … mi sembrava divertente anche se non rispecchia il periodo temporale.

(3)    Tutte le cavolate d’ambito medico sono prese da internet e beh … sono molto poco attendibili! Non ne so niente (per fortuna) di trapianti e cure varie, quindi prendete tutto con le pinze! Se notate qualche incongruenza in quest’ambito (ma anche in altri) vi prego di farmelo sapere così potrò rimediarvi!

(4)     Il rapporto tra John e Harriet è ispirato alla ff di Yoko Hogawa “ All we can do (is keep breathing)” che vi consiglio vivamente di leggere.

  
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