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Autore: thyandra    19/08/2013    3 recensioni
Seguito della fiction "Di scomode comodità". Un Kakashi baby-sitter nuovamente alle prese con un piccolo Naruto pestifero -stavolta non così tanto- e un compagno di squadra petulante.
Sono presenti riferimenti al capitolo 604. Non so se possono essere considerati ancora spoiler, ma l'avvertimento lo piazzo lo stesso, per sicurezza.
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Kushina Uzumaki, Minato Namikaze, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha | Coppie: Minato/Kushina
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio
- Questa storia fa parte della serie 'Di baby-sitter e bambini troppo vivaci'
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Di maschere e vestiti scomparsi



“Grazie Kakashi, sei davvero d’aiuto” lo accolse con un sorriso di scusa l’Hokage quando questi bussò alla sua porta. “Non saprei davvero come fare se tu non mi dessi sempre una mano con Nacchan.”
“Oh, non è affatto un problema per me, sensei” mentì con la naturalezza derivata da 3 anni di babysitting il ragazzo, entrando nell’appartamento. Invece sì che era un problema. Uno bello grosso, mascherato sotto le ingannevoli dimensioni di un bambino di 4 anni.
Anche se Kakashi odiava fare il baby-sitter, si sentiva in debito con il sensei. Era qualcosa che andava oltre la semplice riconoscenza: era più una cupa rassegnazione dettata dalla solidarietà che questi gli ispirava. Minato, uomo pacato e moderato, conviveva con due tra gli esseri più peperiti che il ragazzo avesse mai conosciuto.
“Kakashi-nii, sei in ritardo!” lo salutò Naruto. Corse poi ad abbracciarlo, stritolandogli le ginocchia e minacciando di farlo cadere.
Sarà una lunga serata…
“Nii, mi hai portato quella cosa?” chiese poi, in tono complice.
Kakashi si guardò prima a destra e poi a sinistra, con espressione preoccupata. “Sei sicuro che questo posto non sia tenuto d’occhio da ninja nemici?” domandò, con fare circospetto, reggendogli il gioco.
Naruto si guardò intorno a sua volta, accigliato. Poi guardò il papà, che gli fece cenno di sì con la testa e annuì al baby-sitter. “E’ tutto sotto controllo, capo.”
Kakashi guardò Minato con sguardo accusatorio. “E lui? E’ pulito?”
“Possiamo fidarci di papà. E’ un ninja molto bravo. Non mi tradirà” rispose il bambino, solenne.
Il ragazzo rilassò le spalle. Minato, che per tutta lo scambio di battute aveva mantenuto un’espressione perplessa, con la testa leggermente inclinata da un lato, adesso sorrise.
Il jounin sfilò un oggetto dalla sacca e lo porse a Naruto. Questi aggrottò le sopracciglia.
“Ma la tua è diversa…” si lamentò.
“Certo che lo è. Per avere quella ufficiale, devi prima far carriera” spiegò l’altro.
Il bambino continuò ad avere un’espressione poco convinta, ma indossò comunque la mascherina da carnevale su cui erano state applicate due orecchie da gatto.
“Grazie, nii-san. Ma non dubitare, diventerò anche più forte di te. E anche di papà. E avrò una maschera più bella della tua” disse, caparbio.
Minato continuava a ridacchiare sotto ai baffi per la determinazione ferrea del figlioletto. Diventerà un grande ninja, pensò. Andò in cucina per prendersi da bere.
“Kakashi, ti va una fetta di torta alle fragole? L’ha fatta oggi Kushina” chiese l’Hokage.
Il ragazzo non amava particolarmente i dolci, ma Kushina si sarebbe potuta offendere se avesse rifiutato. “Magari solo un assaggio” rispose.
Andò a sedersi a tavola e Naruto trotterellò accanto a lui, tenendolo attentamente d’occhio.
Appena la torta fu servita, apparve la Jinchuuriki con espressione corrucciata.
“Dove avrò messo il kimono blu…” borbottava sommessamente, in una sorta di cantilena. “Credevo di averlo lasciato nell’armadio…” Poi si riscosse e salutò il ragazzo. Nel guardare il figlio bardato con quella buffa maschera, commentò: “Che bel gattino che abbiamo qui!”
Il bambino si indispettì. “Sono un ANBU, mamma.”
“Oh, sì, certo, come ho fatto a non capirlo…” conciliò la donna, riprendendo poi a borbottare:
“Il kimono blu…  ma dove?… cavoli, era perfetto per l’occasione…”
“L’ha preso Kakashi-nii” rispose Naruto, innocentemente.
Al ragazzo andò di traverso il boccone.
Kushina si interruppe e rimase immobile, come se non avesse sentito bene. “Cosa? Naruto-chan, puoi ripetere?”
“Lo ha preso Kakashi-nii” ripeté, con un tono adesso dubbioso. Forse aveva detto qualcosa che non doveva.
“Kakashi ha fatto COSA?” sbraitò la rossa, aggredendo col pugno serrato il primo oggetto che le capitò vicino: il vaso -in cui erano posate le bellissime rose regalatele da Minato in occasione dell’odierno anniversario - andò in frantumi, gocciolando impietosamente sul pavimento.
“E’ vero? Hai frugato nel mio armadio?” chiese al ragazzo ora paralizzato dal terrore, senza lasciargli tempo di rispondere. “In che mani abbiamo lasciato nostro figlio! Un maniaco, dattebane! E’ tutta colpa dei libri di Jiraiya-sensei che si ostina a leggere, te lo dico io! Quel pervertito scrive solo porcherie indecenti! Minato! Tu non dici nulla?” Aveva pronunciato tutto il discorso senza fermarsi. Non udendo risposte, rivolse il suo sgomento sul povero marito. Questi non sapeva effettivamente cosa dire. Senza contare il fatto che il povero Jiraiya, che d’altronde era il suo maestro, non c'entrava nulla in quella discussione. Tentò di farla ragionare.
“Tesoro, calmati adesso. Oggi è il nostro giorno speciale e nessuno può rovinarlo” sorrise, impacciato.  Poi aggiunse, come ulteriore bonus: “Ti prometto che ti comprerò un altro kimono più bello.”
"Lo stai forse difendendo?" sibilò, ora minacciosa. Minato sudò freddo. "Certo che no, cara..."
Avrebbe affrontato gli eserciti uniti di ogni paese a sangue freddo, ma non la moglie.
Le si avvicinò cautamente, posandole una mano sul fianco e sussurrando: "Sei comunque bellissima con qualunque vestito, quindi che importa?"
Con uno sforzo di volontà Kushina si calmò. Se ne andò nell’altra stanza senza dire una parola. Il marito la seguì.
Rimasti soli, Naruto e Kakashi si guardarono in faccia per qualche istante.
“E’ stato un colpo basso, Naruto” commentò il più grande, ancora stupito di esserne uscito indenne.
“Scusa, nii. Mi è scappato. Non pensavo che la mamma si arrabbiava” disse, sincero.
Il jounin ricordava ancora l'episodio, avvenuto poche settimane prima. Nel tentativo di imitare il suo bavaglio, la piccola peste bionda aveva fatto a pezzi uno dei vestiti più costosi della mamma; Kakashi si era visto costretto ad occultare le prove.
Sospirò, posando le bacchette.
“Scuse accettate, per questa volta.”
Naruto guardò il piatto vuoto. Cavolo, mi sono distratto. Dovrò aspettare un’altra occasione, pensò, guardando di sbieco il bavaglio.
Prese poi per mano il baby-sitter, trascinandolo nella sua cameretta.
 
 
Poco dopo, Naruto, indossando l’haori da sennin del padre, che strisciava impietosamente a terra, camminava avanti e indietro di fronte a una fila di pupazzi allineati. Tra questi sedeva anche Kakashi, con indosso la stessa maschera che aveva confezionato per il bambino.
“Un buon ninja deve sempre fare lavoro di squadra. Capito, Nikuman-chan? La prossima volta che lascerai indietro Menma-chan sarò costretto a rimproverarti di nuovo” disse, solenne, al maialino giallo di peluche.
“E poi tu, Kakashi-san. Ti ho già detto che devi avere più fiducia nei tuoi allievi!” lo rimproverò.
“Sì, hokage-sama” rispose il ragazzo, obbediente.
Si aprì la porta della cameretta ed entrò Minato.
“Nacchan, io e la mamma stiamo andando al ristorante. Fai il bravo, mi raccomando.”
Naruto gli corse incontro, si fece prendere in braccio dal papà e lo abbracciò con slancio. “Sì. Ma tu non tornare tardi. Hai promesso di leggermi una storia, stasera” gli ricordò.
Il papà gli scompigliò i capelli e lo mise giù. Kushina si abbassò per dargli un bacio sulla fronte e Naruto glielo tornò con gli interessi, stampandole due baci bavosi sulle guance.
Minato lanciò un’occhiata al baby-sitter. “Non farglielo stropicciare troppo” gli sussurrò, indicando il suo haori. Il ragazzo ridacchiò.
“Ciao, Kakashi. A più tardi” lo salutò poi, prima di andare. Kushina non gli rivolse la parola.
 

Qualche ora più tardi udirono un ritmico bussare alla porta. Kakashi andò ad aprire. Era Obito.
“Yo, Kakashemo” lo salutò.
“Ciao, Obito. Che ci fai qui?” chiese, facendolo entrare.
“Ho incontrato il sensei e mi ha detto che eri qui. Ho pensato di passare a vedere se eri ancora tutto intero” lo prese in giro, ben sapendo quanto odiasse far da baby-sitter.
Kakashi alzò un sopracciglio. Non credeva fosse una visita disinteressata.
L'Uchiha si guardò intorno. “Non riesco ancora ad abituarmi al fatto che il sensei sia diventato Hokage” disse, in tono casuale, per fare conversazione.
Ma Naruto lo sentì e si accigliò. Prese coraggio e ribatté:
“Che cos’hai contro il mio papà? Lui è il ninja più forte del mondo, anche più di te” e gli fece una linguaccia, nascondendosi dietro le gambe del jounin.
Il ragazzo cominciò a ridere. “Oh, non intendevo dire il contrario. Ma io non ero al villaggio quando lui è stato eletto Hokage e non me l’aspettavo” spiegò. “Era anche il mio sogno. Lo è tuttora.”
Naruto lo guardò circospetto ancora per qualche istante, indeciso se fidarsi o meno di quel ragazzo con un occhio solo. Gli aveva sempre ispirato diffidenza. Ma Kakashi sembrava essergli amico.
“Allora dovrai aspettare ancora, perché sarò io a prendere il posto del mio papà, da grande!” si vantò il biondino.
Obito scoppiò a ridere. “Mi piace la tua grinta. Magari poi mi insegni qualcosa” disse, sarcastico.
Ma Naruto lo prese sul serio e annuì. “Forse.”
Era un tipo a posto, decise. Ma quell’occhio sempre chiuso lo incuriosiva.
“Obito-san, perché tieni un occhio sempre chiuso? Non ci vedi bene?” chiese allora.
Kakashi parve imbarazzato. “Naruto…” incominciò, senza trovare le parole.
L’Uchiha mosse la mano come a dire: “lascia stare, faccio io” e rispose:
“E’ un allenamento. Serve a rafforzare il mio lavoro di squadra con Kakashi” spiegò, sorridendo a quest’ultimo. Che sembrava parecchio a disagio sull’argomento.
“Non è giusto che lo abbia io…” commentò infatti, piano.
Obito lo zittì. “E’ stato un regalo e sai come la penso. Non vorrai che gli sforzi di Kagami, Shisui e persino del piccolo Itachi nel difendere la mia scelta contro il clan siano stati vani!”
Il jounin si grattò la testa.
Quattro anni prima, dopo la battaglia contro gli shinobi della Nebbia –nella quale Rin aveva rischiato di morire, non fosse stato per il decisivo quanto insperato soccorso di Obito- l’amico aveva fatto ritorno al villaggio. Com'era prevedibile, quasi tutti gli Uchiha gli avevano fatto pressioni affinché questi riavesse indietro il suo sharingan, orgoglio del clan e suo strumento esclusivo. Ma lui era stato irremovibile.
“Non è questo, ma…” continuò Kakashi. Si interruppe e guardò
Naruto, che non ci stava capendo un’accidenti –aveva inclinato la testa di lato, come era abitudine del padre quando era perplesso- e decise di rimandare quella discussione. Sospirò. “Lasciamo stare, per ora.”
Il moro sorrise, aggiustandosi meglio gli occhialini di plastica. Naruto lo guardò incuriosito.
“Obito-san, me li fai provare?” chiese, indicandoli.
Questi annuì e glieli porse. Il bambino aveva trovato un nuovo diletto. Gli stavano enormi, ma a lui sembravano piacere lo stesso.
“Ne voglio un paio anch’io” decise. “Li metterò al posto del coprifronte ninja fin quando non mi diplomerò in accademia.”
Kakashi si rivolse al migliore amico: “Insomma, adesso mi spieghi perché sei piombato qui? So che hai in mente qualcosa.”
Obito arrossì. “Ecco… Beh… Mi serve un consiglio.”
Il ragazzo imbavagliato rimase ad aspettare il resto. Ma l’altro pareva non volersi decidere a parlare.
“Ecco… Dopodomani è il compleanno di Rin” cominciò. Si grattò la nuca, imbarazzato. “Non so proprio cosa regalarle. Vorrei che si accorgesse di me” confessò, tormentandosi le mani, senza osare guardare l’amico negli occhi. Sapeva benissimo che lei amava Kakashi. Ma sapeva anche che a lui lei era indifferente. E poi, non aveva nessun'altro con cui confidarsi.
Il baby-sitter spalancò gli occhi. Non se l'aspettava proprio.
"Beh... hai pensato ad un mazzo di fiori?" chiese, impacciato. Le questioni amorose non erano proprio il suo forte. Se Obito si stava rivolgendo a lui, doveva essere proprio disperato. Ma l'espediente floreale era sempre apprezzato, lo sapevano tutti. Nei libri, almeno, funzionava sempre. Poi pensò alla triste sorte delle rose che il sensei aveva regalato alla moglie. "Ripensandoci, forse non è una buona idea..."
L'Uchiha lo guardò interrogativo.  Kakashi stava spremendosi le meningi alla ricerca di qualcosa che potesse aiutare il compagno di squadra, ma tutto ciò cui riuscì a pensare furono solo stratagemmi ispirati a Paradiso della pomiciata. Certo non l'ideale per la situazione dell'amico.
"Il papà da sempre un bacio sulla bocca alla mamma per il suo compleanno" si intromise nella discussione il bambino, che si sentiva tagliato fuori, arricciando il nasino.
Kakashi e Obito sollevarono le sopracciglia nel medesimo istante, colpiti da tanta innocente saggezza.
"Naruto ha ragione. Dovresti confessarle quello che provi" commentò il jounin, incassando lo smacco per essere stato superato in strategia da un marmocchio di 4 anni.
Obito non era troppo convinto. "E' facile, a parole. E se mi rifiuta? E' quasi certo che lo farà. E io che sto pure qui a confidarmi col mio rivale!" esclamò, abbattuto.
"Codardo!" lo apostrofò il bambino. "E tu vorresti fare l'Hokage?" gli fece una pernacchia.
Il moro si accigliò e si rimise la mascherina. Si meritava quell'insulto.
"Ok, sfida accettata, tappo" disse, con espressione convinta, guardando Naruto. Questi sorrise e gli strinse la mano. Quel giorno era nata una nuova amicizia.

 
"Obito nii-san, la prossima volta che vieni a trovarmi porta la fidanzatina!" trillò, agitando la manina in segno di saluto verso il ragazzo che stava andandosene via. "Kakashi-nii non mi vuole far conoscere la sua."
Obito rise. "Non ce l'ha. Non è mica bello come noi, non credi?"
"Non saprei. Non ho mai visto sotto al bavaglio" rispose.
"Meglio così" gli assicurò l'Uchiha, serafico, sollevando la mano per salutare a sua volta. "Notte, Nacchan. Ciao, Kakashemo."
Naruto squadrò con severità il baby-sitter. "Perché a lui hai lasciato vedere la tua faccia e a me no?" piagnucolò. Kakashi si coprì il volto con il palmo.
Questa me la paghi, pensò.
Obito si allontanò sulla strada illuminata dai lampioni malfunzionanti, continuando a ridere. Le lacrime sotto la mascherina, per una volta, non erano di paura.





Angolo dell'autrice: Ed eccomi qui a scrivere nuovamente di questi due, invece di studiare per i test d'ammissione universitari, lol.
Questa storia fa riferimento alla precedente fiction "Di scomode comodità", da cui il "vestiti scomparsi" del titolo. Passate anche là, se vi va.
Ringrazio  thera anche stavolta. Se non mi avesse incoraggiata lei, probabilmente non avreste mai letto questo seguito. E sarebbe stato meglio.
Chiedo venia se l'inserimento di Obito può risultare forzato, in effetti un po' lo è, ma la tentazione di inserire anche lui in questa shot era troppo forte. Spero che i personaggi non siano troppo ooc. 
Ringrazio chiunque abbia il coraggio di leggere ed eventualmente di recensire. 
  
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