Juliet non
avrebbe mai permesso che la sua bambina indossasse quel vestitino bianco, trionfo
di pizzi e merletti. Le piccole e aggraziate manine coperte da guanti dello
stesso tessuto dell’abito che quasi la fa rassomigliare ad una sposa, ad una
piccola bambola di porcellana dalla pelle troppo chiara. La nonna con cura
curava gli ultimi dettagli, una coroncina di rotelline candide tra i capelli
della piccola Marie che tranquilla lasciava che l’agghindassero a festa. Le
scarpette lucide davano segno d’esser nuove, mai indossate prima di quell’importante
occasione, i capelli biondi sfioravano boccolosi il volto tondo ma non paffuto
della creaturina, d’un paio d’anni d’età. Le labbra sottili e rosate non s’incurvavano
in alcun modo, lasciando ai tratti delicati un’espressione neutrale, quasi
annoiata. La sua mamma non avrebbe voluto che le gambine fossero fasciate da
quelle calze bianche, ricamate con fiorellini appena intravedibili. Eppure è
bella anche così, la piccola Marie. Una donna ancor giovane la nonna, il viso
segnato da rughe non marcate dal tempo, ma da un’evidente stanchezza, gli occhi
celesti paiono gonfi anche se ormai nessuna lacrima le sfiora più le guance
sbiadite, fasciata nel suo vestito nero e semplice accoglie tra le braccia la
nipotina, cullandola con dolcezza dopo averla stretta al petto. Una dolce e
leggera nenia si solleva nell’aria, la ninna nanna scritta tempo addietro per Marie
dalla sua mamma. Ogni cosa pare cessare, ogni rumore tace come se indugiasse
innanzi la malinconica melodia tanto piena d’amore. Ancora un occhiata a quell’angioletto
biondo prima d’adagiarlo nel suo letto di legno, circondata da cuscini del
colore dei suoi abitini. Senza neppure più la forza di piangere la sua nonna
afferra una rosa bianca che è con cura lasciata cadere sul feretro ormai calato
nella terra.
« Addio,
Marie. »
Le ultime
parole, mentre lassù in alto, dietro una nuvola, la piccina osserva tra le braccia della sua mamma.