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Autore: zaynsnote    19/08/2013    13 recensioni
Tutti credevano che fosse una tipa apposto, che non portava problemi, né si ficcava nei casini; nessuno la odiava, nessuno non la sopportava, e nessuno ci teneva a stringere un’amicizia con lei perché poteva sembrare troppo noiosa.
Quello che la gente non sapeva è che Sarah era frizzante come una macchia di colore, come una canzone pop ad alto volume, sprizzava allegria da tutti i pori e adorava l’arte in tutte le sue forme.
Non avendo amiche, spesso, dopo aver finito i suoi compiti scolastici ed aver aiutato sua madre con qualche faccenda di casa, usciva e si dirigeva al parco -fonte di ispirazione per i suoi disegni- e portava con sé la sua Nikon tratta così con cura che pareva nuova, nonostante avesse la sua età.
Adorava fotografare gli alberi, le sfumature di rosso che comparivano in cielo verso il tramonto, gli scoiattoli che sfuggivano all’obbiettivo rendendo la fotografia ancora più viva, e lui.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarah era una ragazza molto timida, introversa e, all’apparenza, tranquilla.
Adorava indossare camicie –soprattutto quelle a quadri- e jeans semplici, proprio come lei.
A scuola se la cavava, prendeva sempre la sufficienza in qualsiasi materia, quelle che le venivano più facili n' erano parecchi, come inglese, storia o arte, quella con cui, invece, faceva più fatica, era matematica; ma nonostante ciò i suoi genitori potevano ritenersi fortunati.
Di amici non ne aveva molti, frequentava giusto qualche ragazza a scuola, ma non era riuscita a legare con qualcuna in particolare, a causa della sua poca autostima e della fobia di fallire e sembrare ridicola.
Tutti credevano che fosse una tipa apposto, che non portava problemi, né si ficcava nei casini; nessuno la odiava, nessuno non la sopportava, e nessuno ci teneva a stringere un’amicizia con lei perché poteva sembrare troppo noiosa.
Quello che la gente non sapeva è che Sarah era frizzante come una macchia di colore, come una canzone pop ad alto volume, sprizzava allegria da tutti i pori e adorava l’arte in tutte le sue forme.
Non avendo amiche, spesso, dopo aver finito i suoi compiti scolastici ed aver aiutato sua madre con qualche faccenda di casa, usciva e si dirigeva al parco -fonte di ispirazione per i suoi disegni- e portava con sé la sua Nikon trattata così con cura che pareva nuova, nonostante avesse la sua età.
Adorava fotografare gli alberi, le sfumature di rosso che comparivano in cielo verso il tramonto, gli scoiattoli che sfuggivano all’obbiettivo rendendo la fotografia ancora più viva, e lui.
Lui era un ragazzo che, anch’egli come Sarah, si rifugiava spesso al parco, lontano da tutto e tutti, alla ricerca di un po’ di tranquillità, così da smistare i suoi pensieri e far respirare ai suoi polmoni un po’ d’aria fresca e pulita.
Egli non sapeva che c’era una ragazza che fotografava ogni sua azione, ogni suo gesto, ogni piccola espressione, giusto per ritrarre il tutto su un foglio bianco. Non sapeva di essere una delle tante ragioni per cui Sarah, quasi ogni pomeriggio, era lì, in quel parco.
Sarah era affascinata da quella sua aria da menefreghista, dal modo in cui sistemava la sigaretta tra l’indice e il medio per portarla alle labbra, dall’alzarsi dalla panchina solo quando l’ultima nuvoletta di fumo era uscita dalla sua bocca, per poi ritornare a casa nel buio della sera.
 

~

Anche quel pomeriggio d’autunno, nonostante l’aria fosse fin troppo fresca, Sarah uscì di casa con la sua macchina fotografica pronta a rubare ogni attimo di quella bellissima giornata.
La luce del sole era tenue, illuminava a stento le strade della città, rendendo l’atmosfera romantica.
Sarah si strinse nel suo cappotto scuro, lungo fino alle ginocchia e inspirò l’aria nei polmoni, che le diede la calma; il giorno dopo avrebbe avuto un’interrogazione in filosofia e sentiva che se anche avesse continuato a studiare per tutta la sera, l’argomento non le sarebbe entrato bene in testa, in quel momento aveva solo bisogno di un po’ di tranquillità.
Quel giorno aveva portato con sé una piccola borsa con una sola tasca, che conteneva il suo blocco da disegno in cui erano colorati tutti i momenti che Sarah aveva immortalato in una fotografia.
Quando lo faceva, si sentiva come la regina del mondo, come se riuscisse a bloccare il tempo in un secondo vivendolo e rivivendolo ogni volta che avrebbe voluto, in qualsiasi luogo, a qualsiasi orario.
Anche quel giorno il ragazzo era seduto al solito posto, ma con lui c’era una bambina che ciangottava e correva ovunque cercando di convincere il più grande a farle compagnia nella sua esplorazione tra gli alberi del parco, ma egli preferiva restare seduto e guardarla giocare, troppo pigro o troppo stanco per potersi alzare e dare ascolto alla piccola.
 
«Dai Zayn, c’è un uccello bellissimo, vieni a vederlo con me!» Implorò la bambina, chiamando per nome il ragazzo; finalmente Sarah sapeva come si chiamava quel misterioso moro che vedeva in quel luogo già da molto tempo.
Non aveva mai avuto il coraggio di avvicinarsi e attaccare bottone, forse per timida o semplicemente si sentiva in soggezione sotto lo sguardo tenebroso e magnetico del ragazzo.
Non aveva mai pensato a qualche scusa che potesse aiutarla ad avvicinarsi, le bastava ammirarlo da lontano e riassaporare con lo sguardo i suoi lineamenti, quando si ritrovava nella sua stanza a ritrarlo.
Chissà cosa avrebbe pensato se avesse saputo di essere il soggetto dei disegni di Sarah?
La bambina continuava a tirarlo per la manica chiedendogli di giocare con lui, poteva benissimo essere sua figlia, ma sembrava troppo giovane per essere padre e troppo serio per commettere un tale errore alla sua età.
Non che in bambini fossero un errore, ma Sarah aveva sempre creduto che bisognasse aspettare una certa età per avere un bambino, forse lo pensava perché sua madre era rimasta incinta a diciannove anni per la prima volta, e all’epoca era troppo giovane per crescere una bambina e troppo inesperta.
«Scusa piccola, ma oggi sono troppo stanco, che ne dici di giocare qui?» Chiese comprensivo il ragazzo, passando una mano tra i capelli della più piccola.
Era inconcepibile il modo in cui il suo sguardo si era trasformato da duro a dolce, sembrava ci tenesse parecchio a quella bambina, forse era davvero sua figlia.
«Se vuoi… posso accompagnarti io» Disse Sarah, esitando all’inizio della frase, ma acquisendo sicurezza verso la fine; le dispiaceva frenare la creatività della bambina e la sua passione per la natura, sarebbe stato davvero un peccato.
Questa le sorrise raggiante facendo luccicare i suoi occhi chiari in netto contrasto con il colore della sua pelle, leggermente ambrata.
Zayn, il ragazzo, spostò lo sguardo dalla più piccola alla ragazza che aveva appena parlato, guardandola sorpreso e allo stesso tempo perplesso; credeva di non aver mai visto la mora da quelle parti, ma dal suo accento si capiva benissimo che non era straniera, così dedusse che, molto probabilmente, non frequentasse il parco assiduamente come lui o, semplicemente, non l’aveva mai notata, troppo assorto nella tranquillità di quel piccolo angolo di paradiso.
«Davvero verresti con me?» Chiese la bambina, quasi incredula di aver finalmente trovato una nuova compagna d’avventure.
Sarah annuì e la prese per mano, lasciandosi guidare nel posto in cui si trovava quel famoso uccello di cui parlava, sotto lo sguardo curioso di Zayn che, una volta allontanate, rivolse un sorriso alle ragazze. Non capì perché lo fece, fu un gesto automatico.
«Come ti chiami?» Chiese Sarah alla piccola che faceva ondeggiare le loro mani intrecciate, camminando frettolosamente in modo da riuscire a far vedere l’uccello alla mora.
«Safaa» Pronunciò con la sua flebile, ma allo stesso tempo, squillante voce.
I suoi occhi azzurri si spostarono sul viso della ragazza e non potettero non notare quanto questa fosse bella con i boccoli scuri che le ricadevano sulle spalle coperte da un cappotto.
Anche i suoi occhi erano bellissimi, nonostante fossero cupi a causa del cielo che iniziava a scurirsi, segno che la sera si stesse appoggiando sul paese portando con sé la calma e un leggero venticello.
«Tu come ti chiami?» Chiese poi, quasi arrivata a destinazione.
«Sarah» Questa le rivolse un sorriso tenero e spostò lo sguardo davanti la stradina in pietra, scrutando un pennuto dal piumaggio grigio con sfumature nere e un becco color oro; possente, ma allo stesso tempo delicato e bello come una ballerina di danza classica.
Prima che scappasse, decise di fargli una foto che avrebbe assolutamente attaccato nell’album che teneva nascosto nella scrivania di camera sua, aggiungendola alla miriade di scatti che aveva già incollato in precedenza, tra questi numerose piante dai nomi strani, fiori, o semplicemente il cielo nella varie fasi della giornata
«E’ tuo padre quel ragazzo?» Chiese Sarah, utilizzando Safaa come fonte d’informazioni sicura quanto l’FBI; i bambini potevano essere così innocenti da svelare tutti i problemi di famiglia al primo che passava, senza insospettirsi.
La piccola rise chiudendo gli occhi e facendo comparire delle rughe d’espressione alle loro estremità, rendendo il visino ancora più dolce e simpatico.
«No, è mio fratello. Sembra così vecchio?»
Ma Safaa era diversa dagli altri; parlare con lei era parlare come una donna matura, l’unica differenza era che la prima era davvero sincera e schietta, al contrario delle vecchie zitelle più false dei prodotti venduti nei mercati.
«Nono, scusa» Ridacchiò Sarah «mi sono sbagliata io».
Sarah si sentì sollevata, le fece piacere sapere che Safaa era solo la sorellina più piccola, ma non capì perché, forse per la bambina o perché… No, proprio non riusciva a capirlo.
Dopo ciò, le due decisero di fare ritorno da Zayn, il quale se ne stava ancora seduto sulla panchina pensando a quanto era stato incosciente e lasciar andare sua sorella con una sconosciuta, solo perché era troppo stanco, eppure sentiva di potersi fidare della ragazza, anche se non sapeva nulla di lei, nemmeno il suo nome. Le ispirava sicurezza, il modo in cui si era rivolta a Safaa gli fece capire che non era una malintenzionata; inoltre sembrava anche più piccola di qualche anno di lui.
Sentì le foglie cadute dai maestosi alberi scricchiolare e scorse due testoline more: Safaa e la ragazza.
Si sentì in dovere di scusarsi per l’impertinenza della sorella, per averla lasciata andare con lei, quando questa avrebbe potuto aver da fare o andare di fretta, ma decise di ringraziarla semplicemente.
«Eccoci tornate!» Esclamò Sarah, rivolta a Safaa, troppo timida per rivolgere la parola a Zayn.
La bambina corse tra le braccia del fratello e iniziò a parlargli della sua scoperta, senza accorgersi che questi non l’ascoltava minimamente, troppo impegnato a contemplare la bellezza della ragazza, di cui ancora non conosceva nulla.
«Beh, grazie…» Lasciò la frase in sospeso aspettando che Sarah pronunciasse il suo nome.
«Sarah… e di nulla, è stato un piacere, tua sorella è davvero adorabile». Disse osservando la piccola, che ora stava ammirando un fiore dai petali rosso fuoco.
«Sa essere una vera peste certe volte» Scherzò lui, beccandosi uno scappellotto da parte di Safaa, che lo guardò in cagnesco.
«Non ne dubito» Disse a bassa voce, facendo in modo che solo Zayn potesse sentirla.
Quest’ultimo rise facendo incantare Sarah, ammaliata dalla sua bellezza, dal modo in cui muoveva le labbra per parlare e dai suoi occhi di un colore indefinito, misto tra il marrone scuro e l’oro, con qualche filamento verde. Una bellezza unica, naturale.
«Beh, ora devo tornare a casa, è stato un piacere…» Imitò lo stesso gesto di Zayn, aspettando che questi gli dicesse il suo nome, anche se già lo conosceva, giusto per sentirlo parlare ancora un po’.
«Zayn… È stato un piacere conoscerti, magari ci rincontriamo qui qualche altra volta.» Le sorrise e Sarah si sentì avvampare, sperando che il ragazzo non se ne accorgesse.
Prima di salutarlo con un sorriso ed un cenno della mano, abbracciò la piccola, poi s’incamminò verso casa, felice di aver conosciuto finalmente il ragazzo misterioso.
 
 

 
 
  
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