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Autore: Blooming    19/08/2013    2 recensioni
Joe è il tipico ragazzo sfigato, gioca a giochi online e si chiude spesso in casa, a scuola è preso di mira dai bulli, lui è il più semplice obbiettivo su cui si concentrano. A suo favore si schiera Scott, il nuovo arrivato, lui è bello, ha un fisico da urlo e le ragazzine lo guardano ridacchiando in corridoio. I due fanno amicizia e cominciano a dipendere l'uno dall'altro come veri e propri amici. Parte importante della vita dei due è la madre single e trentenne di Scott che si tira dietro gli sguardi d'odio delle altre madri e gli sguardi 'eccitati' dei ragazzi.
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non capisco perché fa così male. Non è la prima volta che vengo pestato ma questa volta è così… così frustrante.
Forse perché è la prima volta che vengo picchiato da quelli del football e non solo dai bulli che mi infilano la testa nel cesso tutte le volte che incrocio il loro sguardo.
Esco dallo spogliatoio a testa bassa, non voglio essere pestato di nuovo. Non due volte in un giorno almeno.
Cammino per il corridoio andando verso il mio armadietto, il 113, combinazione 1,2,6,9,1. Il lucchetto fa ‘click’ e aprendolo mi aspetto di trovare qualche sorpresa come, rane, topi, centopiedi, qualcosa che puzzava. Stranamente questa volta non c’era niente. Ne sono gradevolmente felice.
Tiro fuori il libro di chimica per la prossima lezione e subito sento un corpo stanco schiantarsi contro l’armadietto accanto al mio e cominciare a raccontare di quanto quelle tre ore di scuola l’avessero sconvolto. Sbuffo, chiudo con uno scatto l’armadietto e mi volto verso quell’arruffata chioma di capelli biondi, una cascata d’oro sulle spalle larghe da nuotatore
“Scott…” lo guardo appoggiandomi al mio armadietto tenendomi stretto il libro “Non puoi voler morire per tre ore di scuola!”
Mi tira un pugno delicato contro il braccio, mugugno. Non che sia stato Scott a farmi male, anche perchè non lo faceva mai con intenzione di farmi male, ma mi avevano già picchiato in precedenza in quel punto e anche il minimo contatto faceva male
“Joe…” si volta e mi punta i suoi penetranti occhi azzurri, abbasso lo sguardo per non fargli notare i lividi sulla faccia, mi fa girare e mi guarda un secondo “Ma ti hanno picchiato ancora!” si volta e mi sovrasta con la sua altezza “Chi è stato?”
Non ho intenzione di spifferare tutto a Scott. Perché poi lui sarebbe andato a “parlare” con quei ragazzi, avrebbero fatto a botte e sarebbe nato un nuovo casino. Un brutto casino. È già successo prima e non voglio che finisca nei guai per colpa mia.
Cerco di andarmene ma lui mi segue battendo un pugno contro il suo armadietto
“Joe! Non cercare di andartene!” aumento il passo con la speranza di seminarlo ma lui mi supera e mi blocca
“Senti armadio a quattro ante!” alzo lo sguardo e lo guardo dritto negli occhi “Non metterti ancora nei casini per colpa mia…” me ne vado di nuovo, la campanella è suonata ormai da minuti “Non ci sarai per sempre a proteggermi.” Lui mi corre dietro
“No. Hai ragione testa di rapa. Non ci sarò per sempre ma per il momento posso farlo.” Ride e mi apre la porta dell’aula di chimica e mi fa passare
Il professore ci lancia un occhiataccia
“Ancora in ritardo… da quando vi conosco voi due non siete mai arrivati puntuali, sia la lezione alla prima ora o all’ultima. Se poi è quella in mezzo sia lode a dio se vi si vede.” Sorrido nervoso e annuisco a me stesso
Scott ride e passa dietro le spalle dell’insegnate
“Si rilassi. Se non ci siamo non ha il terrore di saltare in aria.” Ribatte, facendo finta di suonare una batteria invisibile; poi girando su se stesso si siede al posto vicino al mio e mi da una leggera spallata.
Non so perché mi sia amico, forse perché lo eravamo dal primo anno del liceo. Mi ricordo ancora il primo giorno, in cui ero già stato preso di mira da quelli più grandi.


Ero il solito sfigatello del primo anno. Brufoli, occhiali, di media statura e gracilino. Indossavo una camicia di flanella verde e grigia, i capelli rossicci mi cadevano sugli occhi. Camminavo senza una meta nel portico fuori da scuola con i libri in mano. Era il primo giorno di liceo e non sapevo dove andare né perché andarci.
Per sbaglio passai accanto a un gruppo del quarto anno che cominciarono a prendermi di mira, per tutte le ore e i giorni a seguire.
All’ultima ora di una settimana di Ottobre, messe via le mie cose, venni accerchiato da quelli, aprirono l’armadietto e buttarono fuori tutte le cose, libri e i primi appunti sparsi ovunque. Mi presero gli occhiali e li lanciarono a terra, mi bloccarono contro il muro e chiusi gli occhi aspettandomi un pugno che non arrivò
“Hey!” sentii una voce “Cosa state facendo?” aprii un occhio e lo vidi arrivare
Veniva dal bagno, aveva già i capelli lunghi e una buona massa muscolare, mi sorrise
“Cosa vuoi?” gli disse uno di quelli
“Cosa volete voi, piuttosto.” Si frappose tra me e loro “State dando fastidio al mio amico…”
Risero
“Il tuo amico?” risero di nuovo, io guardavo la scena aspettandomi la peggio rissa “Cosa siete, gay?”
Il biondo davanti a me rise sarcastico
“La tua ragazza potrà confermarti che non lo sono.” Era più alto di loro anche se era del primo anno “Ora andatevene.”
Come ogni bravo bullo, se ne andarono al primo vero e proprio scontro, con la coda tra le gambe
“Tanto ti ribecchiamo sfigato.” Urlarono
Il ragazzone biondo si voltò verso di me e sorrise
“Ti prego non in faccia.” Lo pregai pronto a proteggermi
Sentii la sua risata profonda, rideva di gusto
“Scemo.” Si piegò a prendere i libri caduti a terra “Tieni, sono i tuoi.” Me li porse poi si guardò in giro, forse alla ricerca di quei bulletti “Sai, dovresti stare più attento. Ti avrebbero massacrato se non fossi arrivato io.”
Annuii
“Già…” rimisi le cose al loro posto e chiusi, rendendomi conto che avevo una possibilità di avere un amico
Mi voltai verso quel ragazzo con la testa infilata dentro al suo armadietto accanto al mio
“Io sono Joe O’Brian…” allungai la mano, tirò la testa fuori e mi sorrise
Afferrò la mia mano e la stritolò
“Scott. Scott William. Piacere.” Prese delle cose e cominciò ad allontanarsi, rimasi a guardarlo, si voltò e mi sorrise “Beh! Che fai lì?! Non vieni?” annuii e lo raggiunsi
“Di che anno sei?” gli chiesi
“Del primo ma sembra che sia più grande… ho solo quindici anni per dio! Tutti mi scambiano per uno dell’ultimo. Ma in realtà è il mio fisico che inganna: faccio solo tanto nuoto e pallanuoto. Sono nella squadra della scuola…” lo guardavo sconcertato, indossava una maglietta rossa e un paio di jeans logori
“Si…” balbettai “anche io sono del primo, ma si era capito.” Sorrisi imbarazzato
“Beh, solo un po’…” mi guardò “Joe…” mi fissò senza concludere la frase
Camminavamo per strada e cominciammo a parlare del più e del meno. Scoprimmo di frequentare gli stessi corsi. Mi sembrò strano non averlo mai notato prima
“Come mai non ti ho mai visto prima a scuola?” tenevo la mia cartella beige stretta “Cioè, sei mio vicino di armadietto, frequenti le mie stesse lezioni… dovrei averti visto almeno un paio di volte.”
Scott rise, rideva sempre, rideva con gli occhi
“Mi sono trasferito dall’Oklahoma una settimana fa, la prima settimana in cui avrei dovuto frequentare in realtà l’ho passata in segreteria a firmare moduli e a registrarmi per non so cosa, parlare con il preside e con la psicologa per qualcosa come –Come ti senti a esserti trasferito e ad aver perso tutti i tuoi amici- Ecco perché non mi hai visto.” Guardò il sole e poi la strada “Ma dove stiamo andando?” si fermò di colpo “Mi sono perso.” Si passò le dita tra i capelli “Maledetta città. La odio. Mi perdo sempre.” Questa volta risi io
“Dove abiti? Che ti accompagno.” Mi diede una paccata sulla spalla
“Grazie amico!” mi disse la via e lo accompagnai davanti a casa scoprendo che abitava a un isolato da me
Era una bella villetta, su due piani, bianca con le imposte verdi e il tetto verde scuro, un piccolo portico con una sdraio a dondolo di legno. Piano inferiore: cucina, sala da pranzo, salotto, bagno per gli ospiti. Piano superiore: tre camere da letto, tre bagni.
“Ah! Eccola qui! Sì, è proprio lei.” Mi diede un’altra paccata sulla spalla facendomi mancare il respiro “Bene Joe.” Continuava a ripetere il mio nome “Vuoi entrare?” rifiutai gentilmente, lui entrò in casa per poi comparire mettendo la testa fuori dalla porta mentre già ero sul vialetto per tornare a casa mia “Hey Joe!” urlò, mi voltai “Comunque, guarda che non sono gay!” sgranai gli occhi e risi
“Mi fa piacere saperlo!” urlai per risposta “Neanche io Scott!”


E ora quel buffo ragazzo è diventato il mio migliore amico, stiamo sempre insieme. Vado a vedere le sue partite di pallanuoto o le gare di nuoto sembrando terribilmente gay ma so che a lui fa piacere e a me non dispiace fare quest’enorme sacrificio.
Lui mi è amico, non so per quale motivo, forse perché… a dir la verità non ho nessun’idea sul perché mi sia amico.
Passammo l’ora di chimica a ridere e a fare battute sceme. Quella era lezione teorica, quando c’è da sperimentare preferisco che Scott mi stia lontano e in realtà lo preferiscono tutti. Ad esempio una volta aveva creato una sorta di schiuma puzzolente e ci vollero settimane per far sparire l’odore. Ricordavamo quel momento con piacere, anche perché Scott aveva messo un po’ di quella cosa puzzolente nella sacca con il cambio dei bulli che mi infastidivano. Ovviamente scoppiò una delle peggio risse.
Ma Scott è così, lui ride. Ride sempre. Qualsiasi cosa succede, lui ride. 





Angolo autrice
Ciao a tutti, questa è la mia seconda storia original. Spero che come prologo vi abbia interessato e che quindi siati spinti a leggere i prossimi capitoli che cercherò di pubblicare di settimana in settimana
Un grazie speciale va a BananaHero, la mia migliore amica, che ha letto in anteprima il prologo (e pezzi di altri capitoli) correggendoli, dandomi consigli fondamentali e dandomi la forza di scrivere
Un bacio e fatemi sapere se vi piace la mia storia :)
   
 
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