Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: I Fiori del Male    20/08/2013    4 recensioni
Una piccola One shot, scritta da una persona che ha letto solo il primo libro ( e si augura di leggere il secondo prima dell'uscita del film). Proverò a stupirvi, anche con quel poco che so.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PER AMORE DI LEI

 
 
“Ho già deciso cosa voglio fare, Haymitch. D’altronde non ho scelta, non potrei mai fare diversamente, e ti assicuro che di congetture ne ho fatte parecchie, perciò è inutile che tu stia qui a dirmi quale dovrebbe essere la mia strategia per sopravvivere agli Hunger Games ... io farò di tutto per tenerla in vita, ucciderò chi le si parerà davanti, e farò in modo che lei non sappia fino all’ultimo che sono io a salvarle la vita ogni volta. Faremo squadra senza che lei se ne renda conto. Se tutto andrà bene, alla fine rimarremo solo io e lei e ...”
 
Dalla postazione in cui si trovavano, Haymitch ed Effie avevano seguito i loro tributi per tutta la durata degli Hunger Games, assicurandosi di volta in volta che gli sponsor cacciassero soldi ogni volta che era necessario, spedendo loro ogni genere di aiuto. Quello era l’ultimo giorno. Doveva esserlo, gli strateghi non avrebbero fatto durare i giochi più a lungo di così, il pubblico di Capitol City era impaziente.

Lui, che era stato un tributo, sapeva come andavano certe cose, e le prendeva sul serio, anche se, a guardarlo tracannare whiskey dalla mattina alla sera, finendo inevitabilmente per perdere il senno, nessuno gli avrebbe dato credito. Anche Effie, all’inizio, era stata scettica, dimostrandosi oltremodo disgustata dal suo modo di fare, dal suo vizio del bere, dai suoi capelli biondi lunghi e dalla barba perennemente sfatta.

Eppure in quel momento, in quella saletta raccolta, Effie aveva cercato la sua mano, quando sullo schermo, come prima immagine di quel giorno, era apparso il volto sporco e stanco di Peeta Mellark, perché anche lei, come lui, ricordava ciò che Peeta aveva detto, il giorno in cui si erano ritrovati a discutere delle strategie di sopravvivenza. Alla fine, aveva voluto seguire uno solo dei loro consigli, e si era assicurato che anche lei ne venisse a conoscenza: non buttarsi nella mischia iniziale attorno alla cornucopia e pensare, piuttosto, a cercare una fonte d’acqua. Per il resto, aveva fatto tutto a modo suo, seguendo ciò che l’istinto gli bisbigliava nelle orecchie.

Haymitch non gliel’aveva mai detto, in quei tre giorni passati insieme, ma Peeta era un genio, e quello che stava facendo rappresentava la più assoluta delle ribellioni al sistema di Panem. In più, visti i suoi piani, non rischiava assolutamente nulla.

Ad un tratto Effie trattenne il respiro e lo sguardo di Haymitch si incollò istintivamente allo schermo, mentre l’ennesimo bicchiere di Whiskey veniva abbandonato su un tavolino li affianco. Separati da metri e metri di prato verde brillante, intenti a fissarsi senza parlare, c’erano Peeta e Primrose.

Haymitch non poté fare a meno di meravigliarsi, come faceva ogni volta che la vedeva. Quella bambina bionda con gli occhi azzurri, in mezzo alle morti, al sangue, alle atrocità di quel gioco crudele e perverso, era rimasta pura come acqua di sorgente. Le trecce bionde brillavano al sole come se anche in quel posto assurdo avesse mantenuto l’abitudine di lavarsi i capelli ogni giorno, e gli occhi scrutavano Peeta con una chiarezza tale da far abbassare lo sguardo anche al più coraggioso degli uomini, se questi avesse avuto qualcosa da nascondere.

“Ciao, Peeta.” Disse lei, tranquilla. La piccola, dolce e fragile Prim, vivendo l’incubo di quel gioco, una cosa l’aveva imparata: se si doveva morire, era meglio, anzi necessario farlo con forza e dignità.

“ciao, Prim ...” rispose lui, sorridendo. Si vide bene, come quel sorriso colpì la ragazzina che sapeva leggere nell’animo altrui, perché lei sapeva che era un sorriso vero, sincero, ma non capiva da dove gli venisse,  non ora che avrebbe dovuto ucciderla.

Poi la sorpresa si affacciò sul volto della bambina, quando comprese.

“allora eri tu! Sei stato tu a ucciderli, tutti, quando mi trovavano ...”

Lui sorrise ancora. “si, sono stato io.”

Lei continuò a fissarlo in silenzio, ma la sua domanda era ben impressa sul suo volto, e Peeta non poté non rispondere.

“Come potrei mai uccidere la sorellina della ragazza che amo, o lasciare che venga uccisa?”

“Ma adesso, uno di noi dovrà uccidere l’altro.” Constatò lei, semplicemente, senza riuscire a dissimulare il brivido che le aveva percorso la schiena.

“ neppure lascerei mai che ti macchiassi del sangue di qualcun altro.” Disse lui, sorridendo ancora. Poi si cavò di tasca delle bacche nere, e Primrose ebbe appena il tempo di capire cosa fossero e quale fosse il  loro effetto, prima che il suono del cannone rimbombasse nell’aria, ad annunciare la morte di Peeta e la fine dei settantaquattresimi Hunger Games.


*angolo autore* 

Questa è una piccola, piccolissima One Shot, ed è la prima volta che scrivo qualcosa su Hunger Games, perciò capirei se non fosse di vostro gradimento, ma ho cercato di fare del mio meglio, usando quel poco che conosco dell'intera storia, e spero che vi sia piaciuto. Fatemi sapere :)

Una rosa di Versailles
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: I Fiori del Male