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Autore: Kokato    25/02/2008    7 recensioni
"Ma io lo so qual è il mio problema. Non ci vuole poi chissà cosa.
E so anche che non è così che lo risolverò.
Non perché sono io a chiederlo, certamente.
Non perché ammetterò di avere un problema, che in ogni caso non è neanche così importante.
Non finché Orochimaru continuerà ad inseguirmi elemosinando le coccole la mattina appena sveglio e Kabuto non la smetterà di guardarmi come se gli stessi rubando il ruolo d’allegra concubina ingrata.
Non finché il mondo non capirà che a me non interessa, che non mi tocca.
Naruto Uzumaki può liberamente stare nella mia testa.
Non m’importa… assolutamente.
Non m’importa.
Non me ne potrebbe importare di meno."
SASUNARU
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: A mente aperta

Titolo: A mente aperta.
Autore:
Lady Kokatorimon
Personaggi&Pairings:
Uchiha, Naruto Uzumaki (SasuNaru), nuovo personaggio (più o menoXD)
Rating:
Verde.
Genere&Avvertimenti:
Shounen ai, one shot, Romantico, Commedia, Introspettivo.
Introduzione su EFP:
"Ma io lo so qual è il mio problema. Non ci vuole poi chissà cosa.
E so anche che non è così che lo risolverò.
Non perché sono io a chiederlo, certamente.
Non perché ammetterò di avere un problema, che in ogni caso non è neanche così importante.
Non finché Orochimaru continuerà ad inseguirmi elemosinando le coccole la mattina appena sveglio e Kabuto non la smetterà di guardarmi come se gli stessi rubando il ruolo d’allegra concubina ingrata.
Non finché il mondo non capirà che a me non interessa, che non mi tocca.
Naruto Uzumaki può liberamente stare nella mia testa.
Non m’importa… assolutamente.
Non m’importa.
Non me ne potrebbe importare di meno."
SASUNARU
Link alla storia pubblicata: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=208880&i=1
Link alla pagina autore: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=10621
NdA (facoltativo):
Avevo già mandato questa fic ad un concorso, ma per un mio errore ero stata squalificata. Sono pertanto lieta di poterla presentare a questo venerabile contest, è un po’ come il ripresentarsi di un’occasione persa! E persa stupidamente, aggiungo.

 

 

 

Non so perché l’ho fatto.

È una risposta abbastanza tipica di me, direi, ma stavolta sono abbastanza certo di non saperlo.

Non lo so, punto. Posso tornare ad affogare le mie nevrosi in un mare infinito di tagliolini e carotine?

A quanto pare no.

D’accordo, ma dire che Naruto Uzumaki va avanti seguendo delle motivazioni logiche, è come dire, né più né meno, che Jiraiya è gay o che Tsunade ha le tette piccole. Insomma, non scherziamo. Sarebbe del tutto al di fuori di ogni mia idea di me stesso.

Non lo so. Posso tornare alla mia esistenza prima che arrivi a strozzarmi nelle mie stesse viscere?

Andiamo! Io non ho mai saputo il perché di quello che faccio. Non ho neanche idea del perché sto al mondo!

Kami*.. troppo complicato.

Potrei non venirne mai a capo, e brancolare nel vuoto della sua assenza come un idiota fino alla fine dei miei giorni, dice.

(Sempre ammesso che le cose non vadano come dico io, e su questo mi lascio un sano beneficio del dubbio)

Niente di tutto questo mi aiuterà. Il lettino è scomodo, la tizia una psicopatica, e non ho neanche fatto colazione.

Come pretende che possa aprire la mente quando il mio stomaco sta annegando nei suoi stessi acidi?

D’accordo.. apriamo la mente.. un kunai dovrebbe andare bene? O forse è meglio piantarmi un shuriken in fronte e grattare bene?

E il lettino diventa sempre più scomodo, la tizia ha uno sguardo ancora più allucinato di quando l’ho guardata l’ultima volta –mezzo secondo fa-, le immagini del fumo su una tazza ricolma di brodo si fanno più insistenti.

D’accordo, ho cominciato a fumare, cosa ci sarà mai di così illegale nel fumare?

Non mi sembra sufficiente per etichettarmi come uno psicopatico –oltre che come il pericolo pubblico che sono sempre stato-

Sakura non lo pensa allo stesso modo. Benissimo.

Le voglio bene, è una cara ragazza, mi conosce da quando ero più basso di lei e da quando me ne andavo in giro con abbigliamento di dubbia colorazione. Gliene do tutti i meriti e le riconosco tutto quello che devo riconoscere ad una persona così importante nella mia esistenza.

Ma diavolo, avrò il diritto di avere un dannato vizio come qualunque altro dannato adolescente di questo dannato mondo?

So come risponderebbe lei.

Non c’è bisogno di aprire la mente per riuscire ad arrivarci, dannazione.

E so anche qual è il mio dannato problema.

Non è il fumo, non è il divano scomodo, non è la tizia che continuava a spiattellarmi tutte le sue specializzazioni in psicologia, psicanalisi, studio delle psicosi, nevrosi e su come ribalterà la mia mente come un calzino puzzolente pur di risolvere la questione. Ed il fatto è che non c’è proprio nessuna questione che vorrei risolvere.

Non è dovuto a niente che riguardi le dieci bottiglie di sakè che mi sono scolato ieri sera, proprio dopo il seminario sui danni al sistema nervoso di Sakura chan. L’alcol fa male a non so quale tipo di cellula del cervello che non conosco, d’accordo, quando me lo sarò scritto in fronte ti farò uno squillo, contenta?

Quindi, torniamo al punto principale.

Il mio problema non è tanto grave, ma tremendamente insistente.

Sembra sempre vicino alla soluzione, a volte sembra che possa solo mandare via il peso con una riflessione un po’ più lunga e tornare il momento successivo a farmi prendere a cazzotti da Sakura o sfottere da Sai. Ed ogni volta me la fa sotto il naso.

Sembra quasi furbo, per quanto un problema possa dirsi furbo. Ma sta lì, consumando e rodendo e limando, poi scompare.

Poi ricompare il momento dopo. Non mi poi tanto fastidio, ma sento che c’è.

Prima è nero, poi bianco, poi da un momento all’altro diventa rosso.

Camaleontico, per quanto un problema possa dirsi camaleontico.

D’accordo. Apriamo la mente.

Ma solo questa volta!

Anche se rimane il fatto che io lo so qual è il mio problema. So qual è il mio cazzutissimo problema.

E so anche che non è così che lo risolverò.

Non perché sono io a chiederlo, certamente.

Non perché ammetterò di avere un problema, che in ogni caso non c’è.

Non finché non avrò annegato la faccia tra il sakè e non avrò soddisfatto il mio bisogno impellente di nicotina.

Non finché il mondo non capirà che a me non interessa, che non mi tocca.

Sasuke Uchiha può liberamente stare nella mia testa, farci la sua casetta e tanti saluti.

Non m’importa.

Non m’importa assolutamente.

Non me ne potrebbe importare di meno.

 

 

 

 

 

Comprendo. Non ci vuole poi molto.

Direi che era prevedibile, se non addirittura conseguente.

C’era almeno il 90% di possibilità che diventassi pazzo, lo sapevo fin dall’inizio.

Vivere in una specie di castello dell’orrore senza neanche la luce elettrica, insieme ad un pedofilo con problemi d’impotenza ed evidente avversione alla luce del sole, il suo leccapiedi con aspirazioni da piccolo chirurgo e i loro bambocci da esperimenti che girano per i corridoi con l’aria ebete di chi neanche sa dove si trova.. beh.. direi che farebbe uscire di brocca chiunque.

Non dovrei lamentarmene.. non me ne lamento. È già qualcosa no?

Ammettere il problema è già un passo verso il raggiungimento dell’equilibrio mentale.

In un tempo relativamente breve, aggiungo.

D’accordo, che devo fare? La faccenda sarà risolta per il prossimo massacro in programma sull’agenda del biancone?

Evidentemente no.

D’accordo.. ma non voglio essere incolpato in nessun caso di un eventuale calo delle prestazioni.

Bene, allora.

Un problema c’è, non so qual è.. ma c’è.

Non è neanche tanto rilevante, secondo me, ma non credo di avere tante possibilità tra cui scegliere.

O lo risolvo o il prossimo regalo del mio sensei sarà un collare con un dispositivo di rintracciamento d’ultima generazione.

E direi che il nostro rapporto è stato già abbastanza approfondito.. quindi gradirei evitare qualunque genere di contatto ulteriore..

Da dove posso cominciare?

Non mi accorgo immediatamente quando si manifesta.

È procedimento terribilmente subdolo, da questo punto di vista, me ne rendo conto.

Le parole mi escono di bocca senza che le abbia pensate, la mia mano scrive cose che non mi sfiorano neanche la mente.

Eppure accade.. e non ho la benché minima idea di come evitarlo.

A quanto pare la soluzione migliore è aprire la mente.

Ottimo, benissimo, eccellente.

Direi di non essere mai stato un esperto in questo.

C’è una formula? Un posizionamento delle mani?

Un porticina dietro la testa che devo aprire per estrarre i pezzi di cervello?

 Ok, la parte della mia psiche filo- Kabuto va assolutamente repressa.

Ma rimane il fatto che non sembra una cosa semplice.. e nemmeno relativamente breve.

Insomma, so che potrebbe sembrare che non abbia emozioni, che fare il culo a mio fratello nel più sadico dei modi sia l’unica fonte di sinapsi del mio cervello.

È stata dura da accettare anche per me.. ma sono umano anche io. C’è da farsene una ragione.

Prevedo di risolvere la cosa entro la fine del mese, salvo intoppi, ma per il momento non posso far altro che accettarlo.

Quindi apriamo questa cavolo di mente e vediamo di dare una sistemata alla mia psiche entro la fine del mondo.

Ma io lo so qual è il mio problema. Non ci vuole poi chissà cosa.

E so anche che non è così che lo risolverò.

Non perché sono io a chiederlo, certamente.

Non perché ammetterò di avere un problema, che in ogni caso non è neanche così importante.

Non finché Orochimaru continuerà ad inseguirmi elemosinando le coccole la mattina appena sveglio e Kabuto non la smetterà di guardarmi come se gli stessi rubando il ruolo d’allegra concubina ingrata.

Non finché il mondo non capirà che a me non interessa, che non mi tocca.

Naruto Uzumaki  può liberamente stare nella mia testa.

Non m’importa… assolutamente.

Non m’importa.

Non me ne potrebbe importare di meno.

 

 

 

 

“Cos’è che odi di più in lui?”

 

 

Guardo il soffitto in modo sbilenco, cercando di spingere le pupille ad incontrare la sua faccia.

È come se mi stesse chiedendo perché sto al mondo –cosa che in ogni caso nemmeno so- , la cosa ha un che di paradossale.

Non c’è qualcosa di Sasuke Uchiha che odio.

Odio Sasuke Uchiha nella sua totalità, nel suo stesso essere.

Non ‘qualcosa’.. ma semplicemente tutto.

Tutto qua. Non vedo cosa ci sia da discuterne.

Non conta il fatto che un tempo andassi in giro dicendo che era il mio migliore amico, o peggio ancora un fratello.

Un migliore amico non cerca d’ucciderti, un fratello non t’abbandona come un emerito deficiente per andar dietro al primo biancone ninfomane che gli offre la luna. Non è così che si fa. Davvero non lo è.

Da quando l’ho capito, so di aver ritrovato l’equilibrio psichico.

Niente più visi pallidi e capelli neri nei miei sogni –o nelle allucinazioni in stato d’ubriachezza- niente più castelli in aria su riappacificazioni strappalacrime e lieti fine da favoletta per mocciosi.

…… Va bene.. forse non del tutto.

Ma so che è questione di tempo.

Il raggiungimento della pace interiore è solo questione di tempo.

Ma d’accordo. Apriamo questa cavolo di mente.

Solo momenti confusi, l’uno accatastato all’altro quasi, in cui sono stato vicino ad ucciderlo –e sarebbe stato ‘sayonara’ a tutti i miei sconvolgimenti psichici- mi vengono alla mente. Rimpianti di occasioni non colte quando mi si sono presentate davanti.

Ricordo una missione con il maestro Kakashi.

Ce ne sono state tante, ma non so perché questa la ricordo in modo particolare.

Nitida.

Come se accadesse in questo momento.

 

 

-Non imparerai mai, Usurantokachi*…-

….Sorrideva….

-…Sei un incapace totale-

Era la sua classica battuta d’effetto teatrale. Non credo di essere in grado di dimenticarla.

Niente di così sconvolgente, niente di così traumatico.

Mi ero abituato ad essere “Usurantokachi” così come mi ero abituato ad essere un mostro.

Perfettamente normale, quotidiano. Il lineare svolgimento degli eventi della mia giornata tipo.

-Pensa ai cavoli tuoi, teme*-

Odiavo il modo in cui mi guardava. Lo ricambiai dal basso della mia posizione prona.

Sembravo una scimmia che cercava d’imitare un comportamento umano. Ma ero convinto di quello che facevo, perlomeno.

Sasuke aveva sempre avuto un modo di guardare le persone che mi terrorizzava. Le pupille sollevate sin nella parte più alta dell’occhio, come se guardasse tutto perennemente dall’alto in basso. Superbo, altezzoso, inquisitore.

Guardai il liquido rosso e zuccheroso sulle mie dita.

-Non devi raccoglierle in questo modo, baka*..- esalò, accucciandosi vicino a me con qualche respiro di fatica.

Afferrò lo stelo di una della miriade di piante di fragole che eravamo incaricati di saccheggiare -.. altrimenti ti si sfracelleranno tutte in mano-

-Non sono stupido fino a questo punto-

-Io ho i miei dubbi-

La sua vicinanza mi opprimeva.

Era come se una pressa bollente di schiacciasse il cervello. Diventavo rosso come un pomodoro, urlavo più forte e balbettavo in modo più ridicolo. Vibravo, indeciso tra l’allontanarmi e sopportare quella sensazione insopportabile.

Non mi piaceva, davvero non mi piaceva.

-Sono stanco-

-Anch’io..- concesse -.. ma sono abbastanza professionale da fare bene il mio lavoro-

-Oh, certo, come avrò fatto a non capirlo? Scusa tanto se sono umano- sobbalzai quasi.

Insieme alla pupilla nerissima che era discesa al livello delle mie. Ci guardavamo fissi, paralleli.

Non lui più in alto, non io più in basso.

-Hai capito adesso baka?-

-Eh?- Sospirò, sbattendosi una mano in faccia con fare esasperato.

-Hai capito come fare?-

-Fare che?-

Replicò il gesto aggraziato a cui non avevo fatto attenzione prima, afferrando il picciolo anziché il frutto, come facevo io.

Lo recise dallo stelo con una breve pressione delle dita, portandosi così dietro la fragola che gli cadde sul palmo della mano.

Terribilmente semplice, anche se prima io non ero riuscito ad arrivarci.

Mi sentivo così messo alla prova che non riuscivo più a pensare in modo normale, con lui.

E qualcosa di così scontato diventava lontano, qualcosa di così semplice diventava incomprensibile.

Guardavo il rosso carminio contrastare il bianco marmoreo della sua mano, assorto.

Non lo capivo.

Non capivo cosa ci fosse di sbagliato in me.

E sapevo che se avessi continuato a stargli vicino.. non lo avrei mai capito.

Mi alzai di scatto, come una molla. Come se quella sensazione fosse finalmente riuscita a raggiungere un punto più sensibile della mia pelle e ad eroderla, provocandomi un dolore improvviso. Tremai un attimo, con le braccia incollate ai fianchi, lo sguardo su un punto imprecisato del terreno.

Non ci riuscivo.

Dannazione.. non ci riuscivo proprio.

-Neanche io pensavo che fossi stupido fino a questo punto-

Vibravo contro l’aria fredda. Sapevo che non sarebbe durato a lungo, ma quella sensazione d’impotenza mi legava tutto il corpo.

Ero Naruto Uzumaki.. e Naruto Uzumaki non resiste a lungo a stare nelle stesso punto senza spostarsi o senza aprire la bocca per più di due secondi netti. Ne erano passati molti di più. La tensione sulla testa mi faceva arrossire ancora, le mie guance dovevano essere di un colore così rosso da sembrare che fossi in grado di scoppiare come una pentola a pressione da un momento all’altro.

-N.. no..o-

-Dai vieni-

Ero troppo occupato a rimirarmi i piedi per accorgermene.

Per accorgermi che mi trovavo ancora al suo livello, e che la vicinanza non era più tale.

Era un reale contatto.

-Non è niente di così infattibile, baka-

Anche il suo fiato sembrava aver preso consistenza.

Mi toccava proprio come le sue mani. Sulle mie.

Le mani freddissime. Il fiato incandescente.

Fece muovere le mie dita sulla pianta. Afferrarono lo stelo, poi il picciolo.

La fragola cadde sulla mia mano con una breve caduta e una movenza d’assestamento, rotolante.

Ero appoggiato a lui così totalmente che se avesse anche solo pensato di muovere un muscolo gli sarei caduto addosso.

Sono più o meno sicuro nel dire che le mie orecchie stessero emettendo fumo da molto prima che me ne accorgessi.

Ed era come fossi stato aria calda su un vetro freddo. Ghiacciato.

-Lo sapevo, teme-

Il suo viso marmoreo e i suoi occhi d’antracite erano così vicini che non serviva neanche voltare il capo.

Se dovessi dire qualcosa della totalità delle cose che odio ed odiavo di Sasuke Uchiha direi che una sarebbe quella.

Non vacillava, non si scioglieva. Rigido come il ghiaccio. Non c’era l’errore o  lo sbaglio nel suo vocabolario.

Anche se ci fosse stato, non sarebbe servito a sciogliere il ghiaccio.

Lui rimaneva fisso su quello che pensava, che faceva, che avrebbe pensato e fatto.

Ed io, per quanto allungassi la mano, non riuscivo a toccare la struttura di ghiaccio su cui giaceva.

Che lo teneva così inevitabilmente lontano da me.

Non mi piaceva. Neanche un po’.

Il modo in cui mi guardava, tenendo la bocca chiusa su parole che si risparmiava di spararmi addosso.

Il modo in cui le pupille rimanevano indenni, senza deviare dal loro obbiettivo.

Il modo in cui le labbra si piegavano, in bilico. Indecise

Il ghiaccio –che le ricopriva- non permetteva loro di sorridere.

-Attento a non cadere dalla pianta.. fragolino-

Era un idiota.. un perfetto idiota.

Non aveva diritto di superarmi in testardaggine.

Lo pensavo mentre il suo tocco mi soggiornava per gli ultimi istanti sulle dita.

Mentre osservavo la vena rosata che cominciava a tingere le sue mani.

Dall’esatto punto in cui io le avevo toccate.

 

 

 

“Cos’è che ti piaceva di lui?”

 

 

Non ho proprio idea di cosa sarà più idiota.

La domande, la risposte… o l’argomento. Possiamo dire che questo è un degno modo d’imboccare la strada della follia più assoluta.

Ad ogni modo.

Naruto Uzumaki.

Non so se ho mai pensato che ci fosse in lui qualcosa da apprezzare in sé e per sé.

Casinista.

Imbranato.

Testardo.

Imperfetto.

Ancora casinista.

Decisamente non so cosa potessi avere a che fare con lui.

Dicevo che era il mio migliore amico.. no? Dannazione.

Ci sarà pur stato qualcosa che mi piaceva di lui? Di solito con gli amici è così.. no?

Non sono tanto esperto in materia, non sono esperto in materia di apertura mentale.. figuriamoci. E mi sto sentendo un idiota.

Non sono mai stato abituato a non essere esperto in quello che faccio.. non mi ci ritrovo. Mi sento perso.

Non credo di esserci abituato.

Ad ogni modo, anche se avessi idea di cosa mi piace di lui, non avrebbe importanza.

Ho tentato di ucciderlo.. non è qualcosa di trascurabile. Anche se mi piacesse qualcosa di lui –cosa a cui devo pensare con più impegno- non so quanto potrei approfondire. Una volta mi cercava.. si, questo è vero, ma quanta pazienza può avere una testa calda come lui, fin quando continuo a tirare la corda?

Poca. Non è stupido fino a questo punto.

Le cose cambiano, non posso aspettarmi che lui continui a cercarmi per sempre. Anche lui capirà, se non l’ha già fatto.

Non che me ne importi, poi.

È più che naturale, e non vorrei tanto meno il contrario. È così che deve andare, e niente di meno.

Sono solo io quello che sbaglia a ripensarci ancora. Il suo mondo, semplicemente, non continuerà a girare intorno al mio per sempre.

Finché continuerò ad impedirgli d’entrare, lui batterà alla mia porta, attendendo scalpitante che io apra, che torni, redento dai miei peccati, a casa. Sarà lui l’unico a sperarci ancora. Io non ho illusioni irrealizzabili, non ho niente di tutto questo.

Io ho solo la mia immutata rassegnazione.

Ed è così che deve essere.. e niente di meno.

Il battito dei suoi pugni scagliati sulla porta. È questo il mio problema.

Cosa mi piace di lui… e poi?

Lui non smetterà di bussare. Ecco quello che mi piace di lui.

Nonostante le tempie mi facciano male e la testa diventi ogni volta più pesante di dolore pruriginoso.

Lui busserà fin quando ci sarà una porta su cui farlo. Cosa mi piace di lui?

Niente.. proprio niente.

E smettila di battere.. baka.

Aprirò la mente.. d’uno spiraglio appena.

Lui non deve entrare. Giusto per far passare qualche ricordo, di lui, attraverso l’uscio.

Appena appena.

Sfiorato nei pensieri.. e niente di più.

 

 

-Ti odio, Teme-

Sorridevo.

Alzando l’angolo sinistro della bocca, assottigliandola.

Era lui. Uzumaki Naruto. Non potevo aspettarmi qualcosa di diverso.

Così come lui non poteva aspettarsi qualcosa di diverso da me.

Avevo imparato ad essere ‘teme’ così come avevo imparato ad essere l’ultimo super dotato superstite di uno dei più nobili clan della storia di Konoha.

Semplice, logico, evidente quasi. Perfettamente normale, quotidiano. Il lineare svolgimento degli eventi della mia giornata tipo.

Tutto qua.

-Che novità.. Usurantokachi-

-Mi fa male-

Il ghigno si sciolse, come cera sulla mia faccia. Lo guardavo.

Le guance rigide che mi pizzicavano.

-Dovevi solo stare più attento-

-La fai facile.. tu-

Naruto guardava sempre in faccia le persone. Qualunque cosa stesse dicendo, qualunque cosa stesse accadendo nel frattempo, lui guardava dritto negli occhi sempre –o quasi-. Forse aveva quella inaspettata consapevolezza del fatto che i suoi occhi erano tanto grandi che farci affogare qualcuno era praticamente niente.

Ma era molto più semplice pensare il contrario.

Non aveva nessun altra intenzione che di guardarti.

Nient’altro.

-Certo.. hai una laurea in scivolata- acrobatica- sui- pomodori?-

-Non è divertente.. Teme, non è divertente-

Mi guardava da basso, la gamba sinistra incrociata in modo aerodinamico sulla sinistra -le sue articolazioni a volte avevano qualcosa d’inumano-, le guance gonfiate e pressanti sotto le iridi  affilate dalla rabbia e sopra i denti digrignati. Se non fosse stato per il rossore che lo faceva sembrare così dannatamente patetico, avrei pensato che stesse per saltarmi addosso per cercare d’azzannarmi la gola.

Ma non lo pensai ugualmente. E non solo perché aveva una gamba fuori uso.

-Forse un pochino.. baka..- lo apostrofai, imitando il suo abbozzo di richiamo al duello animalesco -.. sei in punto di morte?-

Spalancò gli occhi, facendoli ruotare per tutto lo spazio circostante tranne che su di me, terminando il tour sulla sua gamba, amorfa.

Ci stava pensando. Dio mio… Erano così difficili da capire le mie domande retoriche?

La nostra comunicazione reciproca ne sarebbe uscita gravemente compromessa.. almeno da parte mia.

-No-

-Allora si.. è terribilmente divertente-

Cantilenai, soddisfatto nel senso malsano del termine.

Dolcemente soddisfatto.

-Ti ho già detto che ti odio vero?-

Ah, si.

C’erano I suoi ragionamenti, poi.

Non avevano mai avuto niente di umano, di terreno, di tangibile per me.

Un momento mi guardava, sembrando di non voler far altro. L’altro voltava il viso, dilatava le guance, si abbracciava il petto così forte da sembrar quasi che volesse comprimersi la cassa toracica fino a non farci più passar l’aria. E borbottava, su di giri, insulti al vento e al vuoto del cielo, cose che in situazioni normali mi avrebbe detto fissandomi in modo così diretto da farmi sentire l’acqua di quegli abissi nella bocca.

Poi abbassava la testa, di leggero soppiatto, quando pensava che nessuno lo guardasse, illanguidendo, senza motivo apparente.

Si fermava con i piedi sopra l’ombra d’un albero, mentre camminavamo, aspettava che qualche metro lo dividesse dal nostro vociare confuso o dal nostro silenzio forzato, e rimaneva fermo. Immobile sotto il fruscio, per qualche minuto che sull’orologio non contava, sospeso come i rami verdi e sussurranti che aveva sul capo.

E non era più lui, in quei momenti.

Solo un ombra arancione che si poteva scorgere appena, e con difficoltà.

Io riuscivo a vederla solo aguzzando bene la vista, mentre pensavo a quanto baka fosse.

Mille foglie gli cadevano addosso, mentre questo pensiero mi attraversava la mente.

Prima di rendermi conto che era tardi.

E che non avremmo fatto in tempo a mangiare il ramen all’Ichiraku, perché stava per chiudere.

E solo allora, lo chiamavo.

-Mille e mille volte, baka-

Sbuffò, come se quello paziente dei due fosse lui.

-Non vorrei che te lo dimenticassi.. teme..- sospirò, pragmatico -.. non è per il fatto che ho bisogno d’aiuto che lo chiederò proprio a te-

-Ah no? E perché?-

-Perché..- cominciò tirandosi un po’ indietro la frangia troppo lunga che prima era stata trattenuta dal copri fronte -.. beh.. pensavo che fosse chiaro, insomma!-

-Non lo è-

Il capo segui il movimento della mano su un ciocca di capelli, tirandosi indietro con uno scattone.

Le guance rosse, quasi pulsanti.

-Si che lo è-

-T’ho detto di no-

-Solamente perché mi stai prendendo per i fondelli-

-Non ho idea di che cosa tu stia parlando-

-Siiiiiiiiiii che lo saaaaaaaaaaaai!-

-No-

-SI-

-no-

-si-

-no-

-si-

-no-

-SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!-

-Ok-

Un breve sbattimento delle palpebre.

Un tremolio inconsulto del labbro inferiore.

Una voglia impellente di ridergli in faccia che mi saliva su per la gola.

-Lo dicevo io che mi prendevi per i fondelli-

Mi crogiolavo nella sua baka- aggine. Ed è molto peggio, credo.

Non ho  idea di come abbia solo potuto questa parola.. ma è davvero calzante.

Adoravo metterlo alle strette, stuzzicarlo sulle sue ferite aperte ogni volta che potevo, vederlo arrossire e gonfiare le guance se messo davanti alla dura verità. Girare il dito nella piaga quando sbagliava.

Ero sempre un ‘teme’ no?

Non facevo nient’altro che il mio ruolo.

Nient’altro che questo.

-Ordinaria amministrazione-

-Siamo rivali, teme..- piegò la testa di lato, opposta alla mia, mentre lo diceva -.. è sempre così che è stato-

-Lo so, baka..- guardavo dritto al suo collo teso -.. ma te l’ho detto. È ordinaria amministrazione anche quella-

Lo sapeva, in cuor suo, perciò continuò ad evitarmi, tenendo ancora di più collo lontano da me, arrossendo ancora sulle guance sgonfie.

Con tutto l’orgoglio di cui era capace.

Avevo il mio ruolo di ‘teme’, ed aveva la sua dannata importanza, in fin dei conti.

Dava un senso alle cose, quando non ce l’avevano. Sapevo cosa aspettarmi da me stesso e dagli altri.

V’erano cose che c’erano permesse, e altre che non lo erano.

Sarebbero state battute di troppo su un copione  finito, note stonate su uno spartito già scritto.

Non c’era spazio per altro.

Solo un ‘teme’, e solo un ‘baka’.

Il resto erano comparse, erano tutt’altra cosa. Cose a cui avrei pensato poi, quando le sue guance avrebbero stinto il loro colore carminio, quando avrei smesso di pensare a quanto il suo orgoglio fosse divertente da stuzzicare, ogni volta. E mi piaceva.

Tutto ciò.. mi piaceva.

-Vieni-

Non era neanche la prima volta. Ma lui non ci credeva mai.

Non riusciva a vedere oltre la mia figura chinata al suo fianco, alla schiena piana che gli offrivo.

Strabuzzava gli occhi, allora, rendendoli ancora più grandi.. per quanto fosse possibile.

-Stai scherzando.. vero?-

-Mai stato più serio-

-Ma… m… ma.. t’ho appena detto che ti odio… e che siamo rivali… e che…-

-Me lo dici sempre-

-Sarà forse per il fatto che è la verità?-

Borbottai, indignato, incompreso, chiedendomi internamente come facesse a non capire.

Davvero.. a me sembrava così dannatamente semplice.

-Ci penseremo dopo.. ora vieni-

Fu con un sbuffo d’interdizione, e con un roteare stizzito delle pupille azzurrissime, che accettò.

Tremando leggermente depose prima il petto sulla superficie offerta, il viso nella incavo del mio collo, le gambe avvinghiate ai miei fianchi.

La testa in bilico, tra il cadere lungo l’avambraccio, e rimanere appollaiata al limite della spalla sinistra.

-Ma che non si ripeta mai più-

-Certo.. certo..-

Improvvisazione.. baka.. improvvisazione.

Lo pensavo mentre m’incamminavo fra lo spazio circondato di piante piene di frutti rossastri.

Evitando pomodori spremuti ad ogni passo.

 

 

 

“Cosa gli diresti, se lui fosse qui?”

 

 

La cosa sta prendendo una piega che non mi piace, davvero.

È come se la tizia psicopatica fosse una voce lontana, non la sento più.

Ora mi rendo conto di qualcosa che mi era intelligentemente sfuggito.

Che fosse la mia ancora di salvezza? Che io stia annegando nei fiumi della mia follia?

Va bene, tanto. Follia in più, follia in meno. I conti sono fatti, e non ho voglia di stare a pensarci troppo.

Perciò ignoro la sua scomparsa, ignoro l’assenza del ticchettare nervoso delle sue dita sul tavolino basso pieno di documenti in plichi ordinati, ignoro la mia improvvisa solitudine. Non ci deve essere nient’altro che lui, nella mia testa.

Altrimenti sarà tutto inutile.. no?

Se lui fosse qui.

La domanda fatidica, uoho. Mi tremano le gambe.

Se fosse qui dovrebbe essere lui ad aver paura. È inutile che mi guardi con quella faccia da madrina affranta.

Non so neanche io come, ma l’ho sentita distintamente.

Quindi vedi un po’ che vuoi fare, strizza cervelli del cavolo.

Comunque.. Se lui fosse qui, eh?

Lo ucciderei con un solo sguardo.

Lo farei affogare nei miei occhi, lo farei soffocare tra le più atroci sofferenze.

Poi lo farei tornare di nuovo, in un modo o nell’altro, per non far finire il divertimento, per ricominciare da capo.

E gli chiederei cento, mille, tremila, milioni di volte perché.

Ne ho così tanti che non so neanche più contarli, i miei perché.

Glieli lancerei addosso, uno dopo l’altro, come pugnali affilati e mortali.

A cui è impossibile sopravvivere… se non rispondendo.

Lo prenderei a pugni, così forte da spaccarmi le nocche della mano.

Urlerei così forte da scaraventarlo via con l’attrito del mio fiato.

Gli farei capire quanto dannatamente sbagliate siano state le sue decisioni.

Che non era necessario seguire un potere che avrebbe potuto divorarlo, che non era necessario correre il rischio.

Che è stato come cercare le carote per un ramen già buono di per sé**.

Per la cronaca.. io non ho mai amato le carote nel ramen.

E poi… poi.

Altri perché.. probabilmente, ce ne sono troppi per finirli tutti in una sola volta.

E poi aspetterei le sue risposte, con le braccia l’una sull’altra, e gli occhi fissi nei suoi.

Aspetterei, in piedi davanti a lui.

Le sue parole.

Aspetterei.

 

 

Se lui fosse qui.. eh?

Se lui fosse qui, io sarei da lui. Vedrei le sue lacrime, probabilmente. E i suoi sforzi per trattenerle.

Non avrei modo di fare granché. Perché, semplicemente, farebbe tutto lui.

A me non resterebbe altro che starlo a guardare, come il mio ruolo lo richiede.

Come il traditore, come di chi ha il ruolo di colui che ha tutto da biasimarsi, e niente di cui gioire.

Tacerei. Perché non avrei niente da dirgli. Assolutamente niente.

Con le braccia conserte, lo sguardo fisso e vagante sulla sua faccia rossa –di collera, o di gioia, o di non so neanch’io cosa- senza mai guardarlo fisso.

Eviterei i suoi occhi, soprattutto nel caso in cui fossero diventati più grandi, se fossero diventati addirittura più belli.

Passerei per vigliacco, dal suo punto di vista, ma non me ne importerebbe.

Sarebbero baratri senza ritorno, acqua nella gola, un fastidio ed un dolore del tutto inutile.

Mi pruderebbe la gola, le mani.

E comincerei ad avere qualcosa da dire.

Poi.. beh.. forse una cosa dirgli ce l’avrei.

Che nel suo ragionamento c’è sempre stata un idea di fondo sbagliata.

-A me sembrava chiaro. A lui no. Ma, ormai, tanto tempo è passato-

Che nonostante lui s’impegnasse tanto, non sarebbe comunque servito a niente.

Che per quanto desiderasse salvarmi.. io non ho mai avuto bisogno di essere salvato da nessuno che non fossi io stesso.

Che se anche fosse arrivato a rompere tutte le ossa del mio corpo pur di riportarmi via con lui, io avrei soltanto aspettato che tornassero al loro posto.

Solo questo.

Io non ho mai avuto bisogno di essere salvato.

Tutto qua.

Ma lui non capirebbe.

Saprei anche questo, e non me ne importerebbe.

Non arriverà il giorno in cui mi volterò indietro, con la speranza di poter tornare indietro come se niente fosse successo.

Saprò già mettere avanti le mani, senza alcuna speranza di non averne conseguenze.

Non avrò stupide illusioni, su ritorni a casa e lieto fine. Non per me.. non per lui con me.

Non dirò nient’altro.

Aspetterei, in piedi davanti a lui.

Che lui se ne vada, senza più tornare.

Aspetterei.

 

 

-Baka-

-Teme-

-Sei qui?-

-Si.. tu?-

-Si-

-Non urli?-

-Mi stai parlando?-

-Ho voglia di parlarti-

-Non ho voglia di urlare-

-Non mi chiedi niente?-

-Non ho niente da chiederti.. adesso-

-Sicuro?-

-Sicuro-

-E non mi picchi?-

-Ho le mani intorpidite-

-Non mi prendi a calci?-

-Ho anche le gambe intorpidite-

-Non mi chiedi di tornare a casa?-

-No-

-Perché?-

-Non lo so-

-Oh-

-Tu non scappi?-

-No-

-Perché?-

-Non ne ho idea-

-Non cerchi di uccidermi?-

-Non ho motivo di farlo-

-Non ce l’avevi neanche l’ultima volta, teme-

-Avevo voglia di farlo. Adesso non ne ho-

-Perché?-

-Non lo so-

-Non ha senso-

-Già-

-Dovresti girare i tacchi.. e andartene.. e fare il bastardo, il pezzo di ghiaccio..di nuovo il bastardo..-

-Non lo faccio-

-.. oppure ridermi in faccia.. prendermi in giro.. darmi dell’idiota…

-Non lo faccio-

-Perché?-

-Non lo so-

-Oh-

-Tu non urli? Non mi dai del bastardo? Non mi dai del pezzo di ghiaccio? Non mi picchi?-

-No-

-Perché?-

-Non lo so-

-Oh-

-Non ha senso-

-Già-

-Mi stai ancora cercando?-

-Nel tempo libero-

-Oh-

-Tornerai un giorno?-

-Potrei fare un salto, magari.. nel tempo libero-

-Oh.. molto gentile da parte tua, teme-

-Grazie, baka-

-Siamo pazzi?-

-Probabile-

-È un sogno?-

-Probabile-

-Mi prendi in giro-

-Si-

-Oh-

 -Comunque non lo so, baka-

-Neanche io-

-Oh-

-Che facciamo quindi?-

-Aspettiamo-

-Tutto qua?-

-Si, tutto qua-

-La tizia ribalterà la mia mente come due calzini puzzolenti.. la prossima volta-

-Quale tizia?-

-Niente, teme, niente-

-Oh-

-Ci sarà tanto da aspettare?-

-Non lo so. Non m’interessa-

-Neanche a me-

-Abbiamo lasciato la mente troppo aperta mi sa-

-Ce l’hai tu la chiave?-

-Non esiste una chiave della mente, baka-

-Non puoi saperlo, teme-

-Tsk.. baka-

-Teme-

-Baka-

-Teme-

-Baka-

-Teme-

-Va bene va bene.. provo a cercare in tasca-

-Bravo-

-Non c’è-

-Quindi?-

-Aspettiamo, baka..

…aspettiamo-

-Oh-

 

 

-Signor Uzumaki?-

Ha qualcosa da ridire la vecchiaccia?

Sbadiglio, giro le gambe in senso rotatorio l’una sull’altra, la guardo stralunato, senza capire.

-Si mi dica-

-Ha dormito.. tutto il tempo, Signor Uzumaki, tutto il tempo-

Do un occhiata al timer che aveva posato precedentemente sul ripiano di vetro, in bilico, per contare esattamente un ora da quando aveva cominciato a frugarmi nella testa. Un ora esatta. 1.00.09

Strano, eppure non mi sento per niente.. frugato.

-E perché non mi ha svegliato?-

Che strano.

È indecisa tra il tenere uno sguardo indignato e indisponente, ed arrossire di tutto il rosso del sangue che gli scorre sotto la faccia.

Non me la racconta giusta. Ma concludo che tutte le sue specializzazioni in psicologia, psicanalisi, studio delle psicosi, nevrosi eccetera eccetera abbiano almeno il loro valore.

-Non volevo essere maleducata-

-Non lo sarebbe stata-

Evita di guardarmi.

Devo aver fatto qualcosa di davvero disdicevole, per ridurla così.

Ma ahimè.

Non m’importa.

Non m’importa assolutamente.

Non me ne potrebbe importare di meno.

-Ricominceremo da capo la prossima settimana.. signor Uzumaki-

Annuisco, sorrido, mi dirigo alla porta.

-Alla prossima settimana-

 

 

 

Un pensiero strano mi attraversa la testa.

Per aprire la mente ci vogliono le chiavi.

Che ridere.

Eppure, il cuore era già spalancato.

 

 

Vocabolario e spiegazioni

*Teme: Bastardo.

*Baka: Stupido, sciocco.

*Usurantokachi: Idiota completo (tradotto come “testa quadra” nella versione italiana)

**Le carote nel ramen sono un ingrediente facoltativo.

 

   
 
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