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Autore: saltandpepper    20/08/2013    8 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che ha mai conosciuto e mai creduto viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Noi ci limitiamo a tradurla!
Slash, Louis/Harry esplicito.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg
Capitoli:
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ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
REVISIONATO IL:     12.05.15

 

____________

Capitolo 2


Sembra che siamo tu ed io adesso.
 
Lunedì 25 Ottobre
Dieci settimane
 
"Bene, signor Tomlinson, sembra che tu sia incinto."
La mia bocca si aprì.
"Scusi, che cosa?"
"Capisco che deve sembrarti del tutto impossibile, ma-"
"E' del tutto impossibile!" dissi ad alta voce, senza curarmi del fatto che mi stessi comportando molto scortesemente quando spinsi la mano del medico da un'altra parte e ritornai seduto, guardandolo male.
"E' biologicamente impossibile, dottore! Potrei non essere il ragazzo più maschile del mondo, ma sono un ragazzo. Sono molto maschile e vi posso assicurare di non avere nessun tipo di genitali femminili! Posso abbassare i pantaloni per controllare se vuole."
"Non è necessario," disse con un sorriso. "Non dubito che tu sia maschio, ma signor Tomlinson-"
"Louis!"
"Scusa. Guarda, Louis, non dubito che tu sia maschio, ma cosa c'era in quel piccolo schermo prima che tu respingessi la mia mano e rompessi gli impulsi sonori? Quello era un bambino. E quei suoni che hai sentito? Quelli erano i battiti del cuore di quel bambino."
Scossi la testa, incredulo. Quell'uomo era pazzo. Come diavolo facevo ad essere incinto? Biologia non era mai stata la mia materia preferita a scuola, ma ero abbastanza certo che per fare un bambino era richiesto lo sperma e una cellula uovo. Ed io avevo ricevuto lo sperma, ma non avevo la cellula uovo.
"Mi dispiace, dottore, ma lei non può pretendere che io creda a questo," dissi con tutta la calma possibile.
"In questo momento è difficile anche per me crederlo in realtà," disse con un sorriso storto.
"Ma, in tutta onestà, ha senso se si toglie il fatto che tu non sia femmina."
"Si, ma io non sono davvero una femmina," dissi intensamente. "E se non mi sbaglio, essere una femmina è una specie di fattore necessario quando si tratta di portare un bambino nello stomaco."
"Sono consapevole di cosa serva per una gravidanza Louis, ma tutte le prove sembrano portare a questo," aveva poi detto con pazienza.
Gemetti; di certo non avremmo lasciato perdere tutto questo, no? Scossi la testa, incredulo, ma deciso a continuare il discorso.
"In che senso?"
"Per cominciare, l'immagine sullo schermo è il suono di un battito cardiaco," disse. "Poi c'è il malessere mattiniero, e mi hai anche detto di aver avuto una strana sensazione nello stomaco, giusto?"
Annuii.
"Il malessere mattiniero si verifica a otto donne su dieci durante la gravidanza, e alcune possono provare una strana sensazione allo stomaco per alcune settimane. Ora, tu mi hai detto di avere questo malessere mattiniero da quattro settimane."
Annuii di nuovo.
"Non sono un ostetrico, ma a giudicare dalla frequenza del battito cardiaco del bambino, sei di nove o dieci settimane. Che indica che il tuo malessere è iniziato dopo la quinta o la sesta settimana, che di solito è il periodo in cui le donne in gravidanza iniziano a sentirsi male."
"Nove o dieci settimane? Faccio schifo in matematica, perciò quando dovrei averlo... concepito?"
Avevo detto l'ultima parola con una smorfia sul viso. Per quanto io odiassi ammetterlo, anche a me stesso, tutto quello che il dottore pazzo aveva detto, iniziava ad avere un senso. Cioè, se non fosse stato per il fatto che non ero una donna sanguinante!
"Beh, approssimativamente direi a metà del mese di Agosto."
Sospirai e quando stetti per ricominciare da capo tutto il discorso con 'Io non sono una donna' sperando che l'uomo riuscisse a capire la mia situazione, compresi quello che aveva appena detto e mi sentii come se fossi stato colpito alla testa con una tonnellata di mattoni.
La metà di Agosto... la metà di Agosto... Oh no. Oddio. Oh merda. Oh merda. Oh cazzo. Non è... non è possibile che... no, no, no, no. Non sta accadendo! Non può essere successo! E' impossibile.
Fu come se tutto il sangue nel mio viso si fosse prosciugato e all'improvviso mi sentii stordito. Chiusi gli occhi per un secondo prima di riaprirli ed incontrai lo sguardo confuso di un medico preoccupato per quello che sarebbe successo.
"Il sedici Agosto," sussurrai.
"Scusa, non ho capito cosa-" disse interrogativo.
"Il sedici Agosto," ripetei, un po' più forte questa volta.
"Cos'è successo il sedici Agosto?"
Seppellii il viso tra le mani, ignorando la sensazione appiccicosa del gel quasi secco sulla pancia.
"Ero ad una festa e... ho fatto sesso con questo... ragazzo," mormorai.
Presi un respiro profondo e lo guardai di nuovo.
"E' stato solo un... incontro casuale, niente di più."
"Presumo che voi non abbiate usato protezioni."
"Non lo so, non mi ricordo," dissi. "Ero abbastanza ubriaco, ma... no, non credo che abbiamo usato ogni... protezione."
Martin mi guardò con compassione, mentre si passava le dita tra i capelli grigi.
"Sto supponendo che fossi tu quello dal lato sbagliato."
"Si," mormorai.
Sospirò.
"So che questo sembra completamente e assolutamente pazzo per te, ma ho paura che tu sia effettivamente incinto, o almeno c'è una possibilità del  novantanove per cento."
Ingoiai la saliva e scossi la testa, cercando di convincere me stesso tanto quanto il medico che non fossi incinto. Non potevo esserlo.
"Dottore, io... suppongo che la sua teoria abbia un senso con tutte le prove e le varie cose, ma... non posso essere in gravidanza, nemmeno se un ragazzo mi ha lasciato lo sperma nel culo," dissi con la voce quasi implorante.
"Io non ho nessuna di quelle... cellule uovo che hanno le donne e credo che nemmeno il ragazzo ne abbia qualcuna. E dello sperma con altro sperma non si trasforma in un bambino."
Sorrise.
"Sono molto consapevole di tutto questo, Louis, ma se siamo in grado di mettere da parte tutte le impossibilità di questa storia per pochi minuti, vorrei porti un altro paio di domande."
Sospirai, ma annuii.
"Ora, fai sesso regolarmente?"
"Uhm, no, quella volta è stata la prima dopo quasi un anno e mezzo," dissi. "E... non so se è rilevante, ma era la prima volta con un ragazzo."
Annuì e lo vidi scrivere qualcosa su un piccolo block notes.
"Quindi sei abbastanza sicuro di affermare che il ragazzo con il quale hai fatto sesso quella notte sia il padre?" disse.
"Supponendo che la mia teoria sia corretta," aggiunse rapidamente quando aveva visto la mia bocca aprirsi per protestare.
Annuii ma non dissi niente.
Incinto. Io, Louis Tomlinson, diciotto anni, ragazzo, ero incinto. Non volevo crederci, io davvero non potevo, ma... a pensarci bene aveva un senso. Beh, non considerando il fatto che non avevo nè il grembo materno nè l'utero. Ma aveva un senso. Il presunto bambino era stato concepito a metà del mese di Agosto, proprio nel periodo in cui avevo avuto rapporti sessuali con un ragazzo per la prima volta. Avevo sperimentato il malessere mattiniero, la sensazione strana nello stomaco... l'improvviso aumento di peso che avevo notato solo una mezz'ora prima aveva senso. E poi c'era l'immagine ecografica. Il quadro ecografico che aveva evidenziato un piccolo bambino e il suo battito cardiaco.
Il battito del mio bambino. Aveva detto una vocina nella parte inferiore della mia testa.
"Va bene, se sono davvero incinto," iniziai esitante. Il dottore annuì e mi guardò con pazienza.
"E non sto dicendo che credo di esserlo", aggiunsi in fretta. "Ma in questo caso... allora... ho così tante domande. Come, dove sarebbe il bambino... dove, sai, dovrebbe crescere? Non ho un utero dove normalmente sviluppano i bambini. E come diavolo farei a partorire? E come fa il bambino a rimanere in vita, in primo luogo? E quando dovrebbe iniziare a vedersi la pancia? E ad un certo punto diventerò psicopatico come le donne incinte? E sarebbe come una gravidanza normale? E... oh mio Dio, per favore, non mi dica che i miei capezzoli diventeranno come quando... bisogna iniziare l'allattamento!"
Martin sorrise e si chinò in avanti per posare una mano sul mio ginocchio.
"Prima di tutto, lo stress non fa bene al bambino, perciò calmati."
Volevo urlargli che era difficile calmarsi in quel momento e che non c'era nessun dannato bambino, ma invece presi un paio di respiri profondi, mentre mi dicevo mentalmente che sarebbe andato tutto bene. Alla fine il mio respiro ritornò alla normalità e lui mi fece un cenno.
"Va bene, mi scusi, è solo un po' troppo da mandare giù," dissi.
"Assolutamente comprensibile," disse. "Beh, dove il bambino crescerà, come si dovrà dare alla luce, come dovrebbe venire in vita la prima volta e se dovrai allattarlo, sono domande a cui non posso rispondere subito perché dovremo fare una serie di esami per dare delle risposte."
Annuii.
"Ma sarebbe come una gravidanza normale?"
"E' difficile da dire, ma penso di si."
"E.. uhm... quando dovrebbe iniziare a vedersi?"
"Durante la gravidanza normale, si potrebbe iniziare a mostrare più o meno a otto settimane, ma è diverso da persona a persona. Prima però hai detto che hai iniziato a mettere su qualche chilo, quindi è possibile che tu abbia iniziato già a mostrarlo."
Gemetti un po'. Due mesi e stavo già cominciando a gonfiarmi come un palloncino.
"Sto per diventare grasso e disgustoso, non è vero?" mormorai.
"Essere incinto non è lo stesso che essere grassi," aveva detto con un sorriso. "Metterai su un po' di peso, ovviamente, ma è molto probabile che poi scomparirà una volta che avrai partorito."
"Si, va bene," dissi.
Sorrise brevemente, ma poi la sua espressione si fece pensierosa.
"C'è una domanda della quale mi sono sorpreso tu non mi abbia  già chiesto," disse poi.
"Quale?" chiesi confusamente.
"La possibilità di un aborto."
"Oh," dissi, aggrottando la fronte. "Credo di non aver pensato a questo proposito."
"E' qualcosa che prenderesti in considerazione?"
Grattai la parte posteriore della nuca.
"Uhm, non lo so. Voglio dire, sono ancora al liceo ed avere un bambino a questo punto è già abbastanza grave se si è una ragazza e si ha il ragazzo. Io sono single e sono un ragazzo; ci sarebbe tanto da parlare e da spettegolare una volta che si inizierà a notare. Inoltre c'è mia madre, cosa diavolo dovrei dirle? Ma poi però non mi piace molto l'idea di uccidere un bambino che è già sviluppato da due mesi."
Mi fermai e guardai il dottore fare lo stesso con un sorrisetto.
"Scusi, lei è un medico non uno psicologo", ridacchiai.
"E' tutto ok," canticchiò. "Il limite di aborto è a ventiquattro settimane qui in Inghilterra, in modo da avere un paio di mesi per decidere."
"Si, okay," dissi.
Chiusi gli occhi per un secondo, lasciando il tempo al suono martellante dentro la mia testa di andarsene.
"Io proprio... io proprio non capisco," mormorai quando riaprii gli occhi. "Sono davvero... incinto?"
Martin sorrise.
"Temo di si."
"Mi dispiace di aver avuto difficoltà a crederci," dissi, "E' solo un po' troppo da digerire."
Esitai un po' prima di porre la domanda del quale mi stavo preoccupando della risposta.
"Posso evitare di dirlo a mia madre? Ho diciotto anni, quindi se le dico di non dirlo, lei deve tacere, no?"
"Si, devo tacere."
"Bene. Non credo di volere che lei lo sappia ancora. O almeno fino a che potrò nasconderlo."
"Tra qualche mese diventerà abbastanza ovvio che non è qualcosa di normale,  perciò probabilmente non potrai tenerglielo nascosto per sempre."
"Lo so, ho solo bisogno di un po' di tempo per digerirlo io stesso prima," mormorai. "E, uhm, pensa di poter lavorare come uno psicologo per soli cinque minuti?"
Sorrise.
"Certo. Cosa ti frulla in testa?"
Sospirai e mi morsi il labbro.
"Volevo chiederle se... dovrei dirglielo? Al tizio che mi ha fatto... che mi ha messo incinto voglio dire."
"E' dura," disse e si appoggiò allo schienale della sedia. "Lo conosci?"
"Non proprio, solo il suo nome. Viene nella mia stessa scuola, ma è un atleta ed io sono... beh, io non lo sono sicuramente. Non credo che si ricordi di aver fatto sesso con me visto che era ubriaco quando è successo. In realtà, dubito che voglia fare coming out."
"Coming out?"
"Voglio dire... uscire allo scoperto. Non credo che un giocatore di calcio gay al liceo sarebbe il massimo," sospirai.
"Suppongo di no. Guarda, Louis, non sono io a dover decidere cosa fare in questo caso, ma credo che sarebbe meglio se glielo dicessi, soprattutto se volessi abortire."
Deglutii sapendo che aveva assolutamente ragione.
"Ma... non c'è speranza che lui mi creda," dissi disperatamente. "Ho bisogno di prove o... lo dovrò portare qui con me a farglielo vedere con i propri occhi."
"Allora portalo qui per la prossima visita."
"Pensa che dovrei farlo?"
"Come ho già detto, non sono io a decidere cosa devi fare ma... si, penso che dovresti farlo."
Annuii.
"Si, va bene. Ma... non c'è una possibilità del cento per cento che io sia incinto vero?" chiesi, non riuscendo a nascondere la speranza nella mia voce.
"Non c'è una possibilità del cento per cento, no, ma lo sapremo per certo una volta che avremo i risultati delle analisi del sangue. Mi dispiace dirtelo, perché sto capendo che non vorresti essere in gravidanza, ma sono sicuro del novantanove virgola nove per cento quando dico che c'è qualcosa che sta crescendo dentro di te in questo momento."
Una vita dentro di me. Un piccolo bambino. La realizzazione improvvisa di quel fatto mi colpii con tutta la sua forza e tirai su con il naso, cercando di fermare le lacrime inutili di rabbia e di confusione. Tre secondi dopo stavo piangendo tra le mie mani, chiedendomi che cosa avessi fatto di male nella mia vita precedente per meritarmi quello che attualmente mi stava succedendo. Mi ci vollero pochi minuti per riprendermi e, una volta esserci riuscito, trovai Martin che mi guardava con un sorriso gentile.
"Andrà tutto bene," mi disse. "Se deciderai di abortire, organizzeremo il tutto per farlo."
Annuii e mi asciugai le guance.
"Scusi è solo... troppo, capisce? Non avrei mai pensato di sperimentare questo, di avere un bambino dentro di me."
"Penso che nessun regazzo avrebbe mai pensato che gli sarebbe successo," ridacchiò.
"Immagino di no."
"Penso che ti lascerò andare a casa ora, ma ci sono un paio di cose di cui voglio tu sia a conoscenza."
"Va bene, cosa?"
"Non ti stressare più del necessario," disse. "Ricordati di bere molta acqua, almeno fino a quando dura il malessere mattiniero, più o meno altre tre o quattro settimane. E vorrei anche consigliarti di andare in farmacia per comprare  un paio di test di gravidanza, solo per controllare."
"Va bene, ma perché devo comprarne più di uno?" chiesi confusamente.
"Più prove, più precisione."
"Giusto, ma... cosa posso dire a mia madre? Starò male per qualche settimana in più, quindi non posso semplicemente andare fuori e dirle che va tutto bene."
"Se davvero non vuoi dirle la verità, potresti dirle che è solo un virus a lungo termine e che dovrebbe andarsene tra quattro settimane. A quel punto, il vomito dovrebbe fermarsi."
"Mmh si, va bene."
Mi rivolse un sorriso prima di alzarsi dalla sedia sul quale era seduto.
"Ora ti ripulisco, ok?"

Dieci minuti più tardi avevo lasciato l'ufficio, dopo essermi stato detto che avrei ricevuto una telefonata con i risultati degli esami del sangue tra circa una settimana. Trovai mia mamma seduta nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata, solo che, diversamente da prima, era impegnata a leggere una rivista di gossip. Mi avvicinai e lei alzò lo sguardo.
"Mio Dio, eccoti, sei stato lì dentro per più di due ore!" Esclamò e si alzò in piedi, mettendo la rivista sul tavolino accanto alla sedia in cui era seduta.
"Si, scusa, voleva farmi un po' di esami," dissi.
"E...?"
"Va tutto bene, è solo un virus allo stomaco a lungo termine, dovrebbe passare in quattro settimane o giù di lì," dissi sorpreso da come la bugia scivolò facilmente dalla mia lingua.
"Un  virus che si protrae per due mesi?" chiese incredula. "Che tipo di virus è?"
"Non sono sicuro, non mi ricordo, ma era un nome latino strano," mi strinsi nelle spalle.
"Va bene allora, ma se tra quattro settimane non ti è ancora passato, ti riporto qui e andiamo dentro insieme."
Alzai gli occhi al cielo.
"Va bene."
Nel tragitto dall'ufficio del medico fino a casa, mamma mi fece delle domande sul presunto virus a cui io risposi distrattamente, cercando di non pensare che, sotto alle mie mani che stavano riposando sulla mia pancia, c'era una vita che stava crescendo. Uscii fuori dalla macchina non appena mia madre spense il motore e ignorai le sue urla mentre ero impegnato a correre verso casa. Quello che mi serviva in quel momento era un po' di tempo da dedicare a me stesso, tempo per pensare, il tempo per pensare e per decidere come dirlo a Harry e se avrei dovuto o no abortire. Ciò di cui non avevo bisogno erano le domande di mia madre al quale avrei dovuto mentire.
Dopo aver preso un bicchiere d'acqua in cucina, ricordando quando il medico mi aveva detto di bere molto, uscii, andai nella mia camera da letto e chiusi la porta. Appoggiai il bicchiere sopra il comodino e mi stesi sul letto, guardando il soffitto. Ventiquattro ore prima sapevo che qualcosa non andava, ma nemmeno nei miei sogni mi sarei mai aspettato questo. Perché? Perché questo sarebbe dovuto essere impossibile.
Alzai un po' la maglia e appoggiai le mani sulla pancia nuda. C'era un leggero rigonfiamento. Non era grande. In realtà era appena percettibile e se non avessi saputo che era lì, non ci avrei nemmeno pensato. Ma sapevo che era lì e anche se non avevo avuto nessuna prova medica per confermarlo, in qualche modo lo sapevo comunque. Sapevo quello che i test di gravidanza avrebbero mostrato quando li avrei comprati e sapevo quello che mi avrebbero detto i risultati delle analisi del sangue.
Mi alzai dal letto, mi tolsi definitivamente la camicia e mi misi davanti al grande specchio appeso nel muro. Dal fronte non c'era nulla di straordinario da vedere, solo la mia normale immagine: il torso abbronzato con una sottile striscia di peli sotto l'ombelico che scompariva nel limite dei miei pantaloni. Quando mi girai di fianco, d'altra parte, c'era un leggerissimo cambiamento. Troppo leggero per essere notato. Una piccola bozza. Beh, era molto piccola in quel momento,  ma probabilmente non lo sarebbe stato tra un paio di mesi. A meno che non avessi poi deciso di abortire.
Un aborto. Al mio interno sentivo una sensazione di disagio al pensiero. Non era come essere contro l'aborto in generale, ma... quello era diverso, quello era il mio bambino. Il mio bambino o la mia bambina che solo il pensiero di ucciderlo prima di darlo alla luce mi feceva male. Ma, in tutta onestà, che altro potevo fare? Attraversare la gravidanza? Avere tutta la città che sparlava alle mie spalle? Subire gli urli e i lamenti di mia madre, che chiedeva a Dio che cosa aveva fatto per meritare quel tipo di follia? Avere tutto il mio futuro incerto e forse rovinato? Camminare ogni giorno nel prossimo anno vedendo Harry nei corridoi e sapendo che stavo portando in grembo il suo bambino risultato da un errore mentre eravamo ubriachi? E più tardi, quando il bambino sarebbe cresciuto abbastanza per fare domande, cosa avrei dovuto dire a lui o a lei?
Chiusi gli occhi per un breve istante. Quello era troppo da affrontare in un solo giorno. Avevo bisogno di un sacco di tempo per pensare a tutto quello. Il medico mi aveva detto che il limite di aborto era ventiquattro settimane, quindi avevo ancora tre mesi per decidere cosa fare. Tre mesi da quel giorno... tra tre mesi quel bambino sarebbe diventato molto più grande, sarebbe sembrato molto più reale, si sarebbe sentito molto più vicino a me... sarei stato anche in grado di sentire i calci. Una lacrima scese lungo la mia guancia al pensiero. Non potevo uccidere quel bambino, ma non potevo neanche tenerlo. Che diavolo avrei dovuto fare? Scossi la testa per schiarirmi le idee e asciugai la lacrima sulla mia guancia.
Considerando che molto presto sarei dovuto andare in farmacia, avevo pensato che valeva la pena andarci subito. Sospirai e presi la mia maglietta dal pavimento, rimettendola su, prima di lasciare la mia stanza e scendere le scale. Il mio piano era quello di riuscire a sgattaiolare fuori prima che mia madre mi vedesse e, per fortuna, ci riuscii.
La farmacia più vicina a casa nostra era a circa dieci minuti a piedi e per tutto il tempo, mentre stavo camminando, mi sentii come se tutte le persone che passavano, sapessero che fossi un mostro abnorme. Ma naturalmente non lo sapevano, era solo la mia immaginazione che correva selvaggiamente. Continuavo a sentirmi a disagio però.
Mi sentii incredibilmente imbarazzato una volta arrivato in farmacia e mi ritrovai in piedi davanti ad uno scaffale pieno di diversi test di gravidanza. Come diavolo facevo a sapere cosa cercare? Per almeno dieci minuti rimasi in piedi a guardare su e giù per gli scaffali, sentendomi sempre più indifeso ogni secondo che passava. Proprio mentre stavo per rinunciarci e tornare a casa, una voce alle mie spalle interruppe le mia ricerca e mi fece voltare velocemente.
"Scusa, non volevo spaventarti," mi disse una donna bionda sui trentacinque anni con un sorriso."Posso aiutarti con qualcosa? Sei qui in piedi da un bel po' di tempo."
"Uhm si... io non - io non so... " Mi interruppe indicando lo scaffale con la mano.
Poi rise.
"Ce ne sono un sacco, vero? Beh, se è solo per il controllo, io consiglierei questo," disse prima di avvicinarsi allo scaffale e prendere una scatolina rosa per poi porgermela.
Accettai e la guardai esitante.
"Come... si fa ad usarlo?" Chiesi dopo aver studiato la scatola per alcuni secondi.
"Le descrizioni sono sulla scatola, ma alla fine si tratta solo di fare la pipì sul bastone. E' piuttosto semplice, ma se la tua ragazza non capisce come usarlo, puoi dirle di venire da me che le spiego meglio."
Sbuffai interiormente, immaginando lo sguardo sul volto della donna se le avessi detto che in realtà il test era per me e non per una ragazza.
"Va bene, grazie," dissi. "Il medico ha detto che sarebbe meglio prendere più di un test, quindi potrebbe... consigliarmene due?"
Dopo una conversazione noiosa e fastidiosa con la donna - che sembrava aver difficoltà a capire quando era il momento di smettere di parlare - mi avviai verso casa. La sensazione di essere osservato era aumentata quando stavo portando la borsa in mano la quale - però - solo io sapevo che contenesse tre diversi test di gravidanza. Mi concentrai cercando di essere il più normale possibile, che senza dubbio mi aveva fatto sembrare ancora meno normale, e cercai di non incontrare nessuno sguardo mentre camminavo.
Quando ancora una volta arrivai a casa, dopo quella che sembrava la più lunga camminata della mia vita, mi affrettai a correre su per le scale ed in camera mia, prima che mamma e Owen avessero avuto la possibilità di fermarmi e di chiedermi dove ero stato, perché ero stato lì, cosa c'era nel sacchetto di plastica e qualsiasi altra domanda che avrebbero potuto pormi nel giro di pochi secondi. Chiusi di nuovo la porta, doppio giro in caso non fosse chiusa bene, e poi mi sedetti sul letto e tirai fuori le diverse scatole dalla busta, una rosa, una blu e una bianca. Per prima avevo preso quello rosa. Aprii la scatola e presi fuori il piccolo manuale delle istruzioni che era stato piegato ordinatamente. Fino a quel momento non mi ero mai trovato più vicino di sette piedi da un test di gravidanza e invece quel giorno ero seduto sul letto con tre di quelli a portata di mano, mentre leggevo il manuale delle istruzioni su come usarne uno.
Era stato abbastanza facile, come aveva detto la donna in farmacia, dovevo fare la pipì sul bastoncino e dopo tre minuti si sarebbe dovuta vedere una linea rosa se il test fosse stato positivo e una linea blu se fosse stato negativo. Gli altri due test erano più o meno uguali: quello nella scatola blu dopo tre minuti avrebbe mostrato una faccina felice in caso fosse risultato positivo e una faccina triste nel caso in cui fosse negativo mentre quello bianco un più per il positivo e un meno per il negativo.
Raccolsi tutte le prove e i manuali di istruzione mettendo gli oggetti dentro le tasche della felpa che avevo messo prima di andare in farmacia, e uscii dalla mia camera da letto. Le uniche camere del secondo piano erano la mia, una per gli ospiti che era piena di vestiti, libri, mobili e altri oggetti,  e di un bagno che veniva utilizzato solo da me. Ed ero davvero felice di questo dal momento che non avrei avuto il pensiero di scappare da mamma o da Owen.
Appena entrato in bagno, chiusi la porta e controllai tre volte di aver chiuso bene prima di tirare fuori i test dalle mie tasche. Presi un respiro profondo prima di tirare giù i pantaloni e i boxer e posizionarmi sul gabinetto. La stupidità di tutta la situazione mi colpii mentre ero lì, un ragazzo, mentre stavo per provare un test per sapere se ero incinto. Ero abbastanza sicuro che quello fosse stato il primo caso in quella città, probabilmente in tutto il paese in realtà. Sospirai dopo aver finito anche con l'ultima prova, tirai l'acqua e tirai giù il coperchio verso il basso. E poi non c'era altro da fare che aspettare. Mi sedetti per terra con la testa appoggiata al muro e chiusi gli occhi. Il mio orologio segnava le cinque e trentuno del pomeriggio. Tre minuti. Tre minuti di orribile attesa.
Sapevo che anche se tutti i test sarebbero stati negativi, non mi avrebbe impedito di sentirlo, di saperlo. Non mi avrebbe impedito di sapere che il mio cuore non batteva più solo per me, che non ero più responsabile solo della mia vita, che le scelte che avrei preso da lì in poi non sarebbero più interessate solo a me, ma anche al piccolo che stava crescendo dentro di me. Senza nemmeno pensarci, misi le mani sulla pancia come se lo stessi proteggendo. Se avessi passato quello, il bambino avrebbe avuto bisogno di protezione, molta di più di quanta sarei stato in grado di offrirne io. Se ne sarebbe parlato, se ne sarebbe parlato tanto sia di me che del bambino. Vivevamo in una piccola città, con appena dieci mila abitanti in tutto, e che qualcuno prima o poi avesse avuto dei sospetti sarebbe stato inevitabile. La maggior parte delle persone probabilmente avrebbe pensato che io fossi un ermafrodita e... Cristo, sarebbe stato uno schifo.  Non sarei mai stato in grado di vivere in quella città dopo il parto, e ciò avrebbe inflitto un bel po' di dolore sia a me che al povero bambino. Il pensiero di dovermi trasferire dalla mia città mi fece venire voglia di piangere, di nuovo. Presi un paio di respiri profondi e guardai il mio corpo.
"Tu mi stai causando un sacco di problemi, lo sai?" mormorai.
Oh, ottimo; sto già iniziando a parlare con la cosa. Pensai. Alzai gli occhi e mi alzai dal pavimento mentre controllavo l'orologio. Cinque e trentacinque. Deglutii. Tempo scaduto.
I test erano tutti allineati nel bancone del lavandino, tutti e tre a testa in giù. Allungai una mano tremante e girai il rosa, che avevo posto sulla sinistra.
Linea rosa.
Positivo.
Strinsi la mascella. Ok, era positivo, ma era solo il primo. Ancora due. E girai quello blu.
Faccina felice.
Anche quello positivo.
Mi morsi il labbro impedendomi di emettere un grido di disperazione, prima di girare quello bianco.
Un segno più.
Positivo.
Tutti e tre i test erano positivi.
Il cuore batteva contro la mia cassa toracica, così forte da sentirlo nella gola, e gocce di sudore cominciarono a formarsi sulla mia fronte. Afferrai il bancone per sostenermi, appoggiandomi pesantemente sulle mie braccia, quando sentii le ginocchia cedere sotto di me. Tre test di gravidanza positivi. Non poteva essere una coincidenza. Non c'era modo di dire che fossero tutte sbagliate. Spostai lo sguardo fino a guardare il mio riflesso nello specchio. Ero pallido come un lenzuolo, ma le mie guance erano rosse fiammanti, come se fossi stato fuori al freddo per molte ore.
E poi più stavo lì, più mi sentivo la nausea e il respiro sempre più veloce. Fino a quando sentii il crescente gusto della bile in bocca.
Tre secondi dopo mi ero ritrovato in una situazione familiare: in ginocchio, chino sul gabinetto. Non importava quante volte avevo vomitato nel corso dell'ultimo mese, il sapore rivoltante della bile misto al mio ultimo pasto era una cosa a cui non avrei mai fatto l'abitudine. Alla fine mi ci vollero un po' di minuti e, in quel momento, sentii la gola in fiamme e gli occhi bagnati dalle lacrime. 
Alla fine non avevo più niente da rigettare e tirai lo scarico prima di lasciare che il mio corpo cadesse sul pavimento e si rannicchiasse sul tappeto morbido. Lacrime silenziose continuavano a cadere dai miei occhi e, ancora una volta, mi posai le mani sulla pancia.
"Sembra che siamo tu ed io, adesso," sussurrai.



Occhio a me!

 
Eccomi qui, come promesso. Allora, vi avviso che ho già iniziato a tradurre il prossimo capitolo e, posso assicurarvi, che finalmente ci sarà anche il nostro adorato Harry!
Solo io trovo Louis adorabile? 
Vorrei ringraziarvi per tutte le visite e le ragazze che hanno messo la storia tra preferite/ricordate/seguite. E vorrei ringraziare in particolare She Flies e FaBoLoUiS SoFy che hanno recensito lo scorso capitolo. Sono contenta che vi piaccia e che vi faccia piacere che io abbia iniziato a tradurla!
Bene, bene, vi invito a tutte a recensire giusto per farmi sapere se la storia vi sta piacendo o meno, anche se effettivamente è solo l'inizio.
Alla prossima settimana,

Giulia.
  
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