Teatro e Musical > American Idiot
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Autore: 924_GilmanStreet    20/08/2013    1 recensioni
Amanda e Jimmy. Due ragazzi così uguali che però non si conoscono. La loro città è in piena rivoluzione e loro due sono a capo di due gruppi che la approvano. Devono riuscire a far rialzare la popolazione e a prendersi tutto ciò che gli spetta. Entrambi sanno dell'esistenza dell'altro e si stimano reciprocamente. Nonostante questo non si sono mai visti. Mai scritti. Nessun contatto. A causa di una serie di eventi però si incontreranno e da lì le loro vite cambieranno radicalmente.
Genere: Avventura, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un piede colpì la pozzanghera di quel piccolo vicolo di periferia. Anche se più che periferia lo si poteva definire Ghetto. Il centro ormai era un unico subbuglio. Anche per quella sera la rivoluzione era passata, ma questa volta Amanda era stata vista. La polizia l'aveva riconosciuta a capo di quella serata così, era stata costretta a scappare lasciando l'evolversi della situazione momentaneamente nella mani dei suoi amici. Così iniziò a correre, ma sentiva sempre dietro di se la polizia. 
- La moto, cazzo! Dove l'ho lasciata!?- continuava a chiedersi... Poi la vide, la sua moto. Era finita su una specie di carretto di legno. Probabilmente un tentativo di furto fallito, visto che una ruota di quel carretto era collassata su se stessa. Poco importa, la moto era lì e lei doveva scappare più alla svelta possibile. Con un paio di movimenti felini si ritrovò a cavallo della sua moto. Una Harley usata, ma telmente bella che poteva sembrare nuova. Non l'aveva decorata; nessun adesivo, come tutti si potrebbero immaginare. Era una semplice Harley nera e ben lucidata, talmente tanto che ci si poteva specchiare nella carrozzeria. Perchè mi sto soffermando su questo? Probabilmente perchè fu grazie alla vista della sua faccia riflessa sulla moto che Amanda si accorse di essere troppo riconoscibile. Durante la corsa per fuggire aveva perso il cappelli che la aiutava a non farsi riconoscere. Per fortuna vide una sciarpa appesa ad un balcone prorprio sopra il carretto.  Tese il braccio e la afferrò e al posto della sciarpa mise una banconota da cinque dollari. Sapeva bene che anche una semplice sciarpa in quel posto poteva significare molto. All'improvviso si accorse che i passi degli agenti erano sempre più vicini. Si legò la sciarpa in volto e provò ad accendere la moto - Parti dannazione! Parti!- a quella esclamazione, come se la avesse capita, la sua Harley si accese. Appena in tempo. Gli agenti avevano appena girato l'angolo e l'avevano vista ma non riuscirono ad avvicinarsi. Scese senza troppe gentilezze da quel che rimaneva dal carretto ovviamente a cavallo della sua moto. In questo modo ruppe alcuni pezzi delle assi che lo componevano ed esse schizzarono nella direzione degli agenti. Era fatta. Ormai si era allontanata abbastanza e non l'avrebbero potuta raggiungere semplicemente correndo. Era ancora per strada a tutto gas, quando il suo sguardo si alzò e vide il cielo. Era più stellato del solito. Era uno spettacolo stupendo, non poteva non soffermarsi a guardarlo. In effetti lo guarò talmente a lungo da non accorgersi che c'era un pvero gattino in mezzo alla strada, e per evitarlo fu costretta a sterzare in modo veramente brusco, ma così il gattino era salvo. Amanda vide che in fondo quella sterzata non era stata nemmeno così inutile. Era finita in un vicolo a fianco dove vide un palazzo abbandonato. Posò la moto, raccolse il gattino da terra e si dirisse sulla cima del palazzo. Aveva trovato un posto per vedere in santa pace le stelle. Dopo cinque piani di scale eccoli arrivati sul tetto. Amanda posò a terra il gattino che sembrava molto incuriosito dal posto e andò a fare un giro di ispezione, Amanda incece si accorse di una costruzione quasi fatiscente (come il resto dell'edifico) proprio nel mezzo del tetto. Probabilmente era un vecchio magazzino per gli attrezzi. Sbattè i pugni contro la porta di questo e si lasciò cadere a terrà strusciando i pugni su quella porta di legno. Le sue mani iniziarono a sanguinare. si girò con le spalle al muro del vecchio magazzino e iniziò a piangere mentre guardava il cielo. Una canzonre continuava a pasarle per la testa " Starry Nights, City of lights coming down over me, Skyscrapers and stargazers in my head, Are we, we are, are we, we are, the waiting unknown..." .  Il gattino le venne in contro e iniziò a leccarle il sangue dalle ferite sulle mani.
-       Siamo noi l’attesa eh? L’attesa di cosa? Qui va tutto a rotoli e io sono qui a piangermi addosso perché mi sento sola! – Disse singhiozzante al gattino, che la ascoltava con attenzione, come se la capisse – Tutto questo non ha senso! Questo stupido posto mi ha tolto tutto! La famiglia per prima! E ora pure i miei amici stanno iniziando a rinunciare a tutto. E come biasimarli, è una situazione stancante e anche pericolosa, se non lo fosse io ora non sarei in cima ad un eduficio abbandonato a piangere con te… Certo che potrei darti un nome sai? Ti piace Black? Mi sembra molto adatto a te visto che sei tutto nero… Bene, è deciso, tu sei Black e verrai a casa con me. Mi sembra giusto presentarmi, sono Amanda e sono un’idiota che sta piangendo perché ha visto le stelle. Detta così sembra una frase senza senso lo so, ma le stelle , per quanto le adori, in certe situazioni mi destano una malinconia che non puoi nemmeno immaginare… Ah, e poi amo i Green Day, se non lo si era capito- in effetti lo si poteva intendere dalle toppe per l’appunto dei Green Day che aveva cucito sul giubbino di pelle nera che indossava.
Si era fatto tardi ormai, anzi, più che tardi era presto, era l’alba. Ormai la polizia non la cercava più e poteva ritornare a casa , ma prima decise di fare una sosta al suo locale preferito. Aveva bisogno di un buon caffè forte che le avrebbe potuto sistemare le idee (per il momento) e aveva bisogno anche di un po’ di latte per il suo nuovo inquilino. Così, si asciugò le lacrime, prese in braccio Black e ritornò a terra. Che bella la luce del sole che filtrava tra i vicoli.
-       Black, si va fare colazione. Ti porto in un posto che per me è come casa e probabilmente diventerà una seconda casa…- salì sulla moto e mise il gattino sul manubrio-  è molto bello, e anche le persone sono molto cordiali…- accese la moto in unico colpo secco- Ottimo! È partita! Si va al 924 di Gilman Street! Pronto?-
E partì, lasciandosi quella brutta nottata alle spalle, o almeno provandoci. Sapeva che quei  “mostri” che la perseguitano sarebbero tornati, e anche molto presto… ma per il momento l’unica cosa che voleva era riuscire a fermarsi per qualche minuto e bere una buona tazza di caffè caldo.
   
 
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