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Autore: Birra fredda    20/08/2013    4 recensioni
Oggi è la tua festa, papà. Oggi a scuola Evelynn, la mia migliore amica, mi ha mostrato la lettera che ha scritto per suo padre e così ho pensato che potevo scriverne anche io una per te.
Con la sola differenza che lei potrà leggere sul volto dell’uomo le sue emozioni e invece io potrò solo lavorare d’immaginazione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro









Ciao papà,
come stai? Come va lassù?
E, sì, dico lassù perché non ho cambiato idea. Da quando ero una bambina ci credo ancora al paradiso. Ci credo in Dio, sai papà? E questo perché mamma ha sempre influito positivamente sulla scuola cattolica che ho frequentato. Mi è sempre piaciuto molto andare lì e ho sempre sperato che tu mi guardassi e che fossi fiero dei miei risultati.
L’ho sperato anno dopo anno, anche quando la bigiavo, la scuola, per andare a rintanarmi in qualche vicolo a fumare marijuana con i miei amici.
Lo spero tutt’ora.
Oggi è la tua festa, papà. Oggi a scuola Evelynn, la mia migliore amica, mi ha mostrato la lettera che ha scritto per suo padre e così ho pensato che potevo scriverne anche io una per te.
Con la sola differenza che lei potrà leggere sul volto dell’uomo le sue emozioni e invece io potrò solo lavorare d’immaginazione.
Comunque, sai, il tuo sorriso è rimasto vivido nei miei ricordi, e quindi non mi è difficile figurarti qui, seduto al mio fianco che mi sorridi sereno e felice.
Non mi è difficile ricordarti, papà. Me li ricordo bene i lineamenti del tuo volto, i tuoi occhi allegri, i tuoi tatuaggi, le tue spalle forti su cui mi caricavi. Mi ricordo la tua risata e se qualche volta mi sembra di non ricordarmi alla perfezione il suo suono mi basta andare a cercare un video nella cartella del mio computer dedicata a te e posso risentirla.
Mi manchi tanto.
Sono anni che per la festa del papà non compro regali e oggi, finalmente, te ne sto facendo uno. Non è proprio un regalo, a dire il vero... insomma, è solo una lettera, ma spero che ti piaccia ugualmente.
Ho diciassette anni, papà. Diciassette.
Sono più di dieci anni che passo senza di te. Ormai dovrei aver dimenticato la sensazione di avere un padre, credo, e invece non è affatto così.
Non ho dimenticato i tuoi abbracci, papà, le tue mani gentili che mi accarezzano i capelli, la tua voce.
Non ho dimenticato i momenti in cui la notte piangevo perché tu non c’eri e ci vedevamo via webcam anche se eri sudato e stanco dopo un concerto.
Non ho scordato le mie corse lungo il corridoio di casa per poterti saltare addosso quando tornavi dopo una prolungata assenza. Ricordo che quelle notti, poi, le passavi sempre con me. Io crollavo nel lettone tra te e la mamma e mi risvegliavo ancora intrappolata nel tuo abbraccio.
Mi ricordo ancora di quando mi portavi alle giostre e te le facevi tutte al mio fianco, o di quando andavo in bici e non mi perdevi d’occhio neanche per un istante.
Mi ricordo che sapevi coinvolgermi in ogni minima cosa, cosa che a mamma non riusciva, e che riuscivi persino a farti aiutare a preparare la colazione, tanto me lo proponevi per gioco.
Eri così bravo con me. Chissà come saresti stato con me adolescente.
Con me così incasinata, piena di dubbi, di domande. Piena di rabbia.
Sì, piena di rabbia fino a farne fuoriuscire a fiotti fuori dalle orecchie.
Sono incazzata, papà.
Incazzata col mondo, con te che te ne sei andato via tanto, troppo, presto, con mamma che pare non mi conosca più, con la scuola, con le persone.
E credo che sia per questo se Fuck Everything è  la mia canzone preferita dei Suicide Silence.
Quando l’ascolto in camera mia a tutto volume, urlando le parole e lasciando che la mia e la tua voce si sovrappongano, mi sento immensa. È la mia rivincita, questa canzone. È il mio vaffanculo alla società, il mio sorriso sghembo sbattuto in faccia agli adulti, il mio dito medio ai professori, la mia risata fiera a chi mi vuole male, il mio urlo di disapprovo alla tua assenza.
Forse ti sembra strano che io sia così arrabbiata per la tua morte.
Ma, sai, io ricordo anche quel giorno, papà.
Ricordo che eri visibilmente ubriaco e che, sebbene io fossi solo una bambina, capii che non era una buona cosa. Ricordo mamma che mi mise a letto troppo presto, ricordo che ficcai la testa sotto il cuscino per non sentila mentre ti implorava di non uscire.
Ti implorò, papà, ma tu non l’ascoltasti.
Ricordo la chiamata in piena notte, papà. Ricordo che mamma pianse stringendomi tra le sue braccia senza dirmi una parola. E io capii che doveva esserti successo qualcosa di brutto, ma non pensai mai, neanche per un minimo istante, che non ti avrei rivisto mai più.
E poi mi spiegarono tutto. Ricordo Chris, in modo particolare, che mi prese in braccio, sulla poltrona di casa, e mi disse che non c’eri più.
Io piansi, non capendo le sue parole. Mi dimenavo sulle sue ginocchia e urlavo che era un bugiardo. Non capivo dove tu potessi essere andato, e allora, dopo molte esitazioni, lui mi disse che eri in paradiso.
Gli credetti all’istante, come avrei potuto non farlo?
Lui fu l’unico che mi diede uno straccio di risposta ed io mi aggrappai alle sue parole con le unghie e con i denti. Immaginarti spaparanzato su una nuvola a giocherellare con un’aureola era parecchio più semplice e gratificante del pensarti dolorante tra i fuochi dell’inferno.
Ti avevo sempre visto come un bravo papà, dopotutto, e quindi come avrei potuto pensare che non fossi una brava persona degna di stare in paradiso?
E ancora oggi non ho cambiato idea, come se le parole di Chris possano essere la sola verità. Non ho cambiato idea anche se Evelynn si ostina ogni settimana ad alzare gli occhi al cielo vedendomi andare a messa.
Te la ricordi Evelynn, papà?
Siamo amiche da quando tu eri ancora vivo e, anche se lei si ricorda pochissimo di te, spero che tu ti ricordi di lei.
Lei è l’unica amicizia che sono riuscita a portare avanti negli anni.
Lei è quella che mi accompagna al cimitero tutti i mesi, spostando appuntamenti e avvenimenti importanti pur di restare con me dieci minuti in silenzio davanti alla tua tomba. Lei è quella che mi registra quando canto, che legge i miei testi e mi consiglia cosa modificare, che mi passa sempre i compiti di matematica e a cui suggerisco sempre durante le interrogazioni di storia. Evelynn è la sola persona che risponde a tono a quei fottuti coglioni che mi scherniscono perché sono tua figlia.
Sai papà, un conto è perdere un padre. Mentre perdere un padre famoso significa tutt’altro.
Significa ricevere occhiate in continuazione, sentirsi dire morirai giovane come quel cretino di tuo padre o tuo padre era un pessimo cantante e tu sembra che porterai avanti la tradizione di famiglia.
Ecco cosa significa per me la tua assenza, papà.
Significa non solo cercare di colmare il vuoto che mi hai lasciato dentro, ma anche lottare contro i coglioni che mi dicono certe cose.
Non si contano ormai le volte in cui Evelynn e Tom hanno dovuto trattenermi per impedirmi di picchiare qualcuno. Non si contano i giorni in cui Nate mi ha preso in braccio per riportarmi a casa poiché ero troppo sbronza per camminare dopo essermela presa per uno dei soliti commenti idioti di quei tipi.
You only live once so just go fucking nuts, vero papà? Sei stato tu a insegnarmi questo e io lo sto mettendo in pratica anche se Evelynn e la mia band non sembrano essere consenzienti.
Fumo, bevo e ho già provato molti tipi di droghe.
Non credo che questo ti renda fiero di me, ma non posso farci nulla. È anche colpa tua, in fondo, se dentro ho un baratro nero da colmare. E come colmarlo, se con sostanze nocive o non, sono io a deciderlo.
E, perdonami il cinismo, ma non ti concedo il diritto di replica.
Tu non ci sei, papà, e io me la cavo come posso. Se tu fossi qui accetterei le tue critiche, le tue sgridate, le tue punizioni, ma non ci sei, e non puoi far altro che starmi a guardare con uno sguardo di disapprovazione stampato in faccia.
E non ti permetto di giudicarmi, essendotene tu andato perché eri sbronzo alla guida della tua moto. E per questo ti dico anche che la colpa è solo tua, se io sto crescendo senza una figura genitoriale.
Ma cambiamo argomento, ché questa dovrebbe essere una lettera per augurarti buona festa del papà e non per scaricarti addosso tutto il mio rancore. Ti va se ti racconto un po’ di me?
Non credo di essere la classica ragazza adolescente che potresti incontrare in giro, papà. Non vado il sabato sera in discoteca, non mi vesto di colori allegri, non ascolto musica pop o disco, non indosso tacchi, fumo, mi trucco con troppa matita nera, indosso sempre Converse o Dr. Martens, al posto delle magliette ho felpe giganti e maglioni, ascolto musica metal, metalcore, rock, punk e tutti i vari sottogeneri.
A scuola non vado male. Anche se almeno una volta a settimana io e i miei amici ci prendiamo un giorno di pausa bigiandola per passare il tempo a cazzeggiare in giro o a suonare, ti dirò che mi mantengo sulla sufficienza piena.
E mi piace la storia. Mi piace studiare le battaglie, leggere dei massacri tra popoli diversi, delle torture inflitte ai lebbrosi, alle streghe o agli omosessuali. Amo la storia che parla di guerre, di dolore e che odora ancora di morte.
Sarò un po’ sadica, forse, ma che posso farci?
Un’altra cosa che mi piace fare è andare a cavallo.
Non mi chiedere perché o come mi sia potuta venire in mente una cosa simile, ma a tredici anni ho accompagnato Evelynn al maneggio per provare e da allora sia io che lei ci andiamo due o tre volte a settimana.
Andiamo lì, accudiamo i cavalli, gli diamo da mangiare, poi selliamo i nostri preferiti e ce ne andiamo a spasso per le campagne. Passiamo i pomeriggi interi in sella ai nostri cavalli, a rincorrerci e ad incitarli affinché vadano più veloci.
Mi sento libera, col vento che mi frusta i capelli, in groppa al cavallo e con la risata della mia migliore amica dietro le orecchie.
Ma a parte i cavalli, la mia più grande passione è la musica.
Faccio parte di una band di cui sono la cantante e il chitarrista, il bassista e il batterista sono maschi. Spero che tu non sia geloso, papà, e anche se li ho baciati tutti e tre siamo solo amici. Davvero. Inoltre eravamo ubriachi quando ci siamo baciati.
Tom è il chitarrista. Te lo ricordi? Eravamo amici all’asilo ed era il bambino che piangeva quando io dovevo andare via. Ci siamo rincontrati al liceo e ora siamo molto legati.
Poi ci sono Nate e Lucas, che sono gemelli e sono il batterista e il bassista. Sono due tipi a posto, simpatici e che mi vogliono bene.
Mi piace essere in una band, papà. Mi piace tantissimo l’unione che si è creata tra noi, il bel rapporto di amicizia che siamo riusciti a instaurare. Cantare con loro è splendido, siamo in sintonia e riusciamo a provare anche per ore e ore senza accorgerci del tempo che passa.
Io canto, nella band, proprio come te. E facciamo un genere Deathcore molto simile ai Suicide Silence. Proprio come te, papà, so cantare sia usando lo scream che il growl e riesco a far piangere mamma ogni volta che ci sente durante le prove. Dice che ho la tua stessa tecnica, la tua stessa passione, negli occhi la tua stessa voglia di spaccare tutto e di dominare il mondo.
Tempo fa abbiamo fatto uno show in un piccolo locale da queste parti e sono venuti anche i tuoi vecchi compagni di band a sentirci.
Alla fine dello show erano commossi e mi hanno detto che dovremmo fare una tournèe in tuo onore con me al microfono. Io sono rimasta paralizzata per qualche istante. Da un lato mi è sembrata un’ottima idea, ma dall’altro ho avuto tremendamente paura di fallire.
Temo di non essere alla tua altezza, papà. E poi ho solo diciassette anni.
A proposito dei vecchi Suicide Silence, ci sentiamo spesso, sai?
Dopo la tua morte non si sono sciolti ufficialmente, ma è parso chiaro a chiunque che non avrebbero continuato a fare musica insieme; comunque ognuno di loro ha continuato a fare musica per conto suo o con qualche band del posto. Ma nonostante non ci fosse più la band non ci siamo persi di vista. Al mio compleanno li invito sempre a casa, tra l’altro, e quando c’è l’anniversario della tua morte organizziamo sempre una cena fuori o un’uscita serale per ricordarti.
Mi piace stare con loro e parlare di te, papà. Loro mi raccontano di quanto fossi felice il giorno della mia nascita, di come mi tenessi tra le braccia come se volessi farmi da scudo dai mali della Terra e di come non smettessi un momento di parlare di me quando eravate in tournèe.
Loro mi fanno sentire una figlia amata. Mi rendono consapevole del fatto che anche se mi hai lasciata, mi hai voluto un bene immenso.
Sai con chi mi sento di tanto in tanto? Con Austin Carlile degli Of Mice And Men. Non si è mai dimenticato di mandarmi gli auguri al mio compleanno e ogni tanto ci chiamiamo. Mi piace Austin, mi dice quasi durante ogni conversazione che vorrebbe aver passato più tempo con te perché eri una persona fantastica e ti nomina molto spesso durante i concerti, soprattutto quando è vicina la data dell’anniversario della tua morte.
Un’altra persona che sento spesso è Oliver dei Bring Me The Horizon. Dopo aver collaborato per il Kenadee Lucker Education Fund non mi ha abbandonata e ancora oggi ci sentiamo. Lui mi racconta dei posti che visita, dei suoi fan, delle platee di fronte a cui si esibisce e io gli mando i demo della mia band, gli parlo della scuola, dei miei amici.
È lui, oltre a Evelynn e alla mia band, l’unico a cui ho detto della tournèe in tuo onore e a cui ho rivelato i miei dubbi a riguardo.
Sebbene sia Eve sia i ragazzi siano stati d’accordo nel dire che se i Suicide Silence mi hanno proposto una cosa del genere significa che mi ritengono in grado di metterla in atto, Oli è stato quello che più di tutti mi ha convinta.
Mi ha detto che non ci sarebbe modo per ricordarti meglio e che sicuramente chiunque, vedendomi sul palco, non noterebbe la mia bravura come cantante ma rivedrebbe in me solo te.
Questo mi ha dato la forza di valutare seriamente l’idea.
I tuoi fan che ancora scrivono lunghe lettere ai restanti membri dei Suicide Silence e che mi contattano su internet se la meriterebbero anche, una sorpresa del genere.
Non ci hanno mai abbandonati, a nessuno di noi.
Non lo hanno fatto, in primo luogo partecipando alla fiaccolata in tuo onore pochi giorni dopo la tua morte, poi donando soldi per la mia istruzione e infine continuando a parlare dei Suicide Silence come se nulla al mondo potesse cancellarli dalla loro memoria.
Ed io so che quei fan ora saranno padri e madri di famiglia, adolescenti un po’ troppo cresciuti con la testa fra le nuvole, universitari o chissà che, ma so anche che non rinuncerebbero mai a partecipare a una tournèe con i vecchi Suicide Silence e me, tua figlia, che canta al posto tuo.
E so che, come mi ha detto Oli, nessuno se ne starà lì a criticare il mio modo di cantare o a giudicare migliore il tuo scream del mio. So che il pubblico rivedrà in me ciò che vede anche mamma. Vedranno te in me, rivivranno le tue parole attraverso la mia voce, il tuo stomp attraverso il mio corpo, i tuoi occhi raggianti attraverso il mio sguardo.
Ed io non vedo l’ora di vedere tutti quei volti cresciuti scrutarmi dal basso alla ricerca di un pezzettino di te in me. Non vedo l’ora di vedere tutti quei medici, avvocati, pompieri, operai, spazzini, studenti, veterinari, baristi togliersi le divise da lavoro, i vestiti sobri da ufficio o da università e scatenarsi sotto il palco.
Non vedo l’ora di renderti onore papà.
E so già che questa esperienza colmerà – se non del tutto almeno per i ¾ – il vuoto che ho dentro e che mi è stato lasciato dalla tua prematura scomparsa.
La vicinanza dei tuoi vecchi compagni di band e l’amore dei fan ripagheranno tutti i momenti passati a soffrire per te, tutte le bottiglie di vodka scolate per non pensarti, tutti i pugni dati al muro e le lacrime versate sulle nostre fotografie insieme.
O almeno lo spero.
Non si può compensare l’assenza di un padre, ma forse si può fare qualcosa per migliorare la mia situazione da adolescente infelice.
E io farò del mio meglio sia per tornare ad essere felice sia per renderti orgoglioso di  me, papà.
 

Canterò per te,
dammi la forza di essere,
anche solo lontanamente,
alla tua altezza.
 
Tua, Kenadee.

 
ps.
STOMP ON!






























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Ahm, salve.. oggi da me diluvia e mi è venuta voglia di rivedere e di pubblicare questa roba scritta un mesetto fa (?)
Coomunque, spero vi piaccia. Ovviamente non so cosa penserà Kena a diciassette anni, ma io l'ho immaginata come una ragazza un po' cinica, distaccata e tanto incazzata e confusa.

Fatemi sapere cosa ne pensate,
Echelon_Sun

  
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