La tua anima per un sogno
Un’ombra si muoveva a passi lenti e sinuosi nel bosco, senza
produrre il minimo rumore.
Era stata attirata verso il centro del bosco da dei
singhiozzi e gemiti che disturbavano la tranquillità di quel luogo, in genere
sempre silenzioso.
Dove i lamenti divenivano sempre più acuti, trovò nascosto
tra un cespuglio un bambino, rannicchiato su sé stesso. Si teneva le gambe
strette al petto e piangeva. Piangeva incredibilmente forte.
Gli bastò una sola occhiata per capirlo: quel bambino aveva
un’anima enorme e pura.
La desiderava.
Quello si accorse della sua presenza e alzò gli occhi.
Diversamente dalle sue aspettative, non ebbe alcune reazione, ma si limitò a
fissarlo con gli occhi gonfi di lacrime.
«Perché piangi?»
Il bambino, vedendo quella che sembrava un’enorme tigre
ricoperta di fiamme azzurre e dalla coda biforcuta avvicinarsi a lui,
indietreggiò istintivamente.
«Non preoccuparti. Non brucio, e non ti mangerò nemmeno. –
continuò – Ti sei perso?»
Anche se alcune lacrime ribelli continuavano a scendere prepotentemente
sulle sue guance, sembrava che ormai l’apparizione dell’animale fosse riuscito
a calmarlo.
Scosse la testa, corrugando le sopracciglia.
Solo in quel momento si accorse che avevano una forma
strana. Si accucciò a terra.
«Se-Sei una tigre?»
«Gli umani ci chiamano bakeneko.»
«Allora sei un gatto.»
Il bakeneko si
accorse delle ginocchia sbucciate del piccolo: «Sei caduto?»
«Non mi fa male.»
«E allora perché piangevi? Che ci fai qui?»
«Sono scappato.»
«I tuoi genitori saranno preoccupati.»
«È per colpa loro che sono scappato! – esplose – Loro mi
odiano, lo so! Dicono sempre che sono una delusione e che combino sempre guai
e… e… non gli importa niente di me! Anche adesso che siamo venuti qui in
vacanza, pensano solo al lavoro! Credono che il mio sogno sia solo un capriccio
e non fanno niente per aiutarmi… Non mi vogliono bene!»
Il demone, pur non essendo un esperto di sentimenti umani,
aveva lasciato sfogare il bambino, che ricominciò a versare lacrime di rabbia.
Prima che riuscisse ad accorgersene, si ritrovò l’enorme
animale acciambellato attorno a lui.
Era vero: era molto caldo, ma non bruciava.
«Vorresti che qualcuno ti aiutasse a realizzare il tuo
sogno?»
Quello annuì energicamente.
«Per i tuoi genitori non possa fare nulla, ma questo è molto
più facile. Posso pensarci io.»
«Davvero?»
«Certo. Posso renderti felice. Rimarrò sempre al tuo fianco
finché il tuo sogno non si sarà realizzato, non importa quanto difficile esso
sia.»
«Ma… io domani torno in America…» avvolto in quel
rassicurante tepore, iniziò a sentire tutta la stanchezza della giornata e
della sua avventura da solo nel bosco.
«Non importa. Aspetterò il tuo ritorno, e allora ti aiuterò.
Ma quando ce l’avrai fatta… Alla fine dovrai darmi una cosa.»
«Cosa?»
«La tua anima.»
La desiderava. E l’avrebbe ottenuta.
Il bambino non sembrò affatto preoccupato. In qualche modo,
quel demone lo faceva sentire al sicuro.
«Mi proteggerai?»
«Per sempre.» anche la voce profonda dell’essere sembrava
ormai provenire da un luogo lontano.
«Se è a te che devo darla, allora mi sta bene.»
«Ti avverto: i patti stretti con i demoni sono
inscindibili.»
«Iscin…»
«Vuol dire che non puoi tirarti indietro.»
Sorrise in risposta, e si accoccolò meglio contro il corpo
dell’altro. Quello era il suo sì.
«Ehi… – lo richiamò, con la voce già impastata dal sonno –
Non mi hai nemmeno detto come ti chiami.»
Il bakeneko fu
estremamente sorpreso. Nessuno si era mai preoccupato di domandargli una cosa
simile.
«Me lo dici?» sentì pigolare ancora il corpicino
rannicchiato contro di sé.
Sorrise intenerito.
«Kuroko.»
«Io sono Taiga!» esclamò soddisfatto, prima di sbadigliare e
addormentarsi in un sonno sereno e senza incubi.
La mattina dopo, si ritrovò nella tenda da campeggio,
addormentato vicino ai suoi genitori.
Nessuno si era accorto di nulla, e così sospettò si
trattasse solo di uno dei tanti sogni di quella notte.
Nel pomeriggio era già sul volo diretto a Los Angeles.
Nove anni dopo, quello stesso volo lo aveva riportato nel
suo paese natio.
Non sapeva perché, ma avvertiva chiaramente dentro di sé che
solo in Giappone avrebbe potuto realizzare il suo sogno.
Probabilmente si trattava di un capriccio infantile, ma si
sentiva richiamato lì da qualcosa più forte di lui.
Forse il destino.
Così Kagami Taiga, ormai adolescente, si apprestava a varcare la soglia di quella che sarebbe stata la sua nuova scuola per i prossimi tre anni.
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Angolo di Aki
Bene,
suppongo sappiate tutti cosa succede dopo, no? Kagami entrerà
nel club di basket della sua nuova scuola, dove incontrerà - o
forse dovremmo dire rincontrerà? - qualcuno che diventerà la sua ombra e lo renderà il miglior giocatore del Giappone.