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Autore: Erbacea    21/08/2013    2 recensioni
Astrid, innamorarsi del ragazzo conosciuto su internet che vive dall’altra parte del mondo? Capita, ma poi pensi E’ lontano e non potrò mai stargli accanto, baciarlo, accarezzargli il volto con le dita perciò cerchi di evitarlo, soprattutto adesso che sai che hai poco tempo e che non potrai più vederlo. Non affezionarti Te lo consiglio. Ma quando l’amore è vero supera tutto, anche la morte. E lui ti ha dimostrato tutto l’amore che prova per te aspettandoti in paradiso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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5 Marzo 2013

 
«Potresti smettere di sghignazzare? La tua voce da ochetta mi distrugge l’udito.» Portò le mani alle orecchie per tapparsele e pregava Astrid di smettere di cantare. Josh era  fatto così: schietto, senza peli sulla lingua. Astrid invece era il contrario, temeva tutto. Ma come si dice? Gli opposti si attraggono. E si attraggono anche se a dividerli vi è un grosso muro. Sì un muro che può essere chiamato in tanti modi: oceano, stato, continente, fuso orario, distanza.
Astrid rise per sdrammatizzare e disattivò l’audio della videochiamata continuando a canticchiare la sua canzone preferita. Le piaceva un sacco.
«Stavo scherzando, continua. Amo quando canti.» Affermò Josh con sicurezza. Uno scricchiolio metallico si sentì addirittura dall’altra parte del mondo, da Josh.
La madre di Astrid penetrò d’un tratto in camera senza bussare, come le aveva sempre detto di fare Astrid. Così la sedicenne si precipitò sul computer per schiacciare il tasto rosso per un momento. La donna non sapeva di Josh e secondo  Astrid era meglio così. Lei infatti  voleva che Astrid si affezionasse a qualcuno perché di tempo ne aveva ancora poco e non voleva che soffrisse.
«Ti ho portato dei pancake con lo sciroppo ed un succo per cacciar via il mal umore.»
«Mamma, il mio mal umore sai a cosa è dovuto e non credo possa scacciarlo via con una porzione di pancake.»
La madre deglutì. Astrid aveva ragione ma purtroppo non potevano farci niente.
«Hai ragione, scusami per tutto.» La madre si avvicinò al suo volto e le accarezzò il viso dopo averle baciato la fronte. Uscì poi dalla stanza singhiozzando.
Il trillo metallico del messaggio istantaneo di skype riportò al mondo terreno la ragazza.
«Io non ho accettato nessuna chiamata» dichiarò perplessa lei.
«No As, è rimasta aperta per tutto il tempo…» le giustificò l’accaduto «Devi dirmi qualcosa?»
«Non so di cosa tu stia parlando Josh.»
«Perché sei triste? Perché tua madre è andata via piangendo? E’ tutta opera mia, giusto?» Si allarmò il ragazzo. Alzatosi dalla sedia continuava a infilare le dita tra i capelli.
«Non devi dire così, Josh. E’ tutta colpa mia, dall’inizio.»
«Perché ti dai la colpa? E’ una cosa grave?»
«Credimi lo è. Ma è distante da te i km che ci dividono.» Una lacrima le scivolò dal viso. Josh la osservava mentre si precipitava sul braccio sottile di Astrid. Si asciugò il viso e gli chiese di aspettare.
«Qualcosa che ti lega ai tuoi amici? Al tuo paese?» Insistette Josh mentre Astrid si truccava di nuovo dal lato opposto della camera. Lui poteva osservarla mentre aspettava.
«Non a tutti gli effetti. Ma adesso basta. Non ossessionarmi. Troppe domande Josh, per favore, non ossessionarmi.»
«Scusa, volevo solo esserti vicino.. Sai benissimo che il mio compito è quello di proteggerti, fin dal quel giorno. Sono passati mesi ma io sono sempre qui per te. Sei la mia cucciola e dovrei sapere ciò che sta succedendo laggiù.  
«Sono volati otto mesi, già.»
«Allora vuoi dirmelo? A cosa lega l’accaduto?»
«Al mio sangue, Josh, e presto ai miei capelli!» Scoppiò in un mare di lacrime dopo aver buttato via quelle pesanti parole. Un brivido percorse il corpo di Josh da cima a fondo mentre il ragazzo cercava di collegare il sangue ai capelli.
«Tu» Sospirò il ragazzo incredulo. «Tu hai quindici anni, non può essere! Non puoi essere malata di cancro, As! Hai tutta la vita davanti non puoi!» La prima volta che Astrid vedeva un ragazzo piangere per lei. In quel momento una parte di se stessa si sentiva protetta, anche se non voleva fosse quella la circostanza.
«Perciò non volevo ti legassi a me. Ma tu ogni giorno mi trovavi qui, in linea perché mia madre non vuole che io esca a conoscere nuova gente. Lei dice che nuova gente porta nuove tristezze, perché di tempo ne ho poco.»
«Quanto tempo, As?»
Josh era ancora incredulo, anche se Astrid gli aveva detto tutto per filo e per segno.
«Venti giorni, Josh. Mi mancano solo venti giorni per morire.»
«Ma tra venticinque giorni è il tuo compleanno! Ricordi che avevi organizzato il più bel compleanno da sedicenne?»
«La malattia arriva all’improvviso Josh..» Per un attimo ci fu un silenzio tombale fino a riuscire a sentire il vento che dolcemente faceva muovere la tenda lilla della camera  di Astrid.
«Adesso devo andare, qui in North Carolina sta per piovere e devo aiutare il mio gruppo a rimuovere le tende all’accampamento. A domani»
«A domani? Ma è mattina. Non torni per pranzo?»
«Probabilmente no, abbiamo molto da fare oggi. Un bacio.» Rispose freddo.
E staccò così la videochiamata, mentre Astrid pensava che adesso Josh la odiasse.

17 Marzo 2013


«Non voglio che Josh mi veda in questo stato, rimarrò l’account di skype disconnesso finché mia madre non mi comprerà una parrucca.» Pensò giustamente la ragazza. Decise dunque di navigare sul web. Lui aspettava che Astrid si connettesse per la solita videochiamata pomeridiana, quando entrambi erano liberi, ma lei ammazzava il tempo su face book.
«Non c’è più motivo di vivere se stai perdendo la cosa più importante della tua vita stessa. Farò ciò che ho pensato, arrivederci face book.» Astrid lesse questo stato in bacheca. Lo scrisse poche ore prima Josh. Ma cosa intendeva con quelle sue parole? Cosa voleva combinare?
Astrid era in pensiero per lui che non tornava mai da lavoro così tardi. Decise così di spegnere il computer e uscire dalla cameretta, viaggiare per il suo giardino l’avrebbe fatta sentire meglio, come quando era una bambina.
«Non puoi, Astrid. Sai bene che tra qualche ora l’ambulanza sarà qui  per portarti in ospedale..» La madre cercava di non precipitare nella disperazione. Doveva essere forte per i l bene di sua figlia, anche se riusciva a  stento a trattenere le lacrime. Era ancora una ragazzina ma capiva troppe cose, sapeva che tra qualche giorno la sua vita sarebbe finita, ma non riusciva a crederci. Da sempre era stata una ragazza molto ambiziosa e a causa di un tumore tutto dovrà essere frantumato, tutti i sogni, le speranze di una ragazzina che ha ancora tanta voglia di vivere per morire già.


E l’ambulanza arrivò, alle sette in punto. Scortarono il corpo di Astrid sulla sedia a rotelle mentre le preparavano una stanza nell’ospedale. La madre le stringeva la mano ogni volta che le dovevano fare le iniezioni, quindici volte al giorno finché non arrivò quel giorno.
Priva di speranza e di sorriso Astrid se ne stava nella sua stanza. Non poteva fare niente, tanto meno salutare Josh per l’ultima volta, davvero l’ultima.
Gli scrisse una lettera con le ultime forze che le restavano e pregò la madre a correre in edicola per acquistare un francobollo internazionale. La donna voleva spiegazioni ma la ragazza, indifferente incollava il pezzo di carta con lo scotch trovato nel comodino accanto il suo letto.
Andò la madre comunque  ad imbucarla.

***


«Signor Cannon, una lettera per lei dall’Italia. Come mai, li hai dei parenti?» Domandò il caporale porgendogli quel pezzo di carta profumato di lavanda.
«No, un’amica speciale.»
Lesse quella lettera tutto d’un fiato, singhiozzando. Quasi non poteva crederci, la stava perdendo prima ancora di dirle che l’amasse. Si, Josh si era innamorato di un’italiana quindicenne. Lui, un vent’enne americano con tantissime ragazze ai suoi piedi aveva preferito una chiacchierata con la cara e dolce Astrid che una scopata con le puttane che gli stavano tra le gambe.
«Mi scusi, signor Caporale. So perfettamente che non potrei, ma la prego …  devo partire urgentemente per l’Italia.»
Il signor Walters spalancò le labbra e gli rise in faccia, meschinamente. «Non puoi, ragazzo. Non puoi andar via da queste quattro mura fino alla fine del tuo contratto.»
«Fanculo il mio contratto, ho bisogno di partire!»
«Moderi i termini, Cannon. Lei da qui non si muove. Ci sono delle regole da rispettare.» Andò via dalla stanza dopo avergli fatto una bella ramanzina, anche se invano perché Josh non lo ascoltava affatto. La sua mente, i suoi pensieri erano già in Italia, o meglio, nell’ospedale, sala 12, lettino 129. Da Astrid.

Rubò della carta dallo scrittoio del caporale e staccò il francobollo dalla busta che Astrid gli aveva mandato.
«Cara Astrid, sono Josh. Il ragazzo che tanto ti è stato accanto per tutto questo tempo, quello che odiava non poterti vedere per un giorno intero, che soffriva quando ti trattava male. Il ragazzo che si è innamorato di te fin dal primo momento, dal primo click. Sto scrivendo questa lettera in una stanza, quella del mio caporale. E’ successo un casino, ma non voglio farti preoccupare perciò non ti racconto nulla. Vorrei solo farti sapere che io sarò con te sempre e comunque, non importa sottoforma di cosa. Si, hai capito bene cosa ho intenzione di fare, ti aspetterò li, tra le nuvole e intanto preparerò una tazza di cioccolata calda, come tu la preferisci. Quella che bevevi quando eravamo in webcam, ricordi? A quel tempo non immaginavo dovessimo lottare così tanto per stare insieme, in questo modo così estremo, ma non importa. Ho vissuto abbastanza per poter morire per una giusta causa: starti accanto per sempre. Perché il per sempre esiste in paradiso, dove ci incontreremo molto presto. Ti aspetto principessa, Ti amo.»

***

Josh la imbucò il giorno stesso e la busta arrivò direttamente nelle mani secche di Astrid il giorno successivo. Troppe emozioni in un pezzo di carta. Non poteva crederci. Cosa diamine stava per fare Josh? Voleva distruggere la sua vita pura per starle accanto? Perché se lo domandava ancora? Non poteva credere di aver appena formulato affermazioni e non domande. La cosa importante: Josh l’amava e un uomo innamorato è capace di fare qualunque cosa, su questo non ci piove.

***

«Signor Cannon, apra questa porta o saremmo costretti ad abbatterla e a metterle una nota disciplinare. Non credo le piacerà fare il doppio lavoro qui.» Gridò il caporale. Quell’uomo era disgustoso, privo di emozioni. Solo perché la moglie lo abbandonò per scappare via con un altro pensava avesse il diritto di trattare così tutti gli uomini.
Ma ormai Josh, Josh Cannon, non era più un uomo, bensì un’anima. L’anima di un uomo coraggioso che ha deciso di avviarsi in paradiso per accogliere, poi  la sua amata su un tappeto rosso fuoco.
«Abbattete quella porta.»
Dopo un enorme botto quel solido di legno si staccò dalla parete e volò per aria, lasciando in bella vista la scena di un suicidio. Un’ombra penzolante rabbrividii i corpi degli altri soldati e del caporale stesso. La parete era tappezzata di «Ti amo Astrid» Scritti in grassetto e una lettera breve era incollata al piede di Josh.
Forse l’avrebbe dovuto lasciar andare, anche per un giorno. Forse non sarebbe successo tutto questo. O sì? Magari Josh si sarebbe tolto comunque la vita,  ma non prima di salutare la sua ragione di vita.




 

  
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