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Autore: moonwhisper    26/02/2008    13 recensioni
Accade a tutti di voler staccare la spina, giusto? La conoscerete bene quella sensazione di acqua alla gola, di soffocamento, di saturazione massima. Quando non riuscite più a sopportare nulla di ciò che vi sta intorno. Ma stiamo parlando di voi. Voi comuni mortali. Non di Bill Kaulitz. O si? Bill è stanco, Bill si sente esattamente come vi sentite voi. E allora, cosa fa? Scappa. Lasciando un esasperato Tom a tenere a bada manager che soffrono di nevrosi, bodyguard con manie di grandezza, amici tardi e madri in crisi ipertensiva, e ignorando bellamente ciò che lo aspetta al punto d'arrivo: New York. E vi chiederete... cosa lo aspetta? Vediamo... risse, pestaggi, fughe, lavoro, adolescenti inquietanti, piatti da lavare, e, forse, l'amore.
Genere: Romantico, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Dunque, dopo aver spremuto per bene i miei neuroni residui (dopo Alone Together e Sunburn non è che fosse rimasto molto ahimé - ma in realtà non è che ci fosse molto precedentemente - ) ho fatto nascere questa "vicenda". Ah vabè, non fatevi convincere dalla storia dei neuroni spremuti, perché in realtà questa Fan Fiction è solo una delle ennesime prove di quanta poca voglia di studiare io abbia.

Frasi di rito:

1 - Con questo mio scritto non voglio rappresentare la realtà ma unicamente dare libero sfogo alla mia fantasia. Indi per cui... non fatevi troppe seghe mentali. - Come odio questa parte -

2 - I commenti e le critiche sono il pane quotidiano di ogni scrittore in erba, ergo mi farà piacere riceverne se crederete che questa FF ne sia degna.

Fine! Basta ciance e andiamo al sodo.

Vi lascio alla lettura del primo capitolo.

Baci

=Phan=

30 Ottobre 2007 – Milano – Italy

Bill strinse la testa tra le mani.

In quel modo rischiava di vaporizzare nel nulla le ore che la sua nervosissima hair stylist aveva impiegato per rendere i suoi capelli immuni alla vigente legge di gravità, ma, decisamente, non gli interessava.

La testa gli faceva tanto male che gli sembrava di impazzire. Era come se circa un miliardo di chiodi gli stessero trafiggendo la metà destra del cranio. Gli ultimi dieci minuti li aveva passati ad accarezzare l’idea di sbattere ripetutamente la testa contro la parete del camerino… ma era sconsigliabile. Nessuna delle dodicimila ragazze che urlavano sotto il palco la fuori sarebbe stata contenta di vederlo salire in scena grondante sangue.

Appoggiò la testa alle ginocchia. Chi era stato quel deficiente ad aver detto che l’aspirina gli avrebbe risolto il problema in un’oretta? Doveva ricordarsi il suo nome… era la prima persona da prendere a schiaffi dopo essersi ripreso. Se si fosse ripreso…

I tocchi di chi attendeva fuori si trasformarono in barriti d’elefante durante il tragitto dalla porta a lui, rannicchiato contro l’angolo della piccola stanzetta buia.

Dovevano aver bussato.

- Signor Kaulitz? Signor Kaulitz lo show inizierà tra cinque minuti. Deve uscire dal suo camerino immediatamente -

Ecco la seconda persona da malmenare. Chissà perché aveva il presentimento che la lista si sarebbe allungata.

Rispondere era fuori discussione, ogni volta che apriva la bocca aveva la sgradevole sensazione di dover sparpagliare a terra qualsiasi cosa si trovasse all’interno del suo corpo.

Ovviamente l’assistente la fuori non capì. Non era pagata per capire, era pagata per esasperarlo fino alla follia. E la follia era vicina.

Bussò ancora, altri barriti d’elefante. Ormai il rumore dentro la sua testa era così forte che nel camerino avrebbero dovuto esserci almeno una quindicina di pachidermi zannuti.

- Signor Kaulitz? Il Signor David la manda a chiamare. Mancano tre minuti allo show! -

- Vaffanculo - esalò Bill circondando le ginocchia con le braccia. Naturalmente la donna non lo sentì.

- SIGNOR KAULITZ! SIGNOR KAULITZ! DEVE USCIRE IMMEDIATAMENTE! SIGNOR… -

- Eh ma ti vuoi togliere dai coglioni? Stai urlando da mezz’ora. Se non apre qualche problema ci sarà no? Vai a sfogarti altrove in preda alle tue crisi pre ciclo mestruale -

Nonostante la sua testa sembrasse essersi trasformata in un cocomero spaccato a metà, Bill non riuscì a non sorridere. Ascoltare i termini alati con cui suo fratello apostrofava le assistenti era sempre divertente. Tom era esattamente ciò che lui si sforzava di non essere. Non sapeva se per l’onnipresente desiderio di distinguersi uno dall’altro che entrambi condividevano, o semplicemente per buona educazione.

- Bill? Mi apriresti gentilmente? -

“Gentilmente” non era una parola solitamente concepita nel vocabolario di Tom. Se l’aveva usata voleva dire che era preoccupato. E se l’aveva usata rivolgendosi a lui voleva dire che era preoccupato per lui.

Mugolò un “aspetta” a voce più alta che poté.

Poi si trascinò verso la porta e allungò il braccio di quel tanto che gli avrebbe permesso di far scattare la serratura. Alzarsi in piedi era fuori discussione.

Rotolò di nuovo contro l’angolo freddo. Aveva perso definitivamente il senso dell’orientamento.

Sentì Tom entrare nella stanza e annaspare nell’oscurità.

- Bill ma che cazzo… - disse confuso. Si mosse da qualche parte indecifrata alla sua sinistra.

Poi Bill sentì il rumore di qualcosa che rovinava a terra, seguito da un tonfo e da un’imprecazione colorita.

Quando la luce si accese Bill strizzò gli occhi con un gemito di dolore.

- Spegni quella dannata luce Tom - sibilò minaccioso.

- Oh, scusami! - rispose Tom ansioso. La luce si spense e la stanza ripiombò nel buio.

Tom si avvicinò a lui, strisciando con cautela i piedi per terra. Fu evidente che non stava usando abbastanza cautela quando urtò di nuovo il qualcosa di prima.

- Ah ma vaffanculo allora -

Tom si accasciò accanto a lui.

-Bill… non voglio assolutamente metterti sotto pressione… ma dodicimila ragazze in delirio stanno urlando il tuo nome, e si aspettano che tu compaia saltellando sorridente come Bambi, ovviamente prima che sua madre venisse uccisa a bastonate, su quel palco entro un minuto. David ha dovuto ingoiare due pastiglie di Valium e Saki sta urlando ordini senza senso apparente a tutta la security. Ah dimenticavo, Georg e Gustav si stanno chiedendo perché mai il loro frontman non sia con loro ad aspettare di cominciare il concerto -

Bill ingoiò. Non aveva le forze necessarie per dare un pugno a Tom in quel momento.

- Ah, grazie Tom, avevo proprio bisogno di queste rassicurazioni - rantolò.

- Dannazione… scusami, hai ragione. Bill… -

La voce di suo fratello si fece seria.

-… pensi seriamente di non salire su quel palco? Perché se è così devo avvisare David, subito -

Bill aprì gli occhi nel buio. Il martello pneumatico continuava a perforargli la testa e la nausea gli arrotolava le budella. Pensò a tutte quelle ragazze che avevano fatto ore e ore di coda, che si erano svegliate alle due, o alle quattro di notte, solo per ottenere le prima fila, che avevano attraversato il Paese…solo per loro. Solo per vederli su quel palco, ancora troppo lontani per essere toccati.

- Ok… vado ad avvisare David… - accanto a lui Tom fece per alzarsi, ma Bill lo fermò all’ultimo, serrandogli una mano attorno al polso.

- No, aspetta… aiutami ad alzarmi… piano – disse. Tom obbedì.

Quando fu completamente in piedi davanti agli occhi gli esplosero le stelle.

- Sei sicuro? Bill? Mi senti? –

- Si, si. Smettila Tom, per favore. Portami fuori e prendi il mio giubbotto dallo sgabello –

- Ah, ecco cosa avevo buttato per terra! Solo tu potevi mettere un cazzo di sgabello in mezzo alla stanza –

Bill non rispose per decenza verso se stesso. Tom lo portò fuori dal camerino sostenendolo.

Il rumore delle urla la fuori era più forte. Molto più forte.

Suo fratello tornò subito indietro con il suo giubbotto di pelle nera stretto in mano.

- Ecco – lo aiutò ad indossarlo mentre lui cercava di riprendersi abbastanza da poter salire sul palco.

- Detto tra noi, sono contento che tu abbia deciso di esibirti lo stesso, anche perché David ha già avuto due crisi isteriche negli ultimi quaranta minuti. Credo abbia licenziato buona metà della crew… -

Bill sorrise appena.

-… Però Bill… - Tom lo prese per le spalle e lo guardò, costringendolo a sollevare gli occhi – la prossima volta non ti permetterò più di salire sul palco. Non in queste condizioni… devi fare qualcosa –

- Non posso farci niente Tom… credi che a me faccia piacere stare così? Non dormire praticamente mai? Essere costretto a salire sul palco ogni sera? Non ce la faccio più… ma è questa la nostra vita no? – Bill dondolò la testa fino a poggiarla al muro. Suo fratello rimase in silenzio per qualche istante.

- Hai ragione Bill… - sospirò – non so davvero cos’altro dirti… -

- Non dire nulla. Su, muovi il culo e accompagnami. Dobbiamo farlo o no questo concerto? – disse il moro raddrizzandosi.

Tom sorrise.

- A tua disposizione! E cerca di vedere cosa puoi fare per la tua voce in questi dieci metri… Dio, sembri il trans che abbiamo incontrato nell’Hotel di Copenhagen –

Bill rise di gusto.

Tom lo accompagnò al suo posto e poi si diresse verso la sua uscita per il palco.

Bill rimase da solo a cercare di arginare il dolore che pulsava nel suo emisfero destro, in ondate regolari. Chiuse gli occhi per un istante, e quando li riaprì davanti a lui c’era un uomo, il sorriso dai denti bianchissimi che esibiva aveva un che di maniacale e gli occhi verdi erano sbarrati, iniettati di sangue.

“Ciao David! Vuoi che chiamo il prete per l’esorcismo?” forse sarebbe stata la frase più adatta. Ma ricordò le parole di Tom e cercò un approccio meno traumatico.

-… Ciao David – disse lentamente. Non era difficile comprendere che il produttore non sembrava aver intenzione di proferire parola.

David continuò a sorridere. Era decisamente inquietante.

- Oh! Ciao Bill! Ti senti meglio? – finalmente l’uomo parve decidersi. Il solo problema era che la sua voce sembrava essersi fermata due ottave sopra il tono degli esseri umani.

- No… - rispose sinceramente il ragazzo. Ma David non sembrò aver sentito. Continuando a sorridere annuì.

- Benissimo, benissimo – farfugliò prima di allontanarsi.

Bill lo seguì con lo sguardo. Dopotutto c’era chi stava peggio di lui.

Il tecnico del suono gli diede l’ok con un gesto, dal fondo del palco.

Bill sospirò e nascose completamente il dolore con un sorriso a ottantatre denti.

Salì i quattro scalini di metallo ascoltando il rumore che facevano i suoi stivali battendoci contro. Nella sua testa qualcuno si stava divertendo a suonare diversi gong contemporaneamente.

- Ciao Milano! –

Dodicimila voci risposero.

Delirio.

Curioso, pensò Bill, che quella scena gli ricordasse terribilmente il momento della morte del cigno, nel Lago dei Cigni di Tchaikovsky.

Fu quella la melodia che gli risuonò nella mente mentre cominciava a cantare tutt’altro genere di note.

  
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