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Autore: Cornfield    21/08/2013    2 recensioni
"Era perso, completamente perso nella valle di nessuno. Il suo posto non era lì, non è mai stato lì e mai lo sarà. Il suo posto era nel lato oscuro. Così la gente non lo avrebbe mai visto piangere, protetto dall’oscurità."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Roger Waters, Syd Barrett
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So che è una delle tante fan fiction su Syd ok.
Tralasciando ciò, la storia in questione è piuttosto semplice ed è stata prodotta velocemente. Non è sicuramente la migliore che abbia scritto, ma pazienza.  Non aspettatevi granché lol. La canzone in questione non c'entra molto, ma rispecchia comunque la malinconia di cui questa One-Shot è intrisa.
Buona lettura (per quanto possa essere buona) c:





In quale parte del mondo si trovano i dimenticati?
Sono dispersi nei tuoi ricordi.

Li stai trascinando nel tuo cuore che è stato spezzato.
Non distogliere lo sguardo
Dalle braccia di un istante
Non distogliere lo sguardo
Dalle braccia del domani
Non distogliere lo sguardo
Dalle braccia di un istante
Non distogliere lo sguardo
Dalle braccia dell’amore.

 

Green Day-The Forgotten
 






Lascio scivolare la mano dalle corde della chitarra quasi rassegnato. Faccio  un lungo sospiro e ci riprovo, per la decima, dannatissima volta. Riproduco  giri e giri d’accordi ficcati lì per un motivo che non possiedono, mi sforzo di creare riff e arpeggi che risultano essere un danno serio per l’udito e infine mi accascio esausto sulla sedia. Non ci riesco, è inutile. La mia mente è completamente vuota, sgombera da ogni singola melodia.
Qualcuno improvvisamente toglie bruscamente la chitarra dalle mie mani. Alzo lo sguardo ed incontro i buchi neri del cielo, quei buchi neri che non finiscono mai e ti succhiano l’anima. Quei buchi oscuri che il suo sguardo ha sempre avuto.
“Cosa cerchi di fare, Roger?” Mormora, facendo penzolare lo strumento nel vuoto.
“Non lo so. Sto… sto provando a scrivere una canzone. Ma l’ispirazione non c’è.”
“Hai scritto già il testo?”
“Ovvio. Mi conosci.”
“E di cosa parla esattamente la canzone?”
 Non capisco perché mi stia facendo l’interrogatorio.
“Industria della musica. Sai… produttori che ti ingannano e ti offrono una sigaretta invitante per poi ridurti in una macchina sputa soldi. Porci che si approfittano dell’umiltà dei lavoratori.. e robe così.”
“Interessante.” Mi schermisce con un sorrisetto ironico.
“Ora ti farò vedere di quali strumenti hai bisogno per comporre una canzone.” Detto ciò appoggia delicatamente la chitarra sul muro e si accovaccia davanti a me. I suoi riccioli mi accarezzano il viso. Si indica la sua testa e poi fa la stessa cosa con la mia. Gli rivolgo uno sguardo di incertezza.
“Non hai bisogno di chitarre, bassi, sintetizzatori, piani per comporre una canzone Roger. Semplicemente hai bisogno della tua testa, la fantasia che ognuno di noi ha dentro di sé. Devi viaggiare per chilometri e chilometri, scoprire posti sconosciuti, palazzi misteriosi, caverne dipinte dall’ombra delle onde del mare. E poi ritornare con l’aspirazione a mille, esattamente qui, in questo mondo che in realtà non ci appartiene. Chiaro?”
Annuisco ancora dubbioso.
“Ora ti faccio vedere.”
Con un gesto, apre la tapparella della finestra posta dietro di noi.
“Perché la tieni sempre chiusa?”
“Preferisco non guardare anche solo di sfuggita le facce tutte uguali che mi passano davanti qui. Non ne ho bisogno.”
“Credi di non averne bisogno.”
“Smettila Syd dai, che cosa cerchi di fare?”
Sorride, uno di quei sorrisi enigmatici che non sono mai riuscito a decifrare.
“Guarda fuori da quella finestra.”
“Perché dovrei? Il sole mi acceca gli occhi.”
“Fallo.”
Sospiro e ubbidisco agli ordini. Sono così stanco da non potermi ribellare dalle sue idee spasmodiche  in questo momento.
Scorgo una figura bassina dall’altra parte della strada.
“Che cosa vedi?”
“Una signora… sulla cinquantina credo. Con un gatto.”
“Nient’altro?”
“No, nient’altro.”
“Io invece vedo una signora di cinquantasette anni. Nessuno la conosce, nessuno ha mai parlato con lei, nessuno sa chi sia. Questa signora è infatti una persona spregevole e cattiva. Ruba neonati da famiglie ignare di tutto e poi li alleva in un’angusta casetta di Liverpool. I bébé si nutrano esclusivamente di residui di cibo ed elastici impolverati. Ogni settimana poi, sceglie una vittima. Per mangiarsela.”
“E per quanto riguarda il gatto invece?” Chiedo come un bambino che chiede alla sua mamma di continuare la favola della buonanotte.
“Beh è un gatto grosso… sembra essere il gatto di Dave.”
Scoppiamo a ridere fragorosamente e all’unisono.
“E quella figura lì… cosa ti sembra?” Fa, indicando un vecchio seduto su una panchina che da mangiare ad un paio di piccioni.
“Un anziano… settanta anni..”
“Settantuno se vogliamo precisare.”
“E zitto, questa è la mia storia! Vuoi rubarmela?” Dico trattenendo la risatina. Gli do un pugno amichevole sulla spalla e lui ricambia.
“Dunque. E’ un anziano di settant’anni…e.. in realtà non ha settant’tanni. Cioè ha preso una pozione creata da lui stesso per rendersi più giovane, poiché ne ha novanta di anni.”
“E poi?” Mi esorta.
“Quei semi che sta lanciando ai piccioni non sono altro che semi geneticamente modificati i quali, se ingeriti, trasformano l’individuo in uno gnomo a sei teste. E questo gnomo ama le torte.”
“Sicuro che questo gnomo non si chiami Nick?”
“E se si chiamasse Roger?”
“Sicuramente avrebbe una dentatura da cavallo.”
A questo punto scoppio dal ridere, con le lacrime agli occhi.
“Perché tu sei perfetto no?”
“Mi sembra ovvio!”
Continuiamo  così per una buona mezzoretta, scrutando di tanto in tanto soggetti che passano dalla nostra finestra, inventando storie talvolta ridicole e ridendo come due scalmanati.
Improvvisamene, Syd, riabbassa le tapparelle.
“Allora?” Mi chiede, entusiasta.
“Tu le scrivi sempre così le canzoni?”
“Con qualche pillola ti troppo, ma si… più o meno così.”
Non riesco a ribattere alle sue ultime parole pronunciate, dato che sgattaiola velocemente fuori dalla stanza.
“Buon processo creativo!” MI urla prima di sentire i suoi passi riecheggiare nel corridoio per poi disperdersi.
Prendo il foglio con cui ho scritto il precedente testo e lo accartoccio fieramente, per poi buttarlo nella spazzatura come un giocatore di basket.
Ne prendo un altro. Foglio bianco. Completamente bianco. Eppure le parole vengono da sole, la mia mano viaggia da sola in quella prateria, facendo correre cavalli d’inchiostro nero. E’ una storia di gnomi, gatti, persone psicopatiche, telecomandi in vita, il tutto racchiuso in una melodia sognatrice e psichedelica.
Grazie al pifferaio magico, al mio pifferaio magico alla fine del ponte. Grazie alla sua melodia che mi riconduce sempre alla retta via.

 



 
Si risvegliò dal sogno. Prima  di riuscire a percepire qualsiasi cosa, mugugnò alcune parole incomprensibili.
Alzò la testa dal tavolo il quale aveva funto momentaneamente da letto e prese in mano il testo di “Welcome to the machine.” Provò ad accartocciarlo ma le sue mani non riuscivano, rettifico, non volevano farlo. Non volevano farlo perché era stupido, dannatamente stupido. Perché quella canzone gli serviva per i soldi.
Perché lui faceva parte di quella macchina tanto criticata e sputata da lui stesso. Faceva schifo. Predicava e razzolava male. Anzi, non predicava affatto. Ipocrita.
Semplicemente i suoi testi erano vuoti, insipidi, senza nessuno scopo preciso, scritti per appagare le case discografiche. E lui, lui aveva ingenuamente dato un tiro a quella sigaretta.
Era perso, completamente perso nella valle di nessuno. Il suo posto non era lì, non è mai stato lì e mai lo sarà. Il suo posto era nel lato oscuro. Così la gente non lo avrebbe mai visto piangere, protetto dall’oscurità. Il suo posto era con Syd.
Provò a tendere le orecchie, nella speranza di sentire la melodia inconsueta del pifferaio magico, in modo da lasciarsi trasportare da lui. Ma non una sola nota quella notte giunse nella sua tetra stanza.
“Portami via da qui Syd, i veri pazzi sono qui.”
Quanto desiderava che i suoi riccioli gli accarezzassero il viso docilmente.
Quanto desiderava essere succhiato dai suoi buchi nel cielo e perdersi per sempre lì, e rimanerci.
Quanto desiderava la fine del racconto che gli aveva promesso di raccontargli.
Quanto desiderava soltanto una sua ultima melodia che potesse ricondurlo nei suoi ricordi persi in una lacrima limpida.
Quando desiderava che lui fosse qui.


  
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