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Autore: Maghetta1996    21/08/2013    2 recensioni
[Alice x Gilbert]
Alice è una ragazza molto impertinente, abituata a fare di testa sua. Un giorno, costretta ad andare in crociera con i suoi genitori, incontrerà Gilbert un ragazzo che inizierà a darle del filo da torcere.
Ben presto, le sicurezze di Alice cominceranno a crollare...lasciando spazio a qualcosa di nuovo.
Qualcosa che ha non hai avuto il coraggio di provare.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice, Gilbert Nightray
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Corvo Rosso.
A Miss Roberta.


Erano i primi di Settembre, Alice poteva contare i giorni di vacanza sulle punte delle dita.
Dieci.
Solamente dieci.
Aveva pensato di passare questi ultimi attimi di felicità, prima dell'inizio dell'inferno, insieme al suo unico amico Oz. Ma, come sempre, i suoi piani erano stati distrutti.
Quelle persone che definiva genitori, avevano deciso di fare una splendida crociera insieme a dei colleghi di lavoro.
Splendido.
Era veramente splendido come i suoi avessero deciso di spedirla dritta dritta in un altro inferno, prima di entrare in quello vero e proprio.
Alice guardò con odio il suo biglietto mentre, distesa sui sedili posteriori della macchina, ascoltava musica dal cellullare.
Che poi, chi diavolo conosceva i colleghi di lavoro di suo padre? Che ci faceva lì lei? A quale scopo? Tanto, alla fine, gli avrebbe fatto fare una brutta figura.
Quindi, perché prendersi il disturbo di invitarla?
Tanto per rovinarle la vita, ecco perché. Se pensava che, in quel momento, poteva essere insieme ad Oz...
-Alice, scendi!
La voce di sua madre la ridestò. Si mise a sedere, aprì la portiera della macchina, senza togliersi le cuffie, e seguì i suoi genitori mentre andavano incontro a delle persone.
-Signorini Nightray! Che piacere vedervi!- trillò suo padre.
Senza staccare gli occhi da terra, restò in disparte, attendendo che quel giro di presentazioni inutili e mielose finissero. In sottofondo sentiva qualche parola, ma la musica era troppo alta.

Alice era sempre stata una ragazza diversa.
Non era la tipa attaccata alla moda, né la classica ragazza maschiaccio: non apperteneva ad uno stereotipo. Il suo carattere lo si poteva riassumere in una sola parola: sgarbata.
Lei non ci sapeva fare con le persone.
Era sempre troppo tanto o troppo poco, ciò la portava ad isolarsi. Tuttavia, anche se non l'ammetteva perché era piuttosto orgogliosa, le pesava questa solitudine.
Tante volte aveva sognato di poter avere degli amici, dei veri confidenti, qualcuno con cui stare.
Ma nessuno si era mai presentato alla sua porta.
Anzi, in realtà, solo uno: Oz. L'aveva conosciuto alle medie, ed erano diventati amici, nonostante Alice fosse stata abbastanza riluttante all'inizio.
Come un fiore alla fine appassisce, così ben presto i due furono costretti a separarsi. Alice fu costretta ad iscriversi in una scuola, diversa da quella di Oz. Inoltre il ragazzo si trasferì in una cittadina poco lontana.
Alice poteva vederlo di rado.
Era di nuovo sola.

-Scusatela...è un po' timida...Alice, insomma! E' da un'ora che ti chiamiamo!
Le sembrò di risvegliarsi da un sogno. Sua madre la guardava adirata, mentre suo padre si passava la mano tra i capelli.
Segno di disperazione. Ottimo.
Per un attimo pensò che l'avrebbero rispedita a casa...
Due ragazzi le vennero incontro. Uno biondo ed uno moro.
-Sono Vincent, piacere- il ragazzo biondo le porse la mano. Alice sussurrò annoiata un "piacere", poi guardò l'altro.
Era un ragazzo alto, con i capelli neri e gli occhi d'oro. Fumava una sigaretta.
-Mi chiamo Gilbert...tu saresti?
Il puzzo di fumo la investì, e la ragazzina agitò la mano infastidita.
-Abbassa quella cosa, fa un'odore terribile!- si lamentò, ignorando completamente la domanda del ragazzo.
In risposta, Gilbert la gettò per terra e la schiacciò con il tacco della scarpa.
-Scusa.
Ma dalla sua voce si intuiva che non era sincero.
-Sono Alice- ignorò volontariamente la mano, visto che quel tipo le era già stato antipatico al primo sguardo. Tipico di lei.
Finalmente ci fu la chiamata dell'imbarco ed Alice fu felicissima di levarsi di mezzo quel damerino.
Prese la sua valigia, e cominciò a camminare verso la nave. I suoi genitori chiaccheravano con i due ragazzi dietro di lei.
Institivamente rallentò, e si ritrovò a fianco di Gilbert. Notò che era altissimo, pure più alto di suo padre...
-C'è qualche problema?- l'occhio rapace del ragazzo aveva captato il suo sguardo.
L'antipatia cresceva.
-Credo che l'unico che abbia problemi sia tu- dichiarò velenosa Alice, sperando in una reazione irritata da parte di lui, che non arrivò. Sembrava impassibile.
-Per essere una ragazzina, sei abbastanza acida.
L'antipatia si moltiplicava.
Ragazzina? Aveva sedici anni, mica tredici! Come si permetteva?
Sentì il suo orgoglio ferito che le imponeva di reagire. Di ribattere.
Ma non le venne in mente niente.
In effetti, il capellone, aveva ragione. Era acida.
-Il gatto ti ha mangiato la lingua?
L'antipatia non era mai stata tanta.

La nave da crociera era così grande che perdersi era un gioco da ragazzi. Più di sette volte in soli due giorni, Alice, era stata costretta a farsi accompagnare dagli impiegati nella sala da pranzo come una bambina.
Sotto gli occhi di tutti.
Sotto gli occhi di Gilbert.
Ogni volta che subiva quell'umiliazione, aveva l'impressione che il capellone se la ridesse sotto i baffi.
Non aveva avuto altre discussioni con lui, oltre la già citata chiaccherata prima di imbarcarsi.
Aveva scoperto, con grande stupore, che Gilbert aveva ventiquattro anni. Infatti stava sempre con gente grande, con delle ragazze oche che non facevano altro che gozzovigliarvi attorno.
Una biondona abbronzata, poi, ci provava in una maniera così elementare che Alice si domandava spesso se Gilbert la ignorasse di proposito, oppure se fosse uno scemo.
Solitamente optava per la seconda.
Lei, al contrario, si annoiava. Passeggiava per la nave, ammirando le varie stanze, ma nessuno le faceva mai compagnia.
Le ragazze della sua età, la ignoravano e le ridevano dietro, dopo la sua prima scenica entrata in piscina.
Entrata che si era tramutato in litigio; ed erano serviti più di cinque persone per separarla dalle altre ragazze.
Alice aveva sempre fatto nuoto e, nella speranza di poter essere ammirata dalle altre, si era arrampicata sul trampolino ed aveva eseguito un tuffo a candela, noncurante delle ragazze sotto di lei.
Infatti aveva preso in pieno una tizia che scoprì essere la reginetta delle altre, che a loro volta cominciarono ad attaccarla. Solo dopo un quarto d'ora di calci, morsi e pugni, riuscirono a separarle.
Quando suo padre raccontò l'accaduto a tavola (Alice si chiedeva perché era così ostinato a metterla in ridicolo), e pregò con tutta sé stessa che Gilbert intervenisse con una battuta. Così avrebbe avuto la bramata occasione di litigare con lui, ma non batté ciglio. Sembrava molto più interessato alla bionda abbronzata.
"Come se fosse tanto intelligente."
Addentò di malavoglia la carne, sbuffando.

Il terzo giorno Alice decise di andare da Gilbert. Se lui non si prendeva il disturbo di cercarla, l'avrebbe fatto lei. Al diavolo l'orgoglio, la noia la stava divorando.
Si diresse verso la piscina idromassaggio, i capelli lunghi capelli legati in una coda, il bikini rosso le modellava i lineamenti ancora immaturi, ben diversi da quelli della bionda.
Salì i tre scalini che la separavano dalla vasca, posò le infradito sul bordo, e si infilò in acqua. La sensazione fu bellissima, poi tornò a concentrarsi sul suo obiettivo.
Si trattenne dal vomitare.
La bionda si era messa a ballare, ed era veramente ridicola. Tutti le battevano le mani, ma lei le avrebbe volentieri lanciato un pomodoro.
Si avvicinò e, in quello stesso momento, la ragazza si sedette sul bordo piscina e, con le gambe, le schizzò tutta l'acqua in faccia, bagnandola. Poi scoppiò a ridere.
Alice ci mise qualche secondo per capire cosa era successo e, quando realizzò di essere stata umiliata davanti a tutti, ebbe l'istinto di spaccarle in testa.
Ma ebbe un'idea migliore.
-Che ci fai qui, piccoletta? Torna dagli altri bambini- la schernì la bionda, facendo una smorfia di superiorità. Alice le afferrò le gambe e la gettò in acqua, poi saltò sopra il bordo. La ragazza riemerse, tutta bagnata, mentre ora era Alice a guardarla dall'alto verso il basso.
Notò con piacere che aveva suscitò l'iralità di tutti i ragazzi, compreso Gilbert, che rinfacciavano alla bionda il fatto di averla sfidata.
Strizzò i capelli castani, poi girò sui tacchi e, prima di allontanarsi, si sentì chiamare dalla bionda.
-Che vuoi?- chiese Alice, una nota di disprezzo nella sua voce.
Lei si arricciò una ciocca bionda, di nuovo sorridente. Il suo momento di gloria era durato poco.
-Che ne dici di fare una gara?- propose, un po' minacciosa.
Gli altri si avvicinarono curiosi.
-Che gara?
-Ballo, sempre se nei sei capace. Andiamo al centro della sala, e balliamo. Chiedo al dj di mettere un pezzo che voglio, d'accordo?
La scommessa era impari, solo che Alice non lo sapeva. La bionda era scorretta, poiché aveva fatto danza fin da piccola.
Nonostante sentisse puzza di imbroglio, Alice non si tirò indietro. Anche quando notò che i ragazzi grandi la prendevano in giro, e dicevano alla bionda che era stata troppo cattiva.
Si pentì pochi minuti dopo, quando tutte le persone della sala era radunate attorno a loro.
Il dj era eccitato all'idea di una sfida, prese il pezzo che le aveva dato la bionda ed aspettò che tutto fosse pronto.
-Prima io?- sorrise la bionda falsamente -Così vedi come si fa.
Alice restò in disparte, seduta su una sedia, a rigirarsi i pollici. Ma era stata stupida o cosa?
Sentiva già gli applausi, le esclamazioni dei bambini, i passi della bionda che, di esperienza, ne vantava tanta. Non aveva il coraggio di guardare.
Lei, in quel momento, doveva essere insieme ad Oz. Invece l'avevano spedita in quella cavolo di nave, ad umiliarsi davanti a metà passaggeri.
Ma non serviva a niente commiserarsi.
Aveva accettato la sfida, doveva combattere. E, se Dio voleva, doveva pure vincere.
L'unica esperienza di Alice che si avvicinava al ballo, erano stati sette mesi di ginnastica artistica. Le erano stati necessari per iniziare, dopo, il nuoto sincronizzato.
Quando la musica finì, vide la bionda finire con una spaccata mozzafiato ed un sacco di applausi riempirono la sala.
-Tocca a te!- la esortò la ragazza, con una finta voce infantile.
Strinse le gambe, inspirò profondamente, e si alzò. Lentamente si diresse al centro, gli occhi bassi, sentì i commenti poco carini della comitiva dei grandi.
Ebbe la sensazione di non sentire la voce di Gilbert.
-Quando vuoi tu, bambola- le disse il dj.
Che stava facendo? Basta, era inutile farsi problemi adesso. Alzò lo sguardo, le sue iridi si posarono incosciamente su Gilbert che, con una tovaglia legata alla vita, la scrutava silenziosamente.
-Vai.
Il dj attaccò la musica. Alice fece il ponte, inizialmente le gambe le tremarono, ma poi acquistò più sicurezza, ricordando gli insegnamenti della sua insegnante.
Fece una verticale perfetta, tenendo le gambe ben unite, poi una la spinse in avanti verso il suo viso, e si rialzò in piedi. Qualcuno applaudì, ma non bastava.
Oramai aveva troppa adrenalina in corpo: avrebbe dimostrato a tutti quanto valeva.
Prese la rincorsa ed, ad un'altissima velocità, eseguì una ruota, poi una verticale ed infine una capriola in aria. Quando atterrò, sentì i piedi bruciarle, ma non si fermò, perché aveva suscitato tantissima ilarità tra i presenti.
Guardò la bionda con la bocca aperta, poi ripartì: ponti di continuo, appena prese abbastanza velocità, si levò in aria con una capriola. Di nuovo applausi, ma la canzone stava per finire e doveva ancora dare il meglio di sé.
Ordinò ai suoi piedi di muoversi, corse più forte che poté, una ruota, una serie di ponti e, stava per saltare da una posizione completamente eretta, quando perse l'equilibrio e piombò con il sedere a terra. Le lacrime le uscirono spontaneamente, ancora incosciente dell'impatto sul pavimento.
Vide le persone venirle incontro, Gilbert che la prendeva in braccio, che la chiamava, ma la sua testa continuava a registrare una sola frase.
Aveva perso.

-Alice, Alice...
La ragazza si svegliò di soprassalto, e vide il viso di Gilbert vicinissimo al suo. Il ragazzo si asciugò il sudore dalla fronte.
-Per fortuna stai bene- sentenziò. Un certo odore sgradevole attraversò le narici di Alice.
-Spegni quell'affare- ordinò infastidita; la sigaretta fu spenta ed adagiata nel portacenere. Prima di mettersi a sedere, cercò di ricordare.  
In breve tempo realizzò cosa fosse successo: la gara, la bionda, la ginnastica artistica, la sua caduta, Gilbert che la portava in braccio...
"Un momento."
-Perché...- stava per chiedere, ma il ragazzo la interruppe.
-Si può sapere che diavolo avevi in testa?! I tuoi genitori sono preoccupatissimi! Hai fatto un volo di mezzo metro e, per Dio, se atterravi di testa...perché hai accettato la sfida di Kathrin? Anzi, la domanda più giusta sarebbe perché sei venuta lì? Non è gente che puoi frequentare...
Alice fu avvolta da una sensazione di inutilità tale che abbracciò le sue stesse gambe. Che dirgli? Aveva ragione.
Se atterravi di testa...
Non poteva pensare di aver fatto una cosa del genere. Una cosa così stupida.
Per dimostrare cosa, poi? Che Kathrin era una scema? Questo già lo sapeva.
Forse...
"Volevo che se ne accorgesse anche Gilbert."
-Vattene- sibilò la ragazzina, ma subito dopo, quando lo vide alzarsi, si pentì. Voleva che restasse.
Era l'unico che l'aveva considerata, anche se avevano litigato, lui le aveva parlato.
E, benché, cercasse di ammettere il contrario, in quei due giorni non aveva fatto altro che pensare a lui. Aveva studiato con abilità che risposta rinfacciargli, ma le capitava di pensare a quanto fosse bello.
Non aveva mai avuto una cotta per un ragazzo, perciò solo in quel momento realizzò che Gilbert era molto di più che un semplice pretesto per distrarsi.
-Certo che sei proprio una mocciosa acida...- commentò il ragazzo, sulla soglia della porta.
Un sorriso si dipinse sul volta della ragazzina.
-Se io sono acida, tu sei un capellone. Testa di rapa- disse con fierezza e, quando lui si girò, prese a guardarlo con sfida.
Contrariamente da quello che aveva previsto, Gilbert fece un sorriso a metà tra il sarcastico e il dolce.
-Resti sempre una mocciosa- poi uscì.
Alice rimase seduta sul letto a fissare la porta chiusa per una decina di minuti.

Nei giorni seguenti la situazione non migliorò.
Ormai la presenza di Gilbert la perseguitava nei sogni, come nella realtà.
Non aveva più fatto ritorno nella piscina idromassaggio e, con grande attenzione, cercava di stare lontana da Kathrin.
Erano diventati giornalieri gli scambi di frecciatine tra i due, ma, oltre questo, non c'era assolutamente niente che facesse pensare ad un interesse da parte di lui.
"Resti sempre una mocciosa"
Per Alice quelle parole erano più dolorose di una spina conficcata.

L'ultima serata prima dello sbarco ci fu una festa.
Alice gettò sul letto la trousse di trucchi che sua madre le aveva raccomandato di usare, ignorò completamente anche il vestito bianco a tubino e le scarpe col tacco a spillo.
Non erano il suo genere.
Afferrò dall'armadio un paio di jeans strappati, delle converse nere, ed una t-shirt lunga. I capelli li lasciò sciolti.
Quando sua madre la vide comparire, così sciatta, per poco non le venne un infarto. Ma Alice la ignorò: non le importava niente di essere carina. Era come un giorno qualunque, l'abito non fa il monaco, quindi che senso aveva addobarsi? Non avrebbe accettato una considerazione da parte di Gilbert solo perché era carina con tacchi e minigonna.
Seguì i suoi genitori fino alla sala da pranzo, dove era stato organizzato un buffet. Una parte era stata allestita per ballare, cosa che fece andare le patatine di traverso ad Alice.
Pessimi ricordi.
Vide arrivare Kathrin insieme a Gilbert. Aveva un vestito cortissimo dorato, le scarpe con un tacco che arrivava ai dieci centimetri, i capelli biondi raccolti in uno chignon ed il viso pieno di trucco.
Gilbert indossava una semplice camicia nera ed un paio di jeans.
-Ciao cara, che piacere!- la salutò Kathrin, scompigliandole i capelli. Alice si scansò da lei sgarbatamente senza rivolgerle la parola.
Non sapeva che fare. Quando avrebbe potuto rivedere Gilbert, una volta scesi da quella nave del cavolo? Era l'ultima sera e, per forza, doveva provare a decifrare cosa ci fosse oltre quegli occhi dorati.
Voltò la testa institivamente per andare da lui, ma lo vide mentre sussurrava qualcosa all'orecchio di Kathrin e, quell'intimo avvicinamento, le fece salire le lacrime agli occhi.
Tornò, quasi correndo, verso l'ascensore e premette il tasto di chiamata.
Come aveva potuto essere così così stupida?
Lei non era tipa da fantasticherie su ragazzi, non era adatta per l'amore...
La porta scorrevole dell'ascensore si aprì, ed una volta dentro, stava per cliccare il pulsante numero tre, quando vide Gilbert correre verso di lei.
-Aspetta!- lo sentì esclamare. Per un'istante pensò veramente di premere il bottone e lasciarlo giù insieme a quella troietta, ma uno strano buonsenso ebbe il sopravvento.
Non appena entrò, l'ascensore cominciò a salire.
Aveva un poco il fiatone, e piccole gocce di sudore gli scendevano dentro la camicia. Gilbert si passò una mano tra i capelli corvini, per poi posare lo sguardo su Alice.
Lei lo abbassò, fissandosi i lacci bianchi delle scarpe. Poi tutto si fermò.
-Che succede?- chiese Alice, sentendo che l'ascensore non saliva più.
-Forse c'è stato un guasto- ipotizzò Gilbert, guardandosi attorno.
"Perfetto! Ci mancava solo il guasto..."
-Fantastico- disse lei con ironia, facendo girare le pupille. Gilbert sorrise, probabilmente divertito da quel gesto involontario.
Alice si accucciò in un angolino: non aveva voglia di parlare con lui. Non dopo quello che aveva visto.
-C'è qualcosa che non va?- gli domandò inaspettatamente lui, avendo notato lo sguardo vacuo e perso della ragazzina.
-Si- rispose rigidamente -Detesto quella Kathrin che ti porti dietro. E' un'oca.
-Ma sentila!- rise lui e, siccome non l'aveva mai sentito ridere, si trattenne dallo spalancare la bocca per la curiosità -Ti senti così grande da poter giudicare la gente?
-Abbassati.
Il ragazzo assunse un'aria interrogativa, ma fece come gli aveva chiesto Alice. Si abbassò fino a quando non ebbe il suo viso di fronte.
Felina, gli prese il volto tra le mani, e gli stampò un bacio sulle labbra. In quello stesso momento, l'ascensore ripartì.
Gli occhi di Gilbert, inizialmente aperti per lo stupore, si chiusero, compiacendo a sua volta la ragazzina.
Quando l'ascensore si fermò al piano, Gilbert si staccò da lei.
-Non si può fare. Sei troppo piccola.
Alice, più soddisfatta che mai di aver fatto crollare le barriere del moro, sorrise maliziosamente.
-Mi sa che qui, quello che giudica senza conoscere, sei proprio tu. Prova a darmi ancora della mocciosa, e quello sarà solo il primo di una lunga lista.
Si voltò di spalle, assaporando a pieno il momento, immaginando la faccia di Gilbert dipingersi di confusione.
Dal canto suo, Gilbert, non potè negare che quella ragazzina l'aveva messo con le spalle al muro. Vani erano stati i suoi tentativi di allontanarla, oppure di stuzzicarla. Ora poteva sentire quel bacio ancora sulle labbra, quelle così dolci ed immature di Alice.
Qualcosa gli sussurrò all'orecchio che non sarebbe stato l'ultimo.
Quella ragazzina, con o contro la sua volontà, aveva distrutto la sua maschera, la sua difesa.
Quella mocciosa si era rivelata più letale di qualsiasi altra donna.


Fine.

Note dell'autrice:
Credo che sto cominciando a perdere colpi. E' già la terza Fan Fiction che scrivo dove, nel titolo, è presente la parola "rosso". Tral'altro, non è un colore per cui vado pazza.
Sarà l'ispirazione, non so.
Ho impiegato almeno tre giorni per scrivere questa storia e, devo dire, a livello sintassi ne sono davvero fiera, un po' meno a livello trama. Credo di aver inserito troppi cliché.
Mi piace davvero la parte in cui Alice fa la coreografia per la sfida (mi sono dovuta documentare, prima di scriverla, ed è stato divertente).
Lascio a voi il verdetto.
Martina. 
  
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