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Autore: allanon9    21/08/2013    1 recensioni
Quello che secondo me può essere successo tra la 3x01 e la 3x02.
G è ancora sconvolto per quello che ha scoperto e vuole risposte che non siano bugie.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: G Callen, Sam Hanna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: Allanon9

Spoilers: Post 3x01, terza stagione

Rating: Angst, per tutti

Pairing: Nessuno

Disclaimer: I personaggi citati in questa fan fiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie

"NCIS Los Angeles" di proprietà della CBS.

 

Lies

Sam, Callen e Deeks erano a bordo di un aereo di linea che li stava portando a Francoforte in Germania.

Kensy e Hetty, quest'ultima ferita ma salva, erano state trasportate la sera prima da un aereo all'ospedale della base

militare americana di Rhein-Main, in Germania.

Sam, come sempre, era seduto accanto a Callen che dormiva.

Deeks era seduto davanti a loro ed anche lui stava riposando.

Sam sospirò impercettibilmente, era stanco ma nonostante questo non riusciva a rilassarsi.

Si girò verso il suo partner e si accorse che aveva gli occhi aperti e guardava fuori dall'oblò.

"Ei, ti sei svegliato?"

Callen si girò verso di lui e sospirò: "In realtà non stavo dormendo, mi riposavo gli occhi."

"Ah, ti va di parlare un po’?" gli chiese cautamente Sam.

"No." rispose lui girandosi di nuovo verso l'oblò.

Il cielo era scuro di nuvole di pioggia, come il loro umore.

"Tra poco atterreremo, non vedo l'ora di fare una doccia e una bella dormita." Disse Sam tanto per spezzare il silenzio.

"Anch'io." rispose Callen laconico.

Sam sospirò di nuovo, sarebbe passato un bel po' prima che G. si aprisse di nuovo.

Ricordare l'omicidio di sua madre era stato devastante per lui, ne era certo, e il fatto che si ostinasse a stare in silenzio

ne era la prova e poi il ferimento di Hetty, la corsa verso un ospedale "sicuro", la sua successiva partenza per la

Germania con Kensy e, non meno grave, la mancanza di sonno e di cibo l'avevano stremato.

Beh li aveva stremati tutti a dire il vero, persino Deeks nelle ultime ore si era acquietato.

Meno di mezz'ora dopo atterrarono a Francoforte e dopo il breve check out, avevano solo bagagli a mano, presero un taxi

che li portò all'albergo che il direttore Leon Vance aveva prenotato per loro.

Alla reception diedero uno degli alias che Vance aveva segnalato e avuta la chiave della stanza, si diressero

all'ascensore.

"Si è proprio rovinato Leon... ci ha prenotato una tripla!" Esclamò Deeks uscendo dall'ascensore.

Sam e Callen si scambiarono un'occhiata e sorrisero, sempre il solito lamentoso.

"Ringrazia che non ci abbia fatto pernottare alla base, lì non è proprio l'Hilton."

Gli rispose Callen mentre Sam apriva la porta.

Deeks entrando rimase interdetto.

"Wow." fu il suo commento guardandosi in giro.

La camera era sì una tripla ma nel senso che aveva tre stanze che si aprivano su un unico salottino, piccolo ma carino, e

non solo tre letti e in più c'era il bagno in ogni stanza.

"Io... " cominciò Deeks concentrato nella scelta della stanza da occupare ma Sam lo interruppe.

"Tu prendi quella di mezzo, io starò a sinistra e G. a destra."

"Oh ma dai, al centro? Non ci sarà nemmeno una finestra!" Protestò il poliziotto.

"Devi dormire Deeks, non guardare il paesaggio." aggiunse Sam entrando nella sua camera.

Sentì Deeks sbuffare e borbottare e sorrise.

La camera che aveva scelto Sam non era grande ma c'era tutto quello di cui un ex Seal aveva bisogno e anche di più: un l

etto a una piazza, il bagno con la doccia e un bel balcone che si affacciava sul parco.

Peccato fosse nuvoloso perché la vista era magnifica.

Callen entrò in silenzio nella sua stanza. Non guardò niente né il letto invitante né il balcone che dava sul laghetto

dell'albergo.

Lanciò la sacca sul pavimento come un automa e si liberò del giubbotto e della maglia, buttandoli in un mucchietto sul

tappeto rosso ai piedi del letto.

Entrò in bagno e aprì il rubinetto della doccia quindi tornò indietro togliendosi i jeans e la biancheria, che finirono

anch'essi nel mucchio dei suoi vestiti, rientrò in bagno e s’infilò nella doccia.

L'acqua era un po' troppo calda ma a lui piaceva così.

Rimase un bel po' col viso rivolto verso il getto dell'acqua, dimentico di tutto tranne che del battito forsennato del suo

cuore.

Quand'era piccolo e voleva nascondersi lo faceva o negli armadi al buio o, quando era stato più grande, sotto il getto

dell'acqua della doccia, erano i due soli posti dove concedeva al suo lato emotivo di venire a galla liberamente.

L'acqua si mescolava alle lacrime e non lasciava traccia e al buio poteva concedersi di sognare che a trovarlo fosse

qualche membro della sua famiglia tornato a riprenderlo.

G. soffocò un singhiozzo lui non aveva più nessuno al mondo: sua madre era stata assassinata su quella spiaggia rumena

davanti ai suoi occhi quando lui era solo un bambino, sua sorella era annegata in un fiume a undici anni e suo padre...

Chissà chi era o se era ancora vivo!

Si sedette con le ginocchia strette al petto sul piatto della doccia, l'acqua che si mescolava alle sue lacrime silenziose.

Si era sempre chiesto perché non ricordasse niente del suo passato prima dell’orfanotrofio: il suo nome, il volto di sua

madre... aveva dimenticato tutto anche di aver avuto una sorella.

Ora sapeva perché.

Nate l'avrebbe etichettato come amnesia da shock post traumatico: l'assistere all'omicidio della madre, restare su quella

spiaggia solo col suo cadavere (ma Amy dov'era?) l'aveva talmente traumatizzato da fargli dimenticare tutto.

E Hetty? Cosa c'entrava in tutto questo manicomio?

Si sentiva a pezzi.

Emotivamente e fisicamente spezzato e raramente gli era successo da adulto.

Si rese conto di essere ancora sotto il getto della doccia solo quando l'acqua divenne così fredda da farlo rabbrividire

quindi si alzò da terra, chiuse l'acqua e indossò il morbido accappatoio fornito dall'albergo.

Asciugandosi il viso con l’asciugamano, si diresse nella stanza e vi trovò Sam.

"Che succede?" gli chiese fermandosi a metà percorso tra la porta del bagno e la sua sacca ai piedi del letto.

"Niente di nuovo G., non spaventarti." Rispose Sam finendo di poggiare la maglia di G. sul letto.

Callen seguì il movimento del suo partner.

"Non sono spaventato. Cos’hai fatto? Hai raccolto la mia roba e l'hai anche piegata?”.

Gli chiese cambiando argomento e tirando fuori i vestiti puliti dalla sacca.

Sam sorrise "Sono un ex Seal G., amo l'ordine."

"Sì certo. Volevi qualcosa oltre a mettere ordine nelle mie cose?" gli chiese ancora Callen mentre si vestiva.

Sam fece un piccolo gesto non curante con la mano.

"No e che ti ho chiamato un paio di volte per sapere se fossi pronto e siccome non mi rispondevi... ho pensato che magari

ti fossi addormentato."

G. sorrise "Moi? Dormire? Stai scherzando? No ero sotto la doccia."

"Ok, allora mentre finisci di sistemarti vado di là a controllare che Deeks non mangi tutto il nostro pranzo. Ho preferito

farlo portare in camera." aggiunse Sam.

Callen annuì.

"Hai fatto bene. Arrivo subito."

"Callen assaggia questi sandwich sono veramente buoni." gli disse Deeks appena lo vide apparire.

Callen si sedette sul divano e prese un panino al formaggio gli diede un morso e cominciò a masticare.

Deeks stava ancora lamentandosi della sua stanza.

"Ha una finestra piccolissima che da su un muro, l'hai fatto apposta Sam vero? La tua ha una splendida vista sul parco e

la tua Callen? Ce l’ha un balcone con vista?"

Deeks e Sam aspettarono per quasi un minuto la risposta che non veniva, Sam guardò il suo partner che stava ancora

masticando il boccone di prima con la mente chissà dove.

"G. non è buono il tuo panino?" Gli disse mettendogli una coca cola davanti agli occhi per attirare la sua attenzione.

"Come? No è buono, perché?" disse prendendo la bevanda e bevendone un sorso.

"Niente, Deeks voleva sapere se la tua è una camera con vista."

G. lo guardò perplesso.

"Non ci ho fatto caso ma penso che sia rivolta verso il giardino quindi è probabile."

"Ecco vedi? Uno spreco dare quella stanza a lui, non sa nemmeno cosa farsene del balcone.”

Disse Deeks pulendosi le labbra col tovagliolo.

Callen appoggiò il suo panino e disse alzandosi: "La tua è la stanza più sicura Deeks, quasi nessuna apertura sull'esterno,

facile da controllare insomma. Sam te l'ha data per sicurezza."

Si stiracchiò pigramente e poi infilandosi il giubbotto disse: "Io vado da Hetty, voi fate pure un pisolino."

"Vengo con te G." disse Sam alzandosi e mettendosi anche lui il giubbotto.

Deeks li imitò.

"Non vi libererete di me in questo modo, e poi devo portare il panino a Kensy."

I due agenti senior si sorrisero il solito Deeks.

"A proposito di panini G. ma tu non l'hai finito." disse Sam.

"Non ho fame." rispose il suo partner uscendo dalla porta e chiamando l'ascensore che era proprio di fronte.

Sam storse la bocca e dopo che anche Deeks fu uscito chiuse la porta.

Presero un taxi perché l'ospedale militare era lontano  dal loro albergo.

Quando arrivarono l’infermiera della reception gli indicò una stanza isolata in fondo al corridoio.

"Ciao Kensy." salutarono i tre uomini vedendo la loro collega sulla porta.

"Ragazzi!" esclamò quella abbracciandoli a uno a uno come se non li vedesse da mesi.

"Che bello, dovremmo stare separati più spesso se questa è la tua reazione quando ci rivediamo."

Disse Deeks stringendola un po' più forte del necessario.

"Sparati." gli rispose lei dandogli un calcetto negli stinchi.

"Ouch. Touché!"

"Hetty?" chiese Callen.

"E' sveglia, il dottore dice che si riprenderà presto, ha una fibra molto forte nonostante... beh mi avete capito." Rispose la

ragazza facendo segno con la mano di piccola statura.

Gli altri annuirono.

 Callen entrò per primo seguito dai compagni.

"Ciao Hetty, come stai oggi?" le chiese avvicinandosi al letto.

"Signor Callen, Sam e Deeks!" sorrise lei.

" Bene ora che vedo anche voi  siete sani e salvi."

Si sistemò meglio nell'enorme letto e continuò:

"Sono contenta di vedervi, purtroppo dovrete rientrare subito a Los Angeles. Io sarò dimessa fra qualche giorno e il

dottore mi assicurato che posso restare sola senza problemi."

Sam e Callen avevano aperto bocca per protestare ma lei li zittì con la mano.

"E' un ordine del direttore Vance e noi non vogliamo contravvenire a un ordine vero signor Callen?"

G. fece una smorfia ma negò con la testa.

"Bene. E ora signori portate via la signorina Blye, ha veramente necessità di uscire da questo posto.”

"Ma Hetty... " cercò di dire la giovane agente.

"Vada a riposare in un vero letto."

Deeks sorrise in quel suo modo subdolo.

"Purtroppo ci sono solo tre stanze da letto Kensy ma, essendo il tuo partner,  mi sacrificherò e dividerò il mio letto con te!"

"Sì nei tuoi sogni Deeks. Piuttosto dormo sul pavimento." rispose lei sprezzante.

Deeks si mise una mano sul cuore "Così mi ferisci Kensy."

Tutti risero e Hetty sospirò contenta, in quei giorni così turbolenti aveva creduto di non sentire più le loro voci, le loro

 risate e sì, anche le loro battute stupide. Tutti, persino Deeks, erano come dei figli per lei.

"Va pure Kensy." disse Callen "Ti lascio la mia stanza. Io resterò con Hetty fino alla partenza."

"Ma signor Callen!" cercò di dire la piccola donna.

"Ormai ho deciso Hetty. Mi metterò qui, su questa sedia e giuro che non ti darò fastidio.” Disse con aria innocente.

"G."

"Non ti preoccupare Sam, pensi tu a portarmi la sacca?"

"Certo. Allora ciao Hetty ci vediamo presto." E Sam diede un bacetto sulla guancia rugosa del loro capo.

Hetty andò in brodo di giuggiole "Ah signor Hanna sempre galante."

Anche gli altri la salutarono nello stesso modo e lei alla fine aveva gli occhi un po' lucidi.

Callen non aveva perso una sola mossa di Hetty e lei vedendolo sorridere in quel suo modo un po' storto lo rimbrottò.

"Perché mi sta fissando signor Callen? Ho forse un porro sul naso?"

Lui ridacchiò piano.

"No Hetty sei a posto, sei bella come sempre."

"Non mi prenda in giro signor Callen. Ohhh… penso che dormirò un po', sono stanca."

Disse appoggiandosi pesantemente al cuscino.

"Chiamo il dottore?" chiese G. preoccupato.

"No, sto bene. Il sonno è la migliore medicina signor Callen, lei dovrebbe saperlo meglio di me."

Lui fece una smorfia.

"Riposati allora." le rispose sedendosi e allungando stancamente le gambe.

"Quella sedia è una sdraio, se vuole può stendersi." gli disse Hetty con gli occhi chiusi.

Callen armeggiò un po' con la sedia quindi, posizionatala correttamente, si sdraiò con un piccolo sospiro.

Era davvero stanco e chiuse gli occhi.

"Solo un attimo." Si disse ma si addormentò.

L'incubo venne dopo poche ore che dormiva.

Iniziava con lui che giocava su una spiaggia e un uomo gli porgeva un soldatino di piombo, poi arrivava il rumore

soffocato di uno sparo seguito da un gemito e dalle sue grida disperate.

In genere al risveglio non ricordava niente dell'incubo, si svegliava sudato e col cuore che batteva impazzito, stavolta

però quando si mise seduto sveglio e col fiatone come dopo una lunga corsa i ricordi erano vividi, reali perché

quell'orribile scena era successa veramente.

"Signor Callen, Callen!" lo chiamò Hetty svegliata dal suo grido.

Lui si girò verso di lei come in trance.

Sbatté più volte gli occhi disorientato.

"Hetty." disse riconoscendo il suo piccolo boss.

"Sta bene? Ha avuto un incubo." disse lei alzandosi a sedere.

"Sì, sto bene. Io... ho solo bisogno di un po' d'aria, torno subito."

E uscì precipitosamente dalla stanza.

Hetty sospirò tristemente, quale poteva essere stato l'incubo di Callen?

L’agente tornò dopo pochi minuti con un bicchiere di the fumante e uno di caffè.

"Per te Hetty, purtroppo è solo the dozzinale dalla macchinetta." Le disse porgendole la bevanda.

"Oh grazie signor Callen, che pensiero gentile." Rispose lei accettandola.

Bevvero entrambi a piccoli sorsi per non scottarsi, il silenzio li circondava come una vecchia e calda coperta, tra loro era

spesso così.

"Ora signor Callen," cominciò Hetty posando il suo bicchiere sul comodino alla sua destra  "vuole raccontarmi il suo

incubo? O non ricorda nulla?"

G. rigirò il bicchiere di caffè tra le mani nervosamente, l'espressione del viso concentrata, gli occhi bassi a fissarsi le mani

senza realmente vederle.

Si schiarì la gola.

"Comincia così Hetty: un bambino gioca su una spiaggia, sta costruendo un castello di sabbia. A un certo punto un uomo

 gli si para davanti coprendo il sole e lui alza la testa. L'uomo gli porge un soldatino di piombo, uno di quelli più vecchi di te

Hetty." aggiunse sollevando gli occhi su di lei.

La donna annuì leggermente stava trattenendo il fiato.

"Il bambino prende il giocattolo e poi..." Callen ingoiò visibilmente, il viso una maschera rigida nel disperato tentativo di

non far tremare il mento, gli occhi azzurri grandi, lucidi e più scuri.

"Vuole lasciare stare signor Callen?" disse Hetty piano.

Lui negò con la testa.

"...E poi sente un rumore soffocato alla sua sinistra seguito da un gemito. Sempre stringendo il soldatino tra le dita si gira

e vede una donna accasciata su una sedia a sdraio, il suo braccio pende inerte e la testa..."

Callen si alzò e cominciò a passeggiare nervosamente.

"E' sua madre Hetty, il compagno di quello che gli aveva dato il soldatino le aveva sparato. Il bambino urla: la mamma è

morta."

G. si girò verso il suo boss, gli occhi disperati da bambino spaventato.

"Ero io quel bambino Hetty, sulla spiaggia davanti villa Comescu e quella donna... era mia madre."

Finì in un soffio tornando a sedersi.

Hetty era sgomenta, le mani abbandonate sulla coperta.

Alexa le aveva accennato che il piccolo Callen sarebbe dovuto morire con la madre su quella spiaggia, ma non

immaginava che G. avesse assistito a tutto.

"Né è sicuro signor Callen?" disse la donna rompendo il silenzio.

Lui annuì incapace di parlare, si stava concentrando per riprendere il controllo.

Dopo parecchi minuti finalmente parlò.

"Questo è l'incubo che mi ha sempre perseguitato Hetty, ma solo ora ne ricordo ogni singolo particolare. E tu cosa mi

dici? Come sapevi dei Comescu?"

Hetty lo guardò calma, veterana di tanti interrogatori.

"Ho iniziato ad indagare quando abbiamo scoperto che lei aveva una sorella, le indagini mi hanno portato prima a Praga e

poi ai Comescu."

Callen la guardò scettico.

"Stai mentendo Hetty."

Lei ebbe un dejavù: Alexa che le metteva davanti le foto di Callen e degli altri dicendole la stessa frase.

"Lei crede?"

"So che è così Hetty, ma per ora lascerò stare perché sei ancora troppo debole." disse lui magnanimamente.

Lei fece una smorfia.

"Vuole che le faccia vedere se sono debole o no?"

"No. Solo torna presto operativa Hetty abbiamo troppe cose in sospeso noi due."

Hetty sorrise.

"Tornerò quando sarà tempo signor Callen, prima devo guarire."

"Sì certo."

Callen guardò l'ora, presto i ragazzi sarebbero tornati.

"Sicura di non volere che uno di noi resti con te?" disse poi guardandola preoccupato.

Hetty annuì.

Era strano, ma tra lei e Callen, più che con chiunque altro, c'era un legame forte. Lui stava sempre lì in attesa, spiando

ogni sua mossa ogni sua espressione e, la maggior parte delle volte, riusciva anche ad interpretarla.

Hetty sorrise tra sé e sé, era uno strano legame il loro quasi madre-figlio.

Il signor G. Callen però non era suo figlio purtroppo.

Il resto della truppa arrivò annunciata da un gridolino di dolore di Deeks.

"Ciao Hetty." Salutò Sam.

"Bentornati." disse Hetty.

"Sam siamo pronti?" chiese Callen alzandosi.

"Sì, un taxi ci aspetta per portarci all'aeroporto."

Sam guardò il suo partner dritto negli occhi.

"Non hai una bella cera amico."

Callen sorrise. "Nemmeno tu."

"Ci vediamo presto Hetty." disse Callen rivolto alla piccola donna distesa nel letto.

Lei annuì.

"Abbia cura di sé nel frattempo."

Lui ridacchiò: "Per quello ci pensa Sam." Disse dando una pacca sulla spalla dell'amico uscendo dalla stanza.

Hetty guardò Sam "Ci conto signor Hannah, il signor Callen è un naufrago in alto mare in questo momento..."

"Ed io sono la sua ancora." rispose Sam strizzandole l'occhio.

"A presto Hetty e non fare impazzire i dottori." le raccomandò il gigante.

"Ci proverò." rispose quella con un sorriso.

"Ciao Hetty." la salutarono gli altri due.

"A presto signori e...comportatevi bene." aggiunse.

Ma dopo un secondo Hetty chiamò Sam.

“Signor Hanna, ho bisogno di un favore.”

“Dimmi pure Hetty.” Rispose quello tornando indietro.

Hetty si assicurò che tutti fossero usciti quindi, con fare furtivo, tirò fuori da sotto le coperte una pillola.

“Prenda questa pillola Sam e sciolga il suo contenuto in una bevanda che non sia caffè, quindi la faccia bere al signor

Callen.” Sorrise.

“E’ un sedativo, il suo collega ha un bisogno disperato di dormire e da solo non ci riesce, troppi incubi. Coraggio lo prenda,

glielo dia sull’aereo e dormirà come un neonato fino a New York, si fidi.”

Sam guardò perplesso il farmaco, non gli piaceva fare una cosa contro la volontà di G., Hetty però aveva dannatamente

ragione, G. aveva necessità di dormire un po’ senza interruzioni.

A malincuore annuì prendendo la pillola e nascondendola nella tasca del suo giubbotto.

“Lo farò Hetty. Ci vediamo presto.” Disse poi uscendo.

“A presto signor Hannah.” Gli fece eco lei.

“Che voleva?” chiese G. quando Sam li raggiunse al taxi.

“Il solito G.: faccia attenzione al suo partner, lo faccia mangiare e gli canti una ninna nanna per farlo dormire.” Scherzò il

gigante.

Callen ridacchiò.

“Non cambia mai.”

“Già. Andiamo?”

E saliti sul taxi, si avviarono all’aeroporto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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