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Autore: septendecim    21/08/2013    3 recensioni
Nella stanza bordeaux, la poltrona era piegata sotto il peso della ragazza.
Le pagine correvano sotto le dita di Sarah, che con gli occhi divorava per l'infinitesima volta le parole del libricino.
Peter Pan.
Adorava quell'opera.
(Louis Tomlinson)
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali:
Questa storia è stata scritta per puro diletto creativo, pertanto è vietato ritrattare la trama della storia, copiare e/o citare frasi della seguente senza segnalare l'autrice.
Se violerete il copyright, le mani vi cadranno automaticamente.
Buona lettura! (21/8/13)














Nella stanza bordeaux, la poltrona era piegata sotto il peso della ragazza.
Le pagine correvano sotto le dita di Sarah, che con gli occhi divorava per l'infinitesima volta le parole del libricino.
Peter Pan.
Adorava quell'opera.
Adorava soprattutto tre piccole battute di quel libro, nel primo atto.
 
«Wendy, sono scappato di casa il giorno in cui sono nato»
«Scappato, perché?»
«Perché ho sentito mamma e papà parlare di quello che sarei dovuto diventare quando fossi stato uomo»
 
Le venivano sempre i brividi quando leggeva queste poche parole, le sentiva sue.
Ringraziava ogni giorno Sir James Matthew Barrie per aver fatto uscire dalla sua testa una storia affascinante come quella, dove avventura, fantasia e realtà si mescolavano armoniosamente.
Era la sua storia preferita sin da bambina, quando suo padre si metteva accanto a lei nel letto e le raccontava sempre le stesse avventure di quel bambino che non voleva crescere.
Sognava di fargli compagnia, di volare con lui verso l'Isola Che Non C'è, di punzecchiare Capitan Uncino e di attaccare i pirati all'alba spalla a spalla con Giglio Tigrato.
Non aveva la possibilità di volare lontano con il corpo come desiderava, ma grazie a Peter le rimase dentro la capacità di volare con la fantasia anche a 19 anni.
 
Il telefono squillò, facendo sobbalzare Sarah.
Lo afferrò, sul tavolino accanto alla sua poltrona preferita, e riuscì a rovesciare la tazza di Yorkshire Tea sul tappeto appena ritirato dalla lavanderia.
Sbuffò, rassegnata alle sue disavventure.
Cliccò sul tasto verde, aprendo la chiamata.
"Pronto?"
Accostò l'orecchio al telefono, e tenendolo fermo con una spalla chiuse il libro e si alzò.
"Amore, sono la nonna! Come stai?"
La ragazza andò in cucina, prendendo uno straccio.
"Ciao nonna, sto bene! Tu?"
"Alla grande, tesoro! Mica ti sto disturbando? Sembri indaffarata"
"No nonna, sto raccogliendo il thè che ho fatto cadere per terra" disse con uno sbuffo.
L'anziana rise. "Non cambierai mai, vero?"
"Credo proprio di no" disse con un sorriso appena accennato.
Ripose lo straccio nel cesto dei panni sporchi e si appoggiò al muro. "Okay nonna, dimmi tutto"
"Ci sei per un thè domani pomeriggio? Non ti vediamo da tanto, vorrei scambiare due chiacchiere con te"
La ragazza lasciò cadere la ciocca di capelli con cui stava giocando.
Capì che in realtà quell'invito era una costrizione per la donna, lo capì dal semplice tono di voce.
"Non lo so nonna, è venerdì e ho lezione. Ma se faccio in tempo passo a salutarvi" disse velocemente, togliendola dall'impiccio.
"Va bene tesoro, non preoccuparti. Adesso vado, devo preparare la cena. Un bacio"
"Ciao nonna" rispose Sarah, ma la donna aveva già attaccato.
 
Il letto a baldacchino era vuoto, dato che la ragazza si era assopita ai piedi della finestra spalancata.
Le tende danzavano intorno a lei a causa della leggera brezza estiva.
Dormiva li perché si era persa nel contare le stelle. Quella sera il cielo di Londra era limpido e senza nuvole, e le stelle brillavano in tutto il loro splendore.
Il suo viso pallido era coperto dalle punte blu dei suoi capelli marroni, tinte pochi giorni prima.
Gli occhiali da riposo, che portava ormai per vezzo, erano appoggiati su un cuscino vicino a lei.
Un lieve tocco sulla sua guancia la fece scuotere.
Sentiva un suono delicato nell'aria, come tanti piccoli campanellini agitati a festa.
Aprì un occhio, confusa.
Si infilò gli occhiali e si guardò intorno.
La stanza era immersa nel buio.
Credette di trovarsi in quel momento tra il sonno e la veglia, quello dove ricordi ancora cosa stavi sognando.
Quasi strisciò verso il letto, e si mise sotto le coperte, esausta.
Come ogni sera si mise a guardare il soffitto a volta della sua stanza, decorato con una mappa del cielo.
Come ogni sera credeva di riuscire a prendere sonno rapidamente.
Come mai prima di allora, gridò alla vista di un uomo.
"Aiut-"
Il ragazzo, incollato sul suo soffitto, scese in picchiata e le tappò la bocca.
Con un dito sulle sue stesse labbra le fece cenno di fare silenzio.
Le luci si accesero di colpo, e Sarah sussultò.
Vicino all'interruttore c'era una specie di... Luce volante?
Guardò il ragazzo sopra di lei.
Aveva i capelli rossicci e gli occhi azzurri, con un sorriso che gli illuminava il volto.
Avrà avuto si e no vent'anni.
Sarah iniziò a tremare, vedendo che... Galleggiava. Sfidava la legge di gravità, restando sospeso sopra di lei.
È uno scherzo? Bonfonchiò contro la mano del giovane.
"No Sarah, è tutto vero! Ora mi prometti che non urlerai, cosi posso togliere la mia mano?" chiese con voce allegra.
Sembrava un bambino, con quegli occhietti azzurri vispi e i capelli ramati sparati in aria disordinatamente.
Sarah annuì terrorizzata.
Il ragazzo tolse la mano e si sedette sul bordo del letto di lei, mentre una fatina schizzò sulla sua spalla, riempiendo la stanza di polverina dorata.
"Trilli, smettila!" sussurrò lui. "La stiamo spaventando fin troppo!"
Guardò Sarah. "So che per te è strana questa cosa, ma..."
"Lascia perdere l'introduzione da film, chi diavolo sei!? E che ci fai in camera mia?!" esclamò la ragazza spaventata.
Il rosso sospirò.
"Sono Louis, il figlio di Peter Pan. La tua bis-bisnonna Wendy Darling conosceva mio padre"
 
La ragazza mandò giù un altro grande sorso di the caldo, prima di riprendere a parlare.
Seduta, incrociò la gamba destra a mò di indiano sotto la coscia sinistra sulla sedia, riuscendo a non toccare il pavimento con entrambi i piedi.
Non voleva ammetterlo a sé stessa, ma era ancora scossa.
"La mia bis-bisnonna Wendy e Peter Pan si conoscevano, lui l'ha portata sull'Isola che non c'è e James Barrie, che conosceva la madre di Wendy, Mary, ha scritto un libro su di loro. Adesso sei qui perché devo aiutarti a salvare il tuo mondo dalla rovina?"
Louis annuì, mentre girava per la cucina.
Portava una maglia verde smeraldo a maniche corte, dei pantaloni marroni con il risvolto che gli lasciava le caviglie scoperte, e camminava scalzo.
Proprio un bel ragazzo.
"Scusa, ma tu come sei..."
"Giglio Tigrato. Papà si è deciso a sposarla quando la magia si è spezzata"
"Quella dell'eterna giovinezza? Perché?"
Il ragazzo si sedette ad una sedia e sospirò.
"Peter dal giorno che lasciò Wendy a casa capì di poter restare un bambino per sempre solo se ogni bambina della tua famiglia veniva mandata nell'Isola che non c'è per accudirlo durante le 'pulizie di primavera', così come stabilito da Mary. Ma la catena si è interrotta quando tua nonna si è rifiutata di partire per la seconda volta, e il fatto che ha dato alla luce solo un figlio maschio non ha migliorato le cose. Da quel momento molto lentamente, ma anche Peter ha cominciato ad invecchiare, perché questo lo distrugge dentro. Io sono nato cinquant'anni fa, esattamente quando tuo padre aveva due anni, ma ho vent'anni. Con Peter invecchia tutta l'Isola, questo è il vero problema."
Sarah si alzò, mise la tazza nel lavello e si sedette di fronte a Louis.
Trilli accanto a loro mangiava le briciole di alcuni biscotti al cioccolato.
'Diavolo, ho Trilli alla mia sinistra e il figlio di Peter Pan di fronte a me!' pensò.
"Come si può 'aggiustare' l'incantesimo?"
"Non si può. Era la felicità di mio padre a tenere tutto vivo, e la sua felicità dipendeva dalla tua famiglia. Perciò ho pensato che se ti avesse visto almeno una volta avrebbe capito che nonostante tutto, tua nonna ha continuato a tramandare la sua avventura fino a te. So che sei veramente appassionata alla sua storia"
Sarah raggrottò le sopracciglia. "Come fai a saperlo?"
Louis arrossì violentemente e iniziò ad agitarsi.
"Io... Ti ho, *coff*, spiata un po', ecco"
Lei scosse la testa.
"Sono stato costretto! Come avrei potuto avvicinarti altrimenti?"
Guardò il giovane leggermente irritata.
"Farò finta di non aver sentito. Altra domanda: come mai sei vestito così modernamente?"
Louis scosse la testa, capendo che no gli avrebbe fatto cambiare idea sul suo conto.
La riteneva strana. Non si era scomposta più di tanto alla sua vista, non faceva domande stupide e non dava di matto. La riteneva strana, ma le piaceva.
Per lui era un divertimento spiarla ogni notte e sentirla parlare nel sonno.
Un sorriso apparve sul suo volto a quel pensiero.
"Non vivo sempre con mio padre, ogni tanto vengo qui e osservo come funziona il mondo, ecco perché invecchio più in fretta. Ho comprato questi vestiti per l'occasione"
Senza rendersene conto cominciò a galleggiare in aria, mentre si pavoneggiava.
Sarah scoppiò a ridere. "Oh mamma mia!"
Louis sorrise ancora di più, facendo sussultare il cuore della ragazza.
Si avvicinò a lei più del necessario, facendo in modo che i loro occhi non potessero perdere il contatto.
"Adesso, se sei d'accordo, ti porterei con me sull'Isola che non c'è"
 
Quando Sarah poggiò i piedi sulle rive della Laguna delle Sirene si stropicciò gli occhi.
Credeva ancora di sognare ad occhi aperti quando era salita sul tetto di casa sua, ma appena il vento ha cominciato a sferzarle il viso ha capito di vivere il momento più magico della sua vita.
Sorvolò Londra mano nella mano con Louis, che rideva felice.
Campanellino la cospargeva di tanto in tanto di polvere di fata, per stabilizzare il suo volo.
Lei tratteneva il fiato, emozionata come non mai.
'La seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino. Sto andando sull'Isola che non c'è' pensò.
Su queste indicazioni ci hanno scritto canzoni, poesie e altri racconti, sull'Isola che non c'è hanno creato parchi divertimento e ville immense.
Chissà quante persone come lei si affacciavano di notte alla finestra alla ricerca di quella piccola ma luminosissima stella.
Probabilmente lei era l'unica a credere così tanto all'esistenza di quel personaggio.
Per lei Peter rappresentava il coraggio di sognare e la libertà delle proprie decisioni. Sarah riteneva che quelli fossero il poteri più grandi.
Grazie al libro si era spinta a cercare l'indipendenza già due giorni dopo aver terminato gli esami di maturità, trovando lavoro e appartamento in un battito di ciglia.
"L'unico limite alla realizzazione dei sogni è la moneta, bambina mia. Ma credimi, oggigiorno non esiste più nemmeno quello, di limite"
Le parole di sua madre le riecheggiavano in testa ogni giorno.
Per Barrie il bambino che non voleva crescere era un piccolo demonio che andava contro la natura umana. Per lei Peter era un uomo con la stessa paura di tutti: quella di non riuscire a vivere il momento.
E che era riuscito a prolungare quel momento per sempre.
"Sarah?"
Si voltò al suono melodioso del suo nome pronunciato da Louis.
"Credo che tu conosca questo posto" disse sorridendo.
Lei annuì. "La Laguna"
Osservò la foresta dietro di sè, le pietre sotto i loro piedi.
Iniziò a fissare l'acqua, leggermente increspata.
"Esistono ancora? Le sirene"
Il ragazzo si avvicinò a lei.
Le sfiorò il braccio con la mano, facendola rabbrividire.
"Si, ci sono ancora. Vivono più riservatamente di prima, ma esistono ancora"
Rimasero in silenzio, osservando la superficie scura.
"Aspetta"
Louis si accovacciò sulla riva.
"No, potrebbero trascinarti giù!" esclamò Sarah terrorizzata portandosi le mani sulla bocca.
Il ragazzo dagli occhi color del cielo rimase immobile, sussurrando a denti stretti una strana cantilena, sicuro di sé.
Lei lo osservò.
I capelli che scompigliati gli ricadevano dolcemente sul volto concentrato, il fisico asciutto che si dondolava sulle punte dei piedi.
L'acqua cominciò ad agitarsi.
Una testa bionda uscì di colpo, facendo sorridere Louis e sobbalzare Sarah.
Aveva gli occhi glaciali, e sorrideva leggermente.
La ragazza in mezzo all'acqua sussurrò qualcosa verso il rosso.
"Felicissimo di rivederti anch'io. Posso presentarti una persona importante?"
La sirena puntò lo sguardo sulla ragazza, che stava immobile tre metri indietro la riva.
"Tu sei la pro-nipote di Jane?" chiese sorridendo la sirena.
"Si" sussurrò la ragazza.
Louis le si avvicinò e le strinse la mano sinistra, facendola avvampare.
La avvicinò alla riva, e la tirò giù con lei.
"Io sono Lia, portavoce delle sirene e amica di Lou" disse timida, e le allungò la mano destra.
Sarah guardò Louis spaventata.
La sua domanda si leggeva negli occhi: se mi porta giù nell'acqua?
Il giovane sorrise stingendogli ancora di più la mano.
Lo interpretò come un segno di incoraggiamento, e sorrise.
"Io sono Sarah, felicissima di conoscerti!" trillò a quel punto afferrando la mano di Lia.
Era emozionata come mai: poteva essere cattiva quanto voleva, ma era pur sempre una sirena.
La bionda rise. "Jane mi disse la stessa cosa con Peter!"
"Hai conosciuto la mia bisnonna?" chiese Sarah spalancando la bocca.
Annuì. "Era una ragazza dolcissima. Ti somiglia molto. Solo che lei aveva i capelli biondo scuro, tu sei mora... Ehi, le punte blu sono fortissime!"
La ragazza non ruzzolò per poco a terra, colta com'era dall'imbarazzo e dall'improvviso cambiamento d'umore della sirena.
"Ma grazie!" rispose avvampando.
Lia indietreggiò cambiando improvvisamente umore: era serissima.
"Ora devo andare, se sanno che sono qui sono guai. Ci vediamo presto!"
Si immerse sott'acqua, mostrando la coda rosa, e i due ragazzi rimasero a fissare le onde della laguna fino a che non tornò tranquilla.
Sarah rimase un momento basita.
Louis la fece alzare in piedi, e sempre tenendola per mano la allontanò dall'acqua.
"È successo davvero?" chiese.
Il ragazzo rise, e per farla riprendere le schioccò un bacio sulla guancia.
"Sarah, sei fantastica" disse guardandola negli occhi.
La giovane dalle punte dei capelli blu cominciò a fissare le sue scarpe, mentre si chiudeva nel suo silenzio, piena di imbarazzo.
Louis lo ruppe, trascinandola di nuovo nel cielo.
"Adesso andiamo nella foresta, devo presentarti un'altra persona!"
 
La casetta costruita dai Bambini Perduti per Wendy era ancora intatta, nonostante fosse passato più di un secolo.
Era su un albero, probabilmente le fate l'avevano portata li per ordine di Peter.
Louis si fermò davanti una delle sette entrate segrete, sul tronco dell'albero dell'Impiccato.
"L'avete recuperato? Uncino l'aveva distrutto"
"Papà è riuscito a farlo ricrescere con l'aiuto delle fate e lo ha rimodellato con gli indiani"
Bussò sulla corteccia, mentre si contorceva le mani.
Un pezzo di albero tondo si aprì di colpo, mostrando una ragazza dai capelli neri come l'inchiostro e la pelle scura.
Giglio Tigrato teneva in mano una conchiglia con dentro un liquido trasparente, ma era troppo denso per essere acqua.
'Dalla madre ha ripreso molto la fisionomia' pensò Sarah.
Guardò gli occhi del figlio per istanti interminabili, poi si ritirò dentro non appena vide la ragazza.
Louis si girò sorridendo.
"Possiamo entrare, vieni" disse baciandole la mano.
Sarah facendo attenzione scivolò dentro la casa.
La prima cosa che vide furono una serie di amache sparse per lo stanzone immenso sotto l'albero.
Il caminetto bruciava, emanando poco calore.
"Chi è lei?"
La ragazza sobbalzò.
Giglio Tigrato, con quei suoi occhi scuri e felini, cominciò a girarle intorno, scrutandola attentamente.
Louis la afferrò e la trascinò lontana dalle grinfie di sua madre.
"Una persona che deve vedere papà" disse.
"Chi è lei?" ripeté.
Sarah sospirò, rassegnata alla sua sorte di essere squartata viva da un'indiana. "Sono Sarah Tyson, signora. La pro-pronipote di Wendy"
Gli occhi della ragazza di fronte a lei si infuocarono.
"Oh, bene. Un'altra erede dei Darling" sibilò.
Louis prese la ragazza fra le sue braccia e la strinse a sè.
Sarah cominciò a tremare, un po' per aver scatenato la furia di mamma Giglio senza volerlo e un po' perché era imbarazzata di ritrovarsi confortata tra le braccia di quel ragazzo magnifico.
"Mamma, smettila!" esclamò lui. "La stai terrorizzando!"
"Perché non dovrei? Eh? È la sua famiglia la causa della mia rovina!"
Ululava per tutta la stanza, battendosi dei pugni sul petto.
Sarah la guardò spaventata a morte, e si allontanò da Louis leggermente, che non le lasciò la mano.
"Cosa le avrei fatto io? Fino a poche ore fa non sapevo nemmeno che l'Isola che non c'è esisteva davvero!" esclamò come giustificazione.
La donna la guardò con gli occhi colmi di ira repressa.
"Per colpa di tua nonna Margaret e della sua stupidità ora invecchio! Capisci? Potevo restare una undicenne per sempre, invece invecchio! Ho sedici anni, un figlio di venti, e presto ne avrò trenta!"
Continuò a farneticare fino a che non sentì un rumore simile a quello di una bottiglia di champagne stappata.
"Giglio, perché strilli?"
Sarah si ghiacciò al suono di quella voce.
"Ciao Louis, ben tornato! Chi hai portato?"
Louis sorrideva entusiasta.
"Ciao papà! Devo presentarti una persona!"
"La tua ragazza?" chiese di nuovo la voce.
Delicatamente prese le spalle della ragazza e la fece girare su se stessa.
Quello che Sarah vide la sconvolse.
Peter Pan aveva i capelli biondicci, gli occhi azzurri vispi come quelli del figlio e un sorriso a trentadue denti. L'unica differenza era un viso dalla forma più infantile.
Portava un vestito di foglie e ragnatele, come nel libro, e in braccio aveva alcuni ceppi di legno.
E aveva quattro anni in meno di Louis.
"Papà, lei è Sarah Tyson"
La ragazza vide gli occhi di Peter Pan bloccarsi nei ricordi.
La fortuna di quella ragazza era la capacità di leggere dentro le persone attraverso gli occhi. Comunque si vedeva palesemente che era scioccato.
"Peter?" chiese debolmente.
Louis, accanto a lei, le stringeva le spalle fiducioso.
Peter scorreva le immagini nei suoi ricordi.
Wendy, Jane, il litigio con Margaret poco prima della partenza.
Un lampo.
Il figlio maschio di Margaret, John.
Era ovvio che avesse avuto un figlio.
Lei si era sposata con un certo Paul Tyson.
"Quadra tutto" sussurrò.
"Peter, dovrei parlarti" disse Sarah agitata.
Il ragazzo che non voleva crescere si trascinò su un'amaca, ancora a bocca aperta.
Sarah si contorceva le mani, nervosa, e si sedette a terra davanti a lui.
"Si, sono la nipote di Margaret. E sono qui per farti sapere che... Beh, la nonna non ti ha mai dimenticato, nonostante abbiate litigato per non so cosa. Louis mi ha portata qui per farti vedere che sebbene lei ha odiato la sua condizione non ha mai permesso alla famiglia di dimenticare te e le tue avventure. Ha trasmesso la tua storia a mio padre, che ogni sera la raccontava a me. Ogni notte, anche quella appena scorsa, mi sistemo a guardare le stelle cercando di trovare la tua Isola"
Gli occhi si inumidirono a Peter, che guardava le punte dei piedi.
"Con la tua storia mi hanno insegnato ad essere determinata e a realizzare i miei sogni. Mi hanno insegnato ad essere indipendente. E non sono solo io che la penso cosi, migliaia di persone credono in te, credono nella tua forza. Se invecchi, cosa succederà ai sogni di queste persone?"
Sarah si leccò le labbra, e riprese a parlare.
"Il mondo ha bisogno della tua giovinezza, Peter. Ha bisogno di te per sognare. Ti prego, non smettere di essere il bambino spensierato che eri una vita fa"
Le mani di Sarah asciugarono le piccole lacrime del ragazzo.
Trilli svolazzava intorno al suo amico, cospargendolo di polvere.
Sarah gli prese una mano.
"Puoi spiegarmi perchè avete litigato?"
 
La casa di nonna Margaret si trovava ancora ad un angolo del quartiere di Bloomsbury.
Sarah andò lì correndo, seguita a piedi da Trilli e Louis.
Suonò al campanello, e una donna sui settant'anni le venne ad aprire con un grande sorriso.
Appena notò il fascio di luce sulla spalla di Sarah e il ragazzo accanto a lei sbiancò.
"Ciao nonna, lui è Louis e lei è Trilli, ed abbiamo tutti bisogno di qualche spiegazione" disse duramente superandola ed entrando.
Andò in cucina, dove prese la teiera e cominciò a preparare thè per tutti.
A Trilli diede dei cereali alla frutta nella credenza.
Margaret si fece aiutare da Louis per chiudere la porta e sedersi sulla sedia, senza smettere di guardarlo.
"Sei uguale a lui" sussurrava in continuazione.
Osservò la fatina che mangiava sul tavolo di legno e sorrise.
"Trilli, cara Trilli! Ti ho pensato ogni giorno"
La fatina la guardò male e la ignorò, scrollando le spalle.
Era infuriata.
Sarah gli mise sotto il naso una tazza fumante.
"Bevi" ordinò.
La povera signora bevve di fretta un sorso, e il calore la fece riprendere dallo shock.
"Adesso spiegami, cara nonna: come hai potuto far tornare Capitan Uncino sull'Isola che non c'è?"
Margaret si portò una mano sul cuore, rassegnata e sconvolta al contempo.
Louis guardava Sarah come per ammonirla.
"Sarah, vacci piano" sussurrò.
"No, Louis. Merito questo trattamento"
Margaret poggiò la tazza e prese un profondo respiro.
"Quando partii per la prima volta io e Peter capimmo di avere un'intesa speciale"
Guardava la sua nipotina, con la gola secca per l'emozione del ricordo.
Bevve un altro sorso di thè e continuò, decisa.
"Stavamo bene insieme, ma non come semplici amici. Improvvisamente gli venne la voglia di crescere, con me. Ero felicissima, non vedevo l'ora di dirlo a Jane, ma... I pellirosse mi bloccarono. Il Grande Capo mi chiuse nella tenda con Giglio Tigrato. Lei mi disse che  voleva rimanere per sempre giovane, sempre undicenne. Era la più apprezzata tra le donne della tribù, non voleva cambiare le cose. Così mi disse come fare affinchè potessi litigare con Peter e non dovessi più tornare sull'Isola, sparendo anche dalla sua vista. Mi trascinò lei sull'isola la seconda volta, all'oscuro di Peter. Richiamai il Coccodrillo, e quando arrivò riuscii a far uscire Uncino dalla sua bocca. Feci in modo che ritrovasse subito Smee e la sua ciurma poco prima di ripartire la seconda volta. Mi ha aiutata Giglio, per questo. Ho sposato tuo nonno, sono felice... Ma rimpiangerò per sempre Peter"
Una lacrima scivolò dal suo viso, mentre Louis rimase pietrificato.
Sarah sciolse le braccia che aveva incrociate contro il petto, a bocca aperta.
"Non capisco. Perchè l'hai fatto?"
Margaret si asciugò gli occhi e continuò.
"Ha minacciato di far uccidere Peter dai suoi guerrieri"
'Sembra un film' pensò Sarah.
"Mia madre?"
Il ragazzo era bianco.
"Avrebbe fatto uccidere papà? Ma... perchè avrebbe dovuto?"
La nonna strinse la mano a Louis, che fissava il vuoto.
"A volte il desiderio dell'apparire prevale su quello dell'essere dentro in modo brutale. Molte donne spendono mucchi di soldi per diventare bambole di plastica, senza pensare al loro cuore. Quello di Giglio era coperto da una coltre nera. Mi dispiace ragazzo"
La nonna si portò la mano sulla bocca, cercando di reprimere i singhiozzi.
Sarah si avvicinò a lei e le strinse le spalle.
"Volevi parlarmi di questo ieri?"
La donna annuì. "Era giusto che lo sapessi, ma me ne sono resa conto solo ora"
Si rivolse a Louis. "Puoi farmi un grande piacere?"
Louis tornò in sè, dopo essere stato nel mondo dei suoi pensieri per un tempo che sembrava infinito.
"Tutto quello che vuole, signora"
 
Il figlio del ragazzo che non voleva crescere mai stringeva la busta rosa antico tra le dita.
'E' il mio colore preferito, e profuma di rosa. Capirà che è da parte mia'
Sarah ripensava alle parole dette dalla nonna prima di congedarli.
I due ragazzi si trovavano nei giardini di Kensington, davanti la statua di Peter Pan.
"Non gli somiglia per niente" sussurrò la ragazza.
Louis ridacchiò e le strinse la mano. "Lo scultore non l'ha mai visto di persona"
Tra di loro cadde di nuovo il silenzio.
Sarah guardò le loro mani intrecciate.
"Adesso?"
Louis la guardò. "Adesso cosa?"
"La nostra avventura è finita. Cosa farai?"
Il ragazzo sospirò. "Purtroppo tornerò a casa. Devo dare questa lettera a mio padre"
Sarah gli strinse ancora di più la mano, prima di lasciarla andare.
"Allora fai buon viaggio"
Non riuscì a guardarlo negli occhi.
Si allontanò verso uno dei tanti grandi vialoni, cercando di trattenere le lacrime.
Non riusciva ancora ad ammetterlo a sè stessa, ma si stava innamorando.
Dei piccoli gesti, della sua risata, del conforto che gli dava.
La faceva sentire al sicuro, e allo stesso tempo le dava quel brivido di follia di cui già sentiva la mancanza.
Un dito picchiettò sulla sua spalla.
Si blocco, senza girarsi per vedere chi fosse.
"Se c'è una cosa che ho imparato da questa situazione, è che non devo lasciarmi scappare le cose che amo"
Louis la fece voltare lentamente, e la strinse tra le sue braccia.
Gli piangeva il cuore. Non voleva abbandonarla in quel mondo.
Le sollevò il volto.
Gli occhi lucidi faticavano a non lacrimare, i suoi occhi marroni erano un pozzo senza fondo in cui rifugiarsi in caso di bisogno.
La baciò delicatamente, terrorizzato dall'idea che lei potesse fuggire via per non voler ricordare quel momento magico.
Sarah si aggrappò disperatamente al collo del ragazzo, cercando di rinnegare l'idea che lui dovesse andar via.
L'urgenza di quel momento li spinse verso la passione che bruciava nei loro corpi da quando si erano guardati la prima volta.
"Ti amo, Sarah. Ti amo da quando ti ho vista dormire la prima notte, mesi fa. Ti amo perchè crei sempre piccoli disastri, perchè sei intelligente e mi fai sorridere. E ti prometto che tornerò da te" sussurrò Louis sulle sue labbra.
Asciugò con dei piccoli baci le lacrime sulle guancie della ragazza, per poi baciarla un'ultima volta.
Si staccò da lei, per sollevarsi leggermente in aria.
La vista di Sarah si annebbiò per le lacrime.
"Non andartene, ti prego! Ti prego!"
 
"Louis, non andartene!"
"Sarah, sono qui!"
Sarah spalancò gli occhi.
Guardò la sua stanza con gli occhi velati.
Asciugò le lacrime e si mise a sedere.
Un braccio le circondò la vita.
"Amore, cosa hai sognato?"
La ragazza guardò Louis al suo fianco.
Stupita lo abbracciò di scatto.
"Oddio Louis! Ho sognato che eri il figlio di Peter Pan, e che mi abbandonavi qui mentre tu tornavi sull'Isola Che Non C'è!"
Louis rimase un momento senza parole. Poi sorrise. "Amore era solo un brutto sogno, io sono accanto a te. Torna a dormire"
Sarah si accucciolò sul petto del giovane, e cullata dalle sue carezze tornò nel mondo dei sogni.
Il ragazzo sorrideva ancora.
Per il sonno non si ricordava che lui alla fine, dopo aver consegnato la lettera, era tornato davvero.
Guardò il soffitto, la cosa che lo aveva colpito di più in quella casa.
La sua Isola risplendeva tra tutte le altre stelle.
L'avevano dipinta insieme quando lui era entrato per la prima volta in quella casa, per restare.
"Grazie di avermi dato questa possibilità, papà. Ci vediamo presto"









BUH!
Salve ragazzi, son tornata!
Se siete arrivati fin qua, vuol dire che avete resistito fino alla fine a questo mattoncino. BRAVI, 10 PUNTI!
Ho postato questa storia un po' di tempo fa, ma l'ho tolta per apportare alcune modifiche. Adesso mi piace un sacco :3
Fatemi sapere cosa ne pensate, se devo cancellare Blocco Note dal mio computer o altro.
Un bacio, Andrea.

PS: ribadisco che sono UNA RAGAZZA.
PPS: tornerò presto con un'altra OS particolare, appena sarà caricata metterò il link qui :)
  
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