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Autore: Beckamon    21/08/2013    2 recensioni
La lontananza di due persone che da poco si sono trovate. Il loro primo incontro dalla separazione, la gioia, gli abbracci le chiacchiere e gli sguardi nella consapevolezza che il distacco incombe ancora una volta
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Era troppo grande quella casa, per lui da solo. Le mancava da morire. Si erano trovati dopo tanto e subito era dovuta partire per il college. L'aveva accompagnata si erano salutati come si doveva, sapeva che era al sicuro, ma la nostalgia è bastarda.
E' questo che pensava, mentre scendeva al piano terreno dalla sua camera. Doveva trovare qualcosa da fare altrimenti sarebbe impazzito. Passò davanti alla cucina. Un disastro, confusione, stoviglie sporche ovunque. Non ci pensò due volte e si mise il grembiule e iniziò a rigovernare i piatti, ma subito i ricordi lo assalirono ed allora iniziò a strinare più forte, le mani insaponate, prima un piatto, poi un bicchiere, poi un altro piatto e su via, meglio non pensare.
Ma i ricordi non lo lasciavano in pace, dopo tutto quello che era successo, non solo in quell'ultimo anno, ma prima, quando il nemico era ancora l'ibrido più potente del mondo e la sua dolce amata Elena era la sacca di sangue più in voga.
Il portico di casa Gilbert, il motel dove per la prima volta era stata lei a baciarlo, la morte del suo migliore amico, la scelta, la sua morte, e poi un nuovo capitolo, quel “You” che aveva cambiato tutto, lo aveva reso più bello, più reale, ma poi di nuovo un ostacolo.
L'asservimento, la cura, la paura di non meritarla, Silas e il nuovo pericolo l'apocalisse vampirica...
Era talmente assorto nei suoi pensieri, nella mancanza di lei, nei suoi ricordi, che non si accorse che qualcuno era entrato in casa. Era strano e difficile sorprenderlo e nessuno lo aveva mai fatto o lo avrebbe fatto. Ma quel giorno, di settembre, in cucina con quella luce, successe.
Mai sorpresa fu più gradita. Arrivò di soppiatto, senza nessun rumore, piano piano, prima nel lungo ingresso dove posò la borsa e poi senza farsi sentire si avvicinò alla cucina.
Elena lo ammirò per una frazione di secondo sapeva che se si fosse trattenuta l'avrebbe scoperta e addio sorpresa. Le era mancato da morire, ma doveva fare le cose con calma, trovare il modo di arrivargli alle spalle.
Uno due e tre era dietro di lui, allungò le mani e gli coprì gli occhi. Senti la sua resistenza fu un secondo, e poi Damon capì chi aveva osato tanto, chi era così spudorato da rischiare di essere ucciso. Resto immobile per un secondo era bello sentirla di nuovo vicino.
Si girò di scatto ed i loro occhi si incontrarono di nuovo. Sembrava che non si vedessero da qualche secolo, invece, che da qualche settimana.
Le era mancata, tanto, da morire non riusciva nemmeno a esprimere quanto, ma adesso era lì.
Gli era mancato, il suo sarcasmo, il suo continuo sfidarla, il modo in cui la faceva ridere, la sicurezza di averlo vicino, ma di più di tutti i suoi occhi blu profondi e scrutatori. Occhi a cui non riusciva a resistere ed in cui si perdeva come se fosse la prima volta.
Entrambi pensarono: “quanto tempo lontani, troppo tempo lontani, ma adesso erano insieme”.

Dopo un abbraccio durato un'eternità si guardarono. Damon aveva i jeans neri e un maglietta bianca con lo scollo a V.
“Sta da Dio” pensò Elena e poi scese un po più giù e si mise a ridere. Aveva un grembiule a scacchi verde e bianco legato in vita un spettacolo esilarante ma allo stesso tempo gli definiva la figura e lo rendeva molto affascinante, capelli spettinati e le mani piene di sapone.
Rise Elena rise di cuore vedendo Damon in quello stato, e ridendo si accorse ancora di più quanto gli era mancato e se lo abbracciò di nuovo. Questa volta lui non capi e le chiese “Ehi tutto ok? Stai bene?”
“Si si tutto ok è che sei buffissimo e mi sei mancato da morire”
Poi fu la volta di Damon, ce l'aveva li davanti bellissima con un vestito a fiori azzurri un golf e gli stivaletti. Ancora non ci credeva.
Lasciarono i piatti, le stoviglie e la cucina e andarono nel salotto davanti al grande cammino, lui le preparò un drink ed iniziarono a parlare di tutto, del college, della vita a Mystic Falls, di quanto piacerebbe ad Elena se Damon l'andasse a trovare qualche volta e poi anche di Caroline, di Bonnie delle nuove conoscenze e della camera di Elena.
Per loro non c'erano argomenti tabù, avevano parlato sempre di tutto, anche nei momenti più difficili ed oscuri del loro rapporto la parola aveva un ruolo determinante.
Ma non stavano avendo una semplice conversazione, ma era una specie di confessione reciproca o raccontare la vita e sottolineare per ogni parola che usciva la mancanza l'uno dell'altro.
E cosi quando Elena diceva “sai ho trovato un mio posto segreto, dove vado a leggere studiare ed isolarmi” voleva dire “un nostro posto segreto, un albero, un luogo incantato dove ci potremmo isolare dai problemi e stare noi”.
Damon la capiva e le prendeva dolcemente la mano o le accarezzava il viso.
E così quando diceva, “sai stanotte mi sono rigirato non riuscivo a dormire”, voleva dire “ ti ho cercato, avevo bisogno di te” ed Elena a sua volta lo accarezzava o gli sorrideva per farli comprendere che era uniti anche se lontani.
Parlarono per ore, il tempo trascorreva, il giorno divenne sera e loro li sul divano di fronte al cammino che parlavano ridevano, scherzavano. Si godevano l'uno la compagnia dell'altro sapendo che ben presto Elena sarebbe tornata al college e la nostalgia sarebbe ricominciata.

  
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