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Autore: nightswimming    22/08/2013    8 recensioni
La vergogna è l'ombra dell'amore.
(historical!AU) (omegaverse: alpha!John, omega!Sherlock, alpha!Mycroft)
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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VI
 
 
 
La mattina di due giorni dopo la sua risoluzione notturna, Sherlock scese in salotto per trovarvi il proprio fratello pigramente seduto sulla sua poltrona, lo sguardo colmo di disapprovazione fisso su ogni angolo della stanza.
“Sherlock, benedetto ragazzo. A malapena una settimana di permanenza e già la casa è ridotta in questo stato deplorevole” borbottò Mycroft con un sospiro.
“Che diavolo ci fai qui?” sibilò l’altro imbracciando il suo violino e volgendogli le spalle, deciso ad ignorarlo almeno fisicamente. “Nostra madre ti manda a spiarmi? Vuole sapere se il suo piccolo reietto è arrivato a uccidersi per la disperazione? Ha!” Gli brandì contro l’archetto come una spada. “Dille che da me può scordarsi certi disgustosi atti sentimentali.”
Mycroft si rigirò lentamente il bastone da passeggio fra le mani, lo sguardo penetrante fisso sul fratello minore.
“Nostra madre è ancora furiosa con te ma questo non la esimerà mai dal preoccuparsi.” Gli rivolse un sorriso amaro. “Non che questo costituisca una sorpresa, d’altronde. Sei sempre stato il suo preferito.”
Sherlock smise d’improvviso di suonare e si voltò a guardarlo.
“Lo sai” disse lento, stranamente esitante, “che io non l’ho mai voluto, questo.”
Mycroft sospirò.
“Sì, so perfettamente che non hai mai fatto nulla per esserlo. Piuttosto il contrario, direi.” Un altro sospiro, più profondo. “Ciononostante…”
Sherlock aggrottò le sopracciglia. Mycroft sorrise con fare pensieroso.
“Non tutto a questo mondo può essere facilmente spiegato, mio diletto fratello” disse in tono distratto. “L’amore, come oggetto di studi razionali, è molto elusivo.”
“Cosa potrai mai saperne tu.”
Mycroft rise di fronte a quella risposta così secca e immediata.
“Nulla, nulla, ovviamente. Non pretendo di essere un’autorità in merito.”
Sherlock vide che stava stringendo forte il manico del suo bastone, come faceva le rare volte in cui provava emozioni così intense da richiedere uno sforzo fisico per essere tenute bada.
D’improvviso non seppe più che dire e tra loro calò un silenzio teso e scomodo.
Incapace di sopportarlo a lungo, Sherlock fece schioccare la lingua e si sedette con eccessivo impeto sul divano.
“Dimmi perché sei qui, Mycroft” mormorò con lo sguardo ostinatamente fisso fuori dalla finestra.
Suo fratello si prese diversi attimi prima di rispondere, limitandosi a guardarlo con aria indecifrabile.
“Ti credo” disse in tutta semplicità.
Si fece sfuggire uno sbuffo esasperato di fronte allo sguardo allibito di Sherlock.
“Dato il perfetto funzionamento del tuo apparato uditivo, non è certo necessario che io mi ripeta.”
Sherlock si riscosse subito dal proprio imbarazzante stupore e gli lanciò un’occhiata supponente.
“Ce ne hai messo di tempo per tornare in possesso di quel poco di sale in zucca che ti ritrovi, razza di stupido” sbottò. Dopodiché si alzò in piedi e uscì dalla stanza con un teatrale svolazzo della propria vestaglia.
Mycroft fece appena in tempo a notare sulle sue labbra un fugace sorriso.
 
*
 
“Lo sai che mangiare carne cotta nuoce alla tua fragile salute.”
Un ghigno crudele.
“O meglio, lo sai che semplicemente mangiare nuoce alla tua fragile salute.”
Mycroft si pulì la bocca con il tovagliolo e lanciò uno sguardo accigliato al proprio fratello.
Sherlock, al di là della tavola, stava giocherellando con un coltello, un’espressione arrogante in viso. Sembrava fermamente deciso a non toccare nulla del piatto che aveva davanti.
Mycroft inspirò raccogliendo a sé tutta la pazienza di cui disponeva e si portò alla bocca un altro poco di arrosto.
“Ti interesserà sapere che ho parlato con il tuo capitano, caro fratello.”
Sorrise quando udì il rumore metallico del coltello che cadeva con malagrazia sulla tavola.
“Che cosa hai detto?” esalò Sherlock, le labbra strette in una linea sottile.
Mycroft notò che la mano che aveva lasciato cadere la posata tremava.
“Non avendo più avuto più notizie, è entrato in uno stato di grande preoccupazione ed è venuto a chiedere di te.”
“Gli hai-”
“Sì, gli ho propinato la tua debole storiella della malattia.” Bevve un sorso di vino. Sherlock fece schioccare la lingua, innervosito da quella pausa indesiderata. “Ma temo che abbia chiamato il tuo bluff. Si è dimostrato affatto stupido. Credevi davvero che un uomo con il fegato di chiederti in matrimonio avrebbe desistito così facilmente?”
Sherlock si alzò da tavola con un movimento improvviso.
“Non agitarti. Renderai difficile la digestione di tutto quello che non hai mangiato” lo ammonì placidamente Mycroft.
“Al diavolo tu e il tuo dannato cibo!” urlò Sherlock, fuori di sé. Era divenuto paonazzo in viso e stringeva il tavolo con nocche ormai divenute bianche. “Cosa significa quello che hai detto? Che cosa-”
“Significa che ha capito tutto, Sherlock.” Mycroft appoggiò con lentezza i gomiti sul tavolo e gli rivolse uno sguardo intenso. “Ma la cosa più importante è che mi ha vivamente detto di riferirti che non gli importa.”
Sherlock impallidì. Si risiedette di colpo, passandosi una mano fra i capelli.
“Non può essere vero” mormorò sbigottito.
“Concordo con te che sia un comportamento inusuale per un alfa – un soldato, per di più. Solitamente i militari hanno il vizio di voler conquistare omega come fossero fortezze.”
Aveva usato lo stesso tono pigramente vago che adottava di solito per parlare del tempo.
Sherlock digrignò i denti, fulminandolo con un’occhiata.
“Mycroft, ti avverto, se non cessi immediatamente di prenderti gioco di me-”
“Calmati, Sherlock. Non è mai stata mia intenzione.” Riprese a tagliare la carne, imperturbabile. “Il capitano mi ha detto di averlo capito già durante il vostro... Idillio.” Si forzò la parola dalle labbra come se fosse qualcosa di eccessivamente dolce rimastogli incastrato fra i denti.
Sherlock assunse un’espressione confusa.
“Non me ne ha mai parlato” mormorò.
“Non voleva turbarti inutilmente, dato che aveva già deciso di sposarti nonostante questa incresciosa circostanza.”
“Sa chi è stato?”
“No, e nemmeno gli interessa. Ha espresso il più ardente desiderio di riunirsi presto a te e dimenticare questa orrenda storia il prima possibile.”
Sherlock non riuscì a sopportare oltre quel discorso e abbandonò la stanza senza una parola in più.
Mycroft sospirò, prendendo a massaggiarsi le tempie con la punta delle dita.
Finì di cenare in silenzio e in solitudine.
 
*
 
La mattina seguente, in piedi sulla porta della sua camera da letto, Mycroft sbuffò e osservò con vago fastidio l’involto di coperte che era suo fratello muoversi con lentezza, raggomitolandosi più strettamente su un fianco.
“Mi rincresce rinunciare alla tua come sempre deliziosa compagnia, mio caro fratello, ma temo di essere costretto a tornare a casa. Gli affari non aspettano.”
Prevedibilmente, non ottenne risposta.
“Buona giornata, Sherlock” disse in tono conclusivo.
Stava per chiudersi la porta alle spalle quando udì un sussurro quasi incomprensibile:
“Mycroft.”
La sua mano si appoggiò sulla maniglia, ma non la spinse. Con un sospirò, si voltò per vedere Sherlock appoggiare la schiena ai cuscini e guardarlo con un’espressione incerta che sul suo viso sembrava completamente fuori posto.
Sei sempre stato il suo preferito.
“Sì?” chiese, alzando un sopracciglio.
Sherlock continuò a guardarlo, incapace, all’apparenza, di parlare.
In un lampo di deplorevole nostalgia Mycroft rivide il viso incerto di un bambino pallido e ricciuto che lo seguiva ovunque, chiedendogli con lo sguardo domande silenziose su ciò che non riusciva a capire del mondo.
Tu lo sai che io non l’ho mai voluto, questo.
 “Puoi… Mandarlo da me?” mormorò infine Sherlock, abbassando gli occhi sulle lenzuola.
Mycroft divenne immobile e sembrò ponderare la sua richiesta. Infine, distogliendo lo sguardo, disse:
“Implicherebbe disobbedire a nostra madre.”
“Lo farai?”
Strinse forte la maniglia.
L’amore, come oggetto di studi razionali, è molto elusivo.
“Sì.”
Sherlock abbandonò completamente la sua apparenza misera ed emise un chiassoso verso di giubilo. Saltato giù dal letto, prese a vestirsi in fretta e furia, un sorriso soddisfatto sulle labbra. Tremava di eccitazione.
Mycroft si chiuse la porta alle spalle.
Sherlock aveva un certo talento per la recitazione, ma la sua bravura non poteva niente contro i legami di sangue. Il suo tentativo di far passare la propria supplica per una manipolazione insincera era miseramente fallito.
Ma per quanto si sforzasse non riusciva a biasimare il suo comportamento. Non erano mai stati capaci né di aiutarsi né di farsi aiutare alla luce del sole: persino le loro poche gentilezze reciproche erano mascherate da furbi sotterfugi, da do ut des, da estorsioni. Ammettere di tenere l’uno all’altro pur immersi sino al collo nella loro faida fraterna, d’altronde, era un pensiero davvero paradossale.
Cosa potrai mai saperne tu.
Mycroft si concesse un sorriso amaro. Uno solo. Poi reindossò la sua usuale maschera di indecifrabilità e, salito in carrozza, ordinò al occhiere di partire.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: ritorno dopo l’agognata pausa estiva *getta coriandoli*
Spero vi sia piaciuto <3
   
 
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