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Autore: Dhialya    23/08/2013    0 recensioni
Sette shot per sette lettere.
Sette stralci di vita, sette strappi di pensieri. Passati, presenti, futuri.
{Capitolo cinque - Libertà: Lui era come lei. E per quello aveva la sensazione che le cose fossero giuste, per come si stavano evolvendo. Ed il futuro faceva un po' meno paura, in quei momenti. Erano memorie dal futuro. Come se lo avesse sempre saputo, come se non si trovasse davanti nulla di nuovo. Come se non avesse aspettato altro per tutta la vita. E si sentiva bene, immensamente bene, e non credeva che sarebbe riuscita nuovamente ad avere paura di morire, paura di lasciare qualcosa – qualcuno.
{Capitolo sette - Amicizia: "Stupida, stupida." Batti una mano ripetutamente sulla fronte ma poi ti fermi, accorgendoti che dei signori ti stavano guardando con apprensione, come se avessi bisogno di aiuto.
"Merda." Avvampi e sorrisi imbarazzata, voltando lo sguardo dalla parte opposta ed appoggiandoti ad un palo. Cerchi di respirare piano, per raccogliere un po' di calma.
"Magari nemmeno viene."
-Scusa il ritardo! Hai aspettato molto?-
"Doppiamente merda."

[D - Delusione.][H - Happy Ending.][I - Impassibile.][A - Apatia.][L - Libertà.][Y - Years.][A - Amicizia.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dhialya




Y di Years
~ Day by day ~
[Past/Present/Future]



Tic. Toc. Secondi.

Sospiri, ti giri tra le coperte e ravvivi un po' il cuscino diventato ormai troppo piatto per i tuoi gusti; ti rigiri ancora, tornando alla posizione in cui ti eri trovava fino a pochi istanti prima.
Cambiare modo in cui stavi cercando di dormire ti aveva dato la sensazione come se stessi perdendo qualcosa, ed un vuoto si fosse fatto presente vicino o dentro di te.

Il silenzio della stanza è un po' inquietante, se ti ci soffermi a pensare, però ci sei abituata e cerchi di non farci caso, concentrandoti su pensieri belli e ragionamenti a cui puoi dare finalmente via libera.

 Secondi erano quei ticchettii incessanti che tuonavano nell'apatia di quella stanza.
Accade molto, accade tutto e niente, in un secondo. Accade che si può fare un errore imperdonabile che cambia il corso di tutto ciò che viene dopo.
Si accende una miccia che può rompere un mondo.


Tic. Toc.

Minuti.


Solitamente erano quelli che temeva di più.
Avevano il potere di passare e allo stesso modo non passare mai, rendevano lunghe e pesanti cose che si potevano risolvere e che sarebbero state in grado di risolversi nel giro di pochi istanti.


Tic. Toc.

Ore.


Una, due, sette, diciotto, venti.
Erano tante, erano le stesse ed erano sempre diverse, erano periodi di tempo marcati che continuavano a susseguirsi in un circolo quasi vizioso capace però di variare da un estremo all'altro.
Tutto uguale ma tutto diverso.
Le ore le parevano noiose, faticavano ad andare avanti durante la giornata e se aspettava qualcosa con trepidazione la infastidivano, perché la tenevano lontana da ciò che stava aspettando, come se dovesse scalare qualcosa su cui non aveva potere.


Tic. Toc.


Scendi dal letto ed il freddo che senti a contatto con il pavimento ti infastidisce momentaneamente, poi torni a poggiare i piedi con più sicurezza, abituandoti e beandoti di quel fresco che percepisci sulla pelle.
È bello, ti piace il fresco, il freddo.
Alzandoti sei leggermente malferma sulle gambe – la testa aveva leggermente girato e ti sembrava di non essere nel tuo corpo.
Eri come fuori, fuori te stessa, fuori dalla tua vita.
Pensi, mentre inspiri. Da quanto non mangiavi un pasto regolare?
Ti appoggi ai mobili per cercare sostegno nell'ombra e ti dirigi in cucina, gli occhi abituati ormai al buio e al percorso notturno da fare.


Giorni.


Erano un po' menefreghisti ed imbroglioni.
Imbroglioni, soprattutto.
E le facevano perdere tempo. O forse era lei che non sapeva gestirlo?
Era una cosa che doveva ancora capire bene.

Un attimo prima era mattina e poi si ritrovava nel pomeriggio inoltrato, oppure la sera era appena iniziata e già era diventata piena notte. Alle volte volavano, mentre altre sembravano dei macigni impossibili da mandar via.


Tic. Toc.

Settimane.


Quelle le piacevano.
Si, poteva ammetterlo.
Le settimane le piacevano, perché erano illusorie, ma riusciva a gestirsi bene, le davano la certezza di potersi organizzare e riuscire così a portare a termine tutto ciò che aveva da fare.


L'acqua fredda è un toccasana, per la gola irritata, e ti da subito sollievo nella secchezza che iniziavi a sentire e nella fatica a respirare che da qualche giorno percepisci.
Probabilmente era colpa del caldo, non hai ancora contattato la dottoressa.
Rimetti la bottiglia in frigorifero e stai attenta a chiudere bene lo sportello – ultimamente da problemi e sembra si apra da solo –, dopodiché torni in camera, sempre aiutandoti con i mobili ed il muro avvolta nel buio dell'appartamento.

Si chiedeva perché stesse ragionando su ogni componente del tempo che era in grado – o quasi – di gestire e con cui si ritrovava a fare i conti da sempre – e per sempre.

Le uniche conclusioni a cui era arrivata fino a quel momento era che, per prima cosa, il tempo non poteva controllarlo ma sicuramente avrebbe dovuto imparare a gestirlo meglio.
Era un obbiettivo che da tempo aveva in mente di fare, ma motivazione ed impegni vari non riusciva a sciogliersi ed attuare ciò che voleva.

Perché lo sapeva, che se avrebbe imparato a gestire il tempo che aveva a disposizione, sarebbe stata anche in grado di gestire tutto il resto degli impegni – e concludere qualcosa, o più di qualcosa, che da tanto voleva fare.

Per secondo, aveva capito che tutto il resto dei pensieri era una matassa unica, ingarbugliata e malata che nemmeno lei riusciva a decifrare.
Ed era meglio lasciarla dove stava.


Tic. Toc.

Mesi.


Tanto valeva finire il discorso con se stessa.

I mesi.
Li trovava così strani, i mesi. Un po' come i numeri. Alcuni le piacevano, altri li trovava irritanti.
Per i mesi, sicuramente aveva i suoi preferiti – come quelli invernali, come quelli autunnali. Soprattutto gli ultimi tre dell'anno, confine tra autunno ed inverno.
Avrebbe detto anche Gennaio se non avesse significato l'inizio di un nuovo percorso, un nuovo ciclo, nuovi compiti e simili.
Gennaio era quel tipo di mese che le stava simpatico ed antipatico insieme, come una persona su cui non sai che giudizio dare. Lo guardava circospetta, lo studiava e per certi aspetti lo apprezzava mentre per altri lo detestava.


Torni in camera e chiudi a porta, creando una bolla di spazio circoscritta e in cui sei presente solo tu.


Tic. Toc.

Anni.


Oh, anche quelli scorrevano.
Sembravano non passare mai e poi si ritrovava come fregata, mentre avanzavano; impantanata in qualcosa che la imprigionava sbattendola crudelmente nella vita e nello scorrere del tempo, nel doversi adeguare e andare avanti.
Il pensiero che faceva solitamente era che “c'era tempo”.
 C'era tempo perché un anno è composto da settimane, mesi e giorni, e sicuramente avrebbe trovato spazio per fare quello che doveva in tutta quella moltitudine di roba.

No.

Sbagliato.


Andavano avanti anche loro, lenti ma inesorabili.
E, sbagliando modo di approcciarsi alla vita, si ritrovava insoddisfatta e con il nulla tra le mani.

Chiudi gli occhi e sospiri pesantemente, decisa che vuoi dormire.
Ti scocciava star facendo quei pensieri quando invece avresti potuto riposare tranquilla, e non avevi voglia di ritrovarti a dover stare per forza alzata perché si era già fatta l'alba e addormentarsi non avrebbe avuto senso, a quel punto.

Almeno quello, il tempo, avrebbe potuto concedertelo, no?





















































Shot molto diversa dall'idea originale.
Tutti gli ultimi capitoli hanno subito come un “dirottamento”, nel corso del tempo, quindi è probabile che si noti il cambiamento tra i primi capitoli e da quelli dopo Apatia.
Spero comunque continuino ad interessarvi.
Grazie per la lettura. :)
Alla prossima, Dhi.
   
 
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