Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: glendower    23/08/2013    5 recensioni
[Accenni Petra/Rivaille]
Lei era bianca - bianca alla stregua delle spose trovate in Chiesa. Candida, così tanto da fare male agli occhi.
Era bianca ma anche rossa come chi, all'altare, non ci sarebbe mai arrivato perché diventato uno spirito.
Era un cimelio ed un abito impossibile da bruciare.
La ragazza al centro della stanza era un tramonto, strideva d’arancio nei capelli e faceva a pugni con la superficie chiara dello specchio, un ovale squadrato incastonato in una cornice di rose, dalla vernice grattata e mancante in più punti dove si rifletteva l’immagine sgranata di una sposa...
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Petra, Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono spose marchiate di rosso e vestiti che non bruceremo mai 



 

La ragazza al centro della stanza era un tramonto, strideva d’arancio nei capelli e faceva a pugni con la superficie chiara dello specchio, un ovale squadrato incastonato in una cornice di rose, dalla vernice grattata e mancante in più punti dove si rifletteva l’immagine sgranata di una sposa – di una bimba che fingeva con gli amici, recitando la parte di una moglie ed una compagna, l’immaginaria amante di un uomo di cui aveva svelato il nome solo ad un mucchietto di lettere spedite al padre, raccolte e chiuse nel suo cassetto.
      Merletti all’uncinetto su di lei erano rondini nella carne, spiccavano in volo tra le pieghe della stoffa e veli trasparenti come acqua, riempiendo curve che dovevano ancora maturare ma che forse non avrebbero mai avuto il tempo per farlo, imprigionate strette dentro le pareti di un bustino che le arrotondava il petto e i fianchi in un’armonia perfetta. Nuvole di pizzi arricciati salivano sulla scollatura e tutto intorno alle spalle nude, gonfiando nastri di seta blu che scendevano e s’intrecciavano sulla schiena in volute a spirale lungo la spina dorsale, nel ricamo di vertebre morbide ad avvolgere i drappi.
      Perle rotonde in miniatura sostituivano gioielli e bottoni, cucite negli orli e nei polsini avorio dei guanti; attorno alla vita scendevano tende – cadevano le gonne con la forma larga di un ventaglio, spazzando il pavimento lercio mentre chi le indossa faceva un giro completo e si guardava girare, ridendo dell’effetto che facevano le trine volteggiando attorno alle caviglie. Immerse nelle coltri delle sottovesti, le calze erano ritagli di carta bucate a rete e le scarpe un allegro trampolo su cui non riusciva a stare, sempre abituata com’era agli stivali della sua divisa. Volava zoppa da una parte all’altra della camerata, gingillandosi contenta sempre con il rischio di finire lunga distesa a terra.
     Nei capelli, chiusi e tirati su da un pettine di corallo, Auruo, in piedi su di uno sgabello, le intrecciava file di nastri per ogni ciocca, aiutandola a sistemare un velo lungo quanto bastava per celarle il viso sbavato da un trucco troppo pesante per appartenere davvero a lei.
      Era di sua madre, quella roba, una donna abbandonata da qualche parte morta, schiacciata dai nemici ed alla fine resa schiava di un vecchio abito passato a sua figlia in una comunione di ricordi che voleva continuità e storia – che bramava un roseo scampanellio sotto le navate di una chiesa e uno scambio di promesse intrecciate agli anelli, una famiglia con un paio di bambini urlanti e una vita fuori dall’esercito.
     «Papà avanzerà la sua proposta e, una volta tornati da questa missione, gli concederà la mia mano» cinguettò Petra sognante, lisciando lo spacco largo un dito a scoprirle la coscia coperta da un fiocco sottile.
     «Obbligherà, vuoi dire.»
    «Sei solo invidioso» rise, senza togliere gli occhi da ciò che era diventata: il suo segreto, un sogno, quell’umanità che la faceva sentire meno in gabbia, forse persino libera, sicuramente più bella in quel mondo tanto crudele quanto meraviglioso; era regina, madre dei suoi attimi di normalità.
   «Non sarai mai la mia sposa perfetta, Petra» rispose brontolando l’uomo, inciampando un attimo prima di scendere dalla sedia, aggrappandosi alle sue spalle e trattenendo il gemito con cui si era morso a morte la lingua.
    «Tua? Su, fingi di accompagnami all’altare e stai dritto!» ma Petra non si accorse dello schizzo di sangue che le imbrattava i pizzi sul petto e, prendendolo per un gomito, lo accompagnò fuori dalla porta.
 
 
 
Una torcia divampa, nella sua mano, lungo il mare nero nel corridoio e sfuma nel ciocco di legno su cui è accesa la fiamma. Rossa di luce fiacca l’argento delle ragnatele e dei cumuli di polvere che appestano l’aria fino a renderla irrespirabile, costringendolo a premere il fazzoletto sulla bocca fino a togliersi completamente il respiro. Granelli di muro e calcinacci cadono, sottili, alla stregua della pioggia più fine, imbiancando i mantelli verdi ed incentivando la scorta di sole due persone a muoversi per fare presto. Quel luogo crolla, si sbriciola sulle loro teste una carta per volta, sparpagliando i pezzi.
      Apre la porta sulla sua strada con un calcio e ci trova, all’interno, un’altra stanza vuota – un altro luogo in cui è stato secoli prima, muovendosi con sapienza tra sedie accatastate l’una sull’altra e un letto vuoto, le lenzuola buttate alla rinfusa simili a fantasmi colti in fallo prima della morte.
     Tra i documenti in rovina, le buste mai aperte, l’inchiostro vischioso e adesso asciutto, sparso su quelle che dovrebbero essere penne per scrivere, si trova un contenitore rettangolare bucherellato, accantonato in mezzo ai libri crollati di una libreria rovesciata sul pavimento e poi svuotata dagli sciacalli, ladri e cani dell’ombra di cui una volta ha fatto parte.
    Nella scatola rovinata, presa e sistemata nell’angolo crepato di una scrivania rovesciata, alzato il coperchio e soffiato via il marciume, c’è lo scheletro disfatto di un vestito – un cimelio che qualcuno ha indossato con una crosta scura all’altezza del cuore. Leso nel tessuto grigio e nelle frange morsicate dalle tarme, di lui non è rimasto niente se non un lontano profumo che non ha davvero intenzione d’inquadrare.
      «Non c’è più niente, signore. Come procediamo?» fa il soldato che lo accompagna, inginocchiandosi vicino al Caporale intento a sfregare le mani sporche sui pantaloni.
    Rivaille alza gli occhi, punta lo specchio rotto in fondo alla camera e gli sembra di vedere qualcosa muoversi in un riflesso opaco del vetro; arrampicata su di uno sgabello senza gambe c’è una sposa – c’è un bianco alone che gli sorride da un passato neanche troppo lontano e da un futuro impossibile da ottenere, pestato e spezzato dalle dita di un Gigante.
      «Date fuoco a tutto, tranne al vestito che verrà restituito al padre» e nelle scintille del cuore di un incendio appena appiccato, si allontano di corsa.
    Il più piccolo di statura ha un panno tra le braccia perché niente rinasce e niente si riconquista, si può solo cancellare per sempre il vecchio, aprendo lo spazio a qualcosa di nuovo; non ha lacrime di fenice con sé, né creature mitiche pronte a rinascere dalla cenere, solo mostri a mangiare gli uomini. Bruciare tutto per lui equivale a lasciarla volare, priva di catene ad imprigionarne il corpo, salvando il vestito per renderle impossibile morire una seconda volta.



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note dell'autrice: mi son detta: ho già inzozzato il fandom una volta, perché non riprovarci, visto che nella prima non è andata così malaccio? E allora eccomi, di nuovo qui, incentivata forse dalla visita di un anon molto anon che è capitato sul mio ask, di cui colgo l'occasione ancora una volta per ringraziarlo. In realtà questa fic nasce da un'insana idea e da una particolare dedica ad una persona puzzolosa, stressata ogni giorno dal mio linkarle fanart malefiche sul tema e non. Non vuole essere una cosa impegnativa, per questo ho preferito non dilungarla di parole e parolone che ne farebbero perdere solo il senso, quindi allontanatevi se siete di quella gente a cui piacciono le cose lunghe e noiose! Niente, non pretendo niente né ho tanto da dire, visto che non sono brava né con le note dell'autrice, né con il resto. Dovevo togliere le ragnatele al profilo eeeeee la mia buona azione, facendolo, l'ho compiuta. Grazie per le eventuali letture, un parere non fa mai male. <3 Ness. 
 
  
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