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Autore: Pallina Di Burro    23/08/2013    2 recensioni
{MakoRin}
Makoto e Rin sono una coppia /diciamo/ stabile da un po' di tempo, e quest'ultimo, durante le vacanze estive, si è accampato a casa del suo ragazzo. Ormai il Big Ben ha detto stop ed è ora di tornare a scuola, ma non prima di un'ultima giornata all'insegna di fastidiosi schiamazzi di fastidiosi fratelli.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Makoto Tachibana, Rin Matsuoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il classico e lieve brusio che producono le foglie sfiorate dal vento, il cinguettio degli uccellini, l’ancora fievole luce del giorno…
Fastidio; per Rin sono solo particolari snervanti in questo momento: ha dormito male e poco, tutto ciò che accade intorno a lui è tremendamente seccante, anche il più piccolo suono.
Non è abituato a dormire in quella posizione: fianco sinistro, un braccio pesante che gli cinge la vita ed un altro corpo che preme dietro di lui. Ma non vuole girarsi, nossignore.
Non vuole essere costretto a guardare quel viso, quello stesso volto che la notte precedente l’ha osservato. Ha visto tutte quelle espressioni pietose e disgustose, così come quei suoni…  
Come ha potuto farseli sfuggire dalle labbra? È terribilmente arrabbiato con sé stesso, ma troppo stanco per muovere anche solo un muscolo e fuggire da quella specie di catapecchia familiare.
Intanto il sole si leva, Makoto ancora non è sveglio, ma ciò non è un problema, dato che sta per assopirsi anche lui, o almeno così gli sembra. 
Un momento e sente un lieve pizzico sul braccio, quello che sporge dal materasso, poi un altro, e sul volto, le guance che tirano; si sveglia di soprassalto.
Due monelli con il passo felpato si sono introdotti nella stanza del loro fratellone. Rin li guarda come se volesse ucciderli, mentre ancora hanno tra le piccole dita lievemente paffute le sue guance.

-Guarda che denti!- esclamano con sorpresa, muovendo le labbra del rossiccio, quasi fosse un cane a cui il veterinario sta controllando il muso.
 
Tempo due secondi e vengono subito cacciati via; la pazienza non è una delle sue virtù, lo sanno tutti.

-SPARITE, MOCCIOSI.- 

Il tono di voce, così alto e con un pelo di isteria e stizza, sveglia l’altro. 
Un qualche sbadiglio, uno scricchiolio dato dalle vertebre, e Makoto apre gli occhi; lo sguardo di poco assonnato. 
Tira verso di sé quella vita tonica, il corpo che, trascinato, oppone naturale resistenza contro il materasso. 
Quelle stesse membra si irrigidiscono contro i suoi polpastrelli, lo può sentire bene.
Solleva appena la linea del proprio orizzonte, affondando il gomito sinistro nel cuscino e con il viso poggiato sul rispettivo palmo: Ran e Ren. 
Tuttavia, per quanto assurda sia quella situazione, non ne sembra preoccupato molto, solo appena sorpreso.
 
Rin serra i denti e gli occhi per non vedere, per resistere alle sensazioni angosciose di una notte passata in maniera indecente. 
E nonostante ciò si gira verso il castano, a protezione del proprio corpo contro degli stupidi marmocchi che disturbano il tanto agognato riposo. 
Ringhia lievemente contro il petto asciutto dell’altro, un po’ per l’irritazione e un po' bhe… sempre altra irritazione. Contro quei pettorali sente ancora diversi odori: il profumo di Makoto, una punta di sudore, il concentrato di libido e l’effluvio del sesso. 
Spicca una punta di rossore sulle sue gote e sprofonda nel letto per non farsi vedere.

-Mandali via, rompono le palle…-

Brontola con la voce soffocata dal materasso, le palpebre che si schiudono appena appena sulle iridi serrate, per lanciare uno sguardo all’altro. 
E per quanto Rin possa volersi liberare di quell’idea, facendosi forte della certezza di occhi duri ed innervositi, per il giovane che giace vicino a lui, quella è solo un’ulteriore ma silenziosa e tenera richiesta del rosso, quasi un appello necessario a ristabilire un po’ di pace nella camera e nella sua testa.
Makoto sfiora i capelli borgogna con dita gentili, atte solo a rivolgergli carezze, le stesse dita che la sera prima sono state tanto indulgenti quanto frustranti per lo squalo cremisi.
Alza gli smeraldi verso i due piccoli, senza però allontanare quella mano benevola dal capo rossiccio. Questi li guardando con un’espressione confusa nel volto, per quanto nel loro profondo desiderino saltare su quel letto e giocare con il maggiore ed il suo strano amico dai denti a tenaglia.
Sorride serafico verso i suoi fratelli, prima di decidersi a parlare.

-Non dovevate andare con mamma e papà? 
Rin ha sonno, lasciatelo dormire, okay?-

Pronta ribellione dei bambini che scalano il letto con pochi balzi: chi si apposta sul fianco roseo e scoperto dello “squalo”, macchiato di segni circolari e rossi, e chi invece piomba al collo del “fratellone”, segnato da morsi uguali a quelli sulle spalle, con tutta la propria forza.
Un po’ di fastidio, i segni di quella notte bruciano ancora su entrambi: i graffi sulle spalle del castano non sono troppo profondi, ma fastidiosi come quelli di un gatto, e per quanto riguarda i poveri fianchi dell’altro, seppur muscolosi e torniti, hanno sopportato abbastanza male le pressioni inaspettate.


 -Sono usciti e... Noi vogliamo la colazione! Makoto, sbrigati!
Abbiamo fame!-

Brontolano, seppur con voce alta, quasi all’unisono, per costringere quel povero martire a scendere le scale verso la cucina e preparare un qualche manicaretto che soddisfi le loro richieste.
E se lui non ne è molto toccato, d’altra parte, il rosso si trova a voler scaraventare giù dal letto quella stupida bambina seduta sul proprio corpo, ma si trattiene dal farlo solo grazie alle continue carezze dell’altro.
 
La sensibilità dello stesso, però, cattura subito il suo disagio; almeno Rin, sì, almeno lui deve riposare, o potrebbe dare di matto.

-Va bene, va bene! Arrivo tra poco, iniziate a mettere la tavola, altrimenti non cucino carne.-

Sa bene quanto quella minaccia sia efficace con i suoi fratelli, ed eccoli infatti che, come due schegge, schizzano via da quel materasso, non senza creare confusione.
Passi irruenti che si allontanano per le scale; che scalmanati!

Rin non crede di aver sentito bene. 
Vuole davvero scendere? Scendere e lasciarlo lì? 
Non va bene, non può abbandonarlo su quel letto come se nulla fosse, solo per cucinare una stupida colazione a degli stupidi mocciosi.

Makoto, a quanto pare, non la pensa allo stesso modo.
Lascia scorrere la mano sulla sua guancia, per sollevargli di poco il viso. 
Quei rubini lo guardano mesto, leggermente socchiusi, nascondendo una richiesta implicita.
Sa benissimo che Rin è un egocentrico, uno che cerca di accentrare tutte le attenzioni degli altri su di sé. Più esplicitamente quando era bambino, ora con sguardi indiscreti e desideri inespressi.
Cattura quelle labbra sottili e calde in un bacio che vuole essere tenero, delle scuse verso tutto ciò che è accaduto dalla mattina, o forse dalla sera stessa. 
Non vuole stressarlo anche durante le vacanze estive, sebbene siano giunte ormai al termine. 
Hanno passato diversi giorni simili a quelli, eppure il rosso ancora non riesce ad abituarsi a ciò che accade troppo spesso. La sua mente non accetta tuttora quei sentimenti contrastanti che prova ogni volta. O meglio, è proprio lui a non volerli assimilare, ma a costringere Makoto a quella vicinanza che gli provoca rossori, affanni, strette costanti al petto e, spesso e volentieri, groppi alla gola, pietroline nello stomaco.
Anche ora, dopo questo bacio, lasciato così, le labbra morbide ed appena schiuse, in un gesto che vuole, ma non viene ricambiato, Rin non può fare a meno di aggrapparvisi. 
Infatti, appena l’altro si allontana di una spanna dalla sua bocca, scatta, arpionando le spalle larghe e muscolose.

-Prova ad alzarti e sei morto.-
 
Borbotta a bassa voce, guardandolo con le iridi socchiuse in uno sguardo che vuole essere il più truce possibile, nonostante il fine della richiesta.
In Makoto nasce una risata spontanea e cristallina, che per quanta irritazione crei nell’altro, non può essere fermata: ci pensano infatti le unghie dell’altro, affondate come unghie nella carne tonica.

-Scusa, scusa! 
È che... sai, i bambini aspettano.-

-Aspetteranno.-
 
E niente da fare, per quanto Makoto desideri fermarsi anche tutto il giorno in quel letto insieme al suo ragazzo, perché di suo si tratta, e di “ragazzo” sembra abbastanza ovvio, non può davvero deludere i suoi fratellini.
Per quanto irritanti e casinisti, a volte, non può lasciarli morire di fame.
Prende quindi con gentilezza i polsi dell’altro e li abbassa, scivolando con tranquillità giù dal letto.
Gli sorride, seppur con un po’ di remora, prima di iniziare a mettersi qualcosa addosso: un paio di boxer, bermuda morbidi ed una t-shirt, qualcosa di veloce e comodo.

-Vieni?-
Fa poi verso l’altro, che per tutta risposta si pianta sotto le coperte, offeso per essere stato rifiutato per due ciotole di riso ed un po’ di carne.
Assurdo.
Il tempo però per Makoto di scendere metà scalinata, che, eccolo, pentito, con una canotta leggera ed i pantaloncini, sulla soglia della porta.

-Cambiato già idea?-

Le labbra del castano si increspano in un sorriso naturale e divertito, che probabilmente irriterà l’altro, come Makoto ha imparato.
Per quanto si sforzi di essere gentile con Rin, finisce sempre per innervosirlo, e per quanto la cosa si intenda nel senso negativo, non è sicuro che a lui dispiaccia del tutto. 
È diventato terribilmente insicuro nell’esprimere ciò che prova, almeno con lui, ma trova abbastanza semplice capire ciò che sente.
E non crede di peccare di superbia. 

-Ho fame.-

Asserisce il rosso per sembrare credibile, prima di superarlo e giungere in cucina per primo. Inutile dire che Rin non vuole e non fa praticamente nulla, si siede infatti al proprio posto, o almeno quello che ha imparato a riconoscere come tale dopo diverse colazioni e/o cene. 
Poggia un gomito sul tavolo, lo sguardo piantato in quei marmocchi fastidiosi che lo fissano. 
Che hanno da guardare? Lo fanno sempre. Cos’è, preferivano Haruka?
In fondo hanno convissuto con lui fin da quando erano piccoli, ci hanno giocato e sanno quanto lui e Makoto siano affiatati.
Ed il problema è che anche Rin lo sa.
Uno sbuffo secco, lo sguardo si sposta sulla aitante figura dello stesso.
Sta cucinando qualcosa di molto buono a giudicare dall’odorino allettante che proviene da quei fornelli, è sempre qualcosa di delizioso se cucinato da lui.
-Ehi, Rin! Perché hai tutti quei lividi sul collo?-

Fa notare uno dei fratelli, indicandogli il lato sinistro del collo.
Istintivamente, il rosso si porta una mano sulla parte più segnata, veloce come un lampo. 
Che diavolo di domande sono!? Stupidi mocciosi, anche se fossero lividi non sarebbero comunque affari vostri.
E dannato Makoto, che la notte si diverte anche troppo.

-Perché ho dei lividi, va bene?!-

Per fortuna che a calmare le acque arriva prontamente Makoto che, come una brava mogliettina, porta in tavola il riso e ne riempie le ciotole, poi il piatto comune con il pollo fritto e verdure.
E, naturalmente, deve preoccuparsi lui di inserire le verdure nei piatti dei bambini.
Di tutti e tre i bambini.

-Lasciate perdere i lividi e mangiate le vostre verdure.-

-Tsk, io sono carnivoro…-, obietta invece Rin, voltando leggermente il capo verso la finestra, ossia dalla parte opposta a dove si trova l’altro.

Ed è per questo che Makoto gli prende il mento con assoluta tranquillità e lo gira nuovamente verso di sé, per imboccarlo, a fatica, con qualche verdura.
Deve capire che anche quelle sono essenziali, forse più della carne. Ah, alcune volte è un bambino più viziato dei suoi fratelli.

-Dai, fai il bravo…-

Ma il ragazzo serra le labbra e non sembra volerle aprire; solo quando nota che  due bambini lo guardano perplessi, mentre mangiano le loro verdurine, si decide a schiudere la bocca e a mangiare. È ‘ultima volta che Makoto lo imbocca, diavolo.

Bhe, almeno in pubblico.
 
Ritira subito il capo ed in silenzio tombale, una punta di rossore sulle gote, ed inizia a mangiare anche quelle cose, seppur facendo bruttissime espressioni più per ripicca che effettivamente per disgusto.
Per come cucina il castano sono buone, certo, non come la carne, ma non sono totalmente orripilanti.

A fine colazione, stranamente, tutti collaborano a pulire e a mettere a posto. Si ritrovano persino in bagno insieme a lavarsi i denti e a fare un bagno, come se fossero una tranquilla e normale famigliola.
Di cui, Rin ci tiene a precisare, non sarà mai la figura materna, per carità.
Una volta tutti belli puliti ed asciutti, grazie a Makoto che si prende cura, in totale, di tre bellissimi bambini, finiscono per giocare alla playstation, tra un sonnellino e l’altro.
E quando i più piccoli non guardano, i due ragazzi si scambiano piccole effusioni: una carezza, un bacio, anche il tenere semplicemente le mani intrecciate.

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Prima che si accorgano delle ombre, è già calata la sera; è arrivato il sipario di quella giornata e con esso si chiude anche l’ultimo giorno di libertà.
È difatti l’unico giorno che resta a Rin prima di tornare alla Samezuka: deve trovarsi lì prima che scatti il coprifuoco, ma lui non è mai stato uno che si piega facilmente alle regole.
Ed il rosso sta lì, a preparare le proprie cose nel contenuto borsone che si è portato a casa dell’altro per sostare durante le vacanze estive.
E quello è il giorno del ritorno dei genitori di Makoto dalle campagne in cui, la vecchia e bacchettona nonnina del ragazzo aveva richiesto il loro aiuto per una settimanella.
E per quanto odi ammetterlo, Rin si era affezionato alla casa, persino ai marmocchi.
Riuscirà a dormire senza il loro vociare?
Senza quel letto, senza le lenzuola che profumavano di lavanda, e di loro all’occasione.
Riuscirà a dormire senza l’odore di Makoto, senza le sue braccia fastidiose che gli cingono la vita, senza il respiro calmo e regolare sul proprio collo mentre il cuore gli batte all’impazzata, senza i suoi baci irritanti che lo cullano tempestosamente nel sonno.

-Vuoi che ti accompagni?-
Chiede lui all’improvviso, sulla soglia della porta, mentre Rin si carica sulle spalle la sacca.
Non ammetterà mai niente di quello che ha pensato fino a poco prima, con grande disapprovazione dell’altro.

-No, non sono una ragazzina.-

All’idea non ringhia come farebbe di solito, anzi, è abbastanza calmo rispetto a com'è normalmente. Ed è questa la cosa preoccupante. 
Makoto però non insiste, per quanto vorrebbe. Sa che se lo facesse Rin potrebbe esplodere perché ritenuto una donnicciola, o un bambino che non sa la strada di casa, che non sa difendersi o che può essere assaltato con facilità.
E poi, ha già deciso di andare alla Samezuka ogni singolo giorno per incontrarlo.
Il rosso scende le scale lentamente, seguito dall’altro in un terribile silenzio, fino a che non si trovano davanti al piccolo cancelletto di casa.
Si gira ed è in un momento: Makoto è già sulle sue labbra.
Rin non è sicuro che abbia controllato la strada prima di farlo, perché scoprirsi così sarebbe imbarazzante, ma per una volta gli importa molto poco.
Un bacio non invadente, casto nel suo modo di essere, che dura interminabili secondi, ma che sono comunque irrisori per entrambi. 
Si separano con lentezza e di punto in bianco, il rosso assesta un bel pugno nello stomaco di Makoto.
-Sai a che ora finiscono le lezioni, sai cosa devi fare.
A domani, piagnone.-

Eccolo lì, che cerca di fare il duro della situazione, di essere quello più forte, quello figo che dopo tanto tempo insieme soffre meno per la separazione.
Separazione che durerà poco, in effetti, ma che dopo due settimane di convivenza ristretta, è difficile da abbandonare.
Makoto sorride, lasciando andare un ponderoso sospiro dal naso. 
È assurdo come la relazione si sia aggrovigliata sempre più, stretta intorno ad un piccolo universo galleggiante di uno squalo e di un’orca. 
Sa già che non riuscirà mai più a sbrogliarla, perché sono entrambi predatori, predatori che, individuata la preda, non la lasciano sfuggire fino a che non sono sicuri di averla tra le loro fauci fino alla fine.








Ghehehehehhehhehe. <3 
Grazie a quella brutta spruffola di Ziskah.
   
 
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