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Autore: TrinketOfDesire    24/08/2013    0 recensioni
Mattia e Giacomo sono fidanzati e si amano. Improvvisamente la loro magnifica storia viene sconvolta dalle parole di un medico, che comunica ai due ragazzi che Mattia è affetto da leucemia e che gli rimangono pochi mesi da vivere. I due ragazzi, affranti e sconvolti, reagiscono e prendono insieme una coraggiosa decisione... Seguite l'amore di questi due ragazzi gay, insieme fin proprio alla fine.
E.. lasciate una recensione, se vi va! E' la mia prima storia e vorrei sapere che ne pensate...
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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-Together until the very end-

Quando Mattia ricevette la diagnosi definitiva, il mondo sembrò crollargli addosso.
Nel giro di pochi minuti era passato da vedere innanzi a sé una vita lunga e piena di gioie, a non vedere più nulla. Il buio totale. L’ignoto. Un ignoto che spaventa.
E quando il dottor Lorenzi disse “Al massimo quattro mesi, mi dispiace.”, forse Mattia si sarebbe sentito ancor più smarrito se, seduto accanto a sé, non ci fosse stato il suo angelo, il suo fidanzato, Giacomo, a stringerli forte la mano.
Le parole del medico colpivano i visi di quei due giovani ragazzi come pietre appuntite.
Mattia iniziò a piangere in silenzio, contorcendosi su sé stesso e abbassando il capo, colmo di vergogna. Giacomo lo abbracciò, portandoselo al petto, e facendo scivolare la sua mano sinistra sulla schiena del ragazzo, accarezzandolo dolcemente.
Il dottore era stato schietto, era uno di quelli che diceva le cose come stavano, quando ce n’era bisogno. Lo chiamavano il “dottore senza cuore”.
Era conosciuto, a Roma. Le signore per strada, o sedute sulle panchine, si domandavano come facesse a convivere con sé stesso. Come poteva un uomo riuscire a dormire la notte, sapendo che forse il giorno dopo avrebbe dovuto comunicare notizie di malattie mortali ai suoi pazienti?
Mattia, in seguito, si chiese se avesse visto altre persone piangere disperatamente come lui, di fronte a quella scrivania, e provò vergogna per una seconda volta.
Evidentemente, il dottor Lorenzi realizzò quanto il dolore e lo sgomento fossero sorti improvvisamente nei due ragazzi, al pronunciare delle sue parole, poiché si affrettò a dire: “Ma con le nostre cure avanzate, la speranza di vita può aumentare. I trattamenti, sarò onesto, saranno duri e faticosi, metteranno alla prova il fisico anche di un ragazzo come te, ma così facendo, posso garantirti dai cinque ai dodici mesi in più… Abbiamo tante terapie per cercare di farti stare bene più a lungo.”
La situazione non migliorò. Mattia si strinse ancora di più a Giacomo, affondando le dita nella sua pelle.
Il dottore osservava impassibile, dall’altro lato della scrivania.
Dopo cinque minuti di un silenzio quanto mai drammatico e surreale, Giacomo fu il primo a prendere la parola.
Con la voce rotta dal pianto, chiese: “Ma… si tratta di una cosa curabile, vero? Faremo le cure e tutto tornerà come prima, non è così?”
Il medico non rispose. Tirò invece un profondo sospiro e, spinto da uno sguardo supplicante di Giacomo, iniziò a rispondere con aria grave: “Vedi…” Ma Giacomo aveva già capito, e lo interruppe con un gesto della mano, scuotendo la testa.
A quel punto entrambi i ragazzi presero a singhiozzare rumorosamente. I loro visi erano talmente vicini che le loro lacrime salate si mescolarono.
Il medico brizzolato, accorgendosi di essere di troppo, si alzò con uno scatto, e poi disse lentamente: “Vi lascio soli. Se mi cercate, sono nella stanza accanto”. Nessuna risposta da parte dei due giovani.
Si udì una porta chiudersi, un singhiozzo, un grido disperato. Gli occhi blu intensi e scintillanti di Giacomo incontrarono lo sguardo sconvolto e vuoto di Mattia, che gli domandò: “Tu mi aiuterai, non è vero?”.
Ma ora gli occhi di Giacomo erano arrossati e gonfi di lacrime. “Sì, sì, per te qualunque cosa. Ti starò vicino, amore, te lo prometto. Ce la faremo insieme, io e te.”
I giorni che seguirono, furono i giorni della sofferenza, dei messaggi di affetto che arrivavano a casa, dei pianti, del senso di smarrimento. Quei giorni in cui era inevitabile chiedersi “Perché proprio a me? Perché a noi?”
Tutti i loro progetti, i loro studi, i loro lavori, le loro aspirazioni, le cose che amavano. Tutto sembrava essersi dissolto nel nulla.
La vita di due splendidi ragazzi, che si amavano genuinamente da tempo, e che condividevano tutto, veniva spezzata improvvisamente da una diagnosi inaspettata e sconvolgente.
Per qualche giorno, l’argomento non venne affrontato da Mattia e Giacomo, soli nel loro appartamento.
Passavano le ore abbracciati, a piangere come non mai, a scambiarsi carezze e teneri baci sul collo.
Tutto ciò, fino a che Giacomo decise di tirare fuori la questione.
“Non voglio perderti.” Disse deciso un pomeriggio. “Voglio averti con me il più a lungo possibile.” Ma Mattia scosse la testa. “E’ inutile.” Sussurrò, la voce alterata dai singhiozzi, che sembravano non volergli dare tregua. “La malattia non è guaribile. Quattro mesi in più o in meno, per me non fanno la differenza, il dottore è stato chiaro. Ora voglio pensare a noi, al diavolo le cure. Preferisco lasciarti sapendo di essere stato bene con te fino all’ultimo momento, piuttosto che soffrire come un dannato, chiuso in una stanza di ospedale, senza averti tutto per me.”
Giacomo si stupì di dover dare ragione al suo fidanzato, che gli stava dicendo di non volersi sottoporre a cure. Si prese un attimo per pensare e poi parlò: “E’ così, fa male ma dobbiamo accettarlo. Solo una cosa mi chiedo. Se c’è davvero qualcuno lassù che dovrebbe impedire che tutto questo accada. Se davvero esiste un Dio, allora un male così grosso ad un ragazzo perfetto come te… Beh, non avrebbe motivo di esserci. Ricordi quante ne abbiamo passate, per il semplice fatto di avere una storia?”
Mattia annuì, malinconico, ricordando i tormenti subìti per la loro omosessualità, e la loro relazione.
“Ecco, ora soltanto mi chiedo ‘Perché?’. Dopo tutte le difficoltà e gli ostacoli che abbiamo dovuto passare, solo perché ci amiamo, un Dio che si dice essere così buono e misericordioso, permetterebbe che questo accada?”
“Ehi, senti.” Lo interruppe Mattia, fermamente, “Chiamiamo le cose con il proprio nome. Si chiama leucemia, e così noi la chiameremo, d’ora in poi.”
Giacomo annuì, a sua volta.
Mattia riprese a parlare, fissandolo: “Succede. Succede e basta. E’ successo a me. Sembra assurdo, impossibile, ma è così. Hai ragione, dobbiamo accettarlo, volenti o nolenti. Quando vivi bene e sai di non avere qualcosa che lentamente ti sta portando via, non pensi mai che possa capitare proprio a te… Mi domando che cazzo io abbia fatto di sbagliato per meritarmi questo! Te lo ricordi quando ci siamo conosciuti, cosa ti ho detto? Ti ho detto che non mi meritavo di vivere, che ero diverso, sbagliato. Ma tu mi hai salvato, amore, e mi hai convinto che tutto ciò non era vero, che in realtà meritavo di vivere, di stare con te, invece avevo ragione io. E questa cosa ne è la conferma. Il destino ha voluto che io mi ammalassi, e significa che ho fatto sicuramente qualcosa di male per non meritarmi più di amarti e vivere una vita con te, e poi…”
Giacomo aveva ascoltato, in silenzio, in lacrime, scuotendo la testa, ma quando Mattia arrivò a pronunciare quelle parole strazianti, lui lo zittì poggiandogli un dito sulle labbra, e poi lo cinse in vita, sussurrandogli: “Ehi, non è vero! Queste cose non le devi né dire né pensare, è chiaro?”
Mattia rise. Rise una risata fredda, e poi disse: “Lo sai cosa penso? Penso che tu sia un ragazzo estremamente coraggioso, con una personalità incredibile. E sai perché lo penso? Perché nessuno accetterebbe che la persona che ama se ne vada presto, così, senza nemmeno provare a curarsi. Ma tu sei qui di fronte a me, sapendo che mi perderai, e nonostante tutto accetti la mia volontà.”
“Oh no!” Giacomo scosse la testa, poi accarezzando dolcemente il viso dell’altro, disse: “No, qui sei tu quello coraggioso. Quello che accetta il destino e non vuole curarsi, e soffrire ulteriormente. Quello che accetta di…”
“Di morire, Giacomo.” Mattia finì la sua frase, poiché quella parola era rimasta nella gola del suo amato, senza riuscire a venirne fuori.
Quella stessa parola colpì Giacomo allo stomaco più di quanto potesse immaginare.
Quando hai un tumore, quella parola assume un significato diverso da quello che si usa tutti i giorni.
La speranza di vita di Mattia fu minore del previsto. Ma, durante i tre mesi che restarono, i ragazzi reagirono, Giacomo si prese cura del suo amore nello stesso modo in cui ci si prende cura di un gatto ferito, ed esaudì ogni suo desiderio. Chiesero ad amici e parenti di essere lasciati soli, nel loro dolore.
I genitori di Mattia, che abitavano lontano da Roma, furono avvertiti della notizia, ma non si fecero sentire, né si preoccuparono di lui. Il loro ribrezzo per la sessualità del figlio fu ancora una volta più grande di tutto il resto.
Mattia si rattristì infinitamente, pensando a quanto le persone che lo avevano messo al mondo, che già gli avevano tanto fatto del male in passato, potessero di nuovo abbandonarlo del momento del bisogno.
Ma per fortuna c’era Giacomo, pronto a sostenerlo, come aveva sempre fatto. Lo fece distogliere da questo pensiero con un lungo bacio sulle labbra.
I tre mesi che passarono dopo quel giorno, nello studio del medico, furono i più intensi che Mattia e Giacomo avessero mai passato. Girarono per l’Italia e per il mondo, spensierati. Giacomo portò Mattia anche in Norvegia, come ultimo viaggio insieme. Avevano da sempre desiderato di farlo. Fecero tutto ciò che si erano ripromessi di fare, non volevano farsi mancare niente. Vissero al meglio il resto della loro storia insieme, consapevoli del fatto che si sarebbero dovuti dire addio per sempre.
La sera, prima di addormentarsi, Giacomo leggeva per Mattia. Cantava per lui. Gli raccontava storie. Volevano dirsi tutto, in modo da non avere rimpianti e rimorsi una volta che Mattia se ne sarebbe andato.
Giacomo versava lacrime, da solo, avvolto dal terribile pensiero che il mattino seguente, il suo bellissimo fanciullo non si sarebbe svegliato.
Quando il giovane ragazzo gay si addormentava, lui restava ore a fissarlo, di notte, prima di spegnere la luce.
Un giorno piovoso, però, Mattia svenne e fu portato in ospedale. Le sue condizioni fisiche erano da qualche tempo peggiorate. Era debole, sputava sangue, il suo corpo magro era ricoperto di macchie. Passava le giornate a letto, con Giacomo al suo fianco.
Una volta ricoverato in ospedale, dopo diversi controlli medici, Giacomo si sentì dire dal dottor Lorenzi, la frase che entrambi tanto temevano. “Purtroppo ci siamo. Preparati, amico mio. Potrebbe andarsene da un momento all’altro. Mi dispiace.”
Tante persone vennero però a fare visita a Mattia, durante sua la degenza in ospedale. Persone conosciute a Roma, persone che gli erano state vicine, amici, alcuni di cui non si ricordava nemmeno. Tutti uscivano da quella stanza con il cuore infranto, sapendo di aver appena salutato una persona che mai più avrebbero rivisto. Il vicinato della zona in cui Giacomo e Mattia vivevano, fu terribilmente scosso dalla vicenda.
La visita che Mattia apprezzò di più, fu quella di Vanessa, la sua migliore amica, una bellissima ragazza con cui aveva da sempre condiviso gioie e dolori della sua vita. Condivisero insieme un ultimo caffè.
Era il mattino del diciotto Novembre. Le condizioni di Mattia peggiorarono.
Lui e Giacomo erano soli nella stanza. Avevano nuovamente chiesto di essere lasciati soli.
Mattia sdraiato sul letto, e Giacomo di fianco a lui, che lo abbracciava.
“Cantami una canzone.” Disse Mattia con un filo di voce.
Giacomo, piangente fino all’inverosimile, cantò, talvolta interrompendosi per i singhiozzi, la canzone preferita del suo amato. “If your love were taken from me… Every colour would be black and white… If your love were taken from me… Every light that's bright would soon go dim.” Ma dovette presto smettere a causa di un forte colpo di tosse di Mattia, che, parlando con ancora più difficoltà gli disse “Grazie, tesoro. Sono contento di aver… sentito queste stupende parole un’ultima volta.”
La schiettezza di Mattia in punto di morte, sconvolgeva ancor di più Giacomo, il quale, sopraffatto, gli domandò un ultimo atto d’amore.
“Baciami.”
Kiss me hard before you go.
I due si baciarono sulla bocca. Fu un bacio d’addio, uno di quelli che avevano visto mille volte alla TV, mentre erano abbracciati sul divano.
“Voglio…” Mattia s’interruppe per un altro forte accesso di tosse. “Voglio andarmene mentre ti guardo in quei tuoi meravigliosi occhi blu. Guardami.”
Giacomo si asciugò le lacrime. Era tutto così surreale e straziante.
Lo guardò negli occhi, ma ormai il blu oceano delle sue iridi era sbiadito, come se fosse stato prosciugato dal pianto e dal dolore.
Ma a Mattia non importava. “Sono… sono bellissimi. Tu sei bellissimo, amore mio.”
A lungo, gli occhi color nocciola e spenti di Mattia, fissarono quelli blu e lacrimanti di Giacomo. Era già successo mille volte che quei due sguardi bellissimi s’incontrassero. Per strada, in casa, negli attimi di passione.
“Fammi uno dei tuoi sorrisi speciali.” Disse ancora Mattia, ma Giacomo, in quel momento, trovava nel sorridere la cosa più difficile al mondo. Eppure nonostante tutto, nonostante le lacrime che gli rigavano il visino innocente, sorrise. Sorrise per la persona amata, morente di fronte a lui.
Lo strinse forte e sorrise un sorriso spontaneo, che gli veniva dal cuore, senza distogliere lo sguardo.
“Ti amo.” Furono le ultime, soffocate ed appena percettibili parole ad uscire dalla bocca di Mattia, che si muoveva a malapena.
“Ti amo anch’io.” Disse Giacomo nel pianto convulso. Ma non seppe mai se Mattia lo avesse sentito, perché poco dopo, il suo grande amore tirò l’ultimo respiro e i suoi occhi si chiusero.
Il ragazzo dagli occhi del mare e il viso dolce avvertì tutto distintamente. Mattia tremava. Dopo quel “Ti amo anch’io.”, ci fu un tremolio più forte, e Mattia si irrigidì, per poi rilassarsi d’improvviso e lasciarsi andare dolcemente, abbandonandosi tra le braccia della persona che in quella breve ma intensa vita, aveva amato come solo lui poteva sapere.
Era accaduto tutto in un attimo.
Mattia, il mattino di quel diciotto Novembre, morì tra le braccia di Giacomo, con impressa in mente l’immagine di due meravigliosi occhi color oceano, e un sorriso, quel sorriso che tempo prima gli aveva rubato il cuore, facendo sì che appartenesse solo e soltanto a lui.
-FINE-

 

 

 

Spazio dell’autore:
Ciao a tutti. Questa è la prima storia che pubblico su questo sito, e spero vivamente che vi sia piaciuta, nonostante sia triste e drammatica. Vi invito a farmi sapere che ne pensate, lasciando una recensione e a seguirmi per altre storie.
Grazie di cuore a chi leggerà questa storia, chi la recensirà o la aggiungerà alle ricordate/preferite.
Un saluto,
TrinketOfDesire.

  
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