Autore:
Sissy
Titolo raccolta: Per ancora un momento da passare con
te…
Personaggi: Atsuya Fubuki, Shirou Fubuki
Genere:
Introspettivo – a tratti
angst (?) – Sentimentale ; Slice of life
Note:
Una raccolta di flash-fic riguardante i Fubuki Twins; un regalino per
fare gli auguri a SaraPallina; buon compleanno Hichiyo-chan! <3
Ho strutturato queste shot su citazioni varie trovate rovistando nei
meandri
della mia chiavetta. xD Volevo approfittare di questo spazietto per
spiegarvi
come sono strutturate queste flash: inizia la raccolta con Atsuya in
una specie
di “Paradiso” o robe del genere, e come riferimento
temporale potrebbe essere
l’alba, così. Nella shot dopo è quasi
tramonto, e Atsuya si incontra con
Shirou. Poi, durante la notte, Atsuya ricorda i loro ultimi momenti
passati
insieme. Dopodichè, si susseguono due pomeriggi in cui
Atsuya prova a stare
vicino a Shirou, sempre con riferimenti agli sport sulla neve tipici
dell’Hokkaido. Nell’ultima flash, il tramonto,
Atsuya tornerebbe nel suo
“Paradiso” dopo due giorni passati con il
fratellino e molta nostalgia nel
cuore. *ç*
Spero che siano di vostro gradimento: era da tempo che non scrivevo sui
gemellini Fubuki, e devo ammettere che quanto ho fatto non mi dispiace.
^^”
Minacce (?): I
personaggi di questa
raccolta non mi appartengono, essendo essi di proprietà
della Level-5.
Nonostante questo, il testo stesso è mio e il furbastro che
deciderà di
appropriarsene illegalmente dovrà fare i conti con me. Questi
capitoli sono
stati scritti senza alcun scopo di lucro e/o plagio, piuttosto li ho
scritti per
puro divertimento; è un regalo, e ci tengo molto.
Perciò, giù le mani! *^*
1.Life [260
parole]
“Essere
vivo richiede un sforzo di
gran
lunga maggiore del semplice fatto di respirare”
Da molto tempo a
questa parte, ho pensato spesso al significato di
quest’antifona.
Prima io ero vivo, già.
E adesso sono qui, in questo luogo abitato da luci ed ombre, da suoni e
silenzi, da parole ed echi, da sogni e ricordi.
Considerando che poi non sono così diversi.
Cosa facevo prima, che mi faceva sentire vivo?
Non lo ricordo, non lo ricordo più.
In questo ambiente sterile, in cui non si prova né caldo
né freddo, né paura né
gioia, né orgoglio né dolore, sto lentamente
svanendo.
E’ come se pian piano, mi stessi fondendo con
l’ambiente in cui mi trovo; in un
posto asettico come questo, diventa difficile pensare ad altro che non
sia il
bianco, se non il grigio in cui si è avvolti.
E torno immancabilmente a chiedermi:
“Cos’è che mi faceva sentire
vivo?”
Quante ne ho fatte, quante ne avrei volute fare; eppure tutto quello in
cui mi
intrattengo ora, lo facevo anche prima.
Cosa c’è di diverso?
C’è che sentivo il caldo
tepore del fuoco
scoppiettante nel caminetto, c’è che gustavo il
dolce calore della cioccolata a
metà giornata, c’è che avvertivo il
brivido della neve morbida nelle mani e sul
viso, c’è che giocavo con ardore e passione e
godevo davvero nel bucare la rete
con il pallone… C’è che vedendo il tuo
sorriso e stringendoti la mano, prima di
addormentarci, e sentire il tuo “Buonanotte” come
eco delle mie parole, mi faceva
stare bene. Mi faceva sentire vivo.
2.Tears [340
parole]
Come un sospiro
di vento, mi avvicino al grande abete.
E’ un albero altissimo, secolare penso, sotto il quale
giocavamo sempre da
bambini.
Con un mezzo sorriso, avvicino la mia mano alla corteccia
già ricoperta di
brina scintillante, ma come sempre mi ritrovo a non avvertire nulla, e
le mie
dita attraversano il tronco ghiacciato mentre avverto un brivido freddo.
“Non mi abituerò mai…” penso,
soffocando un singhiozzo, seppur divertito.
E’ incredibile, ma sono arrivato compiangere addirittura me
stesso.
Un altro singhiozzo, molto più rumoroso e triste.
Mi porto una mano al petto, forse per abitudine, per ascoltare il
battito morto
del mio cuore congelato.
Percorso il perimetro del secolare abete, eccoti lì.
Accucciato sulla neve dura, con la schiena contro la corteccia ruvida,
a
piangere.
I capelli nivei, così simili ai miei, sembrano ricoperti
anch’essi di quella
brina che si sta spandendo ovunque, ricomprendo ogni cosa per
proteggerla dal
gelo della notte, ormai prossima.
Avverto il sole calare alle mie spalle, e già
l’oscurità sta prendendo il suo
posto nel cielo; spuntano le prime stelle.
“Piccolo Shirou, torna a casa…” reprimo
un gemito, ma tanto, sono sicuro che
non mi sentirebbe ugualmente. “E’ notte ormai, e
presto farà troppo freddo per
te…”
Mi ritrovo a seguire da dietro il mio fratellino, diretto verso casa: i
suoi
occhi, appannati dalle lacrime, sembrano un lago ghiacciato. Sono occhi
trasparenti, lucidi e brillanti; è un peccato, che siano
così tristi…
Ignorando completamente la fame, il piccolo albino si butta sul letto
spoglio e
freddo come la morte che mi ha colto.
Intenerito dalle lacrime lucenti che inumidiscono il cuscino di mio
fratello,
mi ci avvicino con cautela.
Uno sbuffo di vento scuote l’abete fuori dalla finestra.
Il piccolo Shirou sorride nel sonno, estasiato, mentre con le mie mani
invisibili gli rimbocco le coperte, e come un’ombra nella
notte, scivolo fuori
dalla finestra.
“Stanotte
chiudi i tuoi occhi e ascolta il silenzio, e se senti un soffio di
vento tra i
capelli, non ti svegliare: sono io che ti abbraccio per farti
sognare...”
3.
Promise
[382 parole]
“Non
prendere decisioni quando sei arrabbiato…”
-Basta non ne
posso più! Io non voglio più ascoltare quel
vecchietto psicopatico!
Il calcio è un gioco, e io voglio divertirmi! Non posso
morire di noia a
seguire degli schemi! Io gioco come voglio!-
-Atsuya… Ti prego, calmati…-
-Ma sai Shirou? Ho deciso: non m’importa più
niente di cosa dice l’allenatore,
io faccio quello che mi pare e riuscirò a fare tanti goal,
vedrai! Tu però mi
devi passare la palla, okay?-
-Sì sì, Atsuya, ma…-
-D’accordo, allora vinciamo insieme!-
Con
un balzo raggiungo un grande ramo dell’abete. Guardo in
basso, senza soffrire
di vertigini “Sì, sono abbastanza in
alto…”
Ridacchio appena, sistemandomi contro la ruvida corteccia
dell’imponente albero
secolare.
I miei ultimi ricordi di quando ancora riuscivo a toccare le cose
continuano a
ronzarmi nella testa, e non
c’è verso di
zittire le nostre voci che emergono da un passato recente, eppure
così lontano…
-Eternal…
Blizzard!!-
Riuscii a segnare ben tre goal in quella partita, la nostra ultima
vittoria
insieme.
Forse per sbeffeggiare il trainer con i suoi squallidi schemi, forse
per
l’esaltazione della vittoria, forse semplicemente
perché mi piaceva sentirmi
apprezzato, mi vantai un sacco con i compagni e davanti a Shirou.
Questo allora, tornando a casa, mi punzecchiò con un
discorso che facevamo
spesso quando si parlava dei nostri ruoli in campo...
-Puoi segnare quanto ti pare ma se non fai bene la fase difensiva non
vincerai
mai.-
-In ogni caso il più forte è quello che riesce a
segnare!-
Non capii. In quel momento, pieno di soddisfazione per il trionfo che
la
squadra aveva ottenuto grazie ai miei tiri, non mi accorsi di come mio
fratello
fosse stato ferito dal mio atteggiamento di poco prima.
L’orgoglio mi rese
cieco al suo fastidio, e poco dopo, sparirono per sempre anche tutti i
suoni e
colori del mondo.
-Bene! Allora vuol dire che voi due formate una coppia perfetta.-
-Una… coppia perfetta?-
-Ma certo! Giocando sempre insieme…-
-… Diventeremo sempre più forti! Diventeremo
sempre più forti e alla fine
saremo perfetti!-
Guardandoci negli occhi, ci stringemmo la mano.
Forse… Se potessi tornare indietro, forse adesso direi
qualcos’altro. Qualcosa
per salutarlo, un qualcosa che possa rimanergli come un ricordo felice
di noi
due insieme.
Ma poi… Chissà. Forse va bene così.
Dopotutto, indietro non si torna.
Ci stringemmo forte la mano, e negli occhi brillava una carica che poco
dopo si
spense definitivamente nei miei, e si opacizzò nei suoi.
Occhi così simili, un destino comune.
Ci promettemmo di diventare forti, di diventare perfetti.
Poi il gelo della neve mi portò alla morte.
“… Non fare promesse quando sei
felice.”
4.Swoboard [290
parole]
Con passo
felpato, scivolo sulla neve appena caduta.
Mi lascio sfuggire una risata fresca, e il vento la disperde con i
fiocchi
candidi che con un’elegante danza cadono dal cielo.
Era da tempo che non facevo più una cosa del genere.
Con il tuo snowboard segui la scia della mia corsa verso la valle
innevata; non
puoi vedermi, e la traccia della mia discesa a piedi nudi si confonde
con il
tracciato di altri bambini che come noi non resistono al richiamo della
neve
candida.
Vorrei che mi vedessi fratellino, anche per un istante solo: vorrei
farti
sapere che sono sempre con te, anche se non ci possiamo più
toccare.
Un leprottino bianco corre veloce, attraversando i cespugli, e senza
rendersene
conto si ritrova allo scoperto, al centro della pista: spaesato, si
guarda
intorno cercando una via di fuga.
Arresto subito la mia discesa, afferrando il cucciolo e scivolando con
lui
fuori dal percorso.
E mi superi. Per un istante solo, ci siamo sfiorati: tu mi hai
oltrepassato
avvertendo un brivido freddo, e già scivoli via sparendo
dalla mia vista.
Anche il piccolo leprotto bianco è scappato.
Non l’ho afferrato come ho creduto di fare, perché
io ormai non posso più
toccare nulla: sono arrivato a lui sotto forma di vento, e questa
folata gelida
l’ha spinto via, spaventandolo ma facendolo tornare nel bosco
innevato.
Mi volto appena in tempo per vedere la macchietta bianca spiccare due
balzi e
sparire fra i cespugli ricoperti di una coltre candida.
Mi rialzo in piedi, ma non lascio impronte sulla neve appena caduta.
Sospirando, mi incammino verso la cima dell’altura,
percorrendo al contrario la
scia lasciata dal tuo snowboard.
“A
volte vorrei avere la capacità di tornare indietro nel tempo
solo camminando
all'indietro...”
5.
Lake
[382 parole]
“Non
ti sentiresti male se ti mancasse da morire, e non potresti
dirglielo? Non potresti più dirglielo?”
Dei
bambini sfrecciano veloci sul laghetto
ghiacciato, riempiendo l’aria di brio e risate.
I loro volti sono arrossati dal freddo ma pieni di luce e
vivacità.
Sorrido anch’io, d’istinto, lasciandomi andare alla
mia infantilità che rimarrà
eterna, e a piedi scalzi mi fiondo in pista, travolgendo una coppietta
e
buttando gambe all’aria un brutto tipaccio.
Scoppio a ridere mentre vedo quel bulletto annaspare nel tentativo di
rimettersi in piedi, ma le mie risa sono un soffio di vento a confronto
con le
risate concrete dei bambini che lì vicino assistono alla
scena.
Mentre sento il vento gelido sferzarmi le guance trasparenti mi guardo
intorno,
alla ricerca di lui.
Come può non esserci?! Deve esserci per forza!
Lui adora andare a pattinare sul lago… Perché non
c’è!?
Butto i miei occhi a lato della pista, mentre sterzo bruscamente per
non
travolgere due bambine che avanzano a tentoni tenendosi per mano.
Mi sfugge un sorriso intenerito, quando l’immagine dei miei
pensieri si
presenta davanti al mio viso.
Eccoti qui! Sapevo che non potevi mancare…
Mi lascio sfuggire un sgrilletto di gioia alla vista del mio fratellino
sedersi
di lato per indossare i pattini ma… reazione improvvisa! Il
bambino dai capelli
argentei, appena lanciata un’occhiata alla pista piena di
bambini ridenti,
corruga la fronte mentre gli occhi gli si inumidiscono.
“No!” Esclamo talmente vicino al suo viso che vedo
le sue labbra incresparsi e
divenire viola “No…” sussurro
più dolcemente, prendendo mio fratello per mano
“Non piangere Shirou… Pattiniamo
insieme!”
E il piccolo albino, spinto da questo vento benevolo che avverte, si
incammina
verso la pista.
Probabilmente adesso avrà la mano fredda fredda, ma non
importa: voglio tenere
mio fratello per mano ancora per un po’.
Ci ritroviamo a sfrecciare verso il centro del laghetto, percorrendone
il giro
con cerchi sempre più stretti. Le sue risate si confondono
con le mie, mentre
gli ultimi residui di lacrime sulle sue guance arrossate scivolano via,
brillanti come cristalli… Ma nel riflesso dello specchio
d’acqua, c’è solo una
figura che volteggia allegra.
“Non ti sentiresti
male
se ti mancasse da morire, e non potresti dirglielo? Non potresti
più dirglielo?”
“… Sì, certo. Ma troverei un modo per
sostituire la mia voce.”
6.
Sunset
[355 parole]
“La
solitudine è quel vuoto nel petto, quel senso di mancanza
che ci ricorda ogni
secondo quanto fa male essere lontani da chi si è fermato
nel nostro cuore anche
solo per un istante.”
Da una soffice nuvola
rosata, osservo di sotto.
Com’è strano e bello il mondo visto da
quassù: sembra tutto piccolo… e lontano.
Incredibilmente, irrimediabilmente lontano.
E sarà così per sempre, d’ora in poi.
Con un mezzo sospiro, scaccio via i pensieri tristi e concentro la mia
attenzione al cielo intorno a me: il tramonto visto dalla vetta
è sempre uno
spettacolo mozzafiato.
Le nuvole celesti e violette si scontrano nel cielo cremisi mentre il
sole
color dell’oro si spegne oltre le montagne innevate. Il cielo
in questi momenti
sembra la tavolozza di un pittore distratto che in una qualsiasi
occasione ha
accostato varie macchie dei colori più diversi e distinti
fra loro, che creano
una combinazione di luce e ombra sorprendente.
Faccio dondolare i piedi nel vuoto, e accarezzo con dolcezza
l’inconsistenza
della nuvoletta su cui sono seduto.
Non immaginavo che ci si potesse sentire così
soli…
Infondo infondo, ho sempre avuto paura di stare da solo, anche se non
lo davo a
vedere.
Era Shirou quello piccolo e lamentoso: spesso io lo dovevo consolare,
nel cuore
della notte, quando sentiva il rimbombo del tuono. Io non ho mai avuto
paura di
niente, o almeno così diceva lui.
Solo adesso mi rendo conto che, mentre lo abbracciavo, probabilmente mi
tranquillizzavo più io che lui.
Io ho sempre avuto bisogno della presenza di mio fratello vicino a me.
Quando si nasce con dieci minuti di distanza l’uno
dall’altro, è difficile
pensare di separarsi.
Eppure a noi è successo proprio questo, e adesso non so chi
dei due stia
soffrendo di più.
Mi manchi tanto Shirou, e spero solo che tu possa perdonarmi per averti
lasciato solo; per essere stato così debole.
Sii forte fratellino, sii forte anche per me.
E mentre due piccole gocce di rugiada cristallina mi solcano le guance
nivee,
mi rituffo dentro la nuvola ocra; mi rituffo nel cielo scuro e sgombro,
inseguendo una stella che è già caduta.