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Autore: GoneWithTheWind    24/08/2013    1 recensioni
Hermann Hesse diceva "Gran parte dei nostri sogni li viviamo con assai maggiore intensità della nostra esistenza da svegli." Iris, la protagonista di questa storia, non potrebbe essere più d'accordo di così. La sua vita è perfetta: ha una famiglia molto unita e molti amici di cui fidarsi, ma notte dopo notte, strani sogni ricorrenti e una strana frase non fanno altro che tormentarla. Quando verrà a conoscenza della sua vera natura e di un'antica quanto tormentata storia d'amore, sarà costretta a scegliere tra ciò che è e ciò che è destinata ad essere.
Tratto dal Capitolo II
" Le tre creature si riunirono in cerchio attorno all’assassino, lasciando avanzare quella che era sempre stata davanti a quest’ultimo; con una forza sovrumana, ella prese per il collo Horestes bruciandolo vivo: una fiamma nera incenerì il corpo e dell’uomo non vi fu più traccia.
“Επιστροφή, Τισιφονε, τον Όλυμπο, σας περιμένει”
Spero che questa storia possa piacervi e che possa sorprendervi capitolo dopo capitolo. Vi auguro buona lettura e spero che recensirete numerosi!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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RAGE AND FIRE

Dedicata al mio migliore amico, la persona che mi ha sempre sostenuta e che è la mia continua fonte di ispirazione.
                                                                               
                                                                                             CAPITOLO I
                                        

I suoi occhi erano iniettati di sangue ed era palese che la rabbia lo avesse reso cieco. Guardò istintivamente le sue mani: macchiate di sangue e, allo stesso tempo, di un crimine che avrebbe segnato la sua vita. Le pulì sulla tunica e guardò sprezzante gli occhi vitrei della vittima:” Ti sta bene, lurido bastardo!” con un colpo gli aprì in due il cranio e fece schizzare una grande quantità di sangue anche sul suo volto “Nostro padre ha sempre preferito te in qualsiasi cosa, ma non lascerò che tu t’impossessi del suo patrimonio! Saprò farne un uso certamente migliore del tuo!” Con un altro potentissimo colpo gli staccò la mandibola e restò per un attimo a contemplare la sua opera sanguinaria “Divertiti nell’Ade, cane!” sghignazzò soddisfatto. Non provava alcun rimorso, da tempo l’odio verso suo fratello logorava il suo animo e avvelenava il suo cuore. La rabbia stava via via affievolendosi, come una fiamma che in un primo tempo divampa e man mano diventa sempre meno vivida. Sembrava non averne ancora abbastanza, perciò colpì nuovamente e sempre più violentemente il cadavere, facendolo a pezzi. Recatosi sulla scogliera, affidò i resti al mare, le cui onde s’infrangevano con potenza sugli scogli: un ghigno soddisfatto s’impossessò delle sue labbra; chi avrebbe mai potuto scoprire ciò che era successo quella notte?

“Επιστροφή,Τισιφονε, τον Όλυμπο, σας περιμένει”
 
Iris si svegliò di soprassalto: non era il primo incubo che faceva e di certo non era il primo a tormentarla. Uno strano calore avvolgeva le sue membra e una strana rabbia, apparentemente immotivata, faceva battere sempre di più il suo cuore: perché continuava a sognare certi atti efferati, perché quella rabbia diveniva sempre più forte, ma soprattutto perché quella frase?
 Diede un’occhiata alla finestra e si accorse che il sole era appena sorto, tra qualche ora si sarebbe recata alla fermata del bus e sarebbe cominciata una nuova giornata scolastica. Ciabattò verso la cucina in cerca del caffè, ma qualcuno l’aveva preceduta.
“Buongiorno tesoro, dormito bene?”
“Ciao mamma, buongiorno anche a te.”
“Cosa ci fai in piedi a quest’ora? Non sono nemmeno le sei!”
“Questa mattina mi sono alzata prima.” troncò lei. Quella rabbia non era ancora svanita del tutto, ma non voleva coinvolgere sua madre.
“Va bene, tesoro. Preparo la colazione, va bene?” Sua madre riusciva a comprenderla anche in quei momenti e molte volte Iris confidava in quella sua sconfinata pazienza. Le diede un bacio e andò a prepararsi in attesa che la colazione fosse pronta. Arrivata in cucina, vide suo padre sorseggiare una tazza di caffè impegnato, come al solito, a leggere il giornale, sua madre alle prese con i cornetti e i suoi fratelli maggiori, Sergio e Fabio che discutevano della partita che avrebbero dovuto giocare il pomeriggio stesso. La colazione senza dubbio era un momento caotico, ma allo stesso tempo intriso di quel calore familiare che rassicurava Iris anche dopo i suoi incubi ricorrenti.

Dopo aver discusso della giornata che avrebbero dovuto affrontare e dei vari impegni, Iris si alzò da tavola, baciò i suoi genitori e assieme ai suoi fratelli s’incamminò alla fermata del bus. Casa loro non era molto distante dal centro, ma per arrivare a scuola avrebbero impiegato più tempo del previsto, perciò preferivano prendere il bus. Sergio era all’ultimo anno di ragioneria, mentre Fabio al penultimo, entrambi frequentavano lo stesso istituto e la loro fermata era prima di quella di Iris, la quale frequentava il terzo anno di liceo scientifico. Sul bus il tempo scorreva molto velocemente e la ragazza soleva ascoltare musica, osservando dal finestrino il risveglio della città.

Arrivata all’ingresso, si fermava come d’abitudine al chiosco adiacente alla scuola, in attesa dei suoi amici; di solito, il primo ad arrivare era sempre Davide, seguito da Giada, Alessandro, Gabriele e Silvia e insieme aspettavano il suono della campanella chiacchierando.
“Ciao Iris! Oggi inizia un’altra estenuante giornata di scuola! Sei pronta?” disse sarcastico Davide.
“Guardami bene, Davide: ti sembro pronta?” replicò sorridendo e cercando di trattenere uno sbadiglio.
“Dai Iris! E’ risaputo che alle otto di mattina nessuno studente sano di mente è pronto ad affrontare una giornata di scuola e quando, anzi SE riesce a riprendersi è suonata già la campanella dell’ultima ora!” disse Silvia.
“Hey ragazzi, vi andrebbe di vederci dopo la scuola a casa mia? Potremo studiare insieme e magari guardiamo anche un film!” propose entusiasta Alessandro.
“Certo Xander, sai che non posso rifiutare questo genere di proposte!” rispose Gabriele.
Accettarono anche gli altri e dopo pochi minuti suonò la campanella. Stranamente, quelle cinque ore passarono molto velocemente e Iris e i suoi amici stabilirono l’appuntamento per quel pomeriggio davanti al cancello della scuola, prima di prendere strade diverse.

Iris e Davide percorrevano la stessa strada e aspettavano sempre i canonici venti minuti davanti alla fermata del bus. In quel momento, quella frase incomprensibile ronzava nella testa della ragazza: cosa significava e perché si ripresentava alla fine di ogni suo incubo? Una pacca sulla spalla la fece ritornare alla realtà.
“Iris, oggi sei proprio strana! Non fai altro che stare zitta a fissare il marciapiede, dovrei iniziare a preoccuparmi oppure è solo “questione di cuore”? Sorrise beffardo Davide. Gli piaceva farla innervosire, soprattutto perché lo divertiva vedere una persona mite come Iris, prendersela per un nonnulla.
“In effetti, qualcosa c’è… Ma mi prenderesti per una stupida.”
“Su Iris, spara!”
“Beh, è da qualche notte che faccio dei sogni strani, più che sogni, li definirei incubi.”
Davide si sentiva un po’ stupido per la battuta infelice che aveva pronunciato pochi minuti prima: adesso aveva la certezza che qualcosa la turbava e certamente le avrebbe offerto tutto l’aiuto necessario. “Sai spiegare cosa sogni di preciso? “
Gli occhi marroni di Iris iniziarono a diventare sempre più scuri, le pupille si dilatarono lievemente e la fiamma della sua rabbia iniziò a bruciare debolmente. Si sentiva strana, esattamente come quella stessa mattina, era calda, ma non eccessivamente e per non far insospettire il suo amico, che ormai si era già reso conto della sua strana reazione, evitava di incrociare il suo sguardo.
“Beh, se ti turba così tanto” obiettò Davide” eviteremo di parlarne!”
“No, Dade, voglio parlarne! Questa reazione che ho è la diretta conseguenza dell’incubo”. Tirò un sospiro e riprese” Sogno persone che vivono in epoche diverse dalla nostra che commettono omicidi! Sono una pazza, vero?”
“E io che mi preoccupavo, quando sognavo di pescare mutande!” Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata: era questo il bello di Davide, trovava sempre il modo di ironizzare e di farla sorridere.
“Ma non è tutto.” continuò Iris “ Alla fine di questi sogni, una voce, apparentemente femminile, mi sussurra qualcosa che non riesco a capire: sembra un’altra lingua! Ti avverto che non sono Jennifer Lowe Hewitt e che non parlo con la gente morta!”. Scoppiarono entrambi in un’altra risata.
“Iris, scherzi a parte, secondo me non dovresti fossilizzarti tanto su questa faccenda, in fondo sono solo sogni, capita che si ripresentino perché nel tuo inconscio vorresti trovare una risposta, oppure perché sei solo troppo stressata! Se proprio vuoi capire che cosa sia quel sussurro, potresti tenere sul tuo comodino un quadernetto e annotare appena sveglia il suono delle parole che hai appena sentito.”
“Wow, da quando sei diventato un seguace di Sigmund Freud?” commentò divertita Iris.
“Da quando ho te come amica! Ti ricordo che quelli che comunemente tu chiami “consigli”, sono delle vere e proprie sedute dallo psicologo e se non sbaglio oggi dovremmo farne proprio una ad argomento “Xander”!” Iris gli diede un pugno sulla spalla e risero entrambi nuovamente.
“Beh di quello potremmo tranquillamente parlarne dopo, dato che il bus è arrivato e vorrei iniziare a leggere almeno quei pochi appunti di fisica che ho preso: è risaputo che quando Xander organizza una delle sue “giornate di studio e poi film” si passa prima al film e di studio non se ne parla proprio!”
“Avevo dimenticato che sei pur sempre un topo di biblioteca!” disse Davide cercando di provocarla, ma Iris lo ignorò. Alla seconda fermata del bus, la ragazza scese e rincasò: le era proprio servita quella chiacchierata e soprattutto una bella dose di risate!

Dopo pranzo, Iris iniziò a studiare e, come le aveva consigliato Davide, preparò sul comodino un quadernetto e una penna. Qualche ora più tardi una telefonata interruppe la quiete della casa.
“Pronto?”
“Ciao Iris, sono Silvia, mi chiedevo se oggi potessimo andare insieme a casa di Xander: sai, non ho un passaggio e mi farebbe piacere fare quel tratto di strada con te! Allora, ci stai?”
“Certo! Passo da te alle cinque e mezza!”
Silvia e Iris avevano legato da poco. Per i primi due anni di liceo erano semplici compagne di classe che discutevano delle ingiustizie dei professori, chiacchieravano del più e del meno, ma mai nulla oltre ciò. Solo all’inizio di quel terzo anno, entrambe avevano realizzato di avere molte più cose in comune di quanto si aspettassero e perciò decisero di coltivare quell’amicizia. Silvia era una ragazza affabile e molto schietta e ad Iris piacevano queste sue qualità, ma molte volte parlava davvero troppo e questo difetto l’irritava alquanto. Chissà di cosa avrebbero discusso quel pomeriggio… Certamente le faceva molto piacere ascoltare le sue confidenze e condividere con lei gli avvenimenti belli e brutti della sua vita, soprattutto perché Silvia era un’ottima dispensatrice di consigli.

Dopo aver riagganciato, diede uno sguardo al quadernetto degli appunti: con suo grande sollievo aveva finito di studiare e le restava ancora un’ora di tempo per prepararsi e per dedicarsi ad una delle sue grandi passioni: il disegno. Le piaceva mettersi seduta sul davanzale della finestra: la ispirava. Era una delle poche cose che la rilassava e che le faceva mettere in ordine i pensieri quando era incerta oppure troppo confusa.

Aprì la finestra, tirò da un lato i lunghi capelli corvini e iniziò: la prima cosa che le venne in mente fu Xander.  Quel ragazzo così spensierato, impulsivo, che la maggior parte delle volte vedeva fare lo stupido con gli amici la attraeva davvero moltissimo. Era un bel ragazzo per giunta: alto, fisico slanciato, capelli biondo cenere, occhi verde scuro macchiati di marrone. Dalla prima volta che aveva incrociato il suo sguardo, si era resa conto che sotto quella facciata scherzosa, si nascondeva un’indole profonda, sensibile. Non passavano molto tempo insieme, ma quelle poche volte che studiavano da soli o che si divertivano a fare scherzi al povero Davide, si creava una certa complicità che non faceva altro che alimentare la sua attrazione per lui. Nonostante ciò, non voleva fare il primo passo. A Davide aveva sempre spiegato di essere all’antica, ma un altro motivo la spingeva ad aspettare: non voleva perdere la sua amicizia, avrebbe preferito farsi passare quella cotta, piuttosto che rovinare tutto con quell’inaspettata rivelazione. Diede un’occhiata al grande orologio viola appeso nella sua camera: le cinque e un quarto. Infilò alla svelta un paio di jeans scuri aderenti, una maglia rossa, una sciarpa bianca e una giacca rossa di pelle e uscì a prendere Silvia.

Quel pomeriggio a casa di Xander, fu proprio come aveva immaginato: nessun libro aperto, i soliti discorsi tra amici, un film della serie “So bad it’s so good!” e qualche partita a Guitar Hero. Si divertì moltissimo quando Davide, preso dalla foga dell’assolo e dagli applausi del pubblico virtuale, ebbe la brillante idea di saltare in spaccata dal divano, cadendo col sedere per terra. Iris cercò, senza esito, di convincere Xander ad aprire i libri e, quando gli lanciò il libro di fisica in faccia al suo ennesimo rifiuto, fece scoppiare un’interminabile guerra dei libri che si concluse appena prima del rientro dei genitori.

Quando la ragazza rincasò erano le nove, giusto in tempo per la cena, e si stupì vedendo il posto a capotavola vuoto.
“Mamma, dov’è papà?” chiese sorpresa.
“Questa sera papà tornerà tardi, mi ha telefonato un’ora fa: ha delle cose da sbrigare allo studio legale, ma tornerà presto vedrai!” disse sua madre, col solito tono pacato. “Tesoro, perché non vai a chiamare Fabio e Sergio? La cena è quasi pronta.”
“Da quel che sento sembra pollo con purè”.
“Non ti sbagli mai Iris! Su va’ a chiamare i tuoi fratelli: non possiamo aspettare tuo padre, domani avete scuola e sinceramente sto anche morendo di fame!” Risero entrambe e Iris andò al piano di sopra.

La cena fu tranquilla come tutte le altre sere e, dopo aver aiutato sua madre a sparecchiare, Iris le diede un bacio e salì in camera, pronta per andare a letto. Stranamente, aveva voglia di sognare e di risentire quella frase, tanto per capire al suo risveglio che cosa fosse. Magari aveva enfatizzato troppo quelle parole, probabilmente era solo una frase priva di significato: una cosa era certa, lo avrebbe scoperto solo sognando. Era quasi arrivata alla fine della rampa di scale, aveva una buona visuale della porta d’ingresso e fu proprio in quel momento che rincasò suo padre. L’uomo aveva un aspetto strano: aveva il nodo della cravatta allentato, i capelli un po’ arruffati, non portava gli occhiali e stringeva tra le mani molti fogli sparpagliati. “Sarà tornato in quello stato per la fretta di rivederci” pensò Iris non troppo convinta. Decise di non dare peso alla cosa, salutò suo padre con un cenno della mano e salì al piano di sopra.

Dopo una bella doccia calda, Iris mise alla svelta il pigiama e si accoccolò nel letto. L’atmosfera che si era creata era davvero piacevole: la luce soffusa dell’abat-jour e il calore delle coperte conciliarono il sonno della ragazza, i cui ultimi pensieri furono rivolti al quadernetto e alla strana entrata di suo padre.

In un attimo fu catapultata in un luogo completamente diverso e probabilmente stava già sognando: riusciva chiaramente a vedere una fitta boscaglia e un piccolo sentiero che la attraversava completamente. Vi erano moltissimi arbusti dalle bacche rossastre e alberi talmente alti che la loro chioma filtrava a malapena la luce. Il sentiero terminava in un punto preciso della boscaglia dove, superati i cespugli, si ergeva un’immensa e ripida scogliera e lì, poté notare con orrore un uomo con la tunica sporca di sangue, molto probabilmente lo stesso efferato assassino del sogno precedente.
 
 
 
  
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