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Autore: F_rancesco    24/08/2013    0 recensioni
Una leggenda giapponese narra che noi siamo legati con un filo rosso invisibile alla nostra anima gemella. In questa storia i fili si intrecciano in una matassa che non si scioglierà mai. Cosa accade se un ragazzo si innamora della propria migliore amica? E se a riavvicinarli è una terza ragazza? Un giovane triangolo amoroso. Chi sceglierà Leo, il protagonista?
Ps: L'ho già pubblicata ma si è eliminata. I primi capitoli piacquero, spero che piacerà. La pubblico già completa per non correre rischi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Senti aspetta qua, deve venire una persona, io devo fare una cosa- disse Emma facendo accomodare l’amico su una panchina del parco– Ma chi è questa persona, come la riconosco? – Chiese Leo perplesso. – Il tuo cuore la sta aspettando, saprai chi è! – Urlò in lontananza. Leo era solo, aspettava una persona che, forse, non conosceva. Non c’era nessuno nel parco, oltre al barista del chiostro, un signore sulla cinquantina con una barba da fare. Faceva molto freddo ma il più grande freddo era nel suo cuore. In quel parco una volta si incontrò con Gaia. Leo trema. All’improvviso gli squilla il cellulare: un messaggio di Emma. “Non ti arrabbiare con me scusa ma lo dovevo fare. La persona che aspettavi da mesi è arrivata. Non voltarti ancora, devo dirti altro. Prima di girarti promettimi che questa volta le dirai tutto. Non hai niente più da perdere, potresti solo guadagnarci..! Ti voglio bene :D” Leo non si era ancora girato, ma già immaginava chi ci fosse dietro di lui. Aspetto un po’ prese coraggio e si voltò. Gaia era davanti a lui. Del volto si vedevano solo gli occhi che non erano coperti né dal cappello né dalla sciarpa, entrambi rosa. Una felpa grigia con sopra stampato Topolino e Minnie incorniciati da un cuore rosa. Un pantalone di una tuta nero. Appena i loro sguardi si incrociarono Gaia iniziò a parlare: -Una tua amica mi ha detto di venire qui, perché tu mi dovevi dire una cosa. – prese fiato aspettando che le parlasse ma Leo esitò. – Su sbrigati che ho da fare, cosa mi devi dire.- Ma lui non apriva bocca. Si alzò, fece per voltarsi.- Su sbrigati, cosa hai da dirmi? Mi hai abbandonata qualche mese fa, non ti sei fatto più sentire e quando ci provavo io mi evitavi e inventavi scuse su scuse – Continuò – Cosa vuoiii?- Urlò forte da far alzare gli occhi dal giornale al barrista. Leo respirò profondamente. – Ti ricordi da quanto tempo non ci vedevamo? – chiese all’amica che non rispose – Sai perché il sabato ero sempre impegnato? Te lo sei mai chiesto? Ti sei mai domandata perché ti evitavo? Perché io ti evitavo! Non credo, perché se lo sai ed oggi sei qui o è perché mi vuoi far soffrire o mi vuoi far gioire. Ma non credo ti sei mai chiesta perché non siamo più amici. Il nostro rapporto è continuato perché io lo volevo, appena ho smesso, è finito tutto. Sei cambiata da quando è morto tuo padre, ce l’hai con il mondo, ma io non lo potevo salvare, perché sei diventata fredda anche con me? Mi sono sempre detto che era un momento poi passava ma che… non so se eri così da sempre o lo sei diventata con il tempo. Comunque non ti ho cercata più perché non riesco ad essere un tuo amico, non riuscivo a vederti accanto ad un altro, mi dispiace per me ma io ti amo, ecco l’ho detto. – Prese fiato ed iniziò a correre. Era lontano da quella panchina, lontano da quel parco. Emma che guardava da lontano la scena lo raggiunse, un po’ sollevata. Mentre parlava, Gaia si era seduta le erano uscite delle lacrime. Molte volte aveva chiesto all’amico di fermarsi. Gaia se lo era chiesto più volte perché la loro amicizia era finita, ma non accettava la risposta che si era data, non ci credeva, non ci voleva credere. Oggi era venuta qui per sapere la verità, per sapere che la sua idea era sbagliata, ma quando aveva visto gli occhi dell’ex amico, aveva capito. Se ne voleva andare, per non farlo soffrire, ma lui ha iniziato a parlare. A due persone come loro, non servono le parole, loro si parlano con gli occhi. Rimase sola ad aspettare il tempo che passò, ma il tempo passa solo una volta. Quando capì che non sarebbe ritornato, si alzò. Si voltò. Guardò i giardinetti vuoti, l’orizzonte che si era preso il suo amicone. Fece un passo avanti e iniziò a correre nella stessa direzione di Leo. Quando lo vide era seduto sul ciglio della strada, le dava le spalle e non si era accorta di lei. Gaia rallentò per non farsi sentire. Si voleva avvicinare, ma all’improvviso da una siepe sbucò Emma che correva così veloce che non si girò neanche un po’ in dietro per vedere Gaia, la quale si bloccò. Iniziò ad osservare la scena. Non sentiva cosa si dicevano, ma rimase lì per molto. Dal momento in cui Emma riprese fiato all’attimo dopo in cui le sue labbra si posarono su quelle di Leo. Vista la scena Gaia girò le spalle e se ne andò. Si voltò di nuovo indietro, questa volta si stavano fissando, incorniciati da un sole al tramonto quasi nascosto dai palazzi. Si baciarono ancora e ancora, questa volta era Leo a fare la prima mossa. Quel ragazzo che pochi minuti prima stava dichiarando il suo amore, ora baciava un’altra. Gaia con amarezza si voltò. Camminò un po’ veloce, poi iniziò a correre. Tutto in torno era fermo. Erano tutte immagini che si susseguivano nella mente della ragazza, poi sparivano come delle foto bruciate dal fuoco, come quei ricordi eterni da distruggere. Aveva il fiatone, era ritornata al punto di partenza. Era stanco, il peso del dolore era troppo. Aveva quella scena impressa nella retina, e come una pietra pesante, nel cuore. Quando si riprese aveva le mani piene di lacrime, il volto umido e gli occhi rossi. Le sembrava di aver passato tutta la sua vita lì. Si accorse che molti anni prima, su quella panchina, per la prima volta, lei gli aveva urlato il suo affetto davanti a tutti. Da quella panchina si vedeva il campetto da calcio. Quel pomeriggio, per una strana ragione, Leo stava giocando come attaccante. Giocava con i suoi amici, aveva sempre rifiutato ogni invito tranne quella volta. Quando segnò un goal, tra le facce stupite di tutti, guardò lei e con il cuore le dedicò quel tiro a porta andato a segno. Lei usava il telefono, quando sentì tutti urlare e capì quello che era successo si alzò in piedi ed urlò a squarciagola il suo nome. Per chi li circondava non era successo niente di particolare, ma per loro era stato importante. Nel loro linguaggio, si erano detti che si volevano bene. La loro lingua era sempre stata quella, da quando si conoscevano. Gli bastava una semplice parola, uno sguardo, un cenno. L’incontro dei loro occhi traduceva lunghi ed interminabili discorsi. Non capiva se lo amava. Dopo alcuni giorni si rimise insieme ad Andrea, il ragazzo che aveva lasciato qualche settimana prima.
   
 
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