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Autore: Ridh    25/08/2013    1 recensioni
Quando vuoi perderti il mare è l'ideale. Niente coordinate, solo tu e il tuo Io segreto. Quando sei alla ricerca della seduzione di un attimo rubato, è la sinfonia di gesti e voci sconosciute che cerchi. Ma se il tuo orizzonte si sbilancia e perdi la Stella Polare vai a sbattere. La chiave del ritorno la puoi cercare dove ti pare: sui gradini di un tempio abbandonato, profanando il tuo animo e chiedendoti cosa sei disposto a fare per quella notte, o all'entrata di un bosco, faccia a faccia col teatrino della tua vita, faccia a faccia con i tuoi sbagli, oppure in una musica che hai cercato per ore. L'accordo del mare. La nota bellissima e sbagliata del desiderio di una notte.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad H, che non sa di essere stato il mio mare di quella notte.











E' una sensazione esaltante quella che ti prende quando i confini si allargano.

Quando i legami che ti trattengono alla quotidianità si assottigliano fino a spezzarsi.

Quando non senti più sul collo il fiato del dovere, di quella responsabilità fastidiosa che ti strattona indietro.

Un ubriacante, fottuto senso, di libertà.

Mano nella mano con la Curiosità e la Provocazione.

Non puoi non avvertire il gusto sottile di camminare sapendo che lì, nell'aria che respiri, nel terreno che calpesti, nei volti che scorgi, lì non hai davvero nessun vincolo.

Non è quella la tua città, non sono quelli i sentieri urbani che hai mai percorso, non è quello il cielo che hai imparato ad ammirare per sprezzo di chi ti vive accanto quando le difficoltà avevano il sopravvento, ma diamine, è come se non avessi aspettato altro.

Evadere è la parola chiave.

Dalla tranquillità, dal rituale della commiserazione, da ciò che vuoi.

Fare qualcosa di avventato, per una sera.

Incidere le convinzioni, graffiare i dubbi, sfigurare il buonsenso.

Era un po' la meta che cercavi, alla fine: l'ideale per te e quel tuo Io che ti si insinua subdolamente sotto la pelle, che ti sussurra parole sporche all'orecchio, che macchia di inchiostro nero il tuo giudizio.

E per una volta è quello che ci vuole.

Ti lasci conquistare da un'atmosfera aliena, sfavillante di luci elusive, incomprensibile eppure esplicita.

E tutto segue il suo naturale corso, solo che il letto del fiume è un altro e i sassi sono lisci solo in apparenza quando il tuo piede si appoggia fiducioso su di essi.

È la corrente che ti sospinge verso nuovi angoli da esplorare.

Non c'è fretta.

Hai tutta una notte per trovare ciò che cerchi.

Ciò che sai di dover fuggire.

Ciò che il lato di te che riesci sempre a sopprimere invece brama.

E non c'è una vera ragione per la quale decidi di fermarti.

Esattamente lì.

Forse l'eco di una melodia che davvero hai sempre aspettato, un ritmo scandito dai passi che ti hanno condotto fin lì.

È uno spintone ricevuto dalla folla accaldata, una zaffata improvvisa di fumo dritto negli occhi, nella lacrima che ti procura, una moneta che cade e il suo tintinnio metallico che si perde, è uno strumento che qualcuno sta suonando, ma che perde tutta la sua identità per un capogiro che finalmente ti prende e il tuo Io, che fino ad allora era ammutolito, si risveglia.

Tutto precipita vertiginosamente poi.

Per una cazzata.

Ci inciampi nel tuo destino.

Non puoi porre freni e recinzioni al caso, non puoi impedirti pensieri proibiti quando la verità la incontri all'ennesima curva della strada e la voce che ti porti sulle labbra e nei polsi non ti confonde le luci e le ombre in un bianco e nero che vibra e ipnotizza.

E sai che il fine di quella notte era lì, dopotutto.

Che gira e rigira non dovevi fare altro che spostare lo sguardo un po' più avanti, interpretare meglio il tuo sesto senso, lasciarti spingere oltre, oltre quella tua assurda voglia di trovare il senso di quel limite che ti stringe le tempie e ti soffoca.

E manca un battito quando lo capisci.

Quando tutto si riduce a un paio di occhi di cui neanche puoi notare appieno la sfumatura.

Alle mani che serpeggiano veloci, rincorrendo le note di una canzone consumata e salata come l'acqua del mare.

A ben pensarci anche quegli occhi hanno lo stesso tono.

La stessa gradazione di colore, la stessa risonanza degli echi, sono corde usurate, è sabbia candida eppure contaminata, è acqua che brucia su una ferita e al tempo stesso la bacia con labbra di fuoco.

Incredibile quanto si possa rischiare di impazzire per un colore, un verso, un significato.

Impossibile cercare di comprenderne il perchè.

Gli attimi sembrano allungarsi a dismisura, le parole si arrotondano, gli accordi si sovrappongono.

Una voce che pare cuoio, che aderisce alla pelle, sfumature di velluto che modellano l'aria intorno a te, che ridefiniscono addirittura i tuoi sensi, il tuo corpo.

Sa di illusione.

Di un graffio seducente, fatto da artigli che non possono ferire, di una fiamma che non può bruciare, di un abbraccio che stringe senza far soffrire.

È pericoloso.

È un gioco che non puoi portare avanti per molto, è un impulso che vuoi sperimentare, è una musica che vuoi imparare, ma non puoi farlo da solo.

È qualcosa che si riverbera attraverso quella voce, in un palpito che ti fa tremare le caviglie e muori dalla voglia di abbandonarti a una danza illegittima, a un sospiro agognato, a qualunque cosa pur di avvicinarti a quegli occhi e a quelle mani.

A perderti in quella bocca, a solcare piano, mormorando, la superficie di una pelle sconosciuta, a trasalire per una parola appena più marcata, per un'intonazione della voce che agita una burrasca dentro quella cacofonia di brividi.

È il battito delle ali di un uccello notturno, un volo sulle corde di uno strumento che dura solo una notte.

È un buio che ti avvolge, è il respiro del mare dopo il tramonto, è lo scoglio più alto, più aguzzo, più fragile.

È da lì che decidi di tuffarti.

Sotto di te una distesa nera.

Sotto di te un sottofondo di parole cantate che ti trascinano, commoventi e disperate e ardenti.

Sotto di te l'immagine di un altro corpo.

Un amplesso di frenesia ed emozione e silenzio.

È una sigaretta bruciata troppo in fretta, quella notte.

Cenere che resta sulle pietre bagnate.

Ebbrezza che si trasmuta in stasi.

È una birra non finita lasciata sul margine di un'autostrada, quella notte.

Perchè ne hai fatte di cose in questa vita, altre le farai.

E quegli occhi non si dimenticano così facilmente.

Ma non c'è fretta.

Hai tutta la notte.

Tutta una notte per ricordare.

  
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