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Autore: Astrasi    26/08/2013    4 recensioni
"This is not a rebel song" sono le parole usate da Bono per descrivere Sunday Bloody Sunday. Per far capire a tutti che è diversa da tutte le altre canzoni irlandesi che incitano alla rivoluzione, per far capire che è una canzone di pace, che racconta della guerra.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Not a rebel song 


"We're into the politics of people, we're not into politics. Like you talk about Northern Ireland, 'Sunday Bloody Sunday,' people sort of think, 'Oh, that time when 13 Catholics were shot by British soldiers'; that's not what the song is about. That's an incident, the most famous incident in Northern Ireland and it's the strongest way of saying, 'How long? How long do we have to put up with this?' I don't care who's who - Catholics, Protestants, whatever. You know people are dying every single day through bitterness and hate, and we're saying why? What's the point? "
Larry Mullen Jr.


Non è la prima volta che ti svegli di soprassalto, non è la prima volta che la causa delle tue inquietudini è questo sogno.  Con un sospiro ti alzi dal letto, ti copri con una camicia ormai sporca abbandonata da qualche parte sul pavimento e ti avvicini alla finestra. E’ chiusa: l’aria di gennaio a Dublino è tagliente come una lama. Decidi di aprirla comunque, e sopportare il freddo per respirare l’aria intrisa di salsedine e per vedere più chiaramente le luci della notte che ricoprono Howth. Hai sempre amato la tua città, che senti dolce e materna dentro al tuo cuore, eppure sulla pelle senti qualcosa di diverso, senti la guerra. Una guerra che non hai vissuto in prima persona ma della quale si avverte ancora il profumo dell’aria, della quale si sentono ancora gli echi dal nord, lontani, ma mai abbastanza. “Nessun uomo è un isola” diceva tuo padre citando John Donne, e tu non ti sei mai sentito diverso da quelle persone che ancora soffrono per una violenza che non avrebbe ragione d’esistere, se non per la stupidità dell’uomo che non può fare a meno di combattere per imporsi sugli altri. E’ questo che pensi, mentre rivivi il sogno, mentre ti rendi conto che le immagini che ti si ripresentano così spesso la notte non sono nuove per te, ma sono ricordi di un giorno lontano, ricordi che sono, e vogliono essere indelebili nella tua mente.
Era il ’72, avevi undici anni, ed eri nella cucina dei tuoi. Sedevi sul pavimento mentre tuo padre leggeva il giornale, e tua madre cucinava qualcosa che emanava un’odore speziato; la televisione era accesa, come sempre, sul canale delle notizie. E’ da lì, che è incominciato tutto. Fu allora che hai iniziato a renderti conto che il mondo non era fatto tutto di profumi speziati e cene pronte, di sicurezze e di comodità. Qualcuno al telegiornale raccontò quella che allora ti è sembrata solo una storia orribile, accompagnata da immagini ancora peggiori e da una serie di nomi, tredici per la precisione, che ti fecero rabbrividire. Come nei libri dei cavalieri che tuo padre ti leggeva fino a qualche anno prima, qualcuno ti stava raccontando la guerra. Solo che in questo caso non riuscivi a trovare l’eroe, o il cattivo, le parti ti risultavano confuse, e tutto ciò che riuscivi a vedere erano una serie di corpi esanimi, le strade sporche di sangue e polvere da sparo, troppo dolore.
Ancora oggi, a ventuno anni, non riesci a distinguere chi fu il buono, e chi il cattivo, e ti chiedi se ci riuscirai mai. L’aria adesso è persino più tagliente di prima, ma non ti importa, ci sei abituato: la tua pelle si è adattata al freddo, come i tuoi occhi ormai si sono abituati alla violenza continua con la quale i telegiornali continuano a bombardarci. Ma tu non vuoi questo. Tu vuoi urlare al mondo che così non va bene, non si può continuare. A Derry, dieci anni prima, erano morte tredici persone, tredici irlandesi, tredici cattolici. Ma da allora quanti altri avevano dovuto morire per una guerra che nemmeno volevano combattere? E non si trattava solo di irlandesi, di ribelli, perché i nomi che ogni giorno si continuavano a leggere sui giornali erano sempre più frequentemente quelli di donne e bambini, quelli di innocenti: inglesi, irlandesi…fa davvero differenza? 
A questo hai pensato ogni notte, ogni volta che le immagini di quel 30 gennaio ti comparivano a turbarti nel sonno. La canzone è pronta ormai, domani mattina parti per Belfast. Non sai ancora cosa succederà, non sai come questo tuo urlo disperato verrà accolto.
Dirai loro che la tua non sarà una canzone di rivolta, ma una canzone di pace, una canzone per ricordare che la libertà non vale tredici vite, che la rabbia non giustifica la morte degli innocenti. Dirai loro che sei irlandese, ma prima di tutto sei un uomo, un giovane stanco di tutta la violenza che sta ormai da secoli segna il suo paese. Dirai che è una canzone che parla di voi, dell’Irlanda, si chiama Sunday Bloody Sunday, in ricordo di quel maledetto giorno che ti perseguita nei sogni. Ma che se non piacerà loro, non la suonerete più.


Note:
La prima assoluta di questa canzone fu a Belfast, nell'82, esattamente dieci anni dopo la tragedia di Derry, nella quale i paracadutisti dell'esercito britannico aprirono il fuoco su un gruppo di manifestanti che si voleva opporre all'internamento e l'incarceramento senza processo per i Cattolici. Morirono tredici persone, una quattordicesima morì in seguito a causa delle ferite riportate, tra di loro molti giovani. Bono disse "Si chiama Sunday Bloody Sunday, parla di noi, dell'Irlanda. Ma se non piacerà a voi, non la suoneremo più". Il pubblico risultò decisamente favorevole, e la canzone fu inserita nell'album WAR. Mi piace pensare che Bono non sapesse come avrebbe reagito il pubblico ad una canzone del genere, il pubblico di una città come Belfast, che allora viveva ancora nel terrore, nel bel mezzo di una guerra vera e propria, tra persone della stessa lingua e di uno stesso Dio, ma che erano abituate a pregarlo in modo diverso. "Non è una canzone ribelle", specifica Bono, è una canzone di un irlandese che vorrebbe vedere il suo paese in pace. E' una canzone che non accusa gli inglesi, e nemmeno gli irlandesi, ma che denuncia la violenza, che in ogni caso è sbagliata. 
Qualche anno dopo, a Denver, Bono userà la canzone per denunciare un attentato dell'IRA, l'esercito repubblicano irlandese, a Enniskillen, nell'ULSTER. Usò queste parole: "
And let me tell you somethin'. I've had enough of Irish Americans who haven't been back to their country in twenty or thirty years come up to me and talk about theresistance, the revolution back home...and the glory of the revolution...and the glory of dying for the revolution. Fuck the revolution! They don't talk about the glory of killing for the revolution. What's the glory in taking a man from his bed and gunning him down in front of his wife and his children? Where's the glory in that? Where's the glory in bombing a Remembrance Day parade of old age pensioners, their medals taken out and polished up for the day. Where's the glory in that? To leave them dying or crippled for life or dead under the rubble of the revolution, that the majority of the people in my country don't want. No more!"

 
  
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