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Autore: Claire DeLune    26/08/2013    6 recensioni
Cosa succederebbe se tra Haruka e Rin non ci fosse solo una competizione sportiva, ma anche una amorosa?
Cosa succederebbe se ci fosse un quinto elemento strettamente collegato al passato dei componenti di quel club di nuoto delle elementari? Una ragazza.
E cosa succederebbe se quella ragazza fossi tu?
Ecco l'entrata in scena di un nuovo personaggio molto vicino ai protagonisti, tanto da esserlo lei stessa. Questa ragazza, cresciuta con loro, non ha un nome o un aspetto preciso, perché lei sei proprio tu: la lettrice. E come tale, nella tua mente, lei assumerà il nome e l'aspetta che ognuna preferisce.
҉
(LA STORIA è AMBIENTATA DUE ANNI PRIMA RISPETTO ALL'ORIGINALE, SICCOME MI SONO BASATA SULLA DATA DI PUBBLICAZIONE DELLA LIGHT NOVEL HIGH☆SPEED. POSSIBILE OOC E CAMBIAMENTO DI RATING)
Per chi volesse ricevere avvisi di aggiornamento, specificatelo pure tra le recensioni/commenti. Sarò felice di accontentarvi :)
Genere: Commedia, Sportivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Nuovo personaggio, Rin Matsuoka, Sorpresa
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legame a Idrogeno'
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Gradisco volentieri ogni tipo di critica e consiglio.
Spero che vi piaccia e che mi aiuterete a migliorare.
Ci tenevo a precisare che al posto del nome o qualsiasi descrizione fisica della protagonista, ci saranno degli spazi bianchi che dovrete completare voi. Ovviamente avrete delle indicazioni su cosa dovete inventarvi mentre leggete. Mi auguro che apprezzerete l'idea.
Siate liberi di darmi spunti e di farmi notare eventuali errori di battitura (quando scrivo di fretta capita).
Mi auguro davvero che il mio stile di scrittura sia piacevole. Buona lettura :)

the reader

 

 

L’acqua è un essere vivente.

Quando qualcuno si immerge, essa spalanca subito le sue fauci e si lancia all’attacco.

Ma non c’è niente di cui aver paura.

Non bisogna opporle resistenza.

Spingi con forza le dita sulla sue superficie così da crearti un varco. 

E poi fai scivolare il corpo dentro quel varco.

Muovi le braccia, la testa, il torace...

Voglio soltanto sentire il contatto con l’acqua. Con la mia pelle, i miei occhi, il mio essere...

Non avere mai dubbi su come mi faccia sentire.

Credere in me stesso.

Lasciarmi cullare dall’acqua.

Accettarla, così che anche lei mi accetti.

 

PROLOGO

Dieci anni

 

2004 - Iwatobi Swimming Club, penultimo anno delle elementari

 

   Sei seduta sul bordo della piscina, osservando tutti i tuoi amici a mollo intorno a te.

   “Forza,              -chan! Non vuoi nuotare con noi?”, Nagisa ti schizza dell’acqua clorata sulla gamba.

   “No, grazie. Sto bene qui, davvero”, dici, spruzzandolo a tua volta, mentre lui ti guarda supplichevole coi suoi occhioni rosa vivo.

   “Guarda, Haruka non si è ancora fermato da quando siamo qui”, afferma Nagisa rapito dalla tempra del vostro amico, che continua a fare vasche una dietro l’altra.

   “Quando è in acqua, diventa un’altra persona”, interviene Makoto.

   Ridi piano, pensando ad alta voce, “Forse se sapessi nuotare come lui, entrerei in piscina”.

    Mentre osservi il tuo riflesso distorto dai movimenti dell’acqua, senti un paio di mani avvinghiarti per le caviglie e trascinarti verso il basso. Cerchi di afferrare il bordo per sorreggerti, ma vieni inghiottita dalla tua immagine rifratta. 

   Nagisa e Makoto ridono, guardandoti annaspare disperatamente per la salvezza. Ti alzi in piedi, lanci i capelli all’indietro e scuoti la testa.

    “Non è divertente, ragazzi”, li riprendi, mentre con le mani strizzi via un po’ d’acqua dai tuoi capelli.

    “Era l’unico modo per farti entrare in piscina”, sorride Makoto, grattandosi timidamente la nuca.

     Esci dalla piscina con i vestiti fradici e cammini verso Haruka che si è fermato per sentire l’acqua che sostiene il suo corpo. Egli non ti ha mai parlato direttamente, rendendovi così molto maldestri l’uno nei confronti dell’altra. Infatti mentre ti avvicini a lui, Haruka si volta dall’altra parte.

   Sorridi della sua impacciataggine, “Ottimo lavoro oggi, Haru. Vorrei essere brava  come te”.

   Le sue guance si tingono leggermente, ma non puoi vederlo. Makoto nota che è arrossito e gli rivolge un sorrisetto saccente.

   “Ehm... _______, ti piace qualcuno?”, rimani sorpresa della domanda improvvisa di Haruka.

   “Pensi davvero che te lo direi? E’ una cosa che io devo sapere e che tu devi scoprire”.

   Makoto ti sorride di nuovo e tu rispondi con un battito di ciglia.

   “Vado ad asciugarmi. Mi aspettate?”.

   “Certo”, afferma Makoto beffardo, “Ho portato dei vestiti extra nella mia borsa per te”. Avevi il sentore che lui e Nagisa avessero pianificato tutto dall’inizio. Trovi il gesto del bambino dagli occhi smeraldini leggermente goffo, ma adorabile a modo suo.

   Lo ringrazi, predendo la maglietta troppo grande per essere tua e ti volti in direzione degli spogliatoi. Senti in lontananza il vociare entusiasta di Nagisa e subito capisci che Haruka ha ricominciato a nuotare. Sogghigni internamente, pensando alla relazione morbosa che il tuo amico ha con l’acqua, quando lungo il corridoio ti scontri con qualcuno. Cadi a terra.

   “Ohi, puoi guardare dove vai?”, proferisce scocciata una voce maschile.

   Un ragazzino dai capelli cremisi, più o meno della tua età, ti fissa intensamente negli occhi, agganciandoli al corallo dei propri. 

   Cerchi di scusarti ma lui ti precede, visibilmente scombussolato da qualcosa, “Scusami, sarei dovuto stare più attento”. Ti scappa una risata leggera, mentre afferri la mano che ti sta offrendo.

   “Non preoccuparti. Perlomeno non sono caduta in acqua”.

   Una volta basta e avanza, pensi. 

   Gli lanci un ultimo sorriso, prima di voltarti e andartene, però il ragazzo ti trattiene delicatamente per il polso. Sembra teso.

   “Mi dispiace infastidirti ancora, ma non so il tuo nome”.

   “[Cognome, Nome]”, ti presenti sorridente, “E il tuo?”.

   “Io sono Matsuoka Rin”, dichiara, avvertendo il battito del proprio cuore accelerare.

   “Devi essere il nuovo membro del team. Ho sentito parlare di te”.

   Sul viso di Rin si dipinge un enorme sorriso, soddisfatto che tu lo conoscessi già, anche se solo per sentito-dire.

    “Spero che ti troverai bene con la squadra di nuoto”, dici allegra, incamminandoti per andare a cambiarti, ignara che Haruka, in uno di quei rari momenti in cui cessa di nuotare, vi avesse scrutati attentamente per tutto il tempo.

 

   Una volta tornata dai tuoi amici, ringrazi di nuovo Makoto per i vestiti e ti siedi su una delle panchine a bordo piscina, il più lontana possibile dalle grinfie di Nagisa.

   Noti immediatamente che Haruka si sta spostando con rapide bracciate all’interno dell’acqua con l’unico stile che accetta: lo stile libero.

   Makoto e Nagisa lo osservano meravigliati.

   “Il suo stile è così armonioso”, enuncia il primo.

   “Già, sembra un delfino”, conviene il secondo.

   Poi si voltano curiosi al suono di un paio di occhialini che vengono assestati sulla cuffia. Gomma contro gomma.

   Dei ciuffi ribelli scappano al di fuori della cuffia, permettendoti di riconoscerlo all’istante.

   “Chi è?”, chiede Nagisa con la sua vocina pigolante.

   “Mastuoka Rin-kun”, lo informa l’altro, “Si è trasferito nella nostra classe la scorsa settimana”.

   Come finiscono di spettegolare, Rin si tuffa e parte all’attacco per raggiungere Haruka a metà vasca, attirando inevitabilmente anche la tua attenzione.

   Ti alzi e raggiungi Makoto e Nagisa ai blocchi di partenza, giusto in tempo per vedere la reazione di Haruka all’evidente sfida del nuovo arrivato.

   Rin e Haruka nuotano fianco a fianco. Quando raggiungono il limite della vasca, ruotano su se stessi e spingono violentemente le piante dei piedi contro il muro, in modo da prendere velocità dopo la virata. Il ritmo accelera, eppure nessuno demorde. Entrambi sono desiderosi di dimostrare chi sia più degno di stare in acqua.

   Le boccate d’aria si fanno più frenetiche e avide, gli arti inferiori sbattono su e giù convulsi, mentre quelli superiori remano energici.

   Rimangono testa a testa fino alla fine, però la mano di Haruka è rapida quel tanto da toccare la parete della piscina per prima.

   La testa di Haruka riemerge dall’acqua, togliendosi cuffia e occhialini con un agile strattone e lasciando cadere alcune goccioline lungo i suoi capelli corvini.

   “Nessuno può batterti quando sei in acqua, Haru-chan”, dice Makoto, protendendo la mano verso l’amico in un gesto ormai abituale. Haruka l’afferra, lanciandogli uno sguardo stizzito, “Smettila di chiamarmi in quel modo”, e sguscia fuori dall’acqua.

    “Nanase-kun, eri fighissimo! Vorrei tanto saper nuotare come te!”, strepita Nagisa ammirato dall’abilità del suo futuro sempai.

    “Sei proprio veloce come dicono.”, l’interrompe Rin appoggiandosi al dividi-corsia, “Qual è il tuo tempo migliore?”.

    Haruka si volta dall’altra parte con indifferenza, “Non lo so e non mi interessa”.

    Rin ridacchia, “Anche questo è proprio come dicono”.

    Il rosso appoggia i palmi al bordo della piscina e, facendo flessione sugli avambracci, si solleva per raggiungere il suo avversario, “Ehi, Nanase. Ti va di fare la staffetta al prossimo torneo?”.

    Un’altra delle cose che ad Haruka non interessa è proprio la collaborazione di diversi stili elaborati e artificiali, che si mescolano in un’unica competizioni. Tutto ciò, insieme a tempi e riconoscimenti, collidono con il suo concetto di libertà.

    Non ti stupisce affatto che Haruka declini l’offerta, salendo sul blocco di partenza, rinfilandosi cuffia e occhialini e dicendo, “Faccio solo stile libero”, poco prima di rituffarsi.

 

Sette anni dopo (2011)

 

    E’ mattino presto e Haruka dovrebbe essere pronto per andare a scuola già da un bel pezzo. Tuttavia, incurante dell’orario, si sta ancora crogiolando nella sua vasca da bagno, rimuginando sugli insegnamenti della sua defunta nonna. Consigli che Haruka valuta come unica vera forma di saggezza. Chiara e distinta come la filosofia di Cartesio per lui non sarà mai.

    Sta pensando ad una dottrina in particolare.

    A dieci anni ti chiamano prodigio,a quindici anni ti chiamano genio. Ma a vent’anni sei solo una persona come le altre.

   Haruka, oramai diciassettenne, ha ancora tre anni prima di rientrare definitamente nella classe delle persone normali. Cosa avrebbe fatto di quei tre anni, avrebbero segnato inevitabilmente tutta la sua vita, o almeno la sua memoria.

   Sentendo il peso della sua imminente decandenza, si lascia scivolare nella vasca, immergendo interamente il suo corpo e sperando di poter diventare un tutt’uno con il suo elemento.

 

   Tu e Makoto andate a prendere Haruka per andare a scuola assieme. Ieri non si è presentato alla cerimonia di apertura del nuovo anno scolastico, e sai bene che, se fosse per Haruka, a scuola si presenterebbe una volta ogni tanto.

   Mentre camminate un’anziana signora chiama a sé Makoto, porgendogli un sacchettino di gamberi fritti, “Buongiorno, Makoto-chan”.

   Sei così abituata a sentire quel ragazzone del tua amico essere chiamato -chan, da non farci più caso, nonostante sia così inadatto ad uno giovane della sua età.

   Quattro ragazzi, tutti con nomi molto femminili. E’ una cosa carina, anche se problematica negli appelli di inizio anno.

   “Grazie, signora Tamura. Troppo gentile. Buona giornata”, è sempre così cortese ed educato.

   Makoto ti sorride, tornando da te e tu rispondi alla stesso modo.

   Mentre passeggiate, a Makoto scappa una risatina divertita, “Sai, è buffo. Tamura-san mi ha chiesto se stessimo insieme. Pensava che fosse un appuntamento”.

   Raspi rumorosamente la gola, a metà tra l’infastidita e l’imbarazzata, “Noi, insieme? Nah. Siamo troppo amici per farlo”. Sorridi, dando un buffetto sulla spalla possente di lui. Ancora ti stupisci di quanto sia diventato grande e forte il tuo amico d’infanzia. In confronto tu sei rimasta così minuta.

   “Sai una cosa, non mi hai mai detto chi ti piaceva”, dice con nonchalance Makoto, avvicinandosi.

   Arrossisci lievemente al ricordo, “Come vi ho detto sette anni fa, è una cosa che io devo sapere e che voi dovete scoprire”, gli lanci l’ennesimo sorrisetto furbo. 

   Chiacchierando, non ti sei resa conto di essere finalmente arrivata davanti a casa di Haruka. Ti avvicini alla porta d’ingresso e suoni il campanello. 

   Nessuno risponde.

   Provi ancora.

   Niente.

   Che sia già uscito?

   Makoto alza lo sguardo verso le finestre del piano di sopra, e si accorge che quella del bagno e completamente appannata. Sbuffando, si dirige verso la porta del cortile.

   “Oh, ma andiamo...” 

   “Dove stai andando?”, chiedi, seguendolo sul retro della casa.

   Makoto apre la porta che dà sul giardinetto ed entra, tenendotela con una mano, per poi chiuderla dietro di te.

   “Permesso”.

   Togliete le scarpe, percorrete il corridoio, salite le scale, Makoto entra nella lavanderia dove trova la divisa scolastica ancora accuratamente piegata sopra la lavatrice. 

   “E ti pareva...”, sibila sconsolato. Conosce fin troppo bene Haruka.

   Infine apre la porta del bagno e, varcando la soglia, vi annuncia al padrone di casa, “Stiamo entrando”.

   Haruka scatta fuori dalla vasca all’istante, scuotendo a destra e a sinistra il caschetto d’onice, così da scrollare via un po’ d’acqua e liberarsi alla bene e meglio gli occhi di zaffiro. Gli stessi occhi che successivamente si posano sulla mano tesa d’innanzi a sé.

   “Buongiorno, Haru-chan”.

   “Ti ho detto di togliere quel -chan”, dice Haruka, prendendo la mano di Makoto ed issandosi in piedi. Esattamente come quando eravate bambini.

   Consapevole che di lì a poco avresti visto un ragazzo completamente nudo - e bagnato... -, le tue gote cominciano a bruciare ardentemente. Fissi accorta il suo fisico man mano che la miscela della vasca abbandona il suo corpo. I suoi bicipiti, i tricipiti, gli addominali definiti. Poi giù, giù, giù fino al... 

   Costume?!

   “Fai di nuovo il bagno con il costume?”, la voce di Makoto ti riporta alla realtà, al fatto che tu non dovresti essere lì nel bagno di un ragazzo che non è il tuo, intento a farsi il bagno, nudo o meno, perciò con uno scatto felino ti volti a fissare la porta, dando la schiena ai due.

   “Piantala. Faremo tardi”.

   “Dovrei essere io a dirlo...”.

   “Cosa intendevi con “stiamo entrando”?”. Haruka non si era ancora accorto di te, messa in ombra completamente dalla stazza di Makoto.

   Senti Makoto spostarsi un poco, così da permettere a voi due di vedervi l’un l’altra, “Ho portato ________-chan con me. Così andiamo a scuola insieme”.

   Quando odi pronunciare il tuo nome, percepisci anche il dovere di girarti verso i tuoi interlocutori.

   Saluti indecisa con la mano.

   In breve tempo Haruka si volta dall’altra parte e afferra un asciugamano per asciugarsi. 

   Tu e Makoto uscite dal bagno, per lasciare ad Haruka un po’ di privacy, e scendete al piano di sotto. Makoto ti mostra la cucina e vi accomodate lì, in attesa.

   Io non sono così, dici tra te e te, Ho sempre creduto che fosse lui quello timido.

   
 
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