Confessioni di un cuore distrutto
(Basata su Confessions of a
broken heart di Linsday Lohan)
Troy la fissava.
Troy aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
Troy sapeva che le nascondeva qualcosa.
Gli era bastato guardarla un attimo, durante una lezione
della Darbus. Si era voltato dal suo primo banco, pronto ad osservarla come al
suo solito. E l’aveva sorpresa con lo sguardo fuori dalla
finestra, che osservava un punto imprecisato.
Poi la professoressa Darbus lo aveva richiamato. Si
era voltato immediatamente, ma sapeva bene che non avrebbe potuto fare a meno
di pensare a quello sguardo incupito che non aveva mai posseduto.
Passò una settimana.
Troy si passò una mano tra i capelli biondi,
osservando indeciso la figura di Gabriella.
Stava dritta davanti al proprio armadietto, mentre
riponeva i libri nella borsa pronta ad andare a casa. I capelli neri erano
raccolti in due codine, con due elastici azzurri.
Indossava una minigonna di jeans e una maglietta bianca a barca. Ai piedi degli stivali bianchi fino al ginocchio, con le calze
chiare.
Era decisamente cambiata da
quell’estate.
Loro due non stavano più insieme. Si erano lasciati a Ottobre, quando Ryan aveva confessato a Gabriella di
piacergli e l’aveva baciata davanti a tutti. Troy era furioso e dopo un grande litigio l’aveva lasciata. Non aveva mai creduto al
fatto che, a Gabriella, il giovane Evans non piacesse affatto.
Si era ricreduto soltanto quando
a Febbraio Ryan si mise con Kelsi.
Gabriella era rimasta da sola sentimentalmente da quando si era lasciata con Troy.
Erano a Giugno. Troy aveva cercato mille modi per
chiederle scusa, ma non pensava fosse così difficile. E poi Gabriella l’aveva perdonato tante volte, cosa gli
faceva pensare che l’avrebbe perdonato ancora una volta?
Per questo era anche indeciso se scoprire o meno cosa le fosse successo da una settimana a quella
parte.
Prendendo un grosso respiro si avvicinò alla ragazza,
che aveva appena chiuso l’armadietto bianco.
-Ehi!-
Gabriella sollevò un sopraciglio,
squadrandolo da capo a piedi, -Ehi.- ricambiò senza una nota di dolcezza
nella voce.
Troy si sentì morire nel sentire quel saluto freddo. Nonostante questo cercò di aprire un discorso.
-Come va?-
-Non ti è mai importato. Non ti importa
nemmeno ora.- Gabriella si voltò verso di lui con la tracolla azzurra sulla
spalla, -Cosa vuoi?-
-Niente.-
-Non è vero. Sputa il rospo.- incrociò
le braccia al petto aspettando una risposta che non tardò ad arrivare.
-E’ da un po’ che ti vedo…
strana.-
-In che senso?-
-Beh… sei sempre molto distaccata dalle persone,
fissi il vuoto…- elencò Troy, -Non è da te.-
Gabriella abbassò lo sguardo, confermando le ipotesi
del ragazzo, -Chi ti dice che non sia da me?- domandò
in un sussurro.
-Non sei mai stata così, Gabriella.- Troy la osservò
un po’ preoccupato, -Ne vuoi parlare?-
La mora alzò di scatto la testa,
-No.- disse con voce dura, -Non con te.- aggiunse superandolo.
Troy fece per lanciare un pugno in aria, ma poi si
voltò e la rincorse per il corridoio. Uscirono dalla scuola e lui la seguì per
tutto il tragitto sul marciapiede che l’avrebbe portato a casa di Gabriella.
-Gabriella, aspetta!-
-Bolton, smettila di seguirmi!-
Troy si fermò di botto, sbarrando gli
occhi impietrito. Anche Gabriella si fermò, non udendo nessuna opposizione. Si voltò verso di lui seria in volto,
torturandosi le mani.
-Come mi hai chiamato?- mormorò
Troy stupito.
-Bolton.- rispose Gabriella, -Scusa.-
-Perché… mi odi così tanto?-
Gabriella sorrise lievemente, un po’ scocciata,
-Prova a indovinare.-
-Senti, è vero. Ho fatto una cazzata a
non crederti. Ma non darmene una colpa.- Troy si
indicò, -Io ti amavo. Io mi sto preoccupando per te.-
-Vuoi davvero sapere cosa mi passa per la testa da
una settimana?-
-Sì.-
Gabriella si voltò nuovamente e si incamminò
verso casa. Troy la seguì, indeciso se parlare o meno.
Decise infine di non dire niente e di aspettare che fosse lei a parlare.
Arrivarono pochi minuti dopo a casa della ragazza, la quale aprì la porta di
casa con le proprie chiavi.
-Vieni.- lo istruì facendolo
entrare in casa.
Troy entrò, poi fissò
Gabriella, -E ora?-
-E ora ti presento una
persona.- Gabriella lo condusse in salotto e si avvicinò al divano dove stavano
seduti la signora Montez e un uomo dai capelli neri e gli occhi scuri, -Conosci
già mia madre. Troy saluta mio padre. Papà, lui è Troy.- si
sedette sulla poltrona fissando la sua reazione.
Troy osservò l’uomo accigliato, -Oh… ehm…- deglutì in
fretta, -Piacere.- si avvicinò al signor Montez e gli pose la mano.
L’uomo la strinse sorridendo, -Il famoso Troy. Mia
figlia mi ha parlato di te.-
-Spero bene.- sorrise Troy.
-Benissimo. Quasi meglio di sua
madre.- cadde il silenzio per qualche secondo. Un silenzio che Troy notò
molto teso e non nell’ambito affettuoso familiare, -Come mai sei qui, ragazzo?-
-Io…-
-Doveva studiare con Gabriella. Vero, tesoro?-
domandò la signora Montez alla figlia.
Gabriella colse la palla al balzo, -Certo. Devo
dargli ripetizioni di Matematica. Sai, papà. Lui non è mai stato molto bravo in
quella materia.- si alzò dal divano e prese per mano Troy, -Andiamo in camera
mia, Troy.-
-E dov’è il suo libro?- domandò
ancora il signor Montez sospettoso.
-Nello zaino.- rispose Troy mostrando lo zainetto che
teneva in spalla, -Dove dovrebbe essere? Beh, piacere di averla
conosciuta.- fece solo in tempo a dire questo frettoloso saluto, prima che
Gabriella lo trascinasse su per le scale, al piano di sopra.
Entrarono nella camera di Gabriella, la quale ebbe
cura di chiudere la porta a chiave. Per Troy questo comportamento era strano,
soprattutto se si trattava di quella ragazza che aveva davanti.
-Ma i tuoi non avevano divorziato?- si informò sedendosi sul letto della ragazza, dopo aver
appoggiato a terra lo zaino.
Gabriella prese posto
accanto a lui, -Sì.- confermò con un sorriso triste, -Ma mio padre è tornato
una settimana fa. Ha chiesto il mio affidamento.-
-Cosa?-
-Se vincerà la causa dovrò trasferirmi.- aggiunse con
tono malinconico, -Subito dopo il diploma.-
Troy scosse la testa, incapace di proferire parola. Rimasero in silenzio qualche minuto, persi nei loro pensieri.
Poi Gabriella si alzò in piedi mostrando un sorriso allegro.
-Dai, non facciamo i musoni.-
Un sorriso allegro falso.
Lei soffriva. Troy l’aveva capito. Gli occhi di lei
erano rossi di lacrime trattenute. Ma Gabriella non
voleva piangere davanti a lui, di questo era certo.
-Puoi piangere, se vuoi.-
-Non essere sciocco, Troy.- rise forzatamente
Gabriella.
-Piangi. Non c’è niente di male.- le fece notare lui
serio.
Gabriella si morse il labbro inferiore, per poi
portare le mani al viso. Troy si alzò e spontaneamente l’abbracciò, inspirando
il profumo dei suoi capelli.
-Brava… sfogati…- sussurrò dolcemente lasciando che
Gabriella piangesse sul suo petto.
Rimasero in silenzio per quella che sembrò un eternità. A Troy non piaceva che lei piangesse,
ma sapeva anche che non poteva tenersi tutto dentro. E il fatto che avesse
deciso di piangere sulla sua spalla lo rendeva
importante ai suoi occhi. Come non lo era mai stato.
-Sono una stupida.- mormorò Gabriella staccandosi,
-Scusa…-
-Non ti devi scusare.- sorrise Troy cingendole le
spalle con un braccio e facendola sedere accanto a lui sul letto, -Se hai
bisogno di qualcosa… io ci sono…-
-Conosci un modo per
convincere mio padre a lasciarmi a mia madre?- domandò sarcasticamente.
Troy ci pensò su, -In effetti
sì.- le sorrise voltandole il viso con un dito, -Che ne dici di una canzone?-
-Una canzone?- ripeté Gabriella stranita.
-Sì. Tu scrivi delle bellissime canzoni. Puoi
chiedere a Kelsi e Sharpay di aiutarti con la musica e l’arrangiamento.- la
fissò intensamente, -Che ne dici?-
Gabriella sorrise, -Dico che
hai avuto una bellissima idea.-
Due giorni dopo
Gabriella raccolse i capelli con una penna, studiando
Chimica. Sentì la porta di casa aprirsi e chiudersi. Sapeva che la madre era in
camera da letto che stava finendo alcune pratiche riguardanti il processo del
giorno dopo sulla sua causa di affidamento.
Quindi doveva per forza essere
arrivato il padre. Andò allo stereo e inserì un disco, per poi far partire la
musica nello stesso momento in cui sentì il padre salire le scale per venire a
salutarla come sempre.
Prese il testo della canzone e la ripassò, per poi
cominciare a cantare.
I wait for the postman to bring me a
letter
I wait for the good Lord to make me feel
better
And I carry the weight of the world on my
shoulders
A family in crisis that only grows older
Il signor Montez si bloccò nel tentativo di bussare
alla porta della figlia. Ascoltò le parole sorpreso.
Gabriella aveva una voce stupenda. Non sapeva che le
piacesse cantare.
Lei aspettava da sempre una sua lettera, aveva
pregato perché lui tornasse. Ma non che la portasse via dalla
madre. Sentì ogni parola trafiggergli il petto. Pensava che fosse stato
lui a mettere in crisi la famiglia.
E forse aveva ragione.
Why'd you have to go
Why'd you have to go
Why'd you have to go
Perchè se n’era andato? Perchè l’aveva lasciata?
Gabriella cantò sempre più forte, chiedendosi perché
li aveva lasciati. Perché aveva fatto soffrire così tanto
lei e la madre.
Daughter to father, daughter to father
I am broken but I am hoping
Daughter to father, daughter to father
I am crying, a part of me is dying and
These are,
these are
The confessions of a broken heart
Lei era spezzata in due. Eppure
sperava. Sperava che il padre cambiasse, che fosse tornato per non farli
soffrire più. E invece le lacrime erano scese durante
quel pomeriggio con Troy. Lui le aveva fatto accorgere che con il ritorno del
padre una parte di lei era morta. Non era più quella
di prima.
Ora il suo cuore era distrutto.
And I wear all your old clothes, your
polo sweater
I dream of another you
The one who would never (never)
Leave me alone to pick up the pieces
A daddy to hold me, that's what I needed
La madre aveva ancora le sue magliette nell’armadio. Da
piccola le indossava, immaginando una figura paterna che potesse starle
accanto. Che non la lasciasse più.
E ancora adesso sognava un padre che la stringesse forte tra le sue braccia, nel momento del
bisogno.
So why'd you have to go
Why'd you have to go
Why'd you have to go!!
Daughter to father, daughter to father
I don't know you, but I still want to
Daughter to father, daughter to father
Tell me the truth, did you ever love me
Cause these are,
these are
The confessions of a broken heart
Gabriella lo voleva conoscere. Non sapeva nulla di
lui. Se n’era andato quando aveva solo quattro anni. E ora si chiedeva perché volesse portarla via da sua madre.
Dall’unica persona che l’aveva capita in tutto quel tempo.
Voleva che gli raccontasse la verità. Perché altrimenti lei avrebbe continuato a cantare quelle
confessioni.
I love you,
I love you
I love you
I....!!!!!
I love you!!
Lo amava.
Perché lui nonostante tutto
era suo padre.
Lo amava perché era suo padre, come amava sua madre.
Daughter to father, daughter to father
I don't know you, but I still want to
Daughter to father, daughter to father
Tell me the truth...
Did you ever love me!!!?
Did you ever love me?
These are.....
The confessions...of a broken heart
Abbassò un po’ la voce.
Si chiedeva se il padre l’avesse mai amata. Se l’amasse veramente, non sarebbe tornato.
Non sarebbe lì. Non avrebbe mai potuto pensare di
portarla via da quella che era casa sua.
Quelle erano le confessioni del suo cuore distrutto. E lui non avrebbe mai potuto guarirla.
Ohhh....yeah
I wait for the postman to bring me a
letter..
La musica finì. Le lacrime le scendevano lungo le
guance.
Ma lei non ci badò.
Aspettava ancora quella lettera. Aspettava ancora che
il postino portasse una lettera di scuse.
Ma sapeva che non sarebbe mai
accaduto.
Il signor Montez si allontanò dalla porta. Osservò
quella di fronte. La camera dell’ex-moglie. Senza pensarci due volte bussò a
quella stessa porta, sapendo che stava per fare la cosa giusta.
Quella stessa
sera
Gabriella era di nuovo sul libro di chimica.
Si voltò appena quando sentì
qualcuno bussare alla porta. Si avvicinò alla porta e si accorse di una lettera
che era appena entrata da sotto la porta. Si chinò e la raccolse.
La aprì lentamente, accigliata.
Cara Gabriella,
questa è la lettera che aspetti da
quando avevi quattro anni.
È quella
lettera che tu hai sognato di ricevere fin da piccola, sperando che io tornassi
per renderti felice. Mi dispiace d’averti delusa, d’averti ferita. Di averti
distrutto il cuore.
Non era mia
intenzione farti soffrire. Non lo è mai stata.
Ma non dubitare mai dell’amore che provo per te. Sono tuo padre. E ti voglio bene.
Voglio che tu
sappia che ti amerò per sempre, figlia mia.
E sono contento che ti piaccia
cantare. Sono contento che tu sappia scrivere canzoni tanto meravigliose.
Voglio esserci al tuo prossimo spettacolo a scuola. Se
me lo permetterai, ovviamente.
Ti voglio bene.
Papà
Si portò una mano alla bocca, sentendo le lacrime che
stavano per uscire di nuovo.
Prese in fretta il cellulare e se lo mise in tasca, per poi infilarsi al volo le sue Lacoste
bianche.
-Tesoro, dove vai?- domandò la signora Montez
vedendola correre giù per le scale, -Devo dirti una cosa.-
-So già tutto, mamma.-
Gabriella le porse la lettera, -Abbiamo vinto. Ti voglio bene.- le diede un
bacio sulla guancia e uscì di casa, sotto il cielo
stellato delle ventuno.
Corse in fretta, con i lacci
della felpa azzurra che ballavano con lei. Arrivò a una
villetta. Percorse in fretta il vialetto e suonò il campanello, con il fiatone
della corsa.
Ad aprirle fu il coach Bolton.
-Gabriella.- la salutò accigliato, -Che ci fai qui?-
domandò notando il suo fiatone.
-C’è Troy?-
-Certo. Stavamo cenando, entra pure.- la fece accomodare in casa, per poi condurla verso la cucina,
-Troy, c’è una visita per te.-
Troy alzò lo sguardo dalla propria bistecca,
distogliendo l’attenzione anche dalla discussione che stava avendo con la madre
sulle borse di studio.
-Gabriella.- si alzò in piedi, -Che è successo?-
Gabriella sorrise, mentre
delle lacrime le uscivano dagli occhi, -Papà se n’è andato. Ha
capito.- disse tra le lacrime di gioia.
Troy sorrise e la raggiunse abbracciandola. I
genitori di Troy li osservarono un po’ straniti. Ma
loro due non ci badarono.
-Non ci sarei mai riuscita senza di
te.- Gabriella si staccò, -Grazie di tutto, Troy. E scusa per come ti ho trattato in questi mesi.-
-Non fa niente. Avevi ragione. Sono
stato uno stupido.- scosse la testa negativamente.
-Beh… credo che tu abbia un’altra possibilità.-
-Davvero?-
-Davvero.- rise Gabriella, -Ad un patto: d’ora in
avanti mi devi credere. Sempre e comunque.-
-Non farò mai più lo stesso errore. Te lo giuro.-
detto questo si chinò sulle sue labbra e la baciò
dolcemente.
Si staccarono soltanto quando
sentirono dei colpi di tosse. Gabriella arrossì di botto, rendendosi conto
finalmente che c’erano ancora i genitori del ragazzo presenti in cucina.
-Oh… ehm… scusate, io…- balbettò imbarazzata.
-Non importa, cara.- la signora
Montez sorrise, -Bentornata in famiglia.-
-Già. E speriamo che Troy
vada meglio nel basket ora che sei tornata.- aggiunse il signor Bolton facendo
ridere tutti.
Troy avvolse la vita di Gabriella con un braccio, -Ha
ascoltato le tue confessioni?-
-Già. Ma sorprendentemente è riuscito a guarirmi.-
Gabriella sorrise, poggiando il capo sulla spalla di Troy, -Ora il mio cuore
non è più distrutto.-
The End
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Una nuova shot, scritta in un pomeriggio e mezzo XD
Fortunatamente io non sono come Gabriella. La mia
famiglia è rompi-scatole, una sorta di ramanzine a raffica
quando vogliono, ma c’è. E io voglio bene alla
mia famiglia. Perché è la migliore che potessi
desiderare.
Bacioni
e attendo commenti ^^
By
Titty90 ^^