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Autore: The Revenged Shadow    26/08/2013    0 recensioni
"Un vuoto. Così privo di cose e pieno di niente che perfino un eco non avrebbe saputo dove andare. [...] Quelle pareti le stavano fin troppo strette."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vuoto pieno di niente

 
 
 
 
Chiuse la porta lentamente, lo stesso fece con la serranda e la finestra. Non voleva sentire né vedere nulla. Si sedette sul letto, fin troppo morbido e caldo per il freddo che sentiva dentro, e strinse le ginocchia al petto per adeguarsi a quelle pareti fin troppo strette che mano a mano la opprimevano, ogni giorno sempre di più.
Guardò il soffitto: vuoto e nero. Era praticamente la metafora perfetta di ciò che provava. Un vuoto al centro del petto, dove c’era il cuore, dove c’era quel muscolo che pulsava sangue per permettere a quel corpo di muoversi e a quella mente di pensare, di tormentarla ancora e ancora e ancora.
Sentì qualcosa scorrere sulle sue guance. Erano lacrime, lo sapeva già ancor prima di sentirle bagnare le guance, ancor prima di sentirle pizzicare dietro gli occhi; era inutile cercare di trattenerle, i primi giorni ci provava: tirava su col naso e premeva sulle palpebre per cercare di fermarle. Spesso ci riusciva, riusciva a confinarle di nuovo dietro gli occhi, a nasconderle assieme alle sue emozioni.
Poi i giorni seguenti cominciò a sentire dentro di sé ogni volta un tumulto rumoroso: voleva strepitare, parlare, urlare fino a perdere la voce e il fiato. Ma non poteva e allo stesso tempo non voleva e non doveva, così perdeva il controllo singhiozzando così forte da farsi bloccare i respiri in gola, con le lacrime che bruciavano da quanto scendevano calde e veloci. E vomitava le emozioni in solitudine, in quel modo che più sincero non poteva essere, però liberava le sue emozioni sempre e solo quando era completamente sola, per poi riprendere ad incassare senza fare un fiato e senza dare nell’occhio, agendo come se tutto fosse normale mentre dentro scoppiava di emozioni.
Col passare di più giorni, settimane e mesi, non sentiva più nemmeno le emozioni, percepiva a stento l’umido delle lacrime. Non sentiva più il tormento della tristezza stringerle il petto, né la determinazione che le urlava nella testa di non piangere. Non sentiva più niente, nulla... come il nero.
Un vuoto. Così privo di cose e pieno di niente che perfino un eco non avrebbe saputo dove andare.
Vuoto, come era diventata quella stanza che aveva sempre abitato e che era piena di mobili e oggetti familiari, che conosceva come le sue tasche. Un sorriso amaro prese possesso del suo viso, purtroppo lei non le aveva mai conosciute troppo bene, le sue tasche. Purtroppo quella stanza invece di apparire accogliente come un paio di braccia aperte sembrava mutata ed era diventata ghiacciata.
Quelle pareti le stavano fin troppo strette. La schiacciavano, stringevano. La ciancicavano dal basso verso l’alto, da destra verso sinistra. Le pressavano le costole finché ogni piccolissima particella d’aria fosse fuoriuscita, finché lei fosse così sciupata da non poter comprendere cosa diavolo stava diventando. Nemmeno lei lo capiva, si sforzava ma non capiva. Non capiva perché quando pensava di dover dire una cosa rimaneva in silenzio per poi pentirsene e annegare tra tutti quei “E se…?” che la martellavano da dentro, tutti quei punti di domanda che le si paravano davanti, tutte le varie vie che si sarebbero potute aprire se avesse fatto questo e se avesse detto quello. Tutte quelle vite e situazioni che sarebbero dipese dalle sue decisioni, e non da quelle degli altri. E quelle strade che non aveva mai percorso, quelle parole che non aveva mai detto, quelle vite che non aveva mai vissuto le sentiva molto più sue di quelle cose che aveva fatto e che non aveva fatto fino a quel momento.
Sentiva che le azioni e i respiri di quei momenti non le appartenevano. Si sentiva come se qualcuno stesse scrivendo la vita al posto suo, si sentiva sballottata qua e là in balia degli avvenimenti che decidevano per lei.
Si sentiva come se non fosse viva.

 
 

 
 
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Emh, amh… Ehh, veramente non so nemmeno io cosa sia di preciso questa cosa. Mi piace, non ne sono soddisfattissimissima ma non mi fa nemmeno schifo e volevo aggiungere qualcosa di nuovo tra le mie storie (e soprattutto volevo farmi di nuovo viva come autrice *coffcoff*).
E’ uno sfogo, un po’ mio, un po’ di - credo - tutti noi. Non ho molto da dire, solo che la storia si è praticamente scritta da sola, io non ho nessuna colpa! *alza le mani* (E aggiungo pure che il titolo che le ho dato mi fa davvero davvero vomitare… PERCHé IL TITOLO è LA PARTE Più DIFFICILE DI UNA STORIA?!)
Spero che vi sia piaciuta e per favore, ve lo chiedo in ginocchio, vi supplico, RECENSITE. Mi piacerebbe ricevere dei commenti, per apprendere ciò che sbaglio e ciò che va bene, ciò che dovrei cambiare oppure no. Le opinioni e le critiche sono ben accette, anzi accettatissime!
Grazie mille dell’attenzione, ora credo proprio che andrò a farmi un bel panino (?) quindi arrivederci!
 

The Revenged Shadow
  
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