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Autore: fullmetal heart    26/08/2013    1 recensioni
Impiego tutte le mie forze nel cercare di scordarmi di Sloth. Ma a volte non ci riesco e i miei occhi si aprono di scatto.
È così difficile dimenticare qualcuno che ti ha dato così tanto da ricordare.
Ed è anche così difficile dare un taglio netto al passato.
-Ed
Ogni volta che la lasciamo, lei cade a pezzi. Va in frantumi. E sembra che tu non te ne accorga. Fai sempre finta di niente, come se non te ne fregasse.
-Al
Edward, spero che il karma ti tiri uno schiaffo prima che lo faccia io.
-Winry
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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When you’re gone.
 


1.     A volte ritornano.

La storia di Ed.
 
 
“Ci sono cose che non vogliamo che accadano, ma dobbiamo accettarle, e persone che non vogliamo perdere ma che dobbiamo lasciare andare.”
 
 
“Forse dovresti andare a letto, fratellone” ti guardo in faccia. Sei la preoccupazione fatta persona. “Sì, forse hai ragione” rispondo. In effetti mi sento a pezzi.
Guardo il mio taccuino e mi accorgo di non aver completato il lavoro assegnatomi da Mustang. Sospiro. Nonostante avessi iniziato nel primo pomeriggio, ero appena agli inizi.
“Al, io devo ancora finire, tu intanto vai. Arrivo tra poco” appena se ne va, sbatto la testa contro i libri.
 “Non ce la farò mai a finire prima di domani mattina! Accidenti a me!” Mi infilo le mani tra i capelli, disperato come Winry quando le dico che non può aprire il mio orologio.
Sospiro un’altra volta  e inizio a dondolarmi all’indietro con una penna in bocca. All’improvviso cado con un tonfo, ritrovandomi a terra.
 “Ahia” dico, mentre mi massaggio il sedere.
Mi metto in piedi e qualcosa mi cade dalla giacca. È una foto. La guardo con attenzione e deglutisco. È una foto vecchia, fatta un bel po’ di anni fa. È una foto che non avrei mai pensato di trovare.
Ci siamo io, Al e la mamma. Mi si stringe il cuore a vederla.
Mi accorgo di piangere solo quando sento il sale sulla lingua.
Una miriade di ricordi invadono la mia mente: il sorriso dolce e buono della mamma, i suoi occhioni verdi, così profondi e così belli, i suoi capelli così lunghi che a volte Al la chiamava ‘Raperonzolo’.
Un timido sorriso mi attraversa la faccia.
Mi vengono in mente tutti i nostri giochi, la nostra vita prima della morte della mamma, la vita normale che non possiamo più vivere.
Ma, soprattutto, ci è stata negata la possibilità di amare ed essere amati da una mamma. Non c’è più nessuno che mi consola quando sono triste, nessuno che mi faccia raccomandazioni né che mi sgridi quando sbaglio.
Come faccio senza di te, mamma, a sapere che sto facendo le cose giuste? Come faccio a decidere quale strada percorrere? Come posso andare avanti se non so che strada prendere?
Le raccomandazioni e le sgridate che mi facevi le tengo in un angolino del mio cuore,  in un cassetto ben chiuso. Là ci sono anche tutti i ricordi della mia infanzia.
Ogni tanto, quando sono solo, apro quel cassetto, e ti vedo nei miei ricordi. Non sai quanto sia duro chiudere quel cassetto e fare finta di niente.
A volte mi basta chiudere gli occhi per vederti. E ti vedo come eri un tempo.
Impiego tutte le mie forze nel cercare di scordarmi di Sloth. Ma a volte non ci riesco e i miei occhi si aprono di scatto.
È così difficile dimenticare qualcuno che ti ha dato così tanto da ricordare.
Ed è anche così difficile dare un taglio netto al passato.
 
La stanchezza inizia a farsi sentire. I miei occhi faticano a restare aperti. Appoggio la testa contro il pavimento freddo e cado in un sonno profondo.
 
Mi risveglio in un boschetto. Mi alzo e inizio a camminare. Continuo a camminare e mi ritrovo in un posto che conosco benissimo.
 La nostra casa, il nostro giardino. Sono proprio davanti a me. Corro dentro.
È Al ad aprirmi la porta. Sgrano gli occhi appena lo vedo. Dov’è l’armatura a cui ho legato la sua anima?
Sento i passi di qualcuno e mi volto. Vedo mia madre sulla soglia della porta che conduce al salotto.
Mi sorride, aprendo le sue braccia. Corro lungo la stanza e mi butto tra le sue braccia.
Tutto sparisce: Al, la casa, il giardino. Ora siamo solo io e lei.
Mamma.                                                                                                                 
Mi stringi forte ed io ricambio la stretta.
Oh, quanto mi sei mancata.
Mi sussurri tutte le paroline dolci che mi dicevi quando ero piccolo.
Inizio a piangere.
Mi accarezzi dolcemente i capelli per poi sollevarmi il mento.
Mi guardi sorridendo, dicendomi che sono diventato grande.
Annuisco senza dire una parola.
L’unica cosa che facciamo è stare lì abbracciati.
Metto la testa nell’incavo del tuo collo.
Inspiro il tuo profumo. È proprio come lo ricordavo.
Mi chiedi se io e Al stiamo bene da soli.
Annuisco di nuovo.
Poi, un fiume di parole esce dalla mia bocca.
Ti dico quanto mi sei mancata, quanto ti voglio bene.
Quanto manchi ad Al. E a Winry. E alla nonna. E a papà.
Mi stringi ancora più forte. Anche per te è lo stesso.
Inizi a parlare, ma non sento cosa dici.
“Ti voglio bene Edward” è l’unica cosa che riesco a sentire.
Sciogli l’abbraccio e mi guardi un’ultima volta.
Mi sorridi.
E poi, poi mi sveglio.
No. No. No. Non puo’ essere stato tutto un sogno. Appena realizzo che quello che è successo è un sogno, il mio cuore si stringe provocandomi una fitta di dolore. Avete mai avuto un sogno talmente bello? Non è pura agonia svegliarsi dopo aver compreso che quello che sognavate non è la realtà?
Sento qualcosa che va in pezzi dentro di me. Proprio come quando sei morta mamma.
Mi tocco la fronte e la trovo madida di sudore. Solo allora mi accorgo di quanto abbia sudato nel sonno. Una coperta mi avvolge. Al. Deve essere stato lui a mettermela.
Alzo lo sguardo e lo vedo rannicchiato in un angolino della stanza. Sorrido e gli metto la coperta.
“Al, io vado a chiamare Winry” dico. Non risponde ma sicuramente ha sentito.
Mi giro a guardare la stanza che mi sono lasciato alle spalle.
Mi lascio alle spalle anche tutto quello che è successo. Il passato è il passato.
Le cose brutte accadono e noi non possiamo fare nulla per evitarlo.
Sospiro.
Ho chiuso il cassetto. E questa volta sarà per sempre.

 
 
“Quando accade qualcosa di brutto hai tre scelte: puoi lasciare che ti definisca, lasciare che ti distrugga, o puoi lasciare che ti fortifichi.”
  
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