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Autore: Just a Shapeshifter    26/08/2013    2 recensioni
Chi di noi non vorrebbe essere ricoperto da fama? Ma anche della più orribile?
P.
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: B
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: A tutto reality - La vendetta dell'isola
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Eccola, era li quella casa. Dovevi solo arrivarci in qualche modo.
Ma come! Dannazione come! Eri su un fottuto palazzo ad osservare quei magnifici squarci nel cielo , e mentre tutte le altre persone erano felici tu ingoiavi quella strana voglia di uccidere. Dovevi ucciderla, era la tua sete, quello che i media si aspettavano da troppo tempo ormai.
Da quanto non compievi un crimine tanto brutale? Lei era la vittima giusta, e tutti ti avrebbero riconosciuto ma nessuno ti avrebbe trovato.

Andava avanti sin da quando eri piccolo questa mania di uccidere. Innata come dire, il giorno in cui quell'uomo varcò la porta di casa dei tuoi odiosi genitori, e li uccise, come nei film horror.
Eterna riconoscenza per quello sconosciuto che strappò via la testa di tuo padre con un accetta e ridusse tua madre ad un manichino a cui gli arti erano stati sbrindellati e lanciati contro le pareti della casa, sporcando di sangue la tappezzeria vecchia e puzzolente. Erano Morti. Sorridesti sadicamente ragazzo, lo sai?
Che cos'era la felicita' per un bambino di otto anni? Per te quello era un sogno. Per questo ragazzo senza nome era stata una lezione di vita quando usci dalla porta e segui di soppiatto il killer di quella famiglia sfasciata. Lo guardasti a lungo, con quelle spalle larghe, i capelli lunghi, sporchi e unti. Era il tuo salvatore.
Corresti più veloce che potesti, fin dentro la foresta. Ma non avevi paura, eri scappato cosi tante volte li dentro, nel buio dove l'unica certezza era la luminosità.
Ora eri libero piccolo, e tutto quello che potevi fare era essere forte, e scappare via da li, cavartela da solo.
Raggiungesti una piccola città nella quale però non c'era anima viva, ti guardasti dentro una vetrina di un negozio chiuso. Chi mai avrebbe amato un bambino come te? Nessuno, e lo sai il motivo? Eri un sadico che seviziava gli animali indifesi che trovavi ovunque tu mettessi piedi. Un topo, un gatto.. una volta un procione. Non ti stancavi mai. Il sorriso malefico sul tuo volto quando li punzecchiavi con un ago mentre erano ancora vivi, o gli scavavi gli occhi con un cucchiaio era una cosa deliziosa, ma adattata da un bambino della tua età era spaventoso. Ti riguardavi di dargli il colpo di grazia, prima di sotterrarli e costruire una piccola croce con dei legnetti, e piangere.
Salisti sul primo autobus. Dove ti avrebbe portato?

“Non è abbastanza. Provaci ancora. Torna indietro, prendi quel trofeo”
“Non è abbastanza. Provaci ancora. Tutti devono morire, prima o poi”
“Non è abbastanza. Provaci ancora. Non lasciare testimoni. Uccidi tutti. Nasconditi e attacca”
“Non è abbastanza. Provaci ancora. Brucialo vivo!”
“Non è abbastanza. Provaci ancora. Nasconditi sotto il letto.”
Avevi tanti modi per uccidere qualcuno, estrapolarci la vita e tenerla tra le mani. Le tue vittime erano casuali e tutti sapevano che eri stato tu, ma non conoscevano il tuo volto, era sempre coperto da quel cappuccio.
Ti ricordi quando hai iniziato? Te la ricordi la tua prima vittima? Si, esatto... quella tua strana amica.
L'hai pugnalata cinquanta fottute volte. Lei ti amava. Tu l'hai uccisa. Hai gettato il corpo di quella splendida fanciulla dagli occhi verdi dentro un torrente, e i suoi capelli ora erano più rossi, come rinati di nuova luce, di una nuova vita.. ma da un'altra parte adesso.
Era difficile sopravvivere, ma la tua era una geniale strategia. Hai cambiato molte case, molti appartamenti... e ogni volta scappavi quando le cose si facevano serie, quando incominciavi a pensare che l'affezionarsi a qualcuno non era una cosa poi cosi tanto brutta.
Le vittime erano sempre adatte alla tua età. Ti capitava di uccidere tuoi coetanei, e i veri omicidi sono nati proprio appena i tuoi genitori di passaggio ti avevano iscritto alle superiori.
Rimembri quella ragazzina nei bagni? Quanto urlava eh?
E quel ragazzino un po' sfigatello che tutti evitavano? Non ha emesso neanche un fiato quando hai conficcato il compasso nel suo petto, e hai scritto sulla sua pelle i nomi dei prossimi. Quella è stata la preda più disgustosa. Amavi talmente tanto gli urli.
Ogni assassinio era programmato, mai ti saresti fatto scoprire da qualcuno, e mai finire in prigione come tutti quei coglioni che avevano i sensi di colpa. Tu non li conoscevi, neanche quando la notte piangevi, maledicendo la tua vita.
Eri un mostro dalle mani sempre rosse e gli occhi crudeli, il sangue gelido e i passi silenziosi. Un killer che cresciuto optava sempre nuovi modi per scannare qualcuno.

“Uccidila... UCCIDILA CAZZO!” era un delitto dolce, quello... quello che aveva pianificato cosi accuratamente. Lo vuoi davvero ricordare? Lo sai che non sei stato capace di attuarlo, sei stato una delusione per te stesso quando quel sentimento ti ha riscaldato il cuore per un secondo, anzi di meno, come una scintilla. Quella scossa ti fece cadere il coltellino dalla mano. Ti fece stringere a lei con le unghie, te la fece piacere, te la fece amare, per un attimo poco prima di scappare. Ti rivestissi in fretta e consumato il primo piacere della tua misera e stenta vita, lasciando la ragazza nuda sul letto, con lo sguardo morente quando l'hai congedata. E neanche un soffio di parola varcò il portale delle tue labbra.
Ti eri ripromesso che non avresti mai avuto pietà per qualcuno. Eri un debole, e questa ne era la prova. “Dovevi ucciderla! Far colare dalla gola qual delizioso liquido scarlatto e mettere fine alla sua misera vita. COME HAI FATTO PER TUTTE LE ALTRE” oh, ma questa per te era diversa, eppure non riuscivi a darti pace. Ora era diventata la tua chimera. Era divenuto uno staker per colpa sua, tutta la colpa era da attribuire a lei. Ed era per fallo suo se adesso i tuoi crimini non erano perfetti e la polizia ti aveva quasi messo in carcere. Dietro le sbarre era un mondo tutto diverso, tu lo sapevi perché ti eri sempre sentito cosi, la tua vita era una fottuta prigione, sospesa tra realtà e pazzia. Eri pazzo, e nessuno poteva aiutarti, o guarirti. Non avevi amici, non avevi famiglia. Eri solo con la tua dannata solitudine, Beverly.

Era la macchia sulla tua giacca in pelle nera, un difetto sul tuo viso, della lacca sui tuoi capelli in piedi, un callo sulle mani. Era lei, e ora riuscivi a vederla che si cambiava nella sua stanza da letto, all'asciutto, mentre tu eri bagnato, ma nessuna lacrima scorreva sulle tue gote, Anche se i tuoi occhi, erano forse lucidi?
Dovevi andare da lei, inserirti sotto il letto e sporcarlo del sangue dei suoi genitori. Trascinare gli arti del padre nel letto, sporcando le linde lenzuola.
Pensasti ancora. La madre poteva stare appoggiata allo stipite della porta che la fissava con un'espressione urlante sul viso, e la vestaglia insanguinata, senza braccia. Le avresti messe arrancanti verso il suo letto per dare l'impressione che si muovessero con le dita inarcate verso di lei.
Era tutto perfetto. Il busto del padre senza testa sopra il comodino, e se nel caso avesse avuto un animale domestico glie l'avrebbe fatto abbracciare come un pupazzo, oppure ucciso sotto i suoi occhi. La ragazza si sarebbe svegliata per colpa del nauseante odore da morto, che ti si infiltra nelle narici ed è difficile da dimenticare. Sarebbe stata cosi scioccata che non si sarebbe accorta di te dietro la tenda con un coltellino in mano, quello stesso arnese infernale che aveva lacerato pelli, tagliato gole e inciso occhi, quello stesso oggetto che non eri riuscito a usare con lei.

Tutti devono morire prima o poi, ma tu non avevi paura della morte, tu la creavi, la costruivi. Lo facevi con tutte le persone, eri l'artefice del loro destino e forse anche del tuo, eri un incubo, eri la paura, la più orribile cosa che si sia mai vista. Il più figo dei mietitori, quello che ammaliava le ragazze ingenue e poi le ammazzava a sangue freddo, come un serpente senza pietà, e il tuo unico rimorso era lei. Dovevi farlo, e finalmente saresti stato in pace con te stesso. Saresti finito all'inferno, saresti caduto cosi in basso e non saresti più potuto risalire.
Guardasti verso basso di quell'alto palazzo, le gocce di pioggia cadevano sull'asfalto come frecce congelate e letali. Era il destino di tutti, essere creati e percorrere una vita in discesa che durava solo pochi secondi per poi schiantarsi contro qualcosa di duro e freddo, alcuni prima, altri dopo, in ogni parte del mondo..
Non riuscisti più a smettere di guardare la strada che era come se essa si avvicinasse sempre di più, e in un millesimo di secondo, ti accorsi che la tua vita era un inferno, e nessuna di quelle persone meritava la morte quanto te. Nessuno avrebbe pianto per te, nessuno ti avrebbe portato dei fiori alla tomba, e tutti ti avrebbero ricordato come il ragazzo suicida della settimana.









Angolo Autrice P

Buonasera c: ok non mi faccio viva davvero da troppo tempo, ma questa fic molto noir mi è saltata in mente dopo una mattinata ascoltando gli Avenged Sevenfold *-* Se lasciate una recensione mi renderete molto felice ♥ P.

  
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