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Autore: DarkLucifer    27/08/2013    3 recensioni
James è un ragazzo strano: 25 anni appena compiuti, apparentemente un ragazzo comune, ma in realtà nasconde dentro di se' un dolore inenarrabile.
Un passato segnato da un grande dolore, un futuro incerto, un presente pieno di continue lotte, una figura misteriosa che lo accompagna ed una luminosa nel suo orizzonte. Questa è la storia di una rinascita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si chiamava James, aveva venticinque anni da un paio d’ore, ormai, e non gliene fregava assolutamente nulla.
Sulla collina illuminata dalla luna in quella calda sera d’inizio agosto, la luce fredda dei lampioni si rifletteva, attraverso i sottili occhiali neri, nei suoi grandi occhi scuri: occhi tristi e vuoti, occhi che sanno fin troppo bene cosa vuol dire soffrire.
L’auto bianca, vicino a lui, aveva una portiera aperta, e la musica, amplificata dal costoso impianto stereo, si propagava nelle vicinanze, come un fiume che procede tranquillo nel suo argine, con una forza però così travolgente, da abbattere qualsiasi ostacolo incontri nel suo incedere.
Il ragazzo stava poco più avanti dell’auto, seduto su una panchina: le sue mani piene di anelli stringevano una birra ed una sigaretta.
Erano belle mani, affusolate ma forti, e quegli anelli conferivano loro un’aria vissuta: ogni anello aveva un significato particolare per quel ragazzo, e molti di essi portavano con se’ ricordi dolorosi.
La bottiglia era vuota per metà, e la sigaretta, un drum fatto da poco, andava esaurendosi velocemente.
Preferiva i drum, alle sigarette di marca, perché ne poteva apprezzare di più il sapore e l’effetto, anche se farli a mano era una vera seccatura.
“Almeno” si diceva sempre tra se’ e se’, “se devo intossicarmi, voglio farlo con le mie stesse mani, e vedere con cosa, lo faccio” si ripeteva.
In realtà, come spesso succedeva nella sua vita, era più che altro una scusa, per nascondere il fatto che se fumava non era per il piacere o per l’effetto, quanto per un’inconscia voglia di una continua autodistruzione progressiva.
Non voleva correre il rischio di restare in quel mondo ancora per troppo tempo.
Fumava, lasciandosi trasportare dalle note di Resistance, una delle tante canzoni che la chiavetta USB della sua auto andava pian piano proponendo, e che gli richiamavano una serie di pensieri incoerenti: quello forse, era più che altro dovuto al fatto che quella fosse la terza birra che si scolava … nel giro di un’ora.
D’altronde era il suo compleanno, era quasi d’obbligo festeggiare, no?
Pensava, amaramente.
Eppure quel ragazzo era certo di non avere assolutamente niente da festeggiare, soprattutto la ricorrenza di un nuovo anno, con l’aggiunta di dolori e noie che componevano quel quadro buio che era diventata la sua vita da qualche anno a quella parte.
 
If we live our life in fear
I'll wait a thousand years
Just to see you smile again
Kill the press for love in peace
You'll wake the far police
We can hide the truth inside
 
Così cantava, Matthew Bellamy, e James non poteva che essere più che d’accordo su quell’ultima frase: dentro di lui c’era tanta di quella roba, volutamente nascosta nel più remoto angolo della sua coscienza, da quando aveva deciso di nascondere al mondo quello che era stato, che ormai non era più sicuro nemmeno lui di conoscere chi si celasse al di sotto di tutto.
Era così immerso in quei pensieri, che non sentì i passi dietro di se’ finché la canzone non finì, interrompendo il forte sottofondo che stava creando e lasciandogli udire quel rumore leggero di erba calpestata.
Improvvisamente una voce che credeva di aver dimenticato risuonò nell’aria.
“Un anno più vecchio eh? Non hai un’altra birra per un povero vecchio, amico mio?”
La voce era sempre quella, un po’ metallica forse, come se non fosse usata da anni, ma sempre riconoscibile, anche così tanto tempo di distanza.
James si girò di scatto, guardando negli occhi il nuovo arrivato: era un ragazzo molto alto, magro e pallido.
Aveva dei bei capelli castani che ricadevano ordinati sulla fronte, portava dei jeans, una maglietta nera con una forma geometrica rossa disegnata sopra, delle grandi scarpe bianche e portava a tracolla un borsello di pelle nera, stretto e sottile come lui.
Un filo di barba decorava le giovani guance: non dimostrava più di ventitré anni.
Aveva un sorriso dolce, caldo, che contrastava però con gli occhi: due grandi e freddi occhi verdi, brillanti di una luce strana, malinconica e triste oltre ogni dire.
C’era la morte, in quegli occhi.
“Hai un bel coraggio” disse James con freddezza, sentendo un’antica ira che velocemente s’infiammava in lui, e che cercava disperatamente di nascondere per potersela gustare con calma
“Far rivedere la tua faccia da queste parti. Credevo di essere stato chiaro l’ultima volta: non ho più intenzione di parlare con te, quindi fammi il piacere di sparire dalla mia vista”
“Eh, ragazzo mio” disse l’altro con gravità, sedendosi di fianco a lui con aria stanca “fosse così semplice, ti lascerei in pace.” Lo guardò con intensità ed aggiunse, con un sorriso “… se tu davvero lo volessi”.
“Vaffanculo” disse James con disprezzo, voltandosi dall’altra parte.
L’altro emise un sospiro e lo guardò con occhi tristi
“Non pensi che sia ora di stare un po’ su? Sono passati 4 anni, ormai, è così una bella serata…è il tuo…”
“Non ti azzardare!” scattò l’altro, tirandosi in piedi e guardandolo con occhi pieni d’odio e di disprezzo “non mi fare incazzare con queste parole vuote che non servono ad un cazzo! Non l’ho deciso io, e tu sei l’ultima persona che si può permettere di dire qualcosa, quindi se non te ne vuoi andare, almeno vedi di startene zitto!”
Detto questo, tirò un calcio alla bottiglia di birra, che nella concitazione era scivolata per terra, sbriciolandola, facendo volare intorno i frammenti e trasformandoli in piccoli arcobaleni, non appena venivano colpiti dal raggio di luce proiettato dai lampioni circostanti.
Ansante per l’intensità delle sue emozioni, James si rimise a sedere ed alzò gli occhi verso la grande luna, che scrutava quella terra fredda con il suo volto assente, così lontano.
A volte la invidiava: lei era tanto lontana, estranea a quel mondo così pieno di dolore.
“Ti odio” disse James a mezza voce, con gli occhi vuoti e fissi davanti a se’.
“Lo so, amico mio…” disse l’altro, sorridendogli con quell’aria triste “Lo so”.
Un silenzio carico di tensione si propagò tra loro, ed il nuovo arrivato guardò i resti della bottiglia per terra con aria critica.
“Certo che potevi anche finirla, prima di distruggerla: non si spreca così una buona birra!” l’altro lo guardò con un sorriso esitante, come se volesse soppesare le parole “…non ti ho insegnato niente?”
James lo squadrò con uno sguardo omicida, stringendo gli occhi neri come faceva sempre quando era arrabbiato.
“Sei loquace stasera, eh?” disse ancora l’altro, continuando evidentemente a cercare di far continuare il discorso “Beh, non mi dici nulla di nuovo? E’ un bel po’ che non ci vediamo, e non mi sommergi di novità?” per la prima volta, ora, gli sorridevano un po’ anche gli occhi: era chiaramente felice di stare lì a parlare con lui, nonostante le reazioni dell’interlocutore fossero chiaramente molto brusche e astiose.
“Cosa vuoi che ti dica?” ribatté sbuffando James, mentre tirava un nuovo e profondo sbuffo di fumo dalla sigaretta ormai quasi alla fine “Il mondo è una merda come al solito, noioso e stupido. La gente non fa altro che continuare a vivere la propria vita, preoccupandosi dei proprio piccoli problemi insignificanti. Amore, casa, famiglia … E’ così patetico che mi viene voglia di vomitare.”
“Baka” (“Stupido”, in giapponese, n.d.a.) disse l’altro, con un tono simile a quello di un padre che constata la testardaggine di un bambino “Quando la smetterai di farti avvelenare da questo cinismo? Che poi, puoi farla agli altri, ma io lo so, cosa vuoi veramente …”
James, per tutta risposta, buttò a terra il mozzicone della sigaretta ormai spenta, con un gesto meccanico, da automa, ed alzandosi in piedi, disse:
“Che te ne frega?” si sistemò la maglietta nera che portava e, spazzando via con la mano i piccoli residui di cenere e vetro che aveva ancora addosso, strinse convulsamente l’anello che portava sull’indice sinistro. Quindi aggiunse: “Non è più un problema tuo, mi risulta. Te ne sei tirato fuori, ed ora quello che faccio con me stesso sono cazzi miei.”
Si incamminò verso l’auto, guardando il cielo nero, senza stelle, così simile a lui, e così lontano da lui.
L’altro ragazzo lo guardò avvicinarsi all’auto, sempre con quel sorriso triste, alzò la testa e gli disse, a mezza voce e con grande sentimento:
“Sarai felice, un giorno. E’ vicino, lo sento. Ed io ci sarò sempre per te, mia piccola testa di cazzo.”
James lo guardò per la prima volta dritto negli occhi, e sentì una lacrima solitaria bagnargli il volto: una lacrima di rabbia e dolore, una lacrima che solo chi è mai stato tradito conosce.
Tirò su col naso, come un bambino, perché è così che si sentiva, e rispose:
“Me l’avevi già detto una volta, ma quando te ne sei andato è stato chiaro che erano solo puttanate. Non mi serve che qualcuno mi dica che starò bene, ormai non ci credo più. Ma soprattutto … non credo più in te.” Salì in auto con rabbia, sbattendo la portiera, e filò via sgasando e scappando il più velocemente possibile da quel luogo, da quell’incontro, da se’ stesso, mentre tutto il livore che aveva dentro gli dava la nausea.
Doveva scappare, doveva sfogarsi e dimenticare: doveva bere, e doveva farlo subito.
Il ragazzo sulla panchina si alzò, guardando l’amico di una vita che correva via con tutto quel dolore addosso e sospirò.
“Scusami…buon compleanno” disse, a bassa voce, e si voltò, scomparendo nell’oscurità crescente.
 
 
 
 
Nota dell’autore
Questo è il primo capitolo di una storia in realtà molto lunga che voglio portare avanti senza una cadenza da rispettare. Pubblicherò ogni capitolo mano a mano che mi verrà l’ispirazione, ma ci vorrà sicuramente molto tempo. E’ una cosa che voglio dedicare ad un caro amico che non c’è più, e per questo penso che ogni capitolo debba convincermi fino in fondo, prima di poter essere pubblicato. Vi ringrazio anticipatamente se la leggerete, è una cosa che dovevo fare.
Buona lettura e buona continuazione.
Lucifer
  
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