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Autore: EffeDeCapua    27/08/2013    0 recensioni
Elizabeth è tormentata dal suo passato tempestoso e burrascoso. Decide di cambiare vita e di dimenticare tutto ciò che l'affliggeva. Si trasferisce il più lontano possibile dal suo Paese natale. Nonostante questo il passato continua a perseguitarla, continua ad avere flashback su quelle notti in cui c'erano pochi spiragli di salvezza e la vita era troppo dura per essere vissuta. La sua infanzia era stata tutt'altro che rosea e serena, l'aveva segnata come una ferita profonda. E quell'infanzia era pronta a ripresentarsi al campanello della sua porta ormai facilmente penetrabile.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Dopo anni di straziante e duro lavoro da cameriera ,per ammucchiare un po' di soldi, posso andare via dalla periferia di Napoli. Ho comprato un biglietto e quando l'ho fatto ho provato una sensazione di sollievo, abbastanza piacevole, che non provavo ormai da anni, troppi. Un volo, senza scali, direzione Firenze. Nuova città, nuova vita. Prima di partire mi sono tinta i capelli, erano biondi e lucenti come l'oro; abbagliavano ogni persona che li guardasse con attenzione e li desiderasse, come se prendessero vita. Alla fine non mi dispiace molto era solo un colore di capelli. Ho dovuto rinunciare anche all'azzurro celestiale dei miei occhi, teneri e incantevoli, grandi e sfavillanti, che esprimevano dolcezza e compassione ma allo stesso tempo si mostravano potenti e incommensurabili. Erano uno spettacolo. Per fortuna il mio nome, Elizabeth, non è stato cambiato solo il mio cognome, mi chiamavo Elizabeth Leone ed adesso Elizabeth Paine. Bel cambiamento, considerando che i miei capelli sono neri, esprimono il mio stato d'animo, cupo ed impenetrabile e come se non bastasse anche gli occhi che ormai sono spenti, neanche uno spiraglio di luce. Finalmente arriverò tra qualche ora a Prato, un paesino vicino Firenze. Avrei preferito la macchina all'aereo ma non avevo abbastanza soldi e queste spese comportavano altro lavoro a Napoli; che poi il problema non è lavorare è Napoli. A ventidue anni mi ritrovo in un aereo aspettando ansiosamente di atterrare e di ricominciare una nuova vita, se si può chiamare vita per quei ventidue anni. Poi alla fine una nuova vita non puoi fartela mai, anche se cambio identità, anche se andassi a vivere con i canguri in Australia; perché niente e nessuno può ridarti quegli anni di vita che hai perso, quei momenti che non hai colto, quelle risate che non hai fatto, quegli affetti che non hai avuto e quelle carezze che ti sono mancate, niente e nessuno. Appena atterrata. C'è un vento pazzesco ed io intanto muoio di freddo con la maglietta leggera. Cammino senza pesi, non ho bagagli. Ho solo una borsetta con all'interno qualche soldo per i primi giorni, mentre non trovo un lavoro di merda. Intanto vado a vedere la casa che m'hanno comprato, sarà uno schifo, i miei genitori adottivi sono dei pezzi di merda esagerati, oziano tutto il giorno e mi fanno fare tutti i lavori più ardui a me, io sono un po' come Cenerentola solo che non mi è mai spuntata una fatina del cazzo che risolvesse tutti i miei problemi con una bacchetta magica. Non le dò la colpa che non hai mai bussato alla mia porta, dò la colpa a Margaret e Lenny che sono dei genitori adottivi strafottenti e menefreghisti. Non mi hanno salvato la vita, me l'hanno rovinata ancora di più. Una bambina sola ed indifesa aveva solo bisogno di affetto e non di essere sfruttata. Questo appartiene al mio passato, ora voglio solo pensare al futuro, mi sono promessa prima di partire che non mi sarei mai più girata indietro ma avrei solo guardato avanti, avrei sperato in futuro prospero e sopratutto diverso. Prendo il tram per raggiungere casa mia, un molocale. Non mi aspetto di certo una villa con un giardino e rose rosse ma almeno un posto abitabile. La gente qui è frettolosa, salgono e scendono correndo dal tram, camminano sempre con quelle valigette nere dove di solito nei film mettono i soldi per il riscatto, insomma quelle lì. Io penso al monolocale. Come sarà? Potrò tappezzarlo di carta a fiori? Meglio le rose o le margherite? Magari lo dipingo. Ecco la fermata, scendo. Guardo il posto e rimango allibita, il posto è di merda quindi lo sarà anche il monolocale. La mia intuizione sul monolocale era perfetta, puzzava e non aveva neanche una finestra, dovevo aprire la porta a mio rischio e pericolo; era abitato da criminali spudorati, quelli con i tatuaggi grandi e le motociclette. Io li conosco bene quel genere di criminali, magari avessi avuto un fiuto anche prima, probabilmente non sarei qui a chiedermi perché la mia vita fa così schifo. È così: noi sappiamo le risposte ma comunque tendiamo ad ignorarle, perché ci farebbero stare ancora più uno schifo di quanto già stiamo. La cosa migliore era trovare subito un lavoro, stare più lontano possibile da quei delinquenti senza pudore. Decido di uscire per la città, più distante sto da quel monolocale e più il mio olfatto ne beneficia.
  
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