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Autore: lightoftheday    11/10/2004    0 recensioni
Jennifer è l’emblema della donna normale: non è belllissima, non è intelligentissima, non ha niente che la renda speciale o particolare. Ha quasi trentun anni, un lavoro stabile da segretaria, una vita senza scossoni, quella che ha sempre desiderato. Almeno finché il destino non ci mette del suo…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!

Grazie mille Artiglio, mi fa piacere che ti sia piaciuta così tanto questa storia, spero che non ti deluda la fine, con oggi praticamente la storia è finita, l’epilogo che posterò domani non è un vero e proprio capitolo.

Il titolo di questo capitolo vorrebbe rifarsi al capitolo numero otto, che s’intitolava “Dominic’s Lost”…è un particolare forse secondario, però volevo farlo presente.

Buona lettura! Mandy

 

Capitolo 45

Dominic’s return

 

Quando aveva risposto al citofono e aveva sentito che era Dominic, Jennifer si adoperò in una specie di azione di auto convincimento. Veramente era dal giorno prima, da quando lui l’aveva chiamata per chiederle di poter parlare, che pensava a cosa gli avrebbe detto quando ne avrebbe avuto l’occasione.

L’aveva aspettato sulla porta, con uno sguardo duro sul viso. La verità era che lo rivedeva mal volentieri, anche perché, scavando nei suoi sentimenti, aveva capito che ancora ci teneva a lui, anche se non lo voleva più. Del resto non poteva farsela passare in un momento, sapeva che ci sarebbe voluto tempo per dimenticarsi di Dominic. Intanto voleva togliersi lo sfizio di dirgli quello che pensava di lui.

Era stata contenta quando nel vederlo apparire in fondo all’ultima rampa di scale non aveva provato quel tuffo al cuore che in genere provava sempre ogni volta che lo vedeva arrivare. Inizialmente lui le aveva sorriso, lei aveva continuato a guardarlo senza mostrare particolare entusiasmo, così Dominic si era tolto il sorriso dalla faccia. Quando era stato vicino a lei l’aveva guardata un momento incuriosito.

- Che hai fatto ai capelli?- le aveva chiesto non riuscendo proprio a farne a meno.

- Non sono affari tuoi.- gli aveva risposto secca Jennifer.

Dominic era entrato un po’ in confusione. - Sì, scusami, non volevo… no, ma stai bene, davvero bene…-

- Che vuoi?- aveva tagliato corto lei.

- Parlarti un momento.-

- Per dirmi cosa?-

- Mi fai entrare un attimo?- le aveva chiesto speranzoso, non gli andava di parlare lì.

- No.- aveva risposto nuovamente secca Jennifer, nello stesso tono che aveva sempre usato in quel breve scambio di battute. Dominic cominciava a scoraggiarsi, soprattutto perché sapeva che se lei teneva quell’atteggiamento era perché aveva tutte le ragioni per farlo.

- Allora rimaniamo qui…- aveva detto incerto.

- Basta che ti sbrighi, non ho tempo da perdere.-

Dominic aveva guardato Jennifer con l’espressione di uno che è davvero in difficoltà, ma lei non si era smossa di un millimetro, non aveva la benché minima intenzione di farlo. Si era messo una mano sul collo, piegando il gomito dietro la testa, aveva guardato per terra; così in difficoltà Jennifer non l’aveva mai visto.

- In verità non ho niente di preciso da dirti, volevo sapere solo come stai…-

- Sto benissimo, e dato che tu non hai niente da dirmi di sensato o intelligente credo proprio che sarò io a parlare.- lo interruppe perentoria Jennifer.

Dominic deglutì, in un certo senso aveva intuito sin da quando aveva parlato con lei il giorno precedente che di certo Jennifer non l’avrebbe accolto molto bene. Era sicuramente la prima volta che la vedeva così, decisa e sicura di se stessa, questo purtroppo per lui non faceva che accrescere il suo interesse, ma anche il suo timore che di lì a poco sarebbe arrivata una secchiata d’acqua gelida nella sua direzione.

- In un certo senso dovrei ringraziarti, mi hai fatto capire una cosa, ovvero che devo guardarmi dagli stronzi montati come te. La cosa ridicola è che torni qui sperando che dopo tutto quello che è successo io ti accolga qui a braccia aperte, anzi, magari nel mio letto perché temo che sia l’unica cosa che ti è veramente interessata. Non posso proprio credere alla quantità di cazzate che mi hai propinato, il modo in cui ti sei sempre preoccupato per me…- fece una pausa e lo guardò bene, mentre l’espressione di Dominic era proprio quella di una persona che proprio non sapeva che dire.

- Sei quanto di peggio poteva capitarmi Dominic, veramente l’individuo peggiore di cui mi sono innamorata, mi è già capitato di stare con un paio di stronzi, ma almeno loro si sono rivelati sin dall’inizio, tu invece non hai fatto che prendermi in giro per fare il tuo comodo.-

Aveva smesso di parlare, ma Dominic continuava a tacere, più o meno con la stessa espressione smarrita sulla faccia. Jennifer ci aveva letto anche un certo dispiacere, ma non si sarebbe fatta fregare dal suo buon cuore quella volta. Il tempo della Jennifer buona e comprensiva era finito, adesso c’era la Jennifer forte, quella che prendeva il toro per le corna e non si faceva spaventare da niente e nessuno.

- Non dici niente? Allora buonanotte Dominic, e stammi bene.-

Stava per chiudere la porta quando Dominic l’aveva trattenuta per quanto gli era possibile.

- Aspetta un momento, per favore!- le aveva detto, ma Jennifer con una spinta decisa che Dominic non si aspettava si era richiusa la porta dietro senza nemmeno dargli il tempo di riordinare le idee.

Dominic, in un gesto di sconforto, aveva appoggiato la testa contro la sua porta, cercando di accusare il colpo. Stava pensando che ogni singola sillaba, di ogni singola parola, di ogni singola frase che Jennifer aveva pronunciato era così vera che faceva male pensarci.

Con lei era stato uno stronzo montato. Accidenti se lo era stato, veramente lo era stato con tutti. Dopo tutto quello che le aveva fatto, e le aveva fatto davvero tante carognate ignobili di cui non sapeva se mai si sarebbe perdonato lui stesso per primo, tornava là a chiederle chissà che. Effettivamente doveva riconoscere che non si meritava il suo perdono, non si meritava proprio niente da lei, nemmeno la minima considerazione.

Le aveva fatto credere che le interessasse sul serio stare con lei. Quello era perché per lui era davvero così, solo che era stato tanto stupido da non capirlo che pochi giorni prima di quel momento. Le era sempre stato a cuore che Jennifer stesse bene, che per lei fosse tutto apposto, forse anche troppo, cosa che teoricamente avrebbe dovuto fargli capire i suoi veri sentimenti.

Era quanto di peggio le era capitato. Sì, questo era decisamente possibile. Un egoista come lui era sicuramente quel che di peggio poteva trovarsi sulla strada di una persona generosa come lei, una che non gli aveva negato praticamente niente e che aveva cercato sempre di farlo stare bene.

Era vero anche che lui aveva fatto il suo comodo, verissimo, ma non era vero che l'aveva presa in giro, piuttosto forse aveva preso in giro se stesso e le aveva fatto del male anche se non avrebbe voluto, adesso pagava il conto della sua stupidità.

Era rimasto ancora qualche secondo a pensare a cosa fare, con la testa appoggiata contro la porta di Jennifer. La cosa più giusta sarebbe stata quella di scendere quelle scale, di andare verso la sua auto e di liberarla una volta per tutte dalla sua presenza; di fatto non voleva che finisse tutto così, con lui che non era stato neanche capace di dirle una volta per tutte che gli dispiaceva sinceramente.

Gli venne un’idea, forse era stupida, ma se non altro, se anche lei non l’avesse voluto ascoltare, almeno le avrebbe fatto arrivare i suoi pensieri in qualche modo. Immediatamente cercò quel foglio, era convinto di averlo infilato nel suo portafogli, lo trovò piegato dove l’aveva messo nemmeno molto tempo prima. Certo, così non poteva darglielo, Jennifer non avrebbe capito niente, gli occorreva una penna, ma a portata di mano non ce l’aveva. Ce l’aveva in macchina però, il problema si poneva per il fatto che se usciva dal portone poi non poteva contare sul fatto che Jennifer gli avrebbe aperto nuovamente la porta. Il problema si era posto quando, dopo essere sceso velocissimamente per le scale rischiando anche di cadere e rompersi l’osso del collo, Dominic per l’appunto aveva aperto il portone. Si era guardato intorno frettoloso ed aveva notato un pezzo di cartone da imballo che forse poteva fare al caso suo. Provò a vedere se appoggiandolo per terra tra la porta e lo stipite riusciva a mantenere il portone aperto, fortunatamente la sua auto era parcheggiata molto vicina, riuscendo nell’esperimento fece una corsa riuscendo in pochi secondi a prendere la penna. Quindi, sempre di corsa, era tornato dentro il palazzo, aveva preso le scale ed era arrivato nuovamente al quarto piano, davanti alla porta di Jennifer.

Per un momento aveva cercato di riprendersi dal fiatone, quindi si era seduto sul secondo gradino, appoggiandosi come piano di scrittura al primo.

 

Non ci aveva certo pensato che Dominic potesse essere ancora lì, Jennifer si era messa nuovamente ad occuparsi dei suoi affari, anche se non l’aveva fatto certo con la mente sgombra e il cuore leggero. Aveva acceso pigramente la televisione, come al solito non davano niente di interessante, alla fine aveva optato per una sit com che sembrava meno peggio delle altre cose che trasmettevano. Ad un certo punto era stata distratta da Sploffy che stava raspando con le zampette e le unghiette contro la porta all’ingresso. Non era un comportamento comune, Jennifer si chiese immediatamente da cosa dipendesse. Si era alzata giusto in tempo per vedere che il gattone stava strascinando nell’appartamento un foglio di dubbia provenienza. Quando aveva finito di portarlo dentro si era messo a giocarci, Jennifer però intuì che doveva essere qualcosa che di proposito era stata messa sotto la sua porta, lo aveva tolto dal pavimento e l’aveva aperto, già intuendo cosa potesse essere.

Era una calligrafia abbastanza comprensibile, decisamente particolare ma leggibile. In effetti l’aveva già vista, ma lì per lì non si era ricordata. Le n sembravano u rovesciate, la g era uguale alla q, non c’erano puntini sulle i. Non sapeva perché prima di leggere si era messa ad osservare questi particolari invece di concentrarsi su ciò che c’era scritto. Dopo qualche secondo lesse.

 

Che cosa ti piace? Mi sto sforzando di ricordarmi certe cose ma credo proprio di non saperle.

Qual'è il tuo colore preferito? La canzone? Il film?

E il cibo? Che cosa ti piace di più?

Dove sei nata? Una volta mi hai parlato di un posto in Nevada, ma non mi ricordo perché.

E i tuoi genitori? Che rapporto hai con loro? Com'eri da piccola? Hai fratelli o sorelle?

Come ti sei fatta quella piccola cicatrice sul braccio sinistro, quella appena sotto il gomito? Scommetto che c'è una storia dietro, non chiedermi perché, me lo sento!!

Il tempo del liceo... andavi bene a scuola? Sei andata all'università?

E che adolescente eri? Una di quelle problematiche oppure eri spensierata come un fringuello e magari avevi un sacco di fidanzati?

Ma di preciso, ma proprio di preciso, che lavoro fai? (Oddio come sto messo male!!!!!)

Perché ti trucchi così tanto? Sei carina la mattina quando ti svegli struccata. Veramente lo sei anche truccata.

Sei carina anche mentre dormi... che cazzo c'entra? Qui solo domande! Niente considerazioni.

Mi piace un sacco quando cominci a muovere il piede di scatto quando stai seduta, è una cosa che fai come un riflesso incondizionato oppure la fai quando sei nervosa?

Non sei una che si arrabbia spesso, come fai? A essere così buona, intendo.

Come fai a vedere sempre il buono nella gente?

Una volta o l'altra dovrò chiederti com'è andata quando ci siamo conosciuti, perché mica mi fido tanto di quello che racconta quel bastardo di Jonathan!

Ma una come te, che ci trova in uno come me?

 

Con un’altra penna, ma sempre chiaramente scritto con la stessa calligrafia, c’era un altro appunto.

 

Veramente non volevo che leggessi questo foglietto, era solo una specie di appunto per me stesso, l'ho scritto sull'aereo mentre tornavo, per fare pace con il mio cervello, eravamo in guerra da troppo tempo! Sono solo delle stupide domande, solo alcune di quelle che vorrei farti.

Volevo solo che tu sapessi che mi sono chiesto queste cose, veramente avrei dovuto già saperle, solo che quando avrei potuto scoprirle mi sembrava che invece non fossero importanti. Sono un coglione, lo so.

Se non vuoi rispondermi ti capisco, se pensi che sia tardi per chiederti queste cose hai ragione, è anche troppo tardi per dirti sinceramente che mi dispiace per tutto. Mi piacerebbe che mi perdonassi, ma se non lo farai ti capisco, per l’appunto non potresti mai perdonare, per usare le tue parole, quanto di peggio ti sia capitato e se fossi al posto tuo, per dirlo con le parole di una mia amica, mi sarei appeso per Lillo e mi sarei lasciato penzolare dalla tua finestra! Orribile pensiero!

Io ci provo... credo che rimarrò un po’ seduto sullo scalino davanti alla tua porta. Sono un tipo cocciuto, anche un po’ rompipalle!

Per favore, non chiamare la polizia! Se vuoi che me ne vado basta dirlo, anche se mi sa che mi prenderai a calci tu stessa, e credimi, te lo lascerei anche fare.

 

Ci volle qualche secondo per accusare il colpo, Jennifer d’istinto si avvicinò alla porta e guardò fuori dallo spioncino. La luce era spenta, ma aveva scorto i contorni della figura di Dominic, seduto sul primo gradino delle scale.

Aveva ragione lui a dire che non l’avrebbe perdonato, per lo meno di certo quello non bastava. Tuttavia, se Dominic voleva metterla nella condizioni di rimanere quantomeno incuriosita da quell’improvviso cambiamento di rotta, l’intento era riuscito.

Immediatamente Jennifer aveva appoggiato il foglio sul mobiletto all’ingresso e si era allontanata, rimettendosi seduta in soggiorno e incominciando una vera e propria lotta con se stessa. Non aveva potuto impedirsi ad intervalli più o meno regolari di andare a sbirciare dallo spioncino, lui non accennava a volersi togliere di lì.

Così era passata più di un’ora.

Jennifer ormai aveva scandagliato ogni singola parola scritta su quel pezzetto di carta: alcune cose l’avevano fatta ridere, quel biglietto rifletteva esattamente la natura di Dominic, uno che proprio non poteva cercare di tirare fuori anche solo per un momento l’ironia dalla sua vita.

Forse le andava di rispondere a qualcuna delle sue domande. Fece passare un’altra mezz’ora, che Jennifer aveva passato interamente accanto alla porta, sbirciandolo. Poi lo fece.

Aprì la porta piano, Dominic, che era rimasto al buio per tutto quel tempo, fu investito dal fascio di luce che la porta aperta aveva lasciato uscire. Si alzò di scatto in piedi, girandosi e rimanendo faccia a faccia con Jennifer. A dire la verità non ci sperava più che lei uscisse, ma il fatto che non fosse uscita per cacciarlo a pedate gli aveva dato speranza. Lei si era tolta uno dei sandali che portava e l’aveva messo tra la porta e lo stipite, perché non si richiudesse alle sue spalle lasciandola fuori casa.

- Blu. Il mio colore preferito è il blu, con tutte le sue gradazioni. It’s a Hard Life, dei Queen, la mia canzone preferita. Loro sono anche il mio gruppo preferito. La finestra sul cortile, Hitchcock, ma sceglierne uno solo di film è riduttivo.-

Detto questo aveva fatto pochi passi, si era seduta sul gradino dove fino a qualche secondo prima era rimasto seduto Dominic, lui si era seduto nuovamente accanto a lei.

- Mi piace la cucina italiana, mi piace la pasta. E i dolcetti di mia zia Lucy, in qualsiasi modo siano fatti, sono conditi d’amore e d’affetto, per questo hanno comunque un buon sapore.-

Dominic le aveva sorriso, non aveva proferito parola, aveva appoggiato i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle braccia, mettendosi all’ascolto.

- Sono nata a Spring Creek, in Nevada, il 15 giugno del settantatre. Sono vissuta là fino a sei anni fa, poi mi sono trasferita qui, e non è stato bello, è stato solo utile. Lasciai il mio ragazzo di allora, stavamo insieme da quasi nove anni, praticamente ci saremmo dovuti sposare, ma non mi andava l’idea di diventare una mamma e una moglie e basta, come si pretendeva da me. Avevo fatto un corso da segretaria, perché io faccio la segretaria per un commercialista se la cosa non ti fosse ancora chiara…- dicendo questo guardò Dominic con uno sguardo lievemente accusatorio, l’altro le sorrise imbarazzato.

- Grazie al padre di un amico di mio cugino sono riuscita a farmi assumere in quello studio, dapprima lavorando dove capitava, poi per il commercialista per cui lavoro da cinque anni, uno stronzo che si diverte a torturarmi ogni giorno che Dio regala al mondo.-

Jennifer si era interrotta per un momento, non sapeva se andare avanti, Dominic la stava guardando.

- Continua, per favore.- le chiese, Jennifer quindi fece come lui le aveva chiesto.

- Sono figlia unica, ho un pessimo rapporto con mia madre. Lei è una che pensa solo alle apparenze, non le è mai importato niente di me. Io sono sempre stata bravissima a scuola, specialmente in matematica e chimica, avrei potuto ottenere una borsa di studio per l’università, ma lei mi ha tassativamente impedito di farla, diceva che per una donna, una come me soprattutto, era inutile, tanto io presto, non appena il mio ragazzo di allora si fosse laureato, mi sarei sposata e ulteriori studi non mi sarebbero serviti a niente. Non la perdonerò mai per questo. Per tre anni ho fatto la cameriera in un ristorante, fortunatamente mi ha appoggiata mio nonno in quel caso, mia madre non voleva assolutamente, lui invece diceva che lavorare mi avrebbe fatto bene, mi avrebbe aiutata a capire la vita e il valore dei soldi guadagnati con il proprio lavoro. Con quello che ho guadagnato mi sono pagata il corso da segretaria che ho frequentato di nascosto spalleggiata da mio cugino. Non ho fratelli, ma Bill è come se lo fosse. Quando mi sono trasferita a Los Angeles mia madre mi ha tolto la parola per quasi un anno intero, fu mia zia a rimettere le cose apposto. La famiglia di mia madre è assolutamente patriarcale, mio nonno era il sovrano assoluto contro cui non c’era mai da discutere, la sua parola, fino al giorno in cui è morto sette anni, fa è stata legge; è stato lui che ha fatto sposare mio padre e mia madre praticamente per forza, mia madre è rimasta incinta a diciott’anni. Con mio padre all’inizio era cominciata per amore, poi in quella casa hanno finito per distruggere anche lui. Era, o forse è, non lo so se è ancora vivo, un bravo avvocato, non lo vedo da ventidue anni. Una mattina mi ha accompagnata a scuola e poi non è tornato a riprendermi. Da una parte, con il senno di poi, forse ho capito che cosa l’ha spinto a farlo, dall’altra non lo perdonerò mai di avermi abbandonata, ero solo una bambina e ho pensato che non mi avesse mai voluto bene. Era l’unica persona che mi capiva in quella casa, quegli anni sono stati terribili, almeno finché non me ne sono fatta una ragione.-

Qualcuno aveva visto bene di aggiungersi al quadretto, Sploffy si doveva essere svegliato e aveva notato che qualcosa di strano era successo, era uscito passando sopra il sandalo di Jennifer ed era andato a strusciarsi contro la schiena di Dominic, per poi fare il giro e salirgli sulle ginocchia, come il suo solito.

- Ciao bello, sei venuto a sentire anche tu?- gli aveva detto Dominic mentre aveva preso a grattargli la testa, Sploffy rispondeva facendo le fusa. Quindi aveva rimesso gli occhi su Jennifer, che aveva continuato.

- I miei anni del liceo sono stati normali tutto sommato, non ero brava in ginnastica, per niente, il che era penalizzante, ma me la cavavo in altre cose. A sedici anni mi sono messa con Robert, eravamo come si suol dire la coppia perfetta: lui il rampollo di una famiglia di industriali, suo padre ha un’industria tessile nei pressi di Carson City, io ero una gentile ed innocente fanciullina, molto carina a quei tempi che non fa mai male, proveniente da una delle famiglie più in vista di Spring Creek. Certo, mio padre era l’unica macchia del mio curriculum vitae, era un disgraziato a detta di tutti, che aveva lasciato mia madre chissà perché, ma fortunatamente per la reputazione della famiglia e di mia madre poco importava alla gente. Sai, la reputazione a Spring Creek è tutto. Io e Robert eravamo la coppia perfetta anche perché io stavo zitta e lui era quello che decideva, le donne devono essere necessariamente così a Spring Creek: io ero il suo cagnolino, lo sono stata per quasi nove anni, poi ho capito che così facendo mi sarei solo rovinata la vita. Non ho mai voluto che la mia esistenza si riducesse ad essere quella, volevo di più. Non che l’abbia ottenuto, fare la segretaria non è tutto questo granché, lo riconosco, ma almeno vivo tranquilla e soprattutto come voglio. Più o meno questa è la storia della mia vita… almeno i punti salienti, quello che volevi sapere.-

Dominic era estasiato. Solo in quel momento si era reso conto che si era effettivamente perso tanto di lei, quanto non si sarebbe mai potuto immaginare: non era una bambolina, non era una stupida, non lo era mai stata. Era una donna forte, che era stata capace di lasciare gli affetti e una vita che seppur sicura sapeva che non l’avrebbe resa felice. Doveva essere stata una decisione difficile, l’aveva presa però, e l’aveva portata infondo con tenacia. Forse i suoi sogni Jennifer non li aveva realizzati, ma non si erano avverati nemmeno i suoi incubi. Viveva a modo suo, non chiedendo aiuto a nessuno provvedeva a se stessa e lo faceva nel migliore dei modi. Solo adesso Dominic vedeva la sua forza, la sua tenacia, la sua vera intelligenza, quella che a prima vista poteva essere nascosta da quell’alone d’ingenuità, dal fatto che sembrava sempre così indifesa e un po’ facile, con il suo trucco marcato e i suoi vestitini corti, i suoi fantastici vestitini corti, Dominic li adorava.

Jennifer era una che al momento giusto sapeva combattere, e sapeva tirarsi fuori dalle brutte situazioni, come forse lui stesso non avrebbe mai saputo fare.

Continuarono a lungo a parlare, a bassa voce dato che erano per le scale, con Sploffy sulle ginocchia di Dominic che dopo un po’ si era addormentato tranquillo. 

Avevano ripercorso episodi della loro vita e avevano riso insieme, Jennifer tuttavia non aveva di certo abbassato la guardia: si era seduta abbastanza distante da Dominic, l’unica volta in cui si erano sfiorati era stato casualmente, Jennifer aveva fatto una carezza a Sploffy e aveva incrociato la mano di Dominic. Per lui quel momento era stato il massimo.

Delle altre domande, quelle che Dominic aveva scritto su quel foglio in aereo, avevano finito per non parlarne molto, Jennifer gli raccontò soltanto come erano andate le cose la sera che si erano conosciuti, il racconto fece sovvenire alla mente di Dominic tanti particolari di quella sera che nella sua memoria era immersa negli effluvi dell’alcool, era stato esilarante quel racconto.

Alla fine, data l’ora tarda, Jennifer si decise a concludere la serata, lei la mattina dopo doveva essere a lavoro, fortunatamente era venerdì.

- Se non hai altre domande sarà l’ora di andarcene a letto.-

- Veramente ne avrei una.- aveva risposto Dominic deciso.

- Dimmi.-

- Ci usciresti con me domani sera? Ho bisogno di un’accompagnatrice per un’occasione particolare.-

- Credo che tu ti stia allargando un po’ troppo!- rispose Jennifer con un leggero tono di rimprovero nella voce.-

- E dai, per favore! Una cosa innocente, ti sto solo chiedendo di accompagnarmi in un posto, nient’altro! E poi se non ci vieni tu con me ci vado da solo, non ci porterei nessun altra, e andarci con la mia pubblicista è proprio brutto! Poverina, comprendila, è costretta a lavorare con me, se le impongo anche di accompagnarmi a questa occasione potrebbe avere un tracollo nervoso. Se non vuoi farlo per me, fallo per Penny, ti sarà immensamente grata! Ti sto chiedendo un’opera di bene!-

Jennifer si era alzata, aveva recuperato il suo gatto e si era rimessa il sandalo al piede, quindi era rientrata nell’appartamento, senza chiudere la porta. Si era affacciata.

- Vedremo. Buonanotte Dominic.-

Di certo non le aveva dato il sicuro, ma per Dominic quel vedremo era più di quello che si sarebbe mai potuto aspettare.

Con addosso quasi cinque ore di macchina, nove d’aereo e un bel po’ di fuso orario, aveva finalmente sceso quelle scale. Eppure non aveva voglia di dormire, affatto. In quel momento dormire era la cosa più stupida che gli poteva venire in mente di fare.

Era tornato a casa sua, si era fatto un’altra doccia canticchiando più per fare qualcosa che perché ne avesse realmente bisogno, quindi era andato a letto ma non aveva dormito nemmeno cinque minuti, si sarebbe messo a saltare per scaricare l’adrenalina se avesse potuto. Tuttavia, non era cosa da farsi razionalmente parlando. E il cervello, l’esperienza insegna, va sempre usato.

La mattina dopo aveva chiamato il suo manager, per dire che c’erano buone possibilità che al party per la presentazione del dvd della versione estesa del Ritorno del Re che ci sarebbe stato la sera successiva ci sarebbe andato con una donna.

- Cosa vuoi fare? E’ fuori discussione che tu faccia una cosa simile!- gli aveva detto il suo manager.

- La mia, caro Nigel, è una decisione insindacabile, non si discute! E più gente la vede, più sono contento! Lo devono sapere tutti che io sono totalmente e irrimediabilmente cotto di lei!-

Il suo manager dall’altra parte aveva sospirato.

- Con te non si può discutere! Tanto fai sempre quello che ti pare!-

   
 
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