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Autore: queerzay    27/08/2013    8 recensioni
Louis ha passato tutta la vita ad aspettare.
Non sa nemmeno lui cosa.
Forse ha aspettato lui.
Ha aspettato lui con i suoi mormorii sconnessi, con i suoi 'ehm' e con le sue fossette.
Forse ha aspettato i suoi sorrisi, la sua voce roca, il sopracciglio inarcato e le centinaia di anelli.
Ha aspettato lui per i suoi 'ti amo' e per gli 'andrà tutto bene', per i film romantici e le litigate.
Perché è stato questo che ha fatto, no?
Lo ha asettato.
Lo sta aspettando ancora, anche se non arriva.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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larry os Alone is no together.


If I'm alive, 
then where's my soul?

- Alone is no together, The Darling Buds.



Louis si rigira nel letto, le gambe incastrate tra le lenzuola, e sospira. 
Darcy è accovacciata contro il suo fianco e ha tirato su le coperte, nascondendone all'interno parte del viso. 

Louis si gira nuovamente, stavolta su di un fianco, e circonda la bambina con le braccia, accarezzandole i capelli.
Ma non trova le braccia che vorrebbe, né il suo corpo.
Sente solo un corpo troppo piccolo ed estremamente fragile.
Non le spalle larghe, non il torace ampio, non le braccia a cui è abituato.
Nessuna figura confortante accanto a sé, nessun punto di riferimento.
Solo Darcy.
Solo una bambina.
Non un uomo, non il suo uomo.


"Papà, perché papà ultimamente sembra così triste? Cos'è successo? Non ci vuole più bene?"

A quelle parole, Louis si sentì morire, perché se se n'era accorta addirittura Darcy, le cose stavano prendendo davvero una brutta piega. 
Restò in silenzio, accarezzandole i capelli e dandole un bacio sulla fronte. 



Louis guarda Darcy, e pensa di non aver mai visto una bambina più bella. Entro poco compirà otto anni. 

Entro poco sarà grande. 
Finirà le elementari, poi le medie, le superiori, e gli sfuggirà di mano, come gli è sfuggito di mano Michael.
Come gli sta sfuggendo di mano la sua vita.
Come gli sono sfuggiti di mano i baci rubati, le parole mormorate all'orecchio, gli appuntamenti al buio.
Come gli sono sfuggite di mano le lettere, inchiostro su carta; le parole, le sue parole, uscite di bocca.
Come gli è sfuggito di mano lui.


"Papà, perché la gente vi odia? Cosa avete fatto di male?"

Louis prese per mano Darcy e la issò sul muretto accanto al quale camminavano.
Guardò la bambina negli occhi e si sforzò di sorriderle.

"Non ha importanza quello che dice la gente. L'importante è quello che pensate tu e Michael di noi. Tu cosa pensi?" le chiese Louis, sedendosi a sua volta sul muretto e lasciando le gambe a penzoloni. 
La bambina indicò un unico, solitario fiore che spuntava dalla roccia. 
Lo accarezzò con il dito e socchiuse la bocca, poi sorrise.

"Voi siete come questo fiore. Siete diversi da ciò che vi circonda, ma siete anche più belli."
Darcy sfiorò la roccia grigia e disconnessa, poi continuò a parlare.
"Vedi? Questa è fredda, dura, è uguale dappertutto. Voi no, voi siete diversi. Io vi preferisco così."

Louis sorrise e prese in braccio la bambina, posandole un bacio sulla fronte. 


Darcy borbotta qualcosa nel sonno e tira un paio di calci, agitandosi. 
Louis resta immobile per paura di svegliarla, si limita ad accarezzarle i capelli, come fa sempre, e ad aspettare che si calmi. 
Aspetta.
Ha aspettato tutta la vita, e ancora una volta si ritrova ad aspettare.
Aspettare il week-end, aspettare l'estate, aspettare lui.
Louis ha passato tutta la vita ad aspettare.
Non sa nemmeno lui cosa.
Forse ha aspettato lui.
Ha aspettato lui con i suoi mormorii sconnessi, con i suoi 'ehm' e con le sue fossette.
Forse ha aspettato i suoi sorrisi, la sua voce roca, il sopracciglio inarcato e le centinaia di anelli.
Ha aspettato lui per i suoi 'ti amo' e per gli 'andrà tutto bene', per i film romantici e le litigate.
Perché è stato questo che ha fatto, no?
Lo ha asettato.
Lo sta aspettando ancora, anche se non arriva.


Harry era rivolto verso i fornelli, indaffarato e concentrato su ciò che stava cucinando. 
Louis si avvicinò e lo abbracciò da dietro, appoggiando il capo sulla spalla dell'uomo. 
Chiuse gli occhi e inspirò il dolce profumo che Harry emanava.
Lo sentì irrigidirsi non appena le proprie labbra si avvicinarono al suo orecchio.

"Ho voglia di stare con te, Haz" mormorò piano Louis, sfregando il proprio naso contro la stoffa ruvida del maglione che portava l'uomo.
"Ma siamo insieme, Lou" replicò il riccio, rilassandosi leggermente e fissando il ripiano della cucina. 
E Louis non potè fare a meno di notare che Darcy aveva ragione: Harry era davvero triste.

Louis chiuse gli occhi e cercò di non pensarci. "Non in quel senso, Harry."
Lui sembrò capire e tornò a irrgidirsi, probabilmente pensava che Louis non se ne accorgesse, ma Louis se ne accorgeva, eccome. 
Come si accorgeva del suo comportamento freddo e distaccato, e di tutte le parole non dette. 

La voce di Darcy lo fece sobbalzare e voltare verso la porta. 
"Papà?" disse la bimba, rivolta a Louis. 
Harry gli diede una gomitata e lo allontanò frettolosamente, tornando a concentrarsi sui fornelli. 
Louis lo guardò con tristezza. 
Harry non si era mai comportato così, non lo aveva mai allontanato in un modo così rude, quasi violento, come se non volesse che Darcy vedesse.

"Dimmi tesoro" scoccò un'altra occhiata ad Harry, prima di spostare definitivamente la sua attenzione sulla bambina. 
"Puoi venire un momento? Non riesco a capire una cosa dei compiti."
Darcy in quel momento pareva uno di quei palloncini che si vendevano nei parchi. 
Non un palloncino gonfio, però, ma uno che si era appena sgonfiato, liberato da tutta l'aria che conteneva all'interno. 
Louis andò in camera con lei e si sedette alla scrivania della bambina. 
Aveva otto anni, e aveva regalato a Louis i sei anni migliori della sua vita.

"Cos'è che non capisci?" le chiese, guardando la pagina su cui era aperto il libro. 
Darcy lo chiuse e guardò l'uomo con un'espressione fin troppo seria per una bambina della sua età.

"Perché papà non ti bacia più? Lo volevi baciare prima, vero? Io non sono Michael, potete tenervi la mano, davanti a me."
Louis sentì il suo cuore scaldarsi a quelle parole, e rivolse alla bambina un sorriso dolce.
"Lo sappiamo che non sei Michael, topo. Non sei tu il problema, papà è solo stanco."
Darcy accarezzò la guancia di Louis, seguendo il percorso della barba, e fissò i suoi penetranti occhi verdi in quelli del padre. 
"Di cosa è stanco? Di noi?"

Louis si sforzò di sorridere e voltò il capo, affinchè Darcy non vedesse le lacrime che gli inondavano gli occhi. 
"No, non di noi. Degli altri."



Darcy sta ancora parlottando nel sonno. 

Louis sente ripetere sempre gli stessi nomi, sempre gli stessi versi sofferenti che escono dalla sua piccola bocca. 
"Papà" dice ad un certo punto. 
Louis volge gli occhi verso di lei, pensando che lo stia chiamando, invece la bambina sta ancora dormendo. 
La lascia andare e si sdraia supino, guarda il soffitto, mentre i mormorii di sua figlia gli penetrano nella pelle come aghi acuminati. 
E' solo.
Non ci sono le sue grandi mani intrecciate alle proprie dita.
Non ci sono le sue labbra a confortarlo e ad incoraggiarlo ad addormentarsi.
Non ci sono i suoi occhi verdi, quegli occhi che Louis ha guardato così tante volte da poterli conoscere a memoria.
Non ci sono le sue guance pallide, le labbra arrossate, i ricci che si agitano.
Non c'è niente.
E Louis per un momento si chiede come farà ad andare avanti così.



"Perché non mi parli più, Harry? Perché mi ignori? Dove te ne vai tutte le sere?" 
Louis credette che quelle domande fossero le più difficili che gli avesse mai rivolto in quasi vent'anni. 

Harry sospirò e gli voltò le spalle, avvicinandosi alla finestra.
Poggiò le mani sul davanzale e guardò attraverso il vetro con uno sguardo perso, mentre Louis si sedeva sul letto e si mordeva nervosamente il labbro. 
"Io non ti ignoro" disse infine il riccio. 
Ritirò le mani all'interno delle maniche della felpa grigia che indossava e si strinse nelle spalle. 
Chiuse gli occhi, e Louis si alzò in piedi. "Sì, invece. Mi parli solo se sei obbligato a farlo. Quando è stata l'ultima volta che mi hai baciato? O l'ultima volta in cui mi hai preso la mano? L'ultima volta in cui ci siamo addormentati nello stesso letto, alla stessa ora? Da quanto tempo torni a casa ubriaco e vieni a dormire, ignorandomi completamente?"

"Sono le tre di notte, Louis, non ho voglia di discutere ora."
Louis si avvicinò ad Harry e si appoggiò al muro, cercando i suoi occhi. "Dove sei stato?"
Harry scrollò le spalle e fissò il cielo buio. "Ha importanza? Ringrazia che non sono ubriaco."
La sua voce era dura e fredda, la stessa voce che per tanti anni il riccio aveva usato con i suoi genitori quando avevano appreso che era gay. 
Louis non avrebbe mai pensato che ci sarebbe stato un giorno in cui Harry avrebbe parlato in quel modo a lui. 
Fissò le labbra scure di Harry, e, senza pensarci un attimo, lo spinse contro il muro e lo baciò. 
E tutto fu fantastico per alcuni secondi, finché Harry non lo allontanò con uno spintone e uscì dalla camera. 
Louis sentì la porta d'ingresso sbattere, e sospirò. 
Una volta Harry gli aveva fatto promettere di non lasciarlo andare via.
Louis non sapeva più se poteva mantenere quella promessa, non sapeva se poteva ancora prendersi cura di lui.
Si buttò sul letto, e, quando fu certo che nessuno lo avrebbe sentito, si concesse di piangere.



Louis si volta a pancia in sotto e nasconde il viso nel cuscino, cerca di trattenere le lacrime. 

In quella posizione fa fatica a respirare, ma il materiale del cuscino attutisce i ripetuti "papà" che Darcy sta mormorando nel sonno.
Stringe tra i denti la federa, sentendone il sapore dolciastro.
Non c'è più il suo odore, nonostante il cuscino sia sempre lo stesso.
Il suo odore, il suo profumo.
Quello che Louis ha sentito così tante volte che è sicuro di poterlo riprodurre.
Quello che lo manda in estasi, che lo ha tormentato fin dl primo momento in cui l'ha sentito.
Quel profumo non c'è più.


"Papà, perché papà è così magro? Lui ha detto che è andato in palestra. Però non esce mai con il borsone."

La voce di Darcy era leggermente turbata nel dire quelle parole, e Louis avrebbe tanto voluto che non lo fosse. 
Desiderò di non aver mai adottato una bambina così sensibile e matura. 
Avrebbe voluto evitare a Darcy tutta quella sofferenza. 
Louis cercò il coraggio necessario per mentire a sua figlia per l'ennesima volta.

"Papà è stressato per il lavoro, tesoro."
Darcy lo guardò risoluta. "Dovrebbe smettere di lavorare se farlo lo fa stare così male."
Louis annuì leggermente e non potè fare altro che cercare di distrarre la bambina, proponendole di andare a fare un giro al parco.
E per quanto fosse riuscito a distrarre Darcy, lui non riusciva a non pensare ad Harry.
Non poteva evitare di notare le occhiaie, le guance incavate, le gambe magre.
Troppo magre.


Louis si volta e si sdraia nuovamente in posizione supina. 

Guarda il soffitto come se contenesse le risposte a tutti i suoi problemi, come se potesse in qualche modo aiutarlo. 
Sospira, si passa una mano sul viso e, sconfortato, e si alza in piedi.
Con un passo strascicato raggiunge l'armadio e lo spalanca.
Fa scorrere lo sguardo sui suoi vestiti: giacche eleganti e camice sono appese alle grucce che tintinnano piano, mosse dallo spostamento d'aria.
Richiude di scatto l'anta per aprire i cassetti, uno dopo l'altro, senza preoccuparsi del rumore che provoca quel gesto.
E finalemente lo trova, il cassetto delle t-shirt.
Ne tira fuori una tutta bianca e l'indossa, dopo essersi sfilato la sua.
A lui sono sempre piaciute le magliette di un unico colore, Louis invece ha sempre preferito quelle con le stampe.
Louis ama ancora le magliette con le stampe, quelle che hanno stampe significative, però.
Non impazzisce per le magliette di un solo colore, ma a lui sono sempre piaciute.
Questa ha ancora il suo odore.


Louis baciò Harry. 
E stavolta il riccio non lo respinse, anzi, lo attirò a se con un impeto improvviso che lo sorprese. 
Sentì le mani di Harry sui fianchi, che stringevano la stoffa della sua felpa scura. 
Louis infilò le mani tra i capelli di Harry e premette le sue labbra contro quelle del riccio, con più forza. 
Ma Louis sapeva che doveva approfittare di quell'attimo di debolezza in un altro modo. 
Afferrò il bordo della felpa di Harry e gliela sfilò velocemente, prima che questo potesse ribellarsi. 
Louis, gli occhi ancora serrati, chiuse le dita attorno ai polsi di Harry e lo spinse all'indietro, sul letto.
Sapeva già cosa avrebbe trovato, lì, nel comodino di Harry.
Lo aveva trovato quello stesso pomeriggio, cercando l'orologio digitale del riccio.
Era un biglietto di sola andata. 
Per Seattle.
Seattle.
Al di là dell'oceano.
Addirittura al di là dell'America.
Continuò a baciare Harry, le lacrime che spingevano per uscire e le palpebre che tentavano di trattenerle.
La mano di Louis si chiuse attorno al pomello del cassetto, poi cercò a tentoni il biglietto, tastandone la carta liscia.
Lo prese e lo strinse forte tra le dita.
Si allontanò leggermente da Harry, senza lasciarlo andare, e cercò i suoi occhi. 

"Perché?"
Nonostante Harry fosse intrappolato tra il materasso e il corpo di Louis, riuscì comunque a scendere dal letto.
Evitando prontmente lo sguardo di Louis, corse fuori dalla stanza, gli occhi lucidi. 
Louis sentì una porta sbattere, e si promise che non l'avrebbe lasciato andare, non anche questa volta. 
Dopo pochi secondi si ritrovò in corridoio, i pugni che battevano imperterriti contro la porta chiusa a chiave. 
Quando capì che era inutile, lasciò cadere la mano e appoggiò la fronte contro la porta.

"Perché non me l'hai detto?" domandò, le labbra che sfioravano il legno chiaro della porta.
La voce di Harry giunse a Louis ovattata quando disse: "Mi avresti odiato."
Louis scosse la testa e i suoi occhi si riempirono di lacrime. 
"Non potrei mai odiarti, Harry. Ci ho provato, ma non ci riesco. Sei la mia unica ragione di vita. Sei l'unico motivo per cui la mattina riesco ad alzarmi, l'unica persona che mi ha sempre sostenuto. Ho scelto te, Harry, perché ti amo. Ti amo più di me stesso. Come puoi anche aver solo pensato che io possa odiarti? Come puoi aver creduto che andare via e lasciarmi qui fosse la cosa giusta da fare? Tu mi completi, Harry. Sei la parte migliore di me, quando sono con te divento un'altra persona. Vorrei sapere come avresti potuto lasciarmi qui e andare dall'altra parte del mondo. Vorrei sapere perché, Harry. Perché?"

Louis sentì Harry reprimere un singhiozzo, al di là della porta.
"Non è forse ovvio, Lou? Mio figlio mi odia, i miei genitori mi odiano, la gente mi odia. Sono stanco, Lou. Ne vale davvero la pena? Io ti amo, ma mi fa così male. Tu mi fai così male, Lou."
"Perché non me l'hai detto prima, Haz?" mormorò Louis, la voce inespressiva. 
Era certo di non essere mai stato così male in tutta la sua vita, mai. 

"Ero spaventato, okay?" Louis notò che Harry si era messo sulla difensiva, segno che stava per cedere.
"Ti amo, Harry. Ti prego, apri la porta. Ho bisogno di fare una cosa."
Passarono vari secondi prima che Harry dicesse: "L'ho già aperta."
Louis abbassò la maniglia ed entrò in bagno, avvicinandosi ad Harry. 
Le lacrime scivolavano veloci sulle guance rasate e liscie dell'uomo, gli occhi verdi quasi rossi per il troppo pianto, i capelli scompigliati. 
Louis lo guardò per un momento e pensò che Harry Styles fosse la cosa migliore che gli fosse mai capitata. 
Poi si avvicinò a lui e lo abbracciò. Le mani di Harry strinsero forte Louis e la sua testa si nascose contro il collo dell'uomo.
"Ti amo, Harry" disse quest'ultimo, chiudendo le proprie dita attorno ai polsi del riccio e baciandolo.
Aveva promesso ad Harry che non l'avrebbe mai lasciato andare, ma adesso era lui, Harry, che voleva lasciare Louis.
Come aveva potuto permettere che Harry si riducesse a quello?
Come aveva potuto permettere che lui, il suo amore, decidesse di lasciarlo?
Di lasciare lui, Darcy e Michael?


Louis continua ad aprire e chiudere cassetti, finché non trova quello che contiene ciò che cerca.
Parole, lettere, segreti, una stilografica, fogli bianchi, fogli scarabocchiati.
Afferra un pacco fogli di carta, legati insime da uno spago, e inizia a slegare il nodo.
Le legge, una ad una, la parole della mente che precedono le parole della carta.
Se le ricorda, quelle parole. 
Quei pensieri nascosti ai genitori, la storia di un amore segreto e non permesso.
Si ricorda come gli tremava la mano ogni volta che si accingeva a scrivergli.
Come si sentiva teso ogni volta che abbandonava una nuova busta sul davanzale di Harry.
Avevano scelto la carta e l'inchiostro, perché si sarebbero conservate, prova del loro eterno amore.
Avevano scelto le lettere perché non sarebbero andate perse come i messaggi.
Avevano scelto le finestre e la notte perché i genitori non li vedessero, il silenzio e i baci rubati nei bagni della scuola perché i compagni non li scherniessero.
Avevano scelto le parole non dette, gli sguardi non dati, le carezze mai ricevute.
Avevano scelto tutto ciò perché avrebbero preferito morire piuttosto che deludere i loro genitori e i loro amici.
Avevano scelto tutto ciò perché il loro amore era forte.
Così forte da poter superare qualsiasi ostacolo.
Louis ricorda come ogni volta lo ripetesse a se stesso, sempre più spesso, sempre con maggiore frequenza.
Deve essere forte anche adesso.
Sospira e si volta per guardare fuori dalla finestra. 
Non ha tirato giù le tapparelle e le luci della città illuminano la stanza, creando chiaro scuri impressionanti. 
Darcy dorme tranquilla accanto a lui, nella metà del letto che solitamente occupa lui.
Quel pensiero gli fa stringere il cuore.



"Papà, i miei amici di scuola sono diventati cattivi. E anche i loro genitori. Dicono che avere due papà non è normale. Dicono che sono uno sbaglio."

Nel guardare Darcy, Louis sentì una stretta al cuore. Avrebbe fatto di tutto purché le fosse stato risparmiato tutto quel dolore.
"Mi dispiace tanto, tesoro" disse solo, gli occhi fissi sulla televisione spenta. 
Il cielo azzurro e senza nuvole si rifletteva nello schermo nero e regalava a Louis pensieri estremamente tristi.

"Non è colpa tua, papi. A me piace avere due papà, sono loro che non sanno cosa si perdono."
Louis sorrise.


Nella semi-oscurità che avvolge la casa, Louis lascia cedere sul pavimento le lettere, senza preoccuparsi di rimetterle a posto. 
Si alza e si dirige in cucina, la mani che tremano nonostante lui faccia di tutto per evitarlo.
Beve un bicchier d'acqua e va sul terrazzo, osservando il panorama. 

Milioni di luci si estendono nella vasta pianura e Louis non può fare a meno di pensare a tutte le volte che lui e Harry si sono baciati lì, proprio su quel terrazzo.
A tutte lo volte in cui hanno cenato insieme, solo loro due, ridendo e scherzando come non potevano fare in presenza degli altri.
Senza nascondersi, senza fingere, senza mentire.
Erano solo loro, Harry Styles e Louis Tomlinson, su quel terrazzo.
Solo loro due, Harry e Louis.
Harold e Boo.
Haz e Lou.



"Papà, guardiamo Shrek?"

Darcy tirò la manica della maglietta di Harry, cercando di attirare la sua attenzione.
"Certo, piccola" annuì, concedendosi un piccolo sorriso. 
Vedendo Harry sorridere dopo così tanto tempo, Louis non potè fare a meno di seguirlo a ruota.

"Lou, guardi Shrek con noi?" gli chiese Harry, sollevando la custodia del dvd e guardandolo negli occhi. 
Il sorriso di Louis si allargò e si avvicinò a loro. "Ma certo."

Così guardarono tutti insieme Shrek, poi andarono a letto. 

"Papà, posso addormentarmi con voi?" chiese Darcy.
 Sia Louis che Harry si voltarono verso la porta e guardarono la bambina, avvolta nel suo pigiama giallo, il pupazzo con cui dormiva stretto nella mano sinistra. Fu Harry il primo a parlare, dicendo: "Sì, vieni qui."

"Però voglio stare in mezzo!" esclamò la bambina. 
Louis la prese in braccio, sorridendo. "E va bene, starai in mezzo."

"Sìì!"
Louis in quel momento pensò di essere l'uomo più felice del mondo. 
Harry sorrideva di nuovo, e sua figlia anche. 
Non poteva chiedere altro nella vita. 
Darcy si accoccolò tra le braccia di Harry e strinse il suo pupazzo, poi scoppiò a ridere. 
Harry sorrise e guardò Louis, per la prima volta dopo tanto tempo. 
E anche Louis sorrise. 
Darcy ci mise pochi minuti per addormentarsi, Harry e Louis invece ci misero molto di più. 
Parlarono del più e del meno, come non facevano da tanto tempo, la mano di uno stretta in quello dell'altro. 
Parlarono finchè qualcuno non irruppe nella loro stanza.

Michael rivolse ad entrambi un'occhiata agghiacciante, prima di dire: "Scusate. Mi ero preoccupato perché Darcy non era a letto."
Louis si limitò ad annuire, Harry invece si voltò verso Michael e tentò un sorriso.
"Non mi guardare così, Harry."
Il sorriso di Harry si spense immediatamente non appena percepì il disgusto che si insinuava nella voce di suo figlio. 
Michael fissò le mani intrecciate dei due e fece una smorfia. "Mi fai schifo. Mi fate schifo tutti e due."

E sembrava fosse davvero così. 
Michael sbattè la porta e Louis ed Harry lo sentirono andare in bagno, a farsi una doccia e cambiarsi, ovviamente il più rumorosamente possibile.

Nè Harry nè Louis dormirono quella notte.
Harry pianse, Louis lo ascoltò piangere in silenzio.


Le lacrime velano gli occhi di Louis, gli scorrono veloci sulle guance, e lui non si preoccupa nemmeno di asciugarle. 
Si accende una sigaretta con fare esperto, date le tante volte che ha compiuto quel gesto.
Ormai le sigarette sono l'unica cosa che gli resta, insieme a Darcy e Michael. 

Forse un giorno non gli rimarranno più nemmeno loro. 
Forse lassù c'è qualcuno che si diverte a portargli via tutto ciò che ama di più.
Forse, forse, forse.
Da quando nelle orecchie non gli echeggia più la sua risata, non è più sicuro di niente.
Da quando non vede più i suoi occhi brillanti, non trova più ragione di guardare nient'altro, se non i suoi figli.
Da quando le mani non vengono più strette da quelle di lui, non c'è più motivo di toccare nient'altro.


"Papà, ieri Michel mi ha detto che appena compirò diciotto anni dovrò scappare di casa, perché anche lui farà così. Dice che non vede l'ora di essere maggiorenne per potersene andare. Dice che non dovrei volervi bene, che siete sbagliati. Per lui, l'amore che c'è tra di voi è sbagliato."

Con quelle parole, quel giorno, morì una parte di Louis Tomlinson. 
Il solo pensiero che non solo i propri genitori lo disprezzassero, ma anche il proprio figlio, gli fece davvero credere che non ci fossero altre ragioni per continuare a vivere, se non Harry e Darcy.

"Per te noi siamo sbagliati, Darcy?" le chiese Louis, con voce cupa e tetra. 
La bambina sembrò pensarci un momento, poi disse: "I genitori di Melissa stanno divorziando perché sua madre ha tradito suo padre."

Louis si chiese cosa ne potesse sapere una bambina di nemmeno otto anni riguardo a divorzi e tradimenti, me stette zitto, in attesa. 
"Tu non tradiresti mai papà, ne sono sicura. Voi vi amate molto di più di tutti gli altri, ma nessuno lo capisce. Sono troppo occupati a pensare a quanto tutto questo sembri sbagliato."

Le lacrime inumidirono gli occhi di Louis, che dovette mordersi il labbro e fissare lo stesso punto per svariati minuti prima di potersi riprendere. 

Voi vi amate molto più di tutti gli altri. 

Louis non pensava che qualcuno l'avrebbe mai capito. 
E, se lo pensava, non credeva di certo che ci fosse arrivata una bambina come Darcy.

"Perciò, no, non siete sbagliati. E' Michael che si sta sbagliando."
Louis si sentì in dovere di prendere le difese del ragazzo. 
"Non è colpa di Michael. Ricordati che ha avuto un'infanzia difficile e noi siamo subentrati nella sua vita quando lui era ormai grande. Deve ancora abituarsi a tutto questo."

Darcy si limitò ad annuire, fissando le mani del padre.


La frizzantina aria londinese invade la gola di Louis quando sospira per l'ennesima volta. 
Si allunga per afferrare una sigaretta e l'accende, fissando il giardino con aria nostalgica. 
E' il giardino in cui lui ed Harry hanno trascorso così tanto tempo, prima con Michael e poi con Darcy. 
Louis ha trentacinque anni, e sta con Harry da quando ne aveva diciotto. 
Hanno adottato Michael e Darcy lo stesso giorno, il bambino aveva nove anni, la bambina due.
All'adozione, Louis aveva ventotto anni, Harry ventisei.
Era novembre, se lo ricorda ancora.
Erano giovani, ma amavano entrambi i bambini; si sentivano pronti per un passo del genere.
Lo psicologo aveva detto che non ci sarebbero stati problemi per Michael ad avere due genitori omosessuali. 

Si era sbagliato. 
Michael ne ha di problemi, ad avere due genitori gay. 
Louis sa che a scuola i suoi compagni di classe lo prendono in giro per questo, sa che viene chiamato anche lui sbaglio, come Darcy. 
E si sente impotente.
Perché è sempre stato così, è sempre stato Harry a dargli forza.
Louis senza Harry non sarebbe andato avanti.
E' sempre stato lui quello debole, tra di loro.
Debole.


"Papà, perché hanno rinchiuso papà là dentro? Sta bene? Gli si vedono le ossa. E' per colpa di tutti gli esercizi che ha fatto?"

Louis guardò il dottore, poi spostò gli occhi su sua figlia. "Sì, tesoro, sono stati gli esercizi."
"Perché Michael non viene a vedere come sta papà?" chiese ancora Darcy, agitandosi sulla sedia.
"Michael ha da fare, adesso."


Louis getta la sigaretta giù dal balcone e si aggrappa al davanzale per non cadere. 
Non c'è più nessuno che lo aiuta adesso. 
Non c'è più nessuno che lo sostiene. 
Louis guarda le proprie mani mentre tremano ininterrottamente. 
La fede brilla sul suo anulare, e gli fa pensare a quando lui e Harry si sono sposati, in comune. 
Lo voglio, aveva detto Harry, con addosso lo smoking nero che gli metteva in risalto gli occhi. 
Si sono sposati giovani, lui e Harry. 
Louis aveva ventiquattro anni, Harry ventidue. 
Si sono sposati in luglio, Louis se lo ricorda ancora. 
Perché Louis ricorda tutto.
Ricorda anche che è stato il giorno più bello della sua vita, in assoluto.
Ricorda e dimentica.
Perché, prima o poi, dimenticherà.
Dimenticherà il suono della sua risata, l'esatto colore dei suoi occhi, il punto preciso in cui gli compaiono le fossette.
Dimeticherà la tonalità della sua voce e il modo in cui muove le mani, le battute pessime e il modo in cui sorride.
Dimenticherà tutto, perché è così che va a finire.
A forza di non vedere una persona, a forza di non sentirla costantemente, ci si dimentica di lei.
Anche se quella persona è stata importante, i dettagli si dimenticano.
Ma Louis non vuole, perché lui ama i dettagli.



Harry stava bene, adesso.
Il medico l'aveva dimesso qualche settimana prima, dopo averlo tentuto sotto controllo per una quindicina di giorni.
Scarsa alimentazione e dimagrimento da stress, aveva detto.
Mangiava poco e lavorava troppo.
Forse lavorava per non pensare, forse si stancava per non ricordare.
Louis salì l'ultimo gradino e infilò la chiave nella toppa.
"Harry, sono in casa!" urlò verso il corridoio, per poi andare in cucina.
Poggiò le borse della spesa e iniziò a svuotarle, dopo essersi tolto la giacca.
Una volta terminato il lavoro, raggiunse velocemente in camera.
Era impaziente di vedere Harry, di chiedergli come stava, di  sentire la sua voce.
Voleva baciarlo, abbracciarlo, sentirlo.
Voleva tornare a prendersi cura di lui come faceva un tempo.
"Harry!" gridò di nuovo, felice all'ennesima potenza.
Spalancando la porta della camera la sua espressione cambiò totalmente.
Il letto era sfatto, ma soprattuto vuoto.
Harry non doveva uscire, nè tantomeno alzarsi.
Era ancora troppo debole. Fragile.
Louis si precipitò in bagno, nella vana speranza che Harry fosse sotto la doccia.
Ma non sentiva il rumore dell'acqua.
Aprì la porta, e per la prima volta in vita sua capì cosa significasse avere paura.
Perché è questo che provò Louis quando vide Harry accasciato sul pavimento del bagno, le braccia sanguinanti.
Paura.


E ancora adesso Louis ha paura.
Paura che Harry scompaia per sempre, paura che lui, Louis, gli permetta di scomparire.
Getta un'ultima occhiata al panorama, poi torna in casa e si lascia cadere sul divano.
Volta la testa a destra, sapendo già cosa ci torverà.
Un piccolo tavolino in legno, e tanti ricordi.
Troppi.
Foto di Harry.
Harry sugli sci.
Harry seduto su una panca, dietro ad un tavolo apparecchiato, con lo sguardo perso fuori dalla finestra.
Harry e Louis sulla stessa panca, il braccio di uno sulla spalla dell'altro.
Una foto di Michael e Darcy quando erano 'piccoli'.
Una foto di Darcy sulla spiaggia, una di Michael ed Harry.
Un'altra in cui Harry ride, la bocca spalancata e gli occhi che brillano posati su Louis.
E Louis sembra urlare qualcosa, le dita strette tra i ricci di Harry e un'espressione scherzosa sul viso.
E' una foto vecchissima, e Louis sente gli occhi inumidirsi.
Così si alza, interrompendo il flusso dei pensieri, e corre in bagno.
Apre la porta, accende la luce.
Il suo cuore ha un fremito, un dolore lanciante che lo avvolge tra spire di fumo nere.
L'oscurità prende letamente possesso del suo cuore, della sua mente, del suo corpo.
Dopo avervi trovato Harry, usa sempre l'altro bagno della casa, quello con le mattonelle rosse.
Sa cosa gli provoca entrare nel bagno in cui ha trovato Harry quasi morto.
Un respiro profondo, e Louis è sdraiato per terra.
Un altro respiro, le sue dita si serrano attorno al tappetino azzurro, gli occhi si chiudono.
Lo sente, sente Harry.
Ha pensato milioni di volte che forse ai bambini farebbe bene un trasloco, ma lui non è pronto.
Non è pronto a lasciare Harry lì, a morire insieme all'odore di quelle stanze.
Non è pronto adesso, e mai lo sarà. 


"Papà, perché papà non torna a casa? Cosa gli stanno facendo all'ospedale? Sta così male? Ho sentito parlare di tentato suicidio. Cosa significa?"

Louis prese in braccio Darcy e ricacciò indietro le lacrime. 
"Papà sta tanto male, tesoro. Ha perso molto sangue e adesso gli devono fare una trasfusione."

Fu la prima volta che Louis disse come stavano realmente le cose. 
Gli occhi di Darcy si riempirono di lacrime. "Cos'è una trasfusione?"

Louis cercò di mantenere ferma la voce, senza tuttavia riuscirci. 
"E' quando devono darti del sangue perché nel tuo corpo ce n'è troppo poco."

Darcy impallidì. "E come fanno a darglielo?"
"Fanno un piccolo buchino qui" le spiegò Louis, posandole un dito sul braccio,"e poi il sangue entra."
"E che sengue gli mettono?"
Louis guardò il cielo per un momento, prima di rispondere alla domanda di sua figlia.
"Il mio."


Louis tossisce debolmente, gli occhi spalancati che fissano il soffitto. 
Sempre tossendo, si alza in piedi e torna in camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Darcy è tranquilla adesso, accoccolata su un fianco.
Un altro colpo di tosse.
Lo psicologo e il dottore gli hanno detto che dovrebbe smetterla con tutte quelle sigarette, ma lui proprio non ce la fa.
Non riesce ad andare avanti.
Harry è sempre stato il suo punto forte, e gliel'hanno portato via.
Può una persona anche solo soppravvivere, senza la parte migliore di se stessa?
No, e come potrebbe?
Harry si è portato via la parte migliore di Louis, perché Harry è la parte migliore di Louis.
Era, è, sarà, per Louis non è molto importante.
Sa solo che una parte della sua anima non c'è più.


Gli occhi di Louis si riempirono di lacrime quando vide arrivare Michael dalle scale. 
Darcy dormiva, sdraiata su tre sedie dell'ospedale, una coperta poggiata sul suo fragile e piccolo corpo.

D'un tratto Michael si mise a correre. 
Louis si alzò in piedi e tentò di bloccarlo, ma Michael continuava a divincolarsi, piangendo.

"E' colpa mia" gorgogliò solo, nascondendo il viso contro la spalla del padre. "E' colpa mia."
Louis cercò di tranquillizzarlo, abbracciandolo, ma Michael sembrava profondamente tormentato. 
"E' colpa mia" ripetè per l'ennesima volta, la voce roca per l'improvviso pianto.

Louis restò in silenzio, perché sapeva di non poter fare niente. 
Sapeva che Harry moriva ad ogni occhiata truce da parte del figlio. 
Sapeva che Harry teneva di più alla sua opinione che a quella dei propri genitori. 
Sapeva che voleva bene a Michael così come ne voleva a Louis. 
E sapeva che Michael non aveva torto, sapeva che parte della colpa era anche di suo figlio. 
Michael era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. 
Ma il vero problema era e sarebbe sempre stato Louis. 

La colpa era soprattutto sua.


"Papà?"

Louis volta il capo di scatto e vogle la sua attenzione sulla figlia, ma non è stata lei a parlare. 
Sulla porta c'è Michael, e i suoi occhi azzurri sono fissi in quelli del padre. 
Il ragazzo si passa una mano tra i ricci castani, così simili a quelli di Harry, e sposta il peso da un piede all'altro. "Posso dormire con te, stanotte?"

Louis si accorge con distacco che è da fin troppo tempo che Michael non lo chiama papà, e quando sente quelle quattro lettere pronunciate da suo figlio, per la prima volta dopo mesi, sorride. 
Un sorriso vero. 
"Sì" dice solo, scostandosi e lasciandoli un po' di spazio. 
Michael si sdraia accanto al padre, rigido. 
Louis sa che Michael ha avuto un'infanzia burrascosa, sa che l'amante di sua madre spesso usava picchiarlo. 
E' per questo che Michael ha sempre odiato sia lui che Harry. 
Sa che li ha odiati perché aveva paura che fossero come suo padre. 
Così Harry e Louis sono sempre stati estremamente attenti con lui. 

Louis allunga una mano e accarezza  i capelli di Michael, voltandosi a guardarlo. 
"Mi manca" dice il ragazzo, poi si volta su un finaco per poter abbracciare il padre. 
Louis lo stringe forte, più forte che può, e sopsira. 
Darcy si agita al suo fianco e borbotta qualcosa. 
Tira un paio di calci, prima di svegliarsi e di aggrapparsi al braccio di suo padre.

"Papà?"
Louis si volta verso Darcy, e circonda anche lei con un braccio. 
In quel momento, per la prima volta in vita sua, sente che anche Micheal gli vuole bene e che ha lasciato cadere la sua dura corazza. 
Il ragazzo poggia il braccio oltra la pancia del padre e afferra la mano di Darcy, intrecciando le grandi dita con quelle minute della sorellina.

"Sì?" dice infine Louis, prevedendo una domanda in arrivo.

"E' da un sacco che non mi porti a trovare papà. Oggi ci sono andata da sola.
Il dottore ha detto che la trasfusione non ha funzionato.
Che cosa significa? 
Si risvegierà mai il papà? 
Mi manca."


Le guance di Louis si riempiono di lacrime mentre cerca una risposta a quella domanda. 
Per quasi quattro mesi ha continuato a mentire a sua figlia.
Insieme a Micheal, ai propri genitori e a quelli di Harry.
'Papà sta molto male e non può vederti' o 'papà è con i dottori, adesso'.
Bugie, bugie, bugie.
File di bugie, parole ammassate e sconquassate, false e deplorevoli.
Tonnellate di 'è meglio che la bambina non sappia' chili di 'aumenterebbe il suo dolore'.
E adesso un dottore manda all'aria tutto, con una semplice frase.
Quattro mesi di dolore, di sofferenza, di parole non dette.
Quattro mesi così simili agli anni in cui è stato con Harry in segreto.
Louis cerca di dire qualcosa, ma gli si bloccano le parole all'altezza della gola.
Lo psicologo non fa altro che dirgli di aspettare per parlarne con Darcy, ma lui non può più aspettare.
Non adesso che Darcy ha scoperto parte della verità.
Le parole lottano per farsi strada e uscire dalla bocca di Louis, ma il suo corpo è così abituato a mentire che gli viene automatico combattere contro la verità.
Michael sembra capire la sofferenza del padre, perché inizia a sussurare qualcosa alla sorella, dicendole che non è il momento per parlarne. 
Ma Louis lo interrompe.

"Hai presente il fiore che spuntava dal muretto, Darcy?"
La bambina spalanca gli occhi e guarda il padre, un'espressione curiosa dipinta sul viso, poi annuisce.
"Papà ha sempre tantato di essere forte come quel fiore e di crescere da solo, in mezzo alla roccia, ma non ce l'ha fatta."
Louis cerca di mantenere la voce ferma, ma ha la costante paura di non farcela.
"Alcuni" riprende, lo sguardo fisso sul soffito, "dicono che Dio ami circondarsi di persone buone, ed è per questo che le desidera per sè prima del tempo."
"E' una cosa un po' egoiosta" commenta Darcy con un'espressione risoluta.
Louis scrolla le spalle e "Un po', forse" conviene. 
"In ogni caso, dicono anche che queste persone, una volta che Dio le ha prese con sè, diano il meglio di loro stesse. Siano più... brillanti."
Darcy stringe forte la mano del padre e gli poggia una mano sulla guancia, cercando di asciugare le lacrime.
"Quindi papà adesso è una stella?" chiede, la voce eccitata.
Louis sospira e annuisce stancamente. "Sì tesoro, più o meno."
Darcy guarda fuori dalla finestra. "Quindi lui da lassù vede tutto? Vede anche noi?"
"Sì, vede anche noi" replica a bassa voce l'uomo.
Darcy sorride, felice, e Louis poggia una mano sul suo cuore. 
L'uomo sente i veloci battiti e mordendosi il labbro pensa che non sentirà mai più quei battiti sul petto di suo marito. 

Louis guarda Darcy, e vede nei suoi occhi Harry. 
Poi guarda Michael e rivede Harry nei suoi capelli. 
Ha sempre pensato di aver scelto inconsapevolmente i due ragazzi perché avevano entrambi qualcosa che gli ricordava Harry. 
Non ha mai capito che non era necessario, perché Harry è dentro di loro, adesso. 
L'anima di Harry è rimasta intrappolata nel corpo di Louis, incatenata all'anima di suo marito. 
Perché Louis una volta ha fatto una promessa ad Harry. 
Harry gli ha detto di non lasciarlo andare, e Louis gli ha promesso che si sarebbe preso cura di lui. 
E Louis la sta ancora mantenendo, quella promessa, perché sa che Harry è ancora con lui, anche se non c'è. 
Harry è dentro Darcy, e dentro Michael. 
Ma, soprattuto, Harry è dentro Louis.
Perché sì, una parte dell'anima di Louis, la sua parte migliore, se n'è andata con Harry.
Ma una parte dell'anima di Harry, la sua parte migliore, è rimasta con Louis.
Ed è questo che permette a Louis di andare avanti.
Sono ancora insieme, anche dopo la morte di Harry.
Il loro amore è forte, e ha scavalcato anche questo.
Sono insieme, adesso e per sempre.





                                                                                                                 -



Faccio schifo.
Lo so, lo so, lo so. Vi prego perdonatemi.
Dovevo scrivere questa os o ne morivo.
Ho finito di scriverla alle due di sabato (non questo, quello scorso, ahah), ma la posto ora perché non avevo connessione prima.
Niente, è la prima os larry che scrivo, anche se sto lavorando ad una long, quindi vi prego di avere pietà.
Lo so che scrivo solo os in cui muore qualcuno, ma mi escono così.
Mi dispiace un po' per harry e per averlo reso un suicida, così come mi sento ancora in colpa per aver fatto morire niall nell'altra os.
Ma pace.
Ah, già, ringrazio chi mi ha messa tra gli autori preferiti (siete aumentate, wow!) e a tutte quelle che mi lasciano recensioni.
E a tutte le lettrici silenziose.

Bene, direi che ho detto tutto. Ah, no. 
Ascoltate alone is no together dei darling buds. 
Non so se avete presente jamie campbell bower, il ragazzo che farà jace nel film di shadowhunters (dio, domani vedrò quel film, cristo). 
In ogni caso la canzone è della sua band, e io la adoro, ahah :)

Bene, vado, e ringrazio in anticipo chi si fermerà a leggere,
ciao ciao :) xx

  
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