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Autore: Luci28    28/08/2013    2 recensioni
La storia d'amore di Lucifero e Celeste, arricchita di un po' di avventura e catapultata nella dura realtà di una Londra di fine Ottocento.
Celeste, appena trasferitasi nel quartiere, figlia di un ricco banchiere e Lucifero, un ragazzino di strada maltrattato da tutti, si incontrano. Una storia tenera, fatta di amicizia e di affetto. Un'amore che sboccia anche dove mai si sarebbe pensato...
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'amore va oltre...

 

 Capitolo 1

 

 

Celeste era per strada. Era una serata fredda. La pioggia cadeva fitta, quando, correndo per strada, a causa della mancanza di un ombrello, si era imbattuta in quel ragazzino.

Era seduto sui gradini della piazza. Senza un ombrello o la volontà di cercare riparo. Lei gli si era avvicinata, incuriosita da quell'ammasso di maglie tutte malconce. Lui le aveva sorriso. Solo uno sguardo da estraneo, eppure lei in quello sguardo aveva visto qualcosa. Qualcosa di profondo. Il dolore negli occhi di quel ragazzo si leggeva a prima vista e lui non sembrava più volerlo nascondere. Sembrava essersi arreso ad una vita così ostile.

 

-Chi sei? Perché non cerchi riparo?

 

La voce di Celeste era risultata troppo confidenziale per aver rivolto una domanda ad un estraneo.

 

-Mi chiamo Lucifero...Non m'importa se mi bagno...

 

Aveva una voce flebile, come se il troppo stare solo in silenzio gli stesse togliendo la capacità di usarla.

 

-Sei solo?

-Perché me lo chiedi?

 

Quel susseguirsi di domande spiazzò entrambi e alla fine Lucifero scosse il capo.

 

- Scusa...Dovevo rispondere...Si, sono solo...

-Non hai una famiglia?!

 

La voce di Celeste era esterrefatta, ma lei si rese conto ben presto di essere stata nuovamente troppo impulsiva.

 

- No, non ce l'ho...e non ho nemmeno amici...

-Quanti anni anni hai?

-14.

-Io 13...e a proposito, mi chiamo Celeste.

-Bene, Celeste.

-E per mangiare come fai ?

- Guadagno qualcosa con qualche piccolo lavoretto...

-Capisco...Vieni sotto il portico con me...? Almeno io non mi bagno...

 

Il ragazzino le sorrise. Si fermarono sotto il portico. Celeste tremava dal freddo.

 

- Stai tremando...vai a casa a scaldarti...

- E tu?

-Io resto a bagnarmi...

-Perché non cerchi di conoscere qualcuno?

-Non ho una bella reputazione...

- Capisco...Se ti succede qualcosa...intendo sei sempre solo, potrebbero farti del male e nessuno riuscirebbe a rintracciarti...

- Si, ma non mi rintraccerebbe comunque nessuno...

-Andrai pure a scuola?!...Loro ti rintraccerebbero...!

-Si, uno studente...!

 

Lucifero scosse il capo sorridendo triste.

 

- Sono lo studente migliore della scuola, sai...Soprattutto perché non frequento nessun corso...

-...!

 

Celeste si immobilizzò.

 

-Ma...

-No, niente ma...

-Non vai a scuola?! Ma come...

-Amo leggere e suonare...

-Come fai a saper leggere? E suonare poi? Cosa comunque? Sai suonare cosa?

- Tanto tempo fa mi imbattei nel proprietario di un locale...Sapevo appena qualche nota col pianoforte...Gli dissi che se mi avesse insegnato a leggere e scrivere e a suonare bene, avrei suonato ogni sera nel suo locale...Accettò...Avevo 5 anni...Rimasi con lui diverso tempo...Guadagnavo qualcosa e con quello acquistavo libri per studiare e leggere...Non sono un analfabeta se ti preoccupa...So un sacco di cose di scienze e di matematica...Adesso sto studiando da un libro di storia...Mi piace molto...E' questa la mia vita...Immagino che tu abbia una bella casa, dei bravi genitori e tanti soldi, vero?

-Beh...

-Non perdere tempo con me, non saremo mai buoni amici...

-E chi lo dice?

-Dico, ma mi hai visto bene?!

-...

-Dai, vai, che è meglio...

 

Celeste si guardò i piedi a lungo, poi si allontanò.

 

-Ciao!

-Si, ciao...

 

Celeste corse via. Era agitata. Quel ragazzino era così sfortunato! Forse sul serio non sarebbero mai potuti essere amici, ma magari invece si!

Arrivò a casa fradicia. I capelli castani sciolti e spettinati. Tremava tutta dal freddo.

 

-Oh,Celeste! Pensavamo ti saresti fermata da qualche amica!

 

La voce della madre la colpì come una folata di vento, ma lei non aveva voglia di parlare, così corse in camera. Sua madre scosse il capo, ma la lasciò stare.

 

Quegli occhi...Erano verdi, ma quasi trasparenti...Era bellissimo...Certo i suoi non avrebbero dovuto venire a conoscenza dell'esistenza di quel ragazzo, altrimenti non l'avrebbero più lasciata uscire da sola, ma lei sentiva che doveva stargli vicino. Lucifero era come un cucciolo smarrito e lei doveva dare sollievo a quel dolore celato nel suo cuore.

Sarebbe tornata da lui...sperando di trovarlo...

 

Celeste rifletteva. Gli occhi malinconici di Lucifero le fluttuavano nella mente e lei li ammirava come in un sogno. Poi si addormentò per davvero.

 

 

Capitolo 2

 

 

Il sole splendeva quella mattina. Faceva ancora piuttosto freddo, ma finalmente l'aria tiepida di Maggio si era fatta viva. La città era affollata e Celeste corse a scuola, in ritardo come sempre.

La mattinata passò in fretta. Quel giorno anche la rigida professoressa di scienze lasciò ai ragazzi del tempo libero, giustificato dall'arrivo ormai prossimo delle vacanze estive.

Celeste gliene fu grata, tuttavia il suo desiderio era rivedere Lucifero.

Chissà dov'è adesso? Pensò mentre si faceva la cartella, pronta per uscire dall'istituto.

Celeste affrettò il passo appena superato il cancello e ben presto si ritrovò a correre, guardandosi intorno nella speranza di trovarlo. E lui era lì. Sempre seduto sui gradini della piazza. Era raggomitolato nell'unico angolo ombroso dell'intero spiazzo.

Lei gli si avvicinò silenziosa. Quando gli fu accanto lo sentì piangere e per un momento esitò.

 

-Ciao...

-Oh! Sei tu...

-Si, va tutto bene?

-Certo.

-E allora perché piangi?

-Oh, non è niente...solo mi fa un po' male la schiena e poi...Non importa, sono affari miei...

-Dove sei stato?

-In giro...

 

Celeste gli si sedette a fianco posandogli una mano sulla schiena. Il ragazzo gemette.

 

-Ahi! Accidenti! Ti ho detto che mi fa male!

-Scusa...ma...Lucifero! Hai la maglia sporca di sangue!

-Non importa...è tanto tempo che è sporca...

-Ma questo è sangue fresco...!

-Ti ho detto che non importa, va bene!!?

-Lucifero, hai bisogno di aiuto?...

-Proprio no. Grazie comunque...

-Sei sicuro?

-Ho detto di no, sei sorda, forse?!

-...

 

Celeste rimase male per quel ingiusto maltrattamento, tuttavia provava dispiacere e preoccupazione per Lucifero. Forse stava davvero male!

 

-Senti, perché sei tornata?

-Vorrei diventare tua amica...

 

Lucifero la guardò a lungo. Un'espressione colpita gli si dipinse sul volto.

 

-Davvero?

-Ma si!

-Grazie...

 

Il ragazzino pronunciò quelle parole con una sincerità spiazzante per Celeste.

 

-Ma dai...!

-No, grazie davvero...Sei la prima persona che me lo chiede...

 

Una fitta attraversò lo stomaco di Celeste.

 

-Meglio tardi che mai, no?!

-Si...certo...

-...

-...

-Allora mi racconti qualcos'altro di te?!? Per esempio, perché hai la maglia sporca di sangue?

-...Oh, non ha importanza...

-Lucifero, perché?

-Sono arrivato in ritardo...

-Dove?

-Al lavoro...

-Lavoro? Quale lavoro? E cos'è successo? Spiegati?

-Il signor Miller non è molto buono...

-Che cosa ti ha fatto?

-Guarda se ci tieni, ma non accusarmi da averti fatto vomitare, poi...

 

Celeste lo guardò sconvolta. Gli si avvicinò con cautela e sollevò appena la maglietta. La lasciò ricadere subito stravolta.

 

-Lucifero, la tua...

-Non dirlo a nessuno, chiaro?

-Ma è grave! I miei se mi fosse successo mi avrebbero portata in ospedale...

-In ospedale?!

 

Lucifero sorrise.

 

-Mi capita un giorno si e uno no, altro che ospedale...Non muoio più ormai...Se sono sopravvissuto le prime volte...

-...Lucifero, i miei non ci sono, pensavo...Vieni a casa con me, ti sistemo un po'...tanto loro non tornano prima di cena...

-...Non la trovo una bella idea...

-Lucifero, potrebbero farti infezione...

-...Come vuoi, ma ti avviso: non sono mai stato in una casa di nobili...

-Dai, vieni...

 

La strada era soleggiata e Celeste era accaldata. Lucifero le camminava a fianco in silenzio.

 

-Non voglio che tu stia con me solo perché mi compatisci...

-Io non ti compatisco affatto!

-Spero...

 

Poi tra i due cadde di nuovo il silenzio.

Svoltarono a destra e poi a sinistra, infine ancora a destra. Sul finire della strada si intravedeva una bella villa.

 

-E' quella casa tua?

-Già...

-...

 

Appena entrato Lucifero si perse ad ammirare ogni singolo oggetto.

 

-Dai, insomma, non sono niente di speciale, muoviti piuttosto e fatti curare!

-Non sono niente di speciale??! Sono semplicemente straordinari!

 

Alla fine però lei lo prese per un braccio e lo trascinò in camera sua.

Poi, mentre lui continuava a guardarsi intorno, iniziò a fasciargli la schiena.

 

-Tieni...

 

La ragazza, che aveva terminato il lavoro, gli porse dei vestiti.

 

-Vestiti? Perché mi dai dei vestiti?

-Non vorrai continuare a girare sporco di sangue, no?! E poi mio fratello è...

-Mi dispiace. Comunque non voglio i suoi vestiti. Mi vado bene così, grazie...

-Ma dai!

-No, Celeste, grazie, ma non li voglio...sul serio...

-Come vuoi...se ti penti , basta che me lo dici...

-Grazie...

 

Lucifero abbassò lo sguardo, poi la campana suonò il mezzogiorno.

 

-Oh, no!

-Che c'è?

 

Lucifero assunse un'aria terrorizzata

 

-Lucifero che c'è?

-Devo andare...Sono già in ritardo...

-Sembri terrorizzato, che cosa c'è? Perché hai paura?

-...

-Lucifero???

-Oh, Celeste, proprio non capisci?! Sono in ritardo e se la prenderanno di nuovo con me...

-Ma non puoi andare allora! Ti faranno del male!

-Non ho alternative...Ho bisogno di loro per vivere e poi se sono in ritardo è colpa mia...me lo merito...

-No, Lucifero non puoi andare!

 

Lucifero respirò a fondo, poi corse fuori dalla stanza, verso l'uscita dell'abitazione.

 

-Lucifero! No!
-Non cercarmi! Per favore!

 

Celeste lo vide uscire e rimase immobile. Gli occhi spalancati e il terrore che le gelava il cuore.

 

 

 

 

Capitolo 3

 

Celeste correva. Il vento le scompigliava i capelli. Piangeva. Era stata una stupida a lasciarlo andare! Lucifero non sarebbe riuscito a sostenere una tortura del genere! Non un'altra volta almeno! Doveva fermarlo e farlo ragionare! Se fosse morto sarebbe stata anche colpa sua.

Celeste sapeva che Lucifero le aveva chiesto di non cercarlo, ma erano tre giorni che non lo vedeva e sapeva che doveva aiutarlo.

Si trovò ben presto in vie strette e cupe. Si sentiva il miagolare di alcuni gatti, miscelato a tanti altri rumori sospetti. Celeste aveva paura, ma ciò che l'angosciava era che di Lucifero continuava a non esserci traccia.

Alla fine si fermò, esausta. Riprese fiato e fece per ripartire, ma inciampò e cadde a terra. Poi una voce ruppe il silenzio.

 

-Ti avevo detto di non cercarmi!

-Lucifero?!

-In carne ed ossa!

 

Celeste si alzò e si voltò per vederlo. Alla fine gli corse incontro.

 

-Lucifero, sei vivo! Per fortuna! Che cosa ti hanno fatto?

-Non ha importanza...Vieni via da qui, piuttosto...Non sono posti per te...

-Allora vieni di nuovo a casa mia! Così sei al sicuro anche tu!

-No, Celeste, ascolta, tu stai facendo molto per me, ma siamo troppo diversi...Tu rischi di finire nei guai stando con me e io non posso certo fare l'intruso a casa tua tutti i giorni...Possiamo continuare a trovarci in piazza, ma niente di più...va bene?

 

Celeste lo guardò sospettosa.

 

-Nascondi qualcosa, vero? Qualcosa su di te che non mi vuoi dire, non è così?

-No, Celeste...La verità è che non so più come fare ad andare avanti...E' per questo che non voglio che tu stia con me...Io giro la città da capo a fondo, ma ci sono posti in cui è meglio se non vieni...E poi se i tuoi ti scoprono sono guai anche per me...

-Lucifero, credo che tu non mi stia dicendo la verità...In ogni caso...ti voglio bene...e non me ne importa nulla se stare con te è pericoloso...Non ho mai avuto un amico come te...

-...Nemmeno io una come te, se è per questo, ma...

 

Il ragazzo abbassò gli occhi, come se avesse appena preso una bastonata in testa.

 

-Celeste, io non voglio più restare qui. Trovai il signor Miller, quando avevo appena 5 anni e da allora non ho mai smesso di lavorare per lui. Adesso poi, al posto di suonare nel suo locale, mi obbliga a rispondere ai suoi ordini...Come uno schiavo...Io vorrei andarmene, ma poi non avrei più niente per vivere, così sto cercando aiuto...C'è un certo signor Charter...Mi usa come spia, però è violento, più con sua moglie che con me, ma mi minaccia sempre...Io voglio partire, Celeste, è per questo che non voglio che tu ti illuda sulla nostra amicizia...Lo so che tutto il mondo è paese e che sarò sempre un morto di fame, ma voglio provare...Devo provare...Voglio una vita anch'io...

-...

 

Celeste lo fissava sconvolta. Le parole del ragazzo le facevano un'eco nella mente e lei fissava Lucifero agitata.

 

-Lucifero, non puoi partire! Tu...io...intendo...noi siamo amici, ti aiuto io se vuoi...!?

-...

 

Lucifero guardò a lungo i propri piedi immobili, poi scosse il capo.

 

-Finirai nei guai...No,Celeste, non mi puoi aiutare...Partire è la mia unica speranza...

-Lucifero, io non voglio che tu ti metta nei guai...Casa mia è sempre aperta, i miei sono via tutto il giorno e puoi venire quando vuoi...Ti prego, Lucifero, non partire...Ti do anche da mangiare se hai bisogno, ma non partire...Non sai chi trovi, potrebbero farti del male e persino ucciderti...

-Lo so, Celeste, ma se mi vedono con te...

-Non mi succederà niente...Se vuoi no vengo con te, vieni solo tu da me quando vuoi, quando hai bisogno, ma ti prego, non partire!

 

Lucifero annuì. Poi le si avvicinò in silenzio e la strinse.

Celeste sentì le braccia di lui stringersi intorno alla sua schiena e le lacrime di Lucifero bagnare anche le sue guance.

 

-Ti voglio bene, Celeste, sul serio...Non pensavo che sarebbe successo questo tra noi, ma ti voglio bene...

-Oh, Lucifero...Anch'io...e tanto anche...Quando ti ho conosciuto, mi hai fatto pena, pensavo fossi un poveraccio senza speranze...e invece sai dare molto...Non voglio perderti...

-Celeste, come si fa a capire quando ci si è innamorati?

-Non lo so, ma penso che lo capirai dalle tue emozioni...

-Celeste, allora credo di essere innamorato di te...

 

Celeste lo fissò per un instante. Gli occhioni verdi di Lucifero la guardavano intimoriti. Sorrise.

 

-Anch'io...

-Celeste, per te è bello essere innamorata?

-Si, decisamente...

-Allora sono normale...

 

Celeste sorrise ancora.

 

-Sai, Celeste, non pensavo di innamorarmi...Dopotutto non sono molto abituato ad amare...

-Beh, lo fai comunque benissimo...

-...

-...

 

I due si strinsero ancora. Fu un attimo. Un attimo da sogno. Le loro labbra si toccarono appena. I loro occhi si incrociarono. Quell'attimo fuggì come trainato dal vento e i due rimasero a guardarsi per diverso tempo, stupiti da se stessi. Poi si presero per mano e corsero via.

 

 

 

Capitolo 4

 

 

Lucifero passeggiava avanti e indietro irrequieto. Si sentiva il ticchettio della pioggia e lo scricchiolio di qualche asse di legno sul soffitto. Era una stanza piccola, quella dove Lucifero si trovava. Una specie di cantina. C'era un tavolo di legno e una sedia. Le pareti erano spoglie. In un angolo c'era un giaciglio di paglia. Una mensola sosteneva alcuni libri. Tutto era ricoperto di polvere. Dalla finestrella non si vedeva quasi nulla, tanto era piccola e schizzata di pioggia. Il ragazzo tremava di freddo. L'aria di maggio era tiepida, ma all'interno di quel tugurio, non arrivava mai nemmeno un po' di sole a riscaldare. La luce proveniva da due candele, di cui una quasi spenta. C' era una coperta smangiucchiata riposta con cura in un angolo del letto. Il cuscino era formato solo dall'aggiunta di un po' di paglia ricoperta da un telo ingrigito.

Ci fu un tuono molto forte e inaspettato, che fece sobbalzare Lucifero. Il ragazzo era bagnato di pioggia. I capelli scomposti appiattiti dalle gocce d'acqua che gli cadevano poi sulla maglietta.

Lucifero fissava per terra. Aveva l'aria malaticcia e agitata. Alla fine si alzò e uscì di corsa, spegnendo prima le candele.

Corse sotto la pioggia battente, scosso dal turbamento e dal freddo.

Inciampò spesso. Alla fine della corsa grondava acqua. Il ragazzino si fermò sul ciglio della strada, tremante. Poi si accasciò al suolo.

 

Celeste camminava veloce. L'ombrello le si impigliava ovunque e così non riusciva a correre.

Arrivata nella via si avvicinò al posto indicatogli precedentemente da Lucifero. Bussò, poi con coraggio aprì la porta. La stanza era buia. Le candele erano spente. Vide uno spoglio tavolo di legno e alcuni libri su una mensola. Lucifero non c'era. Celeste si guardò intorno spaventata, poi chiuse la porta e corse via.

La pioggia le schizzava l'elegante vestito rosa e gli eleganti fermagli che le tenevano i intrecciati i capelli le si scioglievano sempre più, ricadendole fin quasi sulle guance. Poi si fermò di colpo. Lucifero giaceva a terra davanti a lei. Le uniche cose spontanee che le venne in mente nell'immediato furono gridare il suo nome e corrergli incontro.

 

Lucifero aveva freddo. Quando Celeste gli si avvicinò lo vide tremare.

 

-Lucifero?! Lucifero, cosa...Lucifero!!!

 

Lucifero respirava appena. Sentiva il cuore battergli nel petto.

 

-Celeste, sei tu?

-Si, Lucifero, si, sono qui...

-Celeste, ho tanto freddo, mi accompagni a casa?

-Certo, ma, Lucifero, non ce la farai ad arrivare a casa a piedi...Fermo un carro...

-No, Celeste...Se non ce la faccio lasciami qui...non importa...

-Ma neanche per idea! Lucifero, cerca di alzarti, dai, che saliamo...

 

Ma il ragazzino non si mosse.

 

-Non ce la faccio ad alzarmi, Celeste, lasciami qua...

-No, Lucifero! Dai, coraggio, ti tengo io...

-Ha bisogno di aiuto, signorina?

 

Il cocchiere del carro era sceso e la guardava.

 

-Ma...signorina, vuole davvero aiutarlo?

-Si, certo, non vede...

-Ma, dico, è mezzo morto di fame, lo lasci qui...Le conviene...

-Ma come si permette! Voglio bene a questo ragazzo, più che a quelli straricchi che mi fanno conoscere i miei! E lei non si metta in mezzo! Anzi, mi aiuti, per cortesia!

-Come vuole, signorina...

 

Il dondolio del carro era servito da ninna-nanna per Lucifero, che si era immediatamente addormentato.

 

-Dove devo portarla, signorina...

-Sul lungo lago...al numero 1224...grazie...

-Certo, signorina...

 

Quando Lucifero aprì gli occhi ebbe la percezione di vivere un sogno. Era steso su un morbido letto, coperto con un elegante copriletto rosso. Intorno a lui le pareti erano rivestite di dipinti, tende e decorazioni dorate. Il soffitto era ornato da una meravigliosa serie di archi, anch'essi decorati d'oro. Lucifero pensò per un attimo di essere morto e di ave raggiunto il paradiso, ma la porta si aprì e Celeste gli corse incontro, facendogli capire di essere invece vivo e pure terribilmente felice.

 

Celesta obbligò Lucifero a stare a letto per quattro giorni di fila, anche se le condizioni del ragazzo erano decisamente migliorate. Lucifero non oppose la minima resistenza. Era stanco e quel letto morbido era di certo il regalo più bello che la vita potesse fargli.

Celeste stava con lui in continuazione. I due chiacchieravano e ben presto impararono a conoscersi del tutto, superando quel velo di mistero che ancora avvolgeva molti loro aspetti.

Lucifero si dimostrava malinconico, ma lo stare con Celeste fece risvegliare in lui la forza vitale che la troppa solitudine gli aveva fatto perdere.

Ben presto Lucifero si rimise in salute e, per quanto a malincuore, lasciò la bella villa di Celeste. Tornare alla vita normale fu per Lucifero veramente pesante. Non ricordava quanto fosse duro e freddo il suo misero giaciglio, né di quando faticoso fosse alzarsi alla mattina presto e non avere sosta fino a sera. Il primo giorno arrivò talmente spossato, che prese sonno seduto per terra, mentre leggeva un libro. Il secondo si rivelò quasi uguale. Sempre le stesse corse e i soliti rimproveri dal signor Miller, per non parlare della milionesima minaccia di morte da parte del signor Charter. Ma a Lucifero non importava. Sentiva che con Celeste in lui era nato qualcosa, qualcosa che per una volta nessuno gli avrebbe tolto, un'emozione che nemmeno il dolore della frusta poteva scalfire. Lucifero si sentiva di nuovo vivo. Non era più solo uno zerbino, dove tutti si pulivano solo i piedi. No, adesso era un essere umano anche lui. Gli era stato concesso di conoscere l'amore e questo era tutto ciò che desiderava dalla vita. Per la prima volta qualcuno amava anche lui.

 

Capitolo 5

 

Celeste camminava al suo fianco. Il sole negli occhi lo obbligava a guardare in basso, ma ciò si rivelò in fretta un ottimo sistema per ammirare Celeste in ogni sua minima espressione del volto. Lucifero guardava i suoi occhi nocciola splendere e le sue guance appena rosate tingersi di tanto in tanto di un rosso più vivo. Si, se ci fosse stata una persona per la quale avrebbe dovuto sacrificare la sua vita, quella doveva essere Celeste.

Lucifero non se ne accorse, ma anche Celeste lo guardava di soppiatto. Gli occhioni verdi che si illuminavano di una luce dorata ogni volta che pensava a qualcosa di piacevole, o le sopracciglia che si agitavano per la sorpresa o per il timore.

Celeste osserva tutto di lui, come lui di lei. Erano solo dei ragazzi, ma avevano fatto nascere il loro un amore forte e ricco di emozioni.

Svoltarono l'angolo. Il lago di fronte a loro era ancora solo una macchia scura. Diversi specie di vegetazione arricchivano il paesaggio cingendo la massa d'acqua come delle mura.

Il giardino che queste ultime formavano era uno spiazzo enorme e colorato da tante sfumature particolari. Il profumo dei fiori e dell'erba bagnata di rugiada, si mescolava a suono dolce delle ondine che quasi con dolcezza carezzavano le rive sassose.

Tutto questo appariva ancora il lontananza, ma quando finalmente i due ragazzi furono arrivati, s'immersero in quel paradiso senza più ombra di tensione in corpo. Respiravano a pieni polmoni, lasciando che l'aria fresca e umida li ripulisse dall'inquinamento delle industrie, che tanto oscurava il cielo cittadino. In quel momento sentivano solo il piacere entrargli dentro e diramarsi in ogni direzione del corpo. Senza accorgersene si misero a correre. L'erba era morbida sotto i loro piedi e un delicato profumo li avvolse. Lucifero non era mai stato lì prima d'ora, poiché a differenza di molti suoi coetanei, non era abituato a invadere le proprietà private. Ma adesso che Celeste, proprietaria di tutto, ce lo aveva portato, sentì di non desiderare altro che restare lì per sempre. In quella pace infinita, in quel sogno divenuto realtà.

 

-Allora?

 

Celeste sorrideva guardando lo stupore e la meraviglia negli occhi di Lucifero.

 

-...Celeste, è...è meraviglioso qui...è la cosa più bella che abbia mai visto...

 

A Celeste quell'ultima osservazione fece male. Lei aveva girato l'Europa con i suoi genitori e aveva visto posti la cui bellezza era tanto superiore da non essere neanche paragonabile a quel piccolo lago, ma capì che tutto quello che Lucifero aveva visto erano le strade sporche e strette del piccolo quartiere dove abitava, quella piccola stanza che gli fungeva da casa e quei malconci posti dove probabilmente lavorava. Per lui quei posti erano tutto e Celeste dopo quelle proprie riflessioni non faticava più a capire come potesse essere tanto l'incanto del ragazzo verso quei posti. Per Lucifero quello era il paradiso, o almeno quel tipo di paradiso che, forse, nel profondo, sperava di raggiungere, un giorno. Celeste guardava ora il compagno con tristezza. Quanta sofferenza doveva aver provato in tutti quegli anni, schiavo di uomini crudeli, abbandonato in un angolo della strada, senza cibo né qualcosa per coprirsi? Quanto freddo doveva aver avuto durante gli inverni, quando la città, imbiancata dalla neve, veniva scossa da venti gelidi? Quanta fame doveva aver patito e quanto dolore doveva esserglisi radicato nel cuore? Quante volte era stato frustato? Quante volte era rimasto sotto la pioggia battente o in un angolo della strada con la febbre o chissà cos'altro di peggiore? Quante volte aveva pianto da piccolo, sempre solo e in cerca di qualcuno che lo amasse?

Queste domande avevano già una risposta per Celeste e le ne soffriva. Si immaginava Lucifero raggomitolato in un angolo, affamato ed impaurito da quel mondo così crudele. Lo immaginava tremante, rannicchiato sui gradini della piazza, sbocconcellando un pezzo di pane, se magari era riuscito a procurarselo.

Celeste cominciava a capire quanto forte doveva essere l'attaccamento alla vita che il ragazzo custodiva nel cuore, quello che gli aveva dato la forza di sopportare la sofferenza e di superare la solitudine e il dolore. Quella speranza di un futuro migliore, di avere un giorno un riscatto, fosse questo anche solo una carezza. Lucifero era determinato a vivere, perché ciò che voleva era proprio conoscere ciò che la vita stessa non gli dava. Voleva studiare, crescere, viaggiare e, in particolare, farsi amare.

 

Lucifero e Celeste rimasero a lungo ad ammirare il fascino di quella natura incontaminata. Lucifero ad un tratto chinò il capo.

 

-Celeste...grazie...venire qui mi ha fatto capire molte cose, ma credo che sia meglio se me ne vado...

-Ma, Lucifero, perché?

-Perché è troppo bello per me...Non posso illudermi che la mia vita cambi...Sarò sempre e solo un morto di fame e questo posto è troppo...troppo grande e maestoso per me...Scusami, tu mi hai fatto un regalo bellissimo, ma non me la sento di restare...

-Lucifero, eri così entusiasta prima, che cosa è successo?

-Celeste, ci sono persone destinate a passare una vita da sogno e altre destinate a sognare il piacere per tutta la vita...Tu mi hai cambiato dentro, ma quello che gli altri vedono è che sono sempre lo stesso poveraccio...Non è cambiato nulla per loro...ed hanno ragione...E' già tanto se sono ancora vivo, non posso disprezzare tutto quello che ho...Già tu sei un regalo del destino, davvero non mi merito altro...

-Lucifero...questi territori sono disabitati...La mia famiglia li possiede solo formalmente...Laggiù stanno costruendo una piccola villetta...Sarà tutta mia, dal giorno che sarà terminata...Potrò farci praticamente ciò che voglio...e quello che desidero di più è che tu la abiti...La tua "casa" ti è cara e lo capisco, ma non sopravviverai ancora per molti inverni lì dentro...

-No, Celeste...Sono nato con questo destino e non lo cambierò...Verrò con te dove vuoi, nella nuova ville, se ti fa piacere, ma vivrò sempre e a casa mia...

-Lucifero...

-No, Celeste, non sono fatto per essere ricco...Ti voglio bene, ma la mia strada è un'altra...

 

Il ragazzo chinò il capo e corse via. Celeste lo guardò con dolore. Corse per strada piangendo. La sua vita era quella, anche se i suoi sogni aspiravano ad altro.

 

Celeste non vide Lucifero per giorni. Celeste cercò di non pensare a quali pericoli poteva aver incontrato.

Ma i giorni passavano e di lui ancora non c'era traccia.

Dopo una settimana Celeste iniziò a preoccuparsi seriamente. Più volte lo cercò nei dintorni, sperando di trovarlo, ma nulla. Così, una mattina, decise che dopo la scuola avrebbe raggiunto il quartiere di Lucifero, anche se la paura per la gente che lo abitava era forte in lei.

 

Capitolo 6

 

 

Le nuvole oscuravano il sole, rendendo il cielo un'uniforme macchia grigia. Un vento freddo soffiava tra le case, sibilando parole agghiaccianti.
Celeste respirava appena, cercando di non fare il minimo rumore. Tutto appariva deserto, ma Celeste sapeva che la gente la stava spiando dagli usci delle abitazioni. Un freddo innaturale la faceva tremare, mentre sentiva l'eco dei propri passi allontanarsi scemando.

Poi dei passi. Sempre più vicini. Un uomo era dietro di lei. Quando Celeste si girò era tardi. L'uomo le afferrò la borsetta, facendola cadere, Celeste la raccolse, ma lui aveva già estratto un coltello. Celeste non vide altre possibilità che correre, all'impazzata, per dove non lo sapeva. Scivolava di continuo sulla strada bagnata, mentre la pioggia iniziava a scendere. Celeste corse più che poteva. Sentì altri passi aggiungersi, più leggeri e veloci, ma non ebbe il coraggio di voltarsi. Poi si sentì afferrare per il vestito e si voltò.

Lucifero era accovacciato sopra al tetto di una casa. Ai suoi piedi c'erano dei bidoni arrugginiti.

 

-Afferra la mia mano!

 

Celeste esitò. Non ce l'avrebbe fatta, il tetto era troppo alto e lei non era brava ad arrampicarsi. Poi però vide l'uomo avvicinarsi di fretta, l'arma ancora sguainata.

 

-Muoviti! Afferra la mia mano!

 

Celeste la afferrò, ma poi rimase immobile, quella presa forte la stordì per alcuni istanti.

 

-Celeste, ti prego, sali! Ti farà del male!

 

Quel "ti prego", pronunciato con così tanta paura e disperazione nella voce la riscosse. Forse lui l'amava davvero e non solo per gioco...forse...

 

Celeste si aggrappò al bidone e ci salì sopra, poi si aggrappò a Lucifero, che la afferrò per le braccia fino a tirarla su.

 

- Vieni, corri dietro di me...Attenta a non scivolare...

 

I due continuarono a correre. Sulla tettoia umida era difficile correre, ma Celeste cercò di mantenere l'equilibrio. Poi si fermarono di colpo.

 

-Dobbiamo scendere, ma è alto, aspetta...

 

Lucifero la afferrò per il bacino.

 

-Dobbiamo saltare...al tre...uno...due...tre!

 

Atterrarono accucciandosi, ma senza farsi un graffio.

 

- Stai bene?

-Si, grazie...

- Siamo salvi...

-Sul serio?!

-Questa strada è chiusa da una parte...per raggiungerla avrebbe dovuto andare dall'altra parte...Siamo salvi...!

 

Celeste lo abbracciò. Lucifero era il suo cavaliere, lo sapeva.

 

- Ti amo, sai...

-Anch'io, Celeste...

 

Le loro labbra si incontrarono di nuovo. Dolcemente. Lucifero la stringeva forte e Celeste si sentiva protetta. Soli ed indisturbati si godettero tutte le emozioni di quel bacio. Il loro secondo bacio...un bacio d'amore...

 

Poi dei passi si avvicinarono.

 

-Eccoti qui, razza di sfaticato! Dovevi essere al lavoro mezz'ora fa, ma adesso facciamo i conti, eh!

 

Lucifero e Celeste si guardarono preoccupati, poi si sorrisero divertiti e iniziarono a correre.

Quella era la loro storia, con le sue corse e le sue difficoltà, con i suoi pericoli e i suoi momenti di piacere, ma era la loro vita...loro e di nessun altro...Erano diversi, terribilmente diversi. Eppure quell'amore li aveva uniti...Aveva unito i loro cuori e intrecciato le loro vite...


 

 

L'amore va oltre...

 

 

La storia d'amore di Lucifero e Celeste, arricchita di un po' di avventura, catapultata nella dura realtà di una Londra di fine Ottocento.

 

Celeste, appena trasferitasi nel quartiere, figlia di un ricco banchiere e Lucifero, un ragazzino di strada, maltrattato da tutti si incontrano. Una storia tenera, fatta di amicizia e di affetto. Un'amore che sboccia anche dove mai si sarebbe pensato...

 

 

Capitolo 1

 

 

Celeste era per strada. Era una serata fredda. La pioggia cadeva fitta, quando, correndo per strada, a causa della mancanza di un ombrello, si era imbattuta in quel ragazzino.

Era seduto sui gradini della piazza. Senza un ombrello o la volontà di cercare riparo. Lei gli si era avvicinata, incuriosita da quell'ammasso di maglie tutte malconce. Lui le aveva sorriso. Solo uno sguardo da estraneo, eppure lei in quello sguardo aveva visto qualcosa. Qualcosa di profondo. Il dolore negli occhi di quel ragazzo si leggeva a prima vista e lui non sembrava più volerlo nascondere. Sembrava essersi arreso ad una vita così ostile.

 

-Chi sei? Perché non cerchi riparo?

 

La voce di Celeste era risultata troppo confidenziale per aver rivolto una domanda ad un estraneo.

 

-Mi chiamo Lucifero...Non m'importa se mi bagno...

 

Aveva una voce flebile, come se il troppo stare solo in silenzio gli stesse togliendo la capacità di usarla.

 

-Sei solo?

-Perché me lo chiedi?

 

Quel susseguirsi di domande spiazzò entrambi e alla fine Lucifero scosse il capo.

 

- Scusa...Dovevo rispondere...Si, sono solo...

-Non hai una famiglia?!

 

La voce di Celeste era esterrefatta, ma lei si rese conto ben presto di essere stata nuovamente troppo impulsiva.

 

- No, non ce l'ho...e non ho nemmeno amici...

-Quanti anni anni hai?

-14.

-Io 13...e a proposito, mi chiamo Celeste.

-Bene, Celeste.

-E per mangiare come fai ?

- Guadagno qualcosa con qualche piccolo lavoretto...

-Capisco...Vieni sotto il portico con me...? Almeno io non mi bagno...

 

Il ragazzino le sorrise. Si fermarono sotto il portico. Celeste tremava dal freddo.

 

- Stai tremando...vai a casa a scaldarti...

- E tu?

-Io resto a bagnarmi...

-Perché non cerchi di conoscere qualcuno?

-Non ho una bella reputazione...

- Capisco...Se ti succede qualcosa...intendo sei sempre solo, potrebbero farti del male e nessuno riuscirebbe a rintracciarti...

- Si, ma non mi rintraccerebbe comunque nessuno...

-Andrai pure a scuola?!...Loro ti rintraccerebbero...!

-Si, uno studente...!

 

Lucifero scosse il capo sorridendo triste.

 

- Sono lo studente migliore della scuola, sai...Soprattutto perché non frequento nessun corso...

-...!

 

Celeste si immobilizzò.

 

-Ma...

-No, niente ma...

-Non vai a scuola?! Ma come...

-Amo leggere e suonare...

-Come fai a saper leggere? E suonare poi? Cosa comunque? Sai suonare cosa?

- Tanto tempo fa mi imbattei nel proprietario di un locale...Sapevo appena qualche nota col pianoforte...Gli dissi che se mi avesse insegnato a leggere e scrivere e a suonare bene, avrei suonato ogni sera nel suo locale...Accettò...Avevo 5 anni...Rimasi con lui diverso tempo...Guadagnavo qualcosa e con quello acquistavo libri per studiare e leggere...Non sono un analfabeta se ti preoccupa...So un sacco di cose di scienze e di matematica...Adesso sto studiando da un libro di storia...Mi piace molto...E' questa la mia vita...Immagino che tu abbia una bella casa, dei bravi genitori e tanti soldi, vero?

-Beh...

-Non perdere tempo con me, non saremo mai buoni amici...

-E chi lo dice?

-Dico, ma mi hai visto bene?!

-...

-Dai, vai, che è meglio...

 

Celeste si guardò i piedi a lungo, poi si allontanò.

 

-Ciao!

-Si, ciao...

 

Celeste corse via. Era agitata. Quel ragazzino era così sfortunato! Forse sul serio non sarebbero mai potuti essere amici, ma magari invece si!

Arrivò a casa fradicia. I capelli castani sciolti e spettinati. Tremava tutta dal freddo.

 

-Oh,Celeste! Pensavamo ti saresti fermata da qualche amica!

 

La voce della madre la colpì come una folata di vento, ma lei non aveva voglia di parlare, così corse in camera. Sua madre scosse il capo, ma la lasciò stare.

 

Quegli occhi...Erano verdi, ma quasi trasparenti...Era bellissimo...Certo i suoi non avrebbero dovuto venire a conoscenza dell'esistenza di quel ragazzo, altrimenti non l'avrebbero più lasciata uscire da sola, ma lei sentiva che doveva stargli vicino. Lucifero era come un cucciolo smarrito e lei doveva dare sollievo a quel dolore celato nel suo cuore.

Sarebbe tornata da lui...sperando di trovarlo...

 

Celeste rifletteva. Gli occhi malinconici di Lucifero le fluttuavano nella mente e lei li ammirava come in un sogno. Poi si addormentò per davvero.

 

 

Capitolo 2

 

 

Il sole splendeva quella mattina. Faceva ancora piuttosto freddo, ma finalmente l'aria tiepida di Maggio si era fatta viva. La città era affollata e Celeste corse a scuola, in ritardo come sempre.

La mattinata passò in fretta. Quel giorno anche la rigida professoressa di scienze lasciò ai ragazzi del tempo libero, giustificato dall'arrivo ormai prossimo delle vacanze estive.

Celeste gliene fu grata, tuttavia il suo desiderio era rivedere Lucifero.

Chissà dov'è adesso? Pensò mentre si faceva la cartella, pronta per uscire dall'istituto.

Celeste affrettò il passo appena superato il cancello e ben presto si ritrovò a correre, guardandosi intorno nella speranza di trovarlo. E lui era lì. Sempre seduto sui gradini della piazza. Era raggomitolato nell'unico angolo ombroso dell'intero spiazzo.

Lei gli si avvicinò silenziosa. Quando gli fu accanto lo sentì piangere e per un momento esitò.

 

-Ciao...

-Oh! Sei tu...

-Si, va tutto bene?

-Certo.

-E allora perché piangi?

-Oh, non è niente...solo mi fa un po' male la schiena e poi...Non importa, sono affari miei...

-Dove sei stato?

-In giro...

 

Celeste gli si sedette a fianco posandogli una mano sulla schiena. Il ragazzo gemette.

 

-Ahi! Accidenti! Ti ho detto che mi fa male!

-Scusa...ma...Lucifero! Hai la maglia sporca di sangue!

-Non importa...è tanto tempo che è sporca...

-Ma questo è sangue fresco...!

-Ti ho detto che non importa, va bene!!?

-Lucifero, hai bisogno di aiuto?...

-Proprio no. Grazie comunque...

-Sei sicuro?

-Ho detto di no, sei sorda, forse?!

-...

 

Celeste rimase male per quel ingiusto maltrattamento, tuttavia provava dispiacere e preoccupazione per Lucifero. Forse stava davvero male!

 

-Senti, perché sei tornata?

-Vorrei diventare tua amica...

 

Lucifero la guardò a lungo. Un'espressione colpita gli si dipinse sul volto.

 

-Davvero?

-Ma si!

-Grazie...

 

Il ragazzino pronunciò quelle parole con una sincerità spiazzante per Celeste.

 

-Ma dai...!

-No, grazie davvero...Sei la prima persona che me lo chiede...

 

Una fitta attraversò lo stomaco di Celeste.

 

-Meglio tardi che mai, no?!

-Si...certo...

-...

-...

-Allora mi racconti qualcos'altro di te?!? Per esempio, perché hai la maglia sporca di sangue?

-...Oh, non ha importanza...

-Lucifero, perché?

-Sono arrivato in ritardo...

-Dove?

-Al lavoro...

-Lavoro? Quale lavoro? E cos'è successo? Spiegati?

-Il signor Miller non è molto buono...

-Che cosa ti ha fatto?

-Guarda se ci tieni, ma non accusarmi da averti fatto vomitare, poi...

 

Celeste lo guardò sconvolta. Gli si avvicinò con cautela e sollevò appena la maglietta. La lasciò ricadere subito stravolta.

 

-Lucifero, la tua...

-Non dirlo a nessuno, chiaro?

-Ma è grave! I miei se mi fosse successo mi avrebbero portata in ospedale...

-In ospedale?!

 

Lucifero sorrise.

 

-Mi capita un giorno si e uno no, altro che ospedale...Non muoio più ormai...Se sono sopravvissuto le prime volte...

-...Lucifero, i miei non ci sono, pensavo...Vieni a casa con me, ti sistemo un po'...tanto loro non tornano prima di cena...

-...Non la trovo una bella idea...

-Lucifero, potrebbero farti infezione...

-...Come vuoi, ma ti avviso: non sono mai stato in una casa di nobili...

-Dai, vieni...

 

La strada era soleggiata e Celeste era accaldata. Lucifero le camminava a fianco in silenzio.

 

-Non voglio che tu stia con me solo perché mi compatisci...

-Io non ti compatisco affatto!

-Spero...

 

Poi tra i due cadde di nuovo il silenzio.

Svoltarono a destra e poi a sinistra, infine ancora a destra. Sul finire della strada si intravedeva una bella villa.

 

-E' quella casa tua?

-Già...

-...

 

Appena entrato Lucifero si perse ad ammirare ogni singolo oggetto.

 

-Dai, insomma, non sono niente di speciale, muoviti piuttosto e fatti curare!

-Non sono niente di speciale??! Sono semplicemente straordinari!

 

Alla fine però lei lo prese per un braccio e lo trascinò in camera sua.

Poi, mentre lui continuava a guardarsi intorno, iniziò a fasciargli la schiena.

 

-Tieni...

 

La ragazza, che aveva terminato il lavoro, gli porse dei vestiti.

 

-Vestiti? Perché mi dai dei vestiti?

-Non vorrai continuare a girare sporco di sangue, no?! E poi mio fratello è...

-Mi dispiace. Comunque non voglio i suoi vestiti. Mi vado bene così, grazie...

-Ma dai!

-No, Celeste, grazie, ma non li voglio...sul serio...

-Come vuoi...se ti penti , basta che me lo dici...

-Grazie...

 

Lucifero abbassò lo sguardo, poi la campana suonò il mezzogiorno.

 

-Oh, no!

-Che c'è?

 

Lucifero assunse un'aria terrorizzata

 

-Lucifero che c'è?

-Devo andare...Sono già in ritardo...

-Sembri terrorizzato, che cosa c'è? Perché hai paura?

-...

-Lucifero???

-Oh, Celeste, proprio non capisci?! Sono in ritardo e se la prenderanno di nuovo con me...

-Ma non puoi andare allora! Ti faranno del male!

-Non ho alternative...Ho bisogno di loro per vivere e poi se sono in ritardo è colpa mia...me lo merito...

-No, Lucifero non puoi andare!

 

Lucifero respirò a fondo, poi corse fuori dalla stanza, verso l'uscita dell'abitazione.

 

-Lucifero! No!
-Non cercarmi! Per favore!

 

Celeste lo vide uscire e rimase immobile. Gli occhi spalancati e il terrore che le gelava il cuore.

 

 

 

 

Capitolo 3

 

Celeste correva. Il vento le scompigliava i capelli. Piangeva. Era stata una stupida a lasciarlo andare! Lucifero non sarebbe riuscito a sostenere una tortura del genere! Non un'altra volta almeno! Doveva fermarlo e farlo ragionare! Se fosse morto sarebbe stata anche colpa sua.

Celeste sapeva che Lucifero le aveva chiesto di non cercarlo, ma erano tre giorni che non lo vedeva e sapeva che doveva aiutarlo.

Si trovò ben presto in vie strette e cupe. Si sentiva il miagolare di alcuni gatti, miscelato a tanti altri rumori sospetti. Celeste aveva paura, ma ciò che l'angosciava era che di Lucifero continuava a non esserci traccia.

Alla fine si fermò, esausta. Riprese fiato e fece per ripartire, ma inciampò e cadde a terra. Poi una voce ruppe il silenzio.

 

-Ti avevo detto di non cercarmi!

-Lucifero?!

-In carne ed ossa!

 

Celeste si alzò e si voltò per vederlo. Alla fine gli corse incontro.

 

-Lucifero, sei vivo! Per fortuna! Che cosa ti hanno fatto?

-Non ha importanza...Vieni via da qui, piuttosto...Non sono posti per te...

-Allora vieni di nuovo a casa mia! Così sei al sicuro anche tu!

-No, Celeste, ascolta, tu stai facendo molto per me, ma siamo troppo diversi...Tu rischi di finire nei guai stando con me e io non posso certo fare l'intruso a casa tua tutti i giorni...Possiamo continuare a trovarci in piazza, ma niente di più...va bene?

 

Celeste lo guardò sospettosa.

 

-Nascondi qualcosa, vero? Qualcosa su di te che non mi vuoi dire, non è così?

-No, Celeste...La verità è che non so più come fare ad andare avanti...E' per questo che non voglio che tu stia con me...Io giro la città da capo a fondo, ma ci sono posti in cui è meglio se non vieni...E poi se i tuoi ti scoprono sono guai anche per me...

-Lucifero, credo che tu non mi stia dicendo la verità...In ogni caso...ti voglio bene...e non me ne importa nulla se stare con te è pericoloso...Non ho mai avuto un amico come te...

-...Nemmeno io una come te, se è per questo, ma...

 

Il ragazzo abbassò gli occhi, come se avesse appena preso una bastonata in testa.

 

-Celeste, io non voglio più restare qui. Trovai il signor Miller, quando avevo appena 5 anni e da allora non ho mai smesso di lavorare per lui. Adesso poi, al posto di suonare nel suo locale, mi obbliga a rispondere ai suoi ordini...Come uno schiavo...Io vorrei andarmene, ma poi non avrei più niente per vivere, così sto cercando aiuto...C'è un certo signor Charter...Mi usa come spia, però è violento, più con sua moglie che con me, ma mi minaccia sempre...Io voglio partire, Celeste, è per questo che non voglio che tu ti illuda sulla nostra amicizia...Lo so che tutto il mondo è paese e che sarò sempre un morto di fame, ma voglio provare...Devo provare...Voglio una vita anch'io...

-...

 

Celeste lo fissava sconvolta. Le parole del ragazzo le facevano un'eco nella mente e lei fissava Lucifero agitata.

 

-Lucifero, non puoi partire! Tu...io...intendo...noi siamo amici, ti aiuto io se vuoi...!?

-...

 

Lucifero guardò a lungo i propri piedi immobili, poi scosse il capo.

 

-Finirai nei guai...No,Celeste, non mi puoi aiutare...Partire è la mia unica speranza...

-Lucifero, io non voglio che tu ti metta nei guai...Casa mia è sempre aperta, i miei sono via tutto il giorno e puoi venire quando vuoi...Ti prego, Lucifero, non partire...Ti do anche da mangiare se hai bisogno, ma non partire...Non sai chi trovi, potrebbero farti del male e persino ucciderti...

-Lo so, Celeste, ma se mi vedono con te...

-Non mi succederà niente...Se vuoi no vengo con te, vieni solo tu da me quando vuoi, quando hai bisogno, ma ti prego, non partire!

 

Lucifero annuì. Poi le si avvicinò in silenzio e la strinse.

Celeste sentì le braccia di lui stringersi intorno alla sua schiena e le lacrime di Lucifero bagnare anche le sue guance.

 

-Ti voglio bene, Celeste, sul serio...Non pensavo che sarebbe successo questo tra noi, ma ti voglio bene...

-Oh, Lucifero...Anch'io...e tanto anche...Quando ti ho conosciuto, mi hai fatto pena, pensavo fossi un poveraccio senza speranze...e invece sai dare molto...Non voglio perderti...

-Celeste, come si fa a capire quando ci si è innamorati?

-Non lo so, ma penso che lo capirai dalle tue emozioni...

-Celeste, allora credo di essere innamorato di te...

 

Celeste lo fissò per un instante. Gli occhioni verdi di Lucifero la guardavano intimoriti. Sorrise.

 

-Anch'io...

-Celeste, per te è bello essere innamorata?

-Si, decisamente...

-Allora sono normale...

 

Celeste sorrise ancora.

 

-Sai, Celeste, non pensavo di innamorarmi...Dopotutto non sono molto abituato ad amare...

-Beh, lo fai comunque benissimo...

-...

-...

 

I due si strinsero ancora. Fu un attimo. Un attimo da sogno. Le loro labbra si toccarono appena. I loro occhi si incrociarono. Quell'attimo fuggì come trainato dal vento e i due rimasero a guardarsi per diverso tempo, stupiti da se stessi. Poi si presero per mano e corsero via.

 

 

 

Capitolo 4

 

 

Lucifero passeggiava avanti e indietro irrequieto. Si sentiva il ticchettio della pioggia e lo scricchiolio di qualche asse di legno sul soffitto. Era una stanza piccola, quella dove Lucifero si trovava. Una specie di cantina. C'era un tavolo di legno e una sedia. Le pareti erano spoglie. In un angolo c'era un giaciglio di paglia. Una mensola sosteneva alcuni libri. Tutto era ricoperto di polvere. Dalla finestrella non si vedeva quasi nulla, tanto era piccola e schizzata di pioggia. Il ragazzo tremava di freddo. L'aria di maggio era tiepida, ma all'interno di quel tugurio, non arrivava mai nemmeno un po' di sole a riscaldare. La luce proveniva da due candele, di cui una quasi spenta. C' era una coperta smangiucchiata riposta con cura in un angolo del letto. Il cuscino era formato solo dall'aggiunta di un po' di paglia ricoperta da un telo ingrigito.

Ci fu un tuono molto forte e inaspettato, che fece sobbalzare Lucifero. Il ragazzo era bagnato di pioggia. I capelli scomposti appiattiti dalle gocce d'acqua che gli cadevano poi sulla maglietta.

Lucifero fissava per terra. Aveva l'aria malaticcia e agitata. Alla fine si alzò e uscì di corsa, spegnendo prima le candele.

Corse sotto la pioggia battente, scosso dal turbamento e dal freddo.

Inciampò spesso. Alla fine della corsa grondava acqua. Il ragazzino si fermò sul ciglio della strada, tremante. Poi si accasciò al suolo.

 

Celeste camminava veloce. L'ombrello le si impigliava ovunque e così non riusciva a correre.

Arrivata nella via si avvicinò al posto indicatogli precedentemente da Lucifero. Bussò, poi con coraggio aprì la porta. La stanza era buia. Le candele erano spente. Vide uno spoglio tavolo di legno e alcuni libri su una mensola. Lucifero non c'era. Celeste si guardò intorno spaventata, poi chiuse la porta e corse via.

La pioggia le schizzava l'elegante vestito rosa e gli eleganti fermagli che le tenevano i intrecciati i capelli le si scioglievano sempre più, ricadendole fin quasi sulle guance. Poi si fermò di colpo. Lucifero giaceva a terra davanti a lei. Le uniche cose spontanee che le venne in mente nell'immediato furono gridare il suo nome e corrergli incontro.

 

Lucifero aveva freddo. Quando Celeste gli si avvicinò lo vide tremare.

 

-Lucifero?! Lucifero, cosa...Lucifero!!!

 

Lucifero respirava appena. Sentiva il cuore battergli nel petto.

 

-Celeste, sei tu?

-Si, Lucifero, si, sono qui...

-Celeste, ho tanto freddo, mi accompagni a casa?

-Certo, ma, Lucifero, non ce la farai ad arrivare a casa a piedi...Fermo un carro...

-No, Celeste...Se non ce la faccio lasciami qui...non importa...

-Ma neanche per idea! Lucifero, cerca di alzarti, dai, che saliamo...

 

Ma il ragazzino non si mosse.

 

-Non ce la faccio ad alzarmi, Celeste, lasciami qua...

-No, Lucifero! Dai, coraggio, ti tengo io...

-Ha bisogno di aiuto, signorina?

 

Il cocchiere del carro era sceso e la guardava.

 

-Ma...signorina, vuole davvero aiutarlo?

-Si, certo, non vede...

-Ma, dico, è mezzo morto di fame, lo lasci qui...Le conviene...

-Ma come si permette! Voglio bene a questo ragazzo, più che a quelli straricchi che mi fanno conoscere i miei! E lei non si metta in mezzo! Anzi, mi aiuti, per cortesia!

-Come vuole, signorina...

 

Il dondolio del carro era servito da ninna-nanna per Lucifero, che si era immediatamente addormentato.

 

-Dove devo portarla, signorina...

-Sul lungo lago...al numero 1224...grazie...

-Certo, signorina...

 

Quando Lucifero aprì gli occhi ebbe la percezione di vivere un sogno. Era steso su un morbido letto, coperto con un elegante copriletto rosso. Intorno a lui le pareti erano rivestite di dipinti, tende e decorazioni dorate. Il soffitto era ornato da una meravigliosa serie di archi, anch'essi decorati d'oro. Lucifero pensò per un attimo di essere morto e di ave raggiunto il paradiso, ma la porta si aprì e Celeste gli corse incontro, facendogli capire di essere invece vivo e pure terribilmente felice.

 

Celesta obbligò Lucifero a stare a letto per quattro giorni di fila, anche se le condizioni del ragazzo erano decisamente migliorate. Lucifero non oppose la minima resistenza. Era stanco e quel letto morbido era di certo il regalo più bello che la vita potesse fargli.

Celeste stava con lui in continuazione. I due chiacchieravano e ben presto impararono a conoscersi del tutto, superando quel velo di mistero che ancora avvolgeva molti loro aspetti.

Lucifero si dimostrava malinconico, ma lo stare con Celeste fece risvegliare in lui la forza vitale che la troppa solitudine gli aveva fatto perdere.

Ben presto Lucifero si rimise in salute e, per quanto a malincuore, lasciò la bella villa di Celeste. Tornare alla vita normale fu per Lucifero veramente pesante. Non ricordava quanto fosse duro e freddo il suo misero giaciglio, né di quando faticoso fosse alzarsi alla mattina presto e non avere sosta fino a sera. Il primo giorno arrivò talmente spossato, che prese sonno seduto per terra, mentre leggeva un libro. Il secondo si rivelò quasi uguale. Sempre le stesse corse e i soliti rimproveri dal signor Miller, per non parlare della milionesima minaccia di morte da parte del signor Charter. Ma a Lucifero non importava. Sentiva che con Celeste in lui era nato qualcosa, qualcosa che per una volta nessuno gli avrebbe tolto, un'emozione che nemmeno il dolore della frusta poteva scalfire. Lucifero si sentiva di nuovo vivo. Non era più solo uno zerbino, dove tutti si pulivano solo i piedi. No, adesso era un essere umano anche lui. Gli era stato concesso di conoscere l'amore e questo era tutto ciò che desiderava dalla vita. Per la prima volta qualcuno amava anche lui.

 

Capitolo 5

 

Celeste camminava al suo fianco. Il sole negli occhi lo obbligava a guardare in basso, ma ciò si rivelò in fretta un ottimo sistema per ammirare Celeste in ogni sua minima espressione del volto. Lucifero guardava i suoi occhi nocciola splendere e le sue guance appena rosate tingersi di tanto in tanto di un rosso più vivo. Si, se ci fosse stata una persona per la quale avrebbe dovuto sacrificare la sua vita, quella doveva essere Celeste.

Lucifero non se ne accorse, ma anche Celeste lo guardava di soppiatto. Gli occhioni verdi che si illuminavano di una luce dorata ogni volta che pensava a qualcosa di piacevole, o le sopracciglia che si agitavano per la sorpresa o per il timore.

Celeste osserva tutto di lui, come lui di lei. Erano solo dei ragazzi, ma avevano fatto nascere il loro un amore forte e ricco di emozioni.

Svoltarono l'angolo. Il lago di fronte a loro era ancora solo una macchia scura. Diversi specie di vegetazione arricchivano il paesaggio cingendo la massa d'acqua come delle mura.

Il giardino che queste ultime formavano era uno spiazzo enorme e colorato da tante sfumature particolari. Il profumo dei fiori e dell'erba bagnata di rugiada, si mescolava a suono dolce delle ondine che quasi con dolcezza carezzavano le rive sassose.

Tutto questo appariva ancora il lontananza, ma quando finalmente i due ragazzi furono arrivati, s'immersero in quel paradiso senza più ombra di tensione in corpo. Respiravano a pieni polmoni, lasciando che l'aria fresca e umida li ripulisse dall'inquinamento delle industrie, che tanto oscurava il cielo cittadino. In quel momento sentivano solo il piacere entrargli dentro e diramarsi in ogni direzione del corpo. Senza accorgersene si misero a correre. L'erba era morbida sotto i loro piedi e un delicato profumo li avvolse. Lucifero non era mai stato lì prima d'ora, poiché a differenza di molti suoi coetanei, non era abituato a invadere le proprietà private. Ma adesso che Celeste, proprietaria di tutto, ce lo aveva portato, sentì di non desiderare altro che restare lì per sempre. In quella pace infinita, in quel sogno divenuto realtà.

 

-Allora?

 

Celeste sorrideva guardando lo stupore e la meraviglia negli occhi di Lucifero.

 

-...Celeste, è...è meraviglioso qui...è la cosa più bella che abbia mai visto...

 

A Celeste quell'ultima osservazione fece male. Lei aveva girato l'Europa con i suoi genitori e aveva visto posti la cui bellezza era tanto superiore da non essere neanche paragonabile a quel piccolo lago, ma capì che tutto quello che Lucifero aveva visto erano le strade sporche e strette del piccolo quartiere dove abitava, quella piccola stanza che gli fungeva da casa e quei malconci posti dove probabilmente lavorava. Per lui quei posti erano tutto e Celeste dopo quelle proprie riflessioni non faticava più a capire come potesse essere tanto l'incanto del ragazzo verso quei posti. Per Lucifero quello era il paradiso, o almeno quel tipo di paradiso che, forse, nel profondo, sperava di raggiungere, un giorno. Celeste guardava ora il compagno con tristezza. Quanta sofferenza doveva aver provato in tutti quegli anni, schiavo di uomini crudeli, abbandonato in un angolo della strada, senza cibo né qualcosa per coprirsi? Quanto freddo doveva aver avuto durante gli inverni, quando la città, imbiancata dalla neve, veniva scossa da venti gelidi? Quanta fame doveva aver patito e quanto dolore doveva esserglisi radicato nel cuore? Quante volte era stato frustato? Quante volte era rimasto sotto la pioggia battente o in un angolo della strada con la febbre o chissà cos'altro di peggiore? Quante volte aveva pianto da piccolo, sempre solo e in cerca di qualcuno che lo amasse?

Queste domande avevano già una risposta per Celeste e le ne soffriva. Si immaginava Lucifero raggomitolato in un angolo, affamato ed impaurito da quel mondo così crudele. Lo immaginava tremante, rannicchiato sui gradini della piazza, sbocconcellando un pezzo di pane, se magari era riuscito a procurarselo.

Celeste cominciava a capire quanto forte doveva essere l'attaccamento alla vita che il ragazzo custodiva nel cuore, quello che gli aveva dato la forza di sopportare la sofferenza e di superare la solitudine e il dolore. Quella speranza di un futuro migliore, di avere un giorno un riscatto, fosse questo anche solo una carezza. Lucifero era determinato a vivere, perché ciò che voleva era proprio conoscere ciò che la vita stessa non gli dava. Voleva studiare, crescere, viaggiare e, in particolare, farsi amare.

 

Lucifero e Celeste rimasero a lungo ad ammirare il fascino di quella natura incontaminata. Lucifero ad un tratto chinò il capo.

 

-Celeste...grazie...venire qui mi ha fatto capire molte cose, ma credo che sia meglio se me ne vado...

-Ma, Lucifero, perché?

-Perché è troppo bello per me...Non posso illudermi che la mia vita cambi...Sarò sempre e solo un morto di fame e questo posto è troppo...troppo grande e maestoso per me...Scusami, tu mi hai fatto un regalo bellissimo, ma non me la sento di restare...

-Lucifero, eri così entusiasta prima, che cosa è successo?

-Celeste, ci sono persone destinate a passare una vita da sogno e altre destinate a sognare il piacere per tutta la vita...Tu mi hai cambiato dentro, ma quello che gli altri vedono è che sono sempre lo stesso poveraccio...Non è cambiato nulla per loro...ed hanno ragione...E' già tanto se sono ancora vivo, non posso disprezzare tutto quello che ho...Già tu sei un regalo del destino, davvero non mi merito altro...

-Lucifero...questi territori sono disabitati...La mia famiglia li possiede solo formalmente...Laggiù stanno costruendo una piccola villetta...Sarà tutta mia, dal giorno che sarà terminata...Potrò farci praticamente ciò che voglio...e quello che desidero di più è che tu la abiti...La tua "casa" ti è cara e lo capisco, ma non sopravviverai ancora per molti inverni lì dentro...

-No, Celeste...Sono nato con questo destino e non lo cambierò...Verrò con te dove vuoi, nella nuova ville, se ti fa piacere, ma vivrò sempre e a casa mia...

-Lucifero...

-No, Celeste, non sono fatto per essere ricco...Ti voglio bene, ma la mia strada è un'altra...

 

Il ragazzo chinò il capo e corse via. Celeste lo guardò con dolore. Corse per strada piangendo. La sua vita era quella, anche se i suoi sogni aspiravano ad altro.

 

Celeste non vide Lucifero per giorni. Celeste cercò di non pensare a quali pericoli poteva aver incontrato.

Ma i giorni passavano e di lui ancora non c'era traccia.

Dopo una settimana Celeste iniziò a preoccuparsi seriamente. Più volte lo cercò nei dintorni, sperando di trovarlo, ma nulla. Così, una mattina, decise che dopo la scuola avrebbe raggiunto il quartiere di Lucifero, anche se la paura per la gente che lo abitava era forte in lei.

 

Capitolo 6

 

 

Le nuvole oscuravano il sole, rendendo il cielo un'uniforme macchia grigia. Un vento freddo soffiava tra le case, sibilando parole agghiaccianti.
Celeste respirava appena, cercando di non fare il minimo rumore. Tutto appariva deserto, ma Celeste sapeva che la gente la stava spiando dagli usci delle abitazioni. Un freddo innaturale la faceva tremare, mentre sentiva l'eco dei propri passi allontanarsi scemando.

Poi dei passi. Sempre più vicini. Un uomo era dietro di lei. Quando Celeste si girò era tardi. L'uomo le afferrò la borsetta, facendola cadere, Celeste la raccolse, ma lui aveva già estratto un coltello. Celeste non vide altre possibilità che correre, all'impazzata, per dove non lo sapeva. Scivolava di continuo sulla strada bagnata, mentre la pioggia iniziava a scendere. Celeste corse più che poteva. Sentì altri passi aggiungersi, più leggeri e veloci, ma non ebbe il coraggio di voltarsi. Poi si sentì afferrare per il vestito e si voltò.

Lucifero era accovacciato sopra al tetto di una casa. Ai suoi piedi c'erano dei bidoni arrugginiti.

 

-Afferra la mia mano!

 

Celeste esitò. Non ce l'avrebbe fatta, il tetto era troppo alto e lei non era brava ad arrampicarsi. Poi però vide l'uomo avvicinarsi di fretta, l'arma ancora sguainata.

 

-Muoviti! Afferra la mia mano!

 

Celeste la afferrò, ma poi rimase immobile, quella presa forte la stordì per alcuni istanti.

 

-Celeste, ti prego, sali! Ti farà del male!

 

Quel "ti prego", pronunciato con così tanta paura e disperazione nella voce la riscosse. Forse lui l'amava davvero e non solo per gioco...forse...

 

Celeste si aggrappò al bidone e ci salì sopra, poi si aggrappò a Lucifero, che la afferrò per le braccia fino a tirarla su.

 

- Vieni, corri dietro di me...Attenta a non scivolare...

 

I due continuarono a correre. Sulla tettoia umida era difficile correre, ma Celeste cercò di mantenere l'equilibrio. Poi si fermarono di colpo.

 

-Dobbiamo scendere, ma è alto, aspetta...

 

Lucifero la afferrò per il bacino.

 

-Dobbiamo saltare...al tre...uno...due...tre!

 

Atterrarono accucciandosi, ma senza farsi un graffio.

 

- Stai bene?

-Si, grazie...

- Siamo salvi...

-Sul serio?!

-Questa strada è chiusa da una parte...per raggiungerla avrebbe dovuto andare dall'altra parte...Siamo salvi...!

 

Celeste lo abbracciò. Lucifero era il suo cavaliere, lo sapeva.

 

- Ti amo, sai...

-Anch'io, Celeste...

 

Le loro labbra si incontrarono di nuovo. Dolcemente. Lucifero la stringeva forte e Celeste si sentiva protetta. Soli ed indisturbati si godettero tutte le emozioni di quel bacio. Il loro secondo bacio...un bacio d'amore...

 

Poi dei passi si avvicinarono.

 

-Eccoti qui, razza di sfaticato! Dovevi essere al lavoro mezz'ora fa, ma adesso facciamo i conti, eh!

 

Lucifero e Celeste si guardarono preoccupati, poi si sorrisero divertiti e iniziarono a correre.

Quella era la loro storia, con le sue corse e le sue difficoltà, con i suoi pericoli e i suoi momenti di piacere, ma era la loro vita...loro e di nessun altro...Erano diversi, terribilmente diversi. Eppure quell'amore li aveva uniti...Aveva unito i loro cuori e intrecciato le loro vite...


 

  
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