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Autore: Melchan    29/08/2013    1 recensioni
[Sirene!AU] Kou accompagna spesso suo fratello a nuotare, e l'ultima idea che potrebbe saltarle in testa è che strane cose coi capelli rossi si divertano a osservarli. Forse.
*
Le venne in mente quello che aveva detto sua madre e pensò che se crescere significava questo, avrebbe preferito rimanere una ragazzina per i prossimi cinquant’anni. Non vedeva scopo nella sofferenza.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Gou Matsuoka, Rin Matsuoka, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'unica cosa che a Kou non piaceva del mare era il vento forte. Salmastro, sabbia, saltuarissimi rifiuti che lei si premurava di gettare via ogni volta, niente le dava fastidio.

Ma il vento che le arruffava i capelli e la costringeva a spazzolate eterne davanti allo specchio proprio non lo sopportava: le aveva provato tutte, dallo chignon alle trecce, ma non c'era modo di evitare che i capelli le si arruffassero almeno un po’.

Alla fine aveva optato per un'eterna coda alta con forcine in posizione strategica.

Dopotutto, ne valeva la pena.

Lei non era una grande nuotatrice, ma dal quinto anno delle elementari che le piaceva accompagnare suo fratello al mare e guardarlo nuotare. Lui frequentava anche il club di nuoto della loro cittadina, ma d'estate durante la sua chiusura e poi fino ai primi freddi dell'autunno andava spesso a nuotare nell'oceano.

Lei lo accompagnava portando i bento che preparava prima di uscire e  il cronometro al collo in caso suo fratello volesse provare a migliorare i tempi. Era un'attività che Kou aveva sempre trovato divertente e lo faceva più che volentieri, concentrandosi sugli scatti fulminei di Rin e le sue bracciate decise.

 

Solitamente seguire la routine di Rin significava svegliarsi quando il sole era sorto da poco, ma a Kou non era mai pesato svegliarsi presto. La faceva sentire attiva e in forze, al punto che nella breve strada che li portava da casa alla spiaggia si ritrovava spesso a canticchiare quasi soprappensiero. L’aria della mattina non era mai troppo calda, il sole era ancora tiepido e il passo elastico di Rin piacevole da seguire.

Quando arrivavano alla spiaggia suo fratello si spogliava in un battito di ciglia degli abiti che aveva infilato sopra il costume, poi faceva stretching mentre lei sistemava armi e bagagli e si spogliava a sua volta. Quando Rin s’immergeva Kou restava sempre a guardarlo, sdraiata sulla pancia a prendere il sole o con il cronometro alla mano quando Rin glielo chiedeva.

Appena finito di nuotare Rin si asciugava col telo che Kou gli metteva in mano appena fuori dall'acqua, poi si sedeva accanto a lei, l'asciugamano bagnato sotto il sedere con buona pace della sabbia che si sarebbe appiccicata, e mangiavano insieme.

Non c'era un momento di quelle mattinate che Gou preferisse in particolare agli altri, ma i loro pranzi erano sicuramente qualcosa che la faceva sempre stare bene.

Di solito era lei che parlava di più: Rin le lasciava condurre la conversazione dove preferiva, ma non si era mai sentita ignorata o poco considerata; era semplicemente il loro modo di comunicare, e lo dimostrava il fatto che in momenti tutti diversi delle loro giornate Rin ricordasse quasi sempre quello che lei gli aveva detto o raccontato la mattina al mare.

 

*

La prima stranezza capitò una delle rarissime volte in cui Rin cadde addormentato subito dopo il nuoto.

Si era sdraiato e aveva chiuso gli occhi, cosa che faceva solo quando faceva davvero caldo e tutti e due erano un po' acciaccati, abbandonati sui teli da spiaggia in costume, con la borsa frigo lì accanto.

A Kou era spuntato un sorriso quando se n'era accorta, poi gli aveva sfiorato i capelli per essere sicura che fossero ancora bagnati e non rischiasse un'insolazione, dal momento che non indossava nemmeno il suo amato cappellino da baseball ed era l’ora di pranzo.

Se n’era rimasta sul telo per qualche istante, a gambe incrociate e con lo sguardo puntato verso l'orizzonte, sentendo appena la mancanza del vento che in autunno la infastidiva sempre.

Alla fine, nonostante il caldo, le era venuto comunque il capriccio di muoversi un po'. Rin quel giorno non aveva chiesto che gli prendesse il tempo e lei aveva passato quasi tutta la mattinata sdraiata in bikini, abbattuta dal caldo e con la bottiglietta d'acqua vicina. Adesso le gambe le formicolavano.

 

Prese in prestito il cappello a suo fratello e si alzò, scuotendo la sabbia dalle gambe e andando a immergere i piedi nell'acqua che bagnava la riva. Si avviò con calma verso un mucchio di massi a poca distanza, senza allontanarsi dall'acqua e godendosi la pace del momento.

Trattandosi di un angolo abbastanza nascosto e considerando che la maggior parte dei turisti andava a passare le vacanze nei grandi centri balneari della regione, piuttosto che nel loro cittadina, riuscivano a trovarlo praticamente sempre deserto. Era stato il padre suo e di Rin a scoprire quella piccola spiaggia tanti anni prima. Non ricordava se l’avesse sentito dire da lui stesso quando era piccolissima o se gliel’avesse raccontato Rin, ma quella consapevolezza era radicata nella sua mente da quando aveva cominciato ad accompagnarlo in spiaggia.

Arrivata al masso enorme che chiudeva uno dei lati della zona si arrampicò stando attenta a mettere i piedi nei punti giusti per non rovinare a terra, poi si sedette nuovamente all'indiana sulla superficie piatta del masso. Chiuse per un momento gli occhi, ascoltando il suono dell'acqua che sciabordava un po' più forte del solito - probabilmente stava aumentando il vento - e i versi di qualche gabbiano.

Quando li riaprì il sole l’accecò per un momento, al punto che le sembrò di vedere un guizzo rosso nell'acqua. Fu un movimento fugace, che le fece pensare alle alghe, o addirittura a dei capelli, ma scomparve prima che potesse osservarlo con attenzione. Si strofinò gli occhi per buona misura e cominciò a scendere dal masso chiedendosi se il sole le avesse fatto male.

Ritrovò Rin ancora addormentato sul suo telo e un gabbiano che gli faceva la guardia a pochi metri di distanza, appollaiato su un sasso.

Rin scampò la fotografia solo perché Kou aveva dimenticato il cellulare a casa.

 

Dopo l’episodio della cosa rossa e del gabbiano-sentinella, una tempesta insolitamente lunga lì chiuse in casa per tre giorni, riuscendo a ingrigire come non mai l'umore di Rin.

Per Kou la situazione non fu così tragica e approfittò comunque delle vacanze estive per rilassarsi, sentì la sua migliore amica per cellulare e recuperò un paio di anime e telefilm con cui era rimasta indietro durante le ultime settimane di scuola.

La mattina del quarto giorno dovette aiutare sua madre a convincere Rin che andare a nuotare solo perché la pioggia aveva finalmente smesso di cadere era una pazzia, col cielo grigio che ancora tingeva l'orizzonte, ma il giorno dopo, davanti ai primi raggi di sole tiepido, trattenerlo divenne impossibile.

Kou lo accompagnò portandosi dietro solo il cronometro e la promessa alla madre di tornare entrambi subito dopo l'allenamento.

 

Rin nuotò con una foga insolita anche per lui, ma non arrivò a battere nessun record personale. Quando finì di spingere l’acceleratore sui propri muscoli fece un'ultima bracciata lungo il percorso da scoglio a scoglio che preferiva; Gou rimase a guardarlo bagnandosi solo i piedi nell'acqua, le scarpe abbandonate vicino all'asciugamano che si era portato Rin.

A quel punto lo vide per la seconda volta.

Era lo stesso lampo rosso di quando era rimasta accecata dal sole, una sfumatura che non sarebbe riuscita a confondere nemmeno volendo, e come l'ultima volta apparve solo per un momento sul filo dell'acqua. Arrivò a bagnarsi i polpacci nel tentativo di vedere meglio, ma non servì a niente.

 

Rin uscì mentre lei ancora scrutava l’acqua intorno allo scoglio dove aveva visto il guizzo rosso.

Guardò prima lei e poi il punto che stava osservando, le sopracciglia aggrottate.

- Che stai facendo? -

Kou distolse appena gli occhi per rispondergli.

- Ho visto qualcosa, c’era un’ombra rossa vicino allo scoglio. -

Rin continuò a guardarla scettico e Kou insistette: - Sono sicura, non è nemmeno la prima volta! Magari poteva… poteva esserci qualcuno. -

Rin guardò di nuovo dalla stessa parte, poi sbuffò e per la prima volta da tempo indefinito si prese l’asciugamano da solo.

- Io sono uscito ora da lì e non c’era niente né tantomeno nessuno. -

Kou non gli rispose, perché in effetti adesso non c’era proprio un bel niente da osservare, ma in cuor suole le rimase la certezza di aver visto qualcosa.

 

*

A casa entrò nella vasca per ultima, lasciando che Rin la precedesse con uno sguardo poco convinto e impiegando più tempo del solito per sistemarsi la crocchia in modo che non le si bagnassero i capelli.

Rimase a mollo per mezz’ora buona, pensando e ripensando a quello che era certa di aver visto nell’acqua. Magari si era trattato solo di un pesce, ma non riusciva a convincersene, e per qualche motivo sembrava che il dubbio le si fosse incollato al cervello.

 Alla fine soffiò qualche bollicina d’acqua calda nella vasca e si fece forza per uscire e andare a mettersi il pigiama.

 

*

La mattina dopo si svegliò certa di aver dormito male e con una sensazione di fiacchezza a cui non era per niente abituata. Era abbastanza sicura di aver sognato qualcosa legato alla cosa rossa, ma non ricordava niente e l’impressione di aver perso un pezzo anche dei propri sogni si sommava all’irritazione data dal dubbio, che non riusciva né a risolvere, né a cacciare in un angolo della mente per poi non pensarci più.

Era tanto presa delle sue elucubrazioni che quando si trascinò in cucina per fare colazione, dopo essersi infilata la sua tuta rossa preferita per cercare un po’ di conforto, prese un’epica musata contro un lato dell’ingresso.

- Kou! Stai attenta quando cammini. -

Mugugnò un cenno di assenso a sua madre mentre si strofinava il naso dolorante, e a quel punto risuonò lo sbuffo inconfondibile di suo fratello, già sbracato su di una sedia con il suo frullato energetico di mango pronto sul tavolo di cucina.

- È da ieri che rimugini, concentrati sulle cose importanti. -

Kou non fece in tempo a rispondere che sua madre la precedette: - È vero, è da ieri mattina che te ne stai sulle tue. È successo qualcosa in spiaggia, per caso? -

Rin alzò il suo bicchiere, preparandosi a buttarlo giù tutto in una volta come faceva sempre, ma prima si premurò di dire la sua.

- Kou si è messa a fantasticare sulle sirene, niente di che. -

 

Kou si sentì arrossire all’istante, sentendosi colta in castagna, e peggiorò quando sua madre si mise a ridere. Non lo fece in tono derisorio, ma lei si sentì comunque stupida.

- Mi è solo sembrato di vedere qualcu- qualcosa, non ho mai parlato di sirene, tritoni o cose del genere! -

Sua madre inarcò appena un sopracciglio, in un modo che le ricordò tantissimo l’espressione scettica di Rin, appena appena addolcita dal suo sguardo.

- Tritoni? Allora si trattava di un maschio… Aaaah, pensa te, anche la mia Kou sta crescendo… -

- S’immagina le sirene, è ancora una bambina! - sbottò Rin, molto più brusco rispetto a un momento prima. - Questa storia è ridicola. - concluse prima di buttar giù la sua colazione.

 

Kou sapeva che era una cosa sciocca, una reazione esagerata, ma le veniva quasi da piangere.

Non ricordava l’ultima volta che suo fratello le aveva parlato a quel modo, e per di più tutta la sua famiglia stava praticamente deridendo la questione che la turbava da due giorni. Anche lei sapeva che si trattava quasi sicuramente di una sua bizzarra fantasia, ma questo non significava che le andasse bene sentirsi prendere in giro o trattata da sciocca in modo così plateale.

Strinse i pugni senza pensarci e fissò lo sguardo su suo fratello, che trangugiava succo ipervitaminico come se non avesse fatto niente di che.

Kou rimase a guardarlo solo un momento, poi gridò una cosa che non diceva da quando aveva dieci anni: - Rin, sei davvero uno stupido! -

- Kou! -

 

Ignorò il richiamo stupito di sua madre e la faccia basita di suo fratello e corse fuori di casa, per non dar loro la soddisfazione di vederla con la faccia di quando stava per piangere.

Non ricordava l’ultima volta che si era sentita così arrabbiata e corse senza nemmeno pensare alla direzione che prendeva, passando per le strade quasi deserte e rendendosi conto di dove stava andando solo quando si trovò il mare in faccia.

Pestò sulla sabbia con il fiatone e le lacrime di rabbia ancora negli occhi, fino a sedersi davanti al confine tra sabbia asciutta e bagnata.
Si rimboccò i pugni delle mani nei polsini della felpa.

Fortuna che me la sono messa prima di uscire di camera.

Era scappata talmente in fretta che non le sarebbe mai venuto in mente di portarsela dietro, e adesso oltre a essere triste e arrabbiata avrebbe anche sentito freddo.

Si asciugò gli occhi umidi con le maniche e poi tirò indietro i capelli che il vento le gettava in faccia, cercando di calmarsi.

 

Che sua madre ridesse della situazione, seppur bonariamente, l’aveva fatta sentire sciocca, ma quello che le faceva ancora bruciare gli occhi come a una stupida era la sensazione di tradimento che si sentiva rimbombare dentro.

La mamma l’aveva presa un po’ in giro, ma Rin aveva fatto molto peggio.

Lei non raccontava mai niente nel dettaglio di quello che si dicevano la mattina sul mare, perché considerava quei momenti qualcosa di privato, un momento in cui erano solo Rin e Kou, che apparteneva solo a lei e suo fratello. Al massimo si faceva sfuggire qualcosa di buffo, o accennava a qualche episodio che le era sembrato tenero, come quelle poche volte che si era addormentato, ma non si sarebbe mai sognata di prendere in giro seriamente Rin.

Lui invece aveva fatto esattamente questo, e per quanto potesse sembrare una sciocchezza l’idea le spezzava il cuore. Sapeva che era stupido, che la maggior parte dei fratelli - tanto più quelli maggiori, stando alle lamentele delle sue compagne di classe - lo facevano a cose normali, ma il suo rapporto con Rin non era mai stato così.

Le venne in mente quello che aveva detto sua madre e pensò che se crescere significava questo, avrebbe preferito rimanere una ragazzina per i prossimi cinquant’anni. Non vedeva scopo nella sofferenza.

 

Per sua fortuna, Kou era incapace di rimuginare troppo a lungo. O meglio, ne era capace, ma riusciva a reggere solo una temporanea dose di commiserazione prima di cercare di allontanarsi da quella sensazione.

Si mise a camminare sul bagnasciuga, dirigendosi senza pensare verso il masso di confine dove aveva avvistato la macchia rossa per la prima volta, e una volta arrivata aspettò solo pochi istanti prima di borbottare contro il vento e i capelli sciolti e tornare verso il punto di partenza.

Una volta lì diede un’occhiata distratta alla piccola conca che aveva lasciato sulla sabbia, già nell’ordine di idee per cominciare a riavviarsi verso casa (dopotutto non voleva che sua madre cominciasse a preoccuparsi seriamente), quando notò che lì davanti le onde coprivano e rivelavano qualcosa che prima non c’era, a tempo con il loro ritmo. Infilò la mano tra l’acqua e la sabbia e tirò fuori una grossa conchiglia: in vita sua ne aveva viste un’infinità, ma questa era la più grossa che le fosse mai capitata tra le mani. Sfiorò i bordi e scoprì che era già stata aperta e non c’era pressione da esercitare per separare i lati: quando l’aprì, si trovò davanti un’enorme perla bianca.

Pensò di aver visto male, perché sapeva che era praticamente impossibile trovare una cosa del genere a riva, ma per quanto continuasse a fissarla senza parole la perla rimaneva lì, tonda e lucente nella conchiglia che teneva tra le mani.

Se la strinse contro il petto e corse via, pensando già alla faccia che avrebbero fatto a casa.

 

***

- Mikoshiba, per favore, non fare mai più niente del genere! -

- Hai visto la faccia che ha fatto? Era contentissima. -

- Non ne dubito, ma il punto è un altro! -

- Aaah, calmati, Nitori! È andato tutto bene, non ha senso agitarti così. -

 

Nitori stava per piangere, sul serio. Mikoshiba ormai stava quasi pregando l’umana di accorgersi di lui, e Nitori era certo che sarebbe finita malissimo.

Prima la testa in superficie fino agli occhi quando si era messo a guardarla appollaiata lassù, sullo scoglio di terra, poi la coda fuori dall’acqua il giorno prima, nelle ore in cui il sole si sarebbe riflesso di più sulle scaglie lucide di qualsiasi creatura… almeno avesse avuto un colore che si mimetizzava con l’acqua, come Haruka, ma lui aveva occhi, scaglie e capelli rossi! Peggio di così…

Avrebbe tanto voluto che almeno uno degli altri gli desse un po’ di corda, aiutandolo a persuadere Mikoshiba perché la smettesse di esporsi così ogni volta che arrivavano i due umani. Guardò con aria disperatissima verso Makoto, ma al momento era troppo impegnato a districare un’alga che si era attorcigliata attorno a una delle pinne di Haruka per far caso al mondo che lo circondava e i suoi problemi potenzialmente fatali.

 

- Eddai Nitori, era troppo carina per lasciarla a deprimersi in quel modo! -

- Mikoshiba… -

Era come parlare a uno scoglio. Apparentemente il cervello di Mikoshiba aveva deciso di escludere ogni seria preoccupazione per la possibilità che una volta beccato la ragazza andasse a raccontarlo al resto del mondo, e Nitori era stanco morto di ripetere i suoi discorsi pieni di buon senso e privi di un auditorio interessato.

- Chissà che ha fatto quel Rin per farla arrabbiare così… -

Nitori singhiozzò. Naturale che la preoccupazione maggiore di Mikoshiba riguardasse una cosa del genere, stupido lui ad aspettarsi qualcosa di diverso.

 

- Non è detto che la colpa fosse sua… -

Si voltarono tutti verso Haruka. Non era esattamente il tritone più chiacchierone dell’Oceano, anche se sicuramente era uno dei più bravi nuotatori che Nitori avesse mai visto.

- Andiamo Haru, è stata sicuramente quella testa dura a farla arrabbiare a quel modo. - Mikoshiba sembrava convintissimo, e accolse l’occhiata infastidita di Haruka come niente fosse.

- Non possiamo saperlo con certezza, è inutile discutere tra noi… -

Nitori sospirò e lasciò che a fare da paciere fosse Makoto, sdraiandosi su un masso della piazzola dove stavano discutendo, a qualche centinaio di metri di profondità rispetto alla spiaggia nascosta di Rin e Kou.

 

Avrebbe tanto voluto non essere sempre il solo a preoccuparsi seriamente.

Gli sembrava ingiusto: lui adorava guardar nuotare l’umano di nome Rin, come Haruka, ma non per questo dimenticava quanto potesse essere pericoloso farsi scoprire dagli umani. Di solito si perdeva dietro la sua sagoma che nuotava in controluce, nascosto in qualche anfratto ben nascosto sotto la superficie, invidiando un po’ Haruka quando lo vedeva nuotare verso il sole per nascondersi dietro il masso che piaceva tanto alla ragazza, ma sapendo che era la cosa giusta da fare.

Aveva trovato il coraggio di seguire Haruka solo un paio di volte, poco dopo che avevano scovato quella zona nascosta e tranquillissima. In teoria era salito per cercare di convincere Haruka a scendere, preoccupatissimo e col bonus-ansia rappresentato dalla temporanea assenza di Makoto.

Era stato allora che aveva visto Rin nuotare per la prima volta, comprendendo benissimo perché gli occhi di Haruka diventavano così lucidi e grandi mentre lo fissavano tagliare l’acqua a forza di bracciate mirate e potenti. Era un nuotatore straordinario, non solo per gli standard umani.

Nitori era un tritone e l’acqua la sua casa e l’elemento di cui aveva bisogno per vivere, ma sapeva di non essere altrettanto spettacolare.

Ma Rin... Rin era qualcosa di speciale. Nitori si era ritrovato ad ammirarlo così tanto da sognare di riuscire a parlargli: ma al contrario di Mikoshiba e della sua fissa per la ragazzina, sapeva di non poterlo fare.

 Sperava solo che Rin continuasse a nuotare per sempre e a lui non fosse mai tolto il piacere di guardarlo.

 

- La prossima volta potremmo portare verso riva quel baule della nave affondata vicino alla casa di Nagisa, dovrebbe piacerle! -

- Potremmo provarci, sì. -

Nitori guardò sgomento Mikoshiba e Haruka che complottavano per rivelare l’esistenza dei tritoni al mondo umano, e tirando una testata alla roccia sotto la sua faccia si chiese che avesse fatto di male nella vita.

***

 

Note di Mel-chan

XD Avevo scelto il prompt Scaglie, collegato alle Sirene, per il Genetic Fest, e questo è il risultato; mi ha aiutato a far nascere l'idea concreta anche QUESTA vignetta bellissima ;_;

Volevo scrivere una breve menatina divertente e invece è uscita una LUNGA (almeno per i miei standard) menatina non so quanto divertente per chi non vive nella mia testa. L'ho scritta in un paio di giorni e per quanto mi sia presa per tutta la parte riguardo Kou, ammetto che la cosa più spassosa da scrivere è stato l'epilogo sul povero Nitori e quegli altri disgraziati col buon senso di di un paramecio X'D (Makoto la testa per ribattere a Mikoshiba ce l'avrebbe anche avuta, ma ovviamente era troppo preso a badare ad Haruka e la malvagia alga mangiapinne).

Per il resto, so che il titolo è Urendo ma non mi veniva in mente NULLA tranne pezzi random di Never let me go, che però è veramente troppo seria/drammatica per questa storia, non ce la faccio a usarla qui 'XD Ah, e non so se e quanto si capisca, ma l'angolino segreto di Rin e Kou la mia mente palesemente se lo immagina come la versione in miniatura della spiaggia dove Eric trova Ariel X''D

Per il resto niente, spero che questa cosa possa piacere anche vagamente a chi passerà di qui, per il momento bye bye <3

Mel

  
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