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Autore: SylverTrinity    04/03/2008    2 recensioni
Amo molto scrivere attorno alla Morte, guardarla da ogni angolo e rinterpretarla a modo mio creandone diversi aspetti. Il mio preferito è quello di una bambina che sembra una bambola bianca coi boccoli dorati e la falce bianca di rose con la lama di cristallo. Non a tutti può piacere un'interpretazione così distaccata dalla grande sagoma nera e tenebrosa, ma tutti i gusti son gusti!
Buona lettura ^^
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo nero della notte era pervaso da una miriade di punti offuscati. Non si vedevano le stelle né la luna. Era freddo. Terribilmente freddo. Forse quel freddo aveva spento la luna e le stelle.
In lontananza si levò il fruscio degli alberi del bosco. Una nuova folata di vento. Mi preparai a quella carezza inclemente, ma solo nella mia testa. Le braccia non mi rispondevano. Avrei voluto stringere le mani sulla giacca e chiudermela sul petto, ma rimasi immobile. Mi sarei dovuto alzare. Le gambe non rispondevano.
Se avessi chiuso gli occhi forse sarebbe stato meglio, ma mi ostentavo a fissare quel cielo indistinto da cui cadevano senza peso innumerevoli fiocchi di neve. Ognuno si posava su di me e contribuiva a nascondermi a quella realtà che avevo sempre odiato. Qualcuno cadeva sui miei occhi, quasi a sussurrarmi di chiuderli, ma ostinatamente li riaprivo.

Steso nel nulla. Immerso in un candore assoluto e ovattato che nessuno poteva rompere. Bianco e Nero. Neve e Notte. Ormai, per quanto mi sforzassi, non riuscivo più neanche a pensare. Semplicemente nella mia mente riaffioravano ricordi che credevo cancellati. Correvano sbiaditi davanti ai miei occhi, come una serie di filmati vecchi. Le immagini sfocate e sgranate, le voci deboli e incomprensibili.

Rividi mio padre. Alto e imponente sulla mia figura di bambino. Lo fissavo. Era sempre stato il mio ideale. Lo vidi arruffarmi i capelli, dare un bacio a mia madre, prendere la giacca e la valigetta e uscire di casa. "A stasera" disse. Quella sera non rientrò. Né quella, né quella dopo, né quella dopo ancora. Mio padre non rientrò mai più da quella porta.

Ogni sera passavo ore interminabili davanti a quella porta. Possibile che non volessi capire che mio padre non sarebbe mai tornato? Mia madre mi sorrideva appena e mi portava a tavola. Quella tavola era sempre apparecchiata per tre. Ma il terzo piatto rimaneva sempre vuoto. Perchè mamma cucinava sempre per tre? Il suo sguardo era spento.

Una sera la vidi parlare da sola. Parlava con mio padre. Io non lo vedevo però. Non capivo. Ero così sciocco, forse non volevo vedere la realtà. Poi un giorno, senza preavviso, trovai mia madre distesa nella vasca da bagno. Fissava il soffitto con quello sguardo assente. Solo dopo mi accorsi dell'acqua tinta di color rubino. Non compresi, neanche provai a capire perchè mai fosse rossa quell'acqua.
Rimasi lì, inginocchiato al bordo della vasca parlandole di cosa avevo fatto quel giorno a scuola, fin quando mia nonna non entrò in casa con la spesa e ci trovò. Il suo urlo infranse il mio mondo.
Fui travolto dai frammenti di quel mondo.

Vissi qualche anno con mia nonna. Ricordai la sua sagoma snella e piena di rughe distesa sul letto. Ricordai tutte le figure indistinte vestite di nero. Ricordo i fiori bianchi che spiccavano su quell'oscurità opprimente. Allora come adesso. Due opposti che si uniscono in un contrasto quasi soffocante e irreale.

Rimasto solo. Abbastanza grande da rimanere solo. Chi giudica le persone ritenendole adulte e in grado di vivere sole? A me la solitudine non è mai piaciuta. Eppure...Eppure adesso questa solitudine non mi dispiace. La neve cade. Prima o poi mi seppellirà e allora ci sarà solo bianco. Almeno per qualche istante. Cosa c'è dopo non so neanche immaginarlo. Eppure me lo sono chiesto tante volte...

I frammenti di quel mondo erano ancora conficcati su di me e facevano male. Chiusi gli occhi per evitare l'ennesimo fiocco, ma non accettai la sua proposta. Tornai a guardare. Non ero solo. Non mi parve strano vedere quella figura vicina a me. Era una bambina vestita di bianco, con un abito tutto gale e merletti, nastri e fiocchi. Sembrava una bambola dai boccoli dorati e gli occhi splendenti e profondi. Sorreggeva un lungo bastone bianco lavorato a sembrare avvolto da tralci di rose. In cima ad esso brillava una lama ricurva e trasparente. Sembrava fatta di ghiaccio.

"Chi sei?"

lei mi fissava emblematica, senza sorrisi. Spenta come lo sarebbe stata ogni bambola nella sua immacolata perfezione.

"Chi vuoi che io sia?"

Per quanto mi suonasse strana quella domanda, avrei voluto poterle dare più di una risposta. Non sapevo quale scegliere. Magari sarebbe stata davvero ciò che io avrei voluto e proprio per quel pensiero la scelta mi risultava impossibile.

"L'Indecisione è tipica dei Mortali" sospirò teatralmente "Volevo illuderti di un briciolo di felicità. Occasione sprecata"

continuava ad osservarmi. La sua voce era infantile, ma profumava di saggezza, una saggezza che deriva dal Tempo. Quell'aspetto ingannevole celava la sua lunga vita. Quella falce mi fece sorridere. Effettivamente una risposta ovvia c'era, ma stonava con quell'apparenza.

"Mi faresti un favore?" le chiesi

"Quale?" rispose lei

"Mostrati come sei"

dopo tutta quella vita fatta di illusioni in un mondo che si costruiva sulla falsità non tolleravo che anche la Morte mi prendesse in giro. Per un attimo mi sentii stupido. Forse era solo una visione della mia testa congelata. Forse stavo parlando col vuoto proprio come un pazzo. Ma chi avrebbe potuto sentirmi?

"Prego?" mi rispose quasi irritata

"La tua vera forma" insistetti

"Ovvero?" rispose ancora lei inarcando un sopracciglio

"Nera. Alta. Così non fai paura...insomma..."

Sentivo che le labbra si tiravano e spaccavano ad ogni parola. La gola mi doleva terribilmente. Ogni parola mi costava fatica quasi i polmoni congelati durassero fatica a riempirsi dell'aria necessaria a formulare parole sensate. Lei sbuffò alzando gli occhi al cielo, mormorando qualcosa di incomprensibile

"Nera? Alta?" sbuffò "Voi Mortali avete una percezione tutta Vostra delle cose"

"Non sei così?"

"Ma ti pare!" ribattè seccata "Perchè la Morte dovrebbe essere vecchia e brutta?"

In quelle parole mi sembrò di leggere davvero una bambina, oltretutto vanitosa. Cercai di rispondere, ma il fiato mi mancava. Arrancai qualche respiro stentato. Tossii. Poi il peggio sembrava passato e provai ancora a parlare. La gola era trafitta da mille lame acuminate, aghi tremendi.

"Sei venuta a prendermi?"

"Uhm"

Inarcò un sopracciglio squadrandomi quasi con aria schifata. "Faccio schifo anche alla Morte" mi dissi con un'amara ironia. Rigirò la falce per qualche istante, poi indietreggià di qualche passo impugnandola con entrambe le mani. Mi chiesi se avrebbe fatto male. Chiusi gli occhi attendendo. Sentii l'aria tagliarsi con un sibilo al calare di quella lama. Non sentii nulla. Rimase solo il silenzio.

Riaprii gli occhi dopo interminabili istanti di silenzio. Lei era ancora lì, immobile nella sua perfezione. Io ero ancora disteso nella neve. Neve che continuava a cadere tranquilla in quella notte silenziosa. Non mi sarei mai immaginato l'altro mondo identico a quello dove avevo vissuto.

"Siamo arrivati?" domandai

"Prego?" mi rispose lei perplessa

Qualcosa non andava. Mi dava fastidio quell'aria superiore che si dava. Era solo una bambina! Ma quella bambina era la Morte, quindi non c'era da sottovalutarla. Ma in fondo perchè temere la Morte? Non avevo nulla da perdere.

"Sono Morto?"

chiesi con decisione, quasi avessi perso la pazienza che pareva avvolgere quel luogo. Lei sbuffando tirò fuori dalla manica un orologio d'oro che brillava come i suoi capelli e lo guardò annoiata.

"Macchè" rispose sospirando "Non è ora"

Il tutto mi sembrava troppo comico, troppo scontato. Stavo sicuramente sognando, eppure tutte le sensazioni del mio corpo erano terribilmente reali. Terribilmente dolorose. Sembrava quasi sollevata di non dover prendere la mia vita, ma allora perchè era lì? Sospirai irritato. A che serviva farle delle domande? Non mi rispondeva mai come avrei voluto.

D'un tratto il silenzio si ruppe con un soffice tonfo nella neve. Durai una fatica enorme per volgere appena il capo. Vidi un cervo accasciato nella neve. Il suo respiro si dilatava in dense nuvole bianche. Sempre meno frequenti. Sempre più stanche.

"E' in ritardo" commentò lei infastidita

"Cosa?!" chiesi allibito.

Lei già non mi guardava più. Si avvicinò all'animale morente dandomi le spalle. Con una freddezza disarmante la vidi calare quella falce cristallina sulla povera bestia. Un ultima nuvola bianca si spanse dalla sua bocca, poi silenzio. Gli occhi fissavano il nulla perso innanzi a sé. Con un sospiro lei si voltò battendo la mano alla gonna quasi richiamasse qualcuno

"Forza andiamo" mormorò cantilenante

Dal corpo del cervo si levò una sagoma eterea, identica a quel corpo materiale, ma ormai scissa da esso. Seguì placidamente la bambina che avanzava nel bianco senza lasciare impronte. Si allontanava inesorabilmente senza più volgermi neanche un'occhiata. Quando ormai la sua sagoma stava per perdersi tra la neve si volse accigliata

"E alzati scemo!" mi urlò "Non voglio mica tornare qui tra poco solo per te!"

Detto ciò riprese a camminare con il cervo borbottando

"Tutti vogliono morire quando non è ora e quando la sveglia suona implorano sempre altro Tempo!"


*°*°*

ice90 - Grazie di nuovo ^^ Beh diciamo che io stessa trovo che abbia un modo di fare piuttosto strano se paragonato alla figura classica della morte. Direi che è...come dire...piuttosto altezzosa e schietta, parla fin troppo forse XD

Vocedelsilenzio - Penso la delicatezza derivi anche un po' dal silenzio della notte deserta con questa neve che cade lenta. Penso l'ambientazione spesso influisca molto, e influisce, almeno nel mio caso, anche sul modo di scrivere. Il riuscire a figurarmi la scena e a viverla sia nei panni del protagonista, sia con occhio esterno, spesso mi condiziona
  
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